Buonanotte Quaresima 2021 con Don Bruno Ferrero
Le storie della Buonanotte raccontate da Don Bruno Ferrero per vivere la Quaresima
Le storie della Buonanotte raccontate da Don Bruno Ferrero per vivere la Quaresima
In occasione della festa di San Giuseppe del 19 marzo e dell’anno speciale a lui dedicato (indetto da Papa Francesco fino all’8 dicembre 2021), la Basilica Maria Ausiliatrice propone un triduo di preparazione alla ricorrenza nei giorni del 16-17-18 marzo: “San Giuseppe, l’uomo di cui il cielo si fida“.
Nella Basilica di Maria “aiuto dei cristiani” invochiamo San Giuseppe, patrono della Chiesa universale, affinché custodisca nell’unità tutta la Chiesa. Come è evidente nel quadro a lui dedicato presente in Basilica, chiediamo al Santo di proteggere tutti gli oratori e le iniziative della Famiglia Salesiana nel mondo.
Don Guido Errico, Rettore della Basilica Maria Ausiliatrice
La Pastorale Giovanile e il Movimento Giovanile Salesiano propongono un cammino quaresimale in preparazione alla Santa Pasqua 2021.
Il materiale a disposizione è stato pensato per vivere tutto il periodo della Quaresima (dal 17 febbraio) come un tempo di silenzio, di ascolto e di riflessione, un’esperienza di “deserto” di 40 giorni, sulle orme del Signore. C’è bisogno infatti di qualcuno che del deserto abbia già fatto esperienza prima di noi, per poterci dire che il deserto si può attraversare. Che il deserto e la morte non sono l’ultima parola.
Il cammino comprende una proposta per la liturgia del Mercoledì delle Ceneri, con un momento penitenziale; per ciascuna settimana della Quaresima invece, una Via Crucis divisa in 6 tappe, una parola chiave con il video correlato e un fatto di attualità per riflettere.
Il percorso è stato pensato per le medie, le superiori (biennio e triennio) e per i CFP e man mano saranno resi disponibili tutti i contenuti per ciascuna sezione.
Il Triduo pasquale conterrà una proposta anche per i giovani, gli universitari e le famiglie.
In occasione della festa di San Giovanni Bosco, i Salesiani in Italia presentano il loro nuovo logo. Di seguito il comunicato stampa (29/01/2021).
I Salesiani in Italia hanno un nuovo logo: l’ufficio nazionale di Comunicazione Sociale, composto dai sei incaricati ispettoriali (i territori in cui è divisa la presenza salesiana in Italia), ha coordinato il lavoro iniziato a gennaio 2020 e che si è concluso ad agosto 2020 con la redazione del Brand Book. Sono stati i sei ispettori dell’Italia Salesiana a chiedere di realizzare un logo unico per tutti, da declinare nelle realtà territoriali per dare un messaggio di unità. Il lavoro svolto dalla équipe ha visto la partecipazione anche di esperti chiamati dalle ispettorie: il risultato finale è stato quindi frutto di un cammino condiviso nell’affermazione, attraverso i tratti di un logo, della identità rappresentativa del carisma.
Il cammino di adozione del logo da parte delle diverse opere salesiane distribuite su tutto il territorio dell’Italia (6 Ispettorie, 167 Opere Salesiane e 1.650 salesiani) ben racconta come in ogni casa salesiana si respiri lo stesso clima di famiglia e si viva l’impegno educativo della Valdocco di Don Bosco.
L’architettura del nuovo logo richiama quattro principi della pedagogia salesiana: l’educazione, l’accoglienza, l’accompagnamento e la comunione.
“Il nuovo logo è frutto di un cammino che ha visto nell’unità e nella valorizzazione delle differenze i suoi punti di forza. L’Italia Salesiana, su indicazione dei sei Superiori delle Ispettorie, ha voluto guardare avanti, spingere lo sguardo verso un orizzonte nuovo per camminare insieme nella stessa missione educativa”, dichiara don Roberto Dal Molin, presidente del Centro Nazionale delle Opere Salesiane e coordinatore nazionale della Pastorale Giovanile, che conclude: “Il logo, nella sua unitarietà, evoca Don Bosco che ancora oggi cammina coi giovani”.
Si riporta di seguito la lettera dell’Ispettore del Piemonte e Valle d’Aosta don Leonardo Mancini con gli auguri per la Festa di don Bosco.
A confratelli e laici corresponsabili di
Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania
Carissimi/e,
un saluto cordiale a tutti voi.
Vi scrivo in prossimità della festa del nostro padre Don Bosco, per farvi gli auguri e per affidare alla sua intercessione tutti coloro che fanno parte delle nostre comunità educativo-pastorali. Affidiamo all’intercessione di Don Bosco in modo particolare quanti oggi si trovano in condizioni di difficoltà materiale o spirituale; tra gli altri desidero ricordare il Sig. Giacomo Bonassoli e Don Silvio Carlin, che si trovano entrambi in gravi condizioni di salute.
Oltre a questo vorrei però chiedere a Don Bosco, per me e per voi, anche un altro dono particolare: gli chiedo che ci insegni ad imitare il suo sguardo. Sono senz’altro tante le caratteristiche di Don Bosco che ci colpiscono, ma adesso desidero fermarmi unicamente sul suo sguardo, su come lui ha scelto di guardare il mondo; o meglio, sulla prospettiva a partire dalla quale egli ha scelto di guardare il mondo.
Anni fa uscì una serie di disegni, ripresi da sue foto o quadri, che raffiguravano gli occhi di Don Bosco visti da punti di vista e con tagli differenti. Era un modo per dire che il suo sguardo aveva una fascino particolare ed anche una sorprendente capacità di trasmettere affetto: lo sguardo era senz’altro uno degli strumenti che permettevano a Don Bosco di infondere quell’amore dimostrato e personalizzato che lui chiamava “amorevolezza”; il suo sguardo “parlava” alla persona e la faceva sentire unica!
Per giungere a maturare quello sguardo, oltre all’aiuto indispensabile dello Spirito Santo che modella il cuore a chi permette di lasciarselo plasmare, credo che Don Bosco sia passato attraverso la convinzione che bisognasse scegliere una prospettiva particolare da cui guardare il mondo: bisognava scegliere di guardarlo dalla parte dei giovani, con gli occhi stessi dei giovani (ma con il cuore di Dio): Amate quello che amano i giovani, perché i giovani amino quello che amate voi.
L’esperienza vissuta in carcere con Don Cafasso all’inizio del suo ministero sacerdotale, esperienza che gli permette di conoscere le drammatiche conseguenze a cui va incontro un ragazzo abbandonato a sé stesso, gli insegna (anche se lui aveva già cominciato a capirne la necessità alla scuola attenta di Mamma Margherita) che per aiutare davvero gli altri – ed in particolare i giovani – bisogna prima conoscerli, capirli, amarli, mettersi nei loro panni, accorgersi delle loro ferite, amare quello che loro preferiscono, guardare il mondo come loro lo vedono.
Ho l’impressione che spesso noi educatori corriamo il rischio di seguire il procedimento opposto: chiediamo ai giovani di guardare il mondo solo come lo vediamo noi, e non accettiamo il confronto.
Mi pare che Don Bosco non faccia così. Andando – potremmo dire – alle periferie
geografiche ed esistenziali del mondo giovanile, camminando in una sorta di esodo personale – quello richiesto dalla sua vocazione – egli prova a guardare le cose come si vedono da lì, dalla periferia; ed in particolare come si vedono con gli occhi dei giovani del carcere. Credo che questo gli permetta di comprendere meglio perché un giovane arriva alla reclusione: egli intuisce la solitudine di chi giungendo dalle vallate di montagna per lavorare a Torino si trova presto senza soldi, senza aiuti, lontano dagli affetti familiari e possibile vittima di sfruttamenti. Gli appare evidente il rischio che i ragazzi – trovandosi in questa situazione – cadano nell’illecito, che scivolino verso modalità di vita poco dignitose, che diventino via via incapaci di cogliere ciò che è davvero importante, che perdano il gusto di ricercare il senso dell’esistenza, il progetto che dall’eternità Dio ha sognato per ciascuno di loro; che considerino Dio come un nemico, o comunque come insignificante e assente dalla loro vita. E nello stesso tempo, dentro lo sguardo dei ragazzi carcerati, Don Bosco intuisce anche sogni, desiderio di riscatto, consapevolezza della propria fragilità…
Don Bosco comprende allora che deve trovare il modo di aiutare i ragazzi offrendo loro gli strumenti ed i sostegni adeguati. Capisce che c’è bisogno di amici dell’anima (se fuori trovassero un amico…) ma anche di amici del corpo: cioè di chi dia da mangiare, dormire, giocare, imparare, lavorare e faccia sentire l’affetto di un papà e di una mamma ora lontani.
Don Bosco sceglie di fatto una “visione prospettica periferica”, e probabilmente non perché voglia limitare ai ragazzi più poveri (anche se li preferisce: specialmente i più poveri) la sua azione educativa e pastorale, ma perché comprende che quel punto di vista gli permette poi di allargare lo sguardo e il suo raggio d’azione davvero su tutti: è partendo dai piccoli, dai poveri, che si raggiungono anche i “grandi”, mentre è raro che si riesca ad includere tutti se si utilizza il procedimento contrario!
Non sorprende la scelta “periferica” di Don Bosco: è dello stesso genere infatti la scelta dell’Incarnazione da parte del Verbo. Dio anticipa il tipo di prospettiva esplorata da Don Bosco, decidendo di porsi Lui stesso alla “periferia” della creazione, dove il peccato sta minando la salvezza terrena ed eterna dell’uomo e dell’intero universo; egli sceglie perciò di vivere, insegnare, lavorare, amare, morire… da uomo, caricandosi il peccato del mondo. Il maestro della visione prospettica periferica scelta da Don Bosco è il Signore Gesù.
Celebrare la festa di Don Bosco credo allora che possa significare anche riscoprire il suo “sguardo prospettico periferico”, il punto di osservazione da lui scelto per guardare il mondo, ed imitarlo, per quanto ci è possibile! È il punto di osservazione che anche il Papa ci chiede di avere nel guardare la realtà. È un tipo di prospettiva, di sguardo, sul quale tutta la Chiesa – in uscita – è invitata a verificarsi.
Carissimi, in questo tempo di pandemia siamo chiamati una volta di più a guardare il mondo come lo stanno guardando adesso i giovani; in questa sorta di “reclusione” in cui tutti siamo costretti, probabilmente maturano nuove povertà ed anche nuovi sogni. Ci aiuti Don Bosco ad assumere il suo sguardo per capire che cosa sta abitando il cuore dei giovani
e per meglio contribuire alla salvezza della gioventù, «questa porzione la più delicata e la più preziosa dell’umana società» (MB II 45).
Buona festa a tutti!
Valdocco, 31 gennaio 2021
Con grande affetto in Don Bosco
Don Leonardo Mancini
Nella serata di domenica 24 gennaio, l’Animazione Missionaria ICP ha dedicato un incontro online in memoria di Don Italo Spagnolo e Don Vincenzo Marrone, entrambi sacerdoti salesiani missionari mancati nell’ultimo periodo. Due uomini, due sacerdoti, due confratelli salesiani fioriti in terra africana, che sono stati padri, maestri e amici per tantissimi giovani che in loro hanno incontrato don Bosco.
“Quando avviene che un salesiano muore lavorando per le anime, la congregazione ha riportato un grande trionfo”
(C. 54)
Di seguito il video completo dell’incontro sulla testimonianza cristiana e salesiana di Don Italo Spagnolo e Don Vincenzo Marrone, condotto da don Fabio Mamino e don Theophilus Ehioghilen.
Con l’arrivo di gennaio tutta la comunità salesiana è in fermento: è il mese di Don Bosco!
Di seguito il rimando alla pagina dedicata ai festeggiamenti con tutti gli appuntamenti in preparazione del 31 Gennaio 2021 presso la Basilica di Maria Ausiliatrice di Torino Valdocco.
Festa di San Giovanni Bosco 2021
Don Leonardo Mancini, Ispettore dei Salesiani di Piemonte Valle d’Aosta e Lituania, per questo Natale ha desiderato fare gli auguri con un messaggio video rivolto ai confratelli, ai laici corresponsabili nella missione, ai membri della Famiglia Salesiana ed ai giovani tutti.
Da Vatican News
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Isabella Piro – Città del Vaticano
Padre amato, padre nella tenerezza, nell’obbedienza e nell’accoglienza; padre dal coraggio creativo, lavoratore, sempre nell’ombra: con queste parole Papa Francesco descrive, in modo tenero e toccante, San Giuseppe. Lo fa nella Lettera apostolica Patris corde, pubblicata oggi in occasione del 150.mo anniversario della dichiarazione dello Sposo di Maria quale Patrono della Chiesa cattolica. Fu il Beato Pio IX, infatti, con il decreto Quemadmodum Deus, firmato l’8 dicembre 1870, a volere questo titolo per San Giuseppe. Per celebrare tale ricorrenza, il Pontefice ha indetto, da oggi all’8 dicembre 2021, uno speciale “Anno” dedicato al padre putativo di Gesù. Sullo sfondo della Lettera apostolica, c’è la pandemia da Covid-19 che – scrive Francesco – ci ha fatto comprendere l’importanza delle persone comuni, quelle che, lontane dalla ribalta, esercitano ogni giorno pazienza e infondono speranza, seminando corresponsabilità. Proprio come San Giuseppe, “l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta”. Eppure, il suo è “un protagonismo senza pari nella storia della salvezza”.
San Giuseppe, infatti, ha espresso concretamente la sua paternità “nell’aver fatto della sua vita un’oblazione di sé nell’amore posto a servizio del Messia”. E per questo suo ruolo di “cerniera che unisce l’Antico e Nuovo Testamento”, egli “è sempre stato molto amato dal popolo cristiano” (1). In lui, “Gesù ha visto la tenerezza di Dio”, quella che “ci fa accogliere la nostra debolezza”, perché “è attraverso e nonostante la nostra debolezza” che si realizza la maggior parte dei disegni divini. “Solo la tenerezza ci salverà dall’opera” del Maligno, sottolinea il Pontefice, ed è incontrando la misericordia di Dio soprattutto nel Sacramento della Riconciliazione che possiamo fare “un’esperienza di verità e tenerezza”, perché “Dio non ci condanna, ma ci accoglie, ci abbraccia, ci sostiene e ci perdona” (2). Giuseppe è padre anche nell’obbedienza a Dio: con il suo ‘fiat’ salva Maria e Gesù ed insegna a suo Figlio a “fare la volontà del Padre”. Chiamato da Dio a servire la missione di Gesù, egli “coopera al grande mistero della Redenzione ed è veramente ministro di salvezza” (3).
Al tempo stesso, Giuseppe è “padre nell’accoglienza”, perché “accoglie Maria senza condizioni preventive”, un gesto importante ancora oggi – afferma Francesco – “in questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è evidente”. Ma lo Sposo di Maria è pure colui che, fiducioso nel Signore, accoglie nella sua vita anche gli avvenimenti che non comprende, lasciando da parte i ragionamenti e riconciliandosi con la propria storia. La vita spirituale di Giuseppe “non è una via che spiega, ma una via che accoglie”, il che non vuol dire che egli sia “un uomo rassegnato passivamente”. Anzi: il suo protagonismo è “coraggioso e forte” perché con “la fortezza dello Spirito Santo”, quella “piena di speranza”, egli sa “fare spazio anche alla parte contraddittoria, inaspettata, deludente dell’esistenza”. In pratica, attraverso San Giuseppe, è come se Dio ci ripetesse: “Non abbiate paura!”, perché “la fede dà significato ad ogni evento lieto o triste” e ci rende consapevoli che “Dio può far germogliare fiori tra le rocce”. Non solo: Giuseppe “non cerca scorciatoie”, ma affronta la realtà “ad occhi aperti, assumendone in prima persona la responsabilità”. Per questo, la sua accoglienza “ci invita ad accogliere gli altri, senza esclusione, così come sono”, con “una predilezione per i deboli” (4).
Sul siti di BorsaItaliana, La Repubblica e La Stampa viene riportato un articolo in merito al progetto TechPro2, nato da CNH Industrial e CNOS-FAP, che ha recentemente ricevuto il sostegno del Fondo di Solidarietà a supporto delle persone e dele comunità locali colpite dagli effetti della pandemia. Di seguito il testo integrale della notizia:
TechPro2, il progetto nato piu` di 10 anni fa dalla collaborazione di CNH Industrial, Fiat Chrysler Automobiles e CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane Formazione Aggiornamento Professionale), ha recentemente ricevuto anche il sostegno del Fondo di Solidarieta` promosso da CNH Industrial, che ha destinato 2 milioni di dollari per progetti che supportino in particolare le persone e le comunita` locali colpite dalla pandemia di Covid-19.
Grazie a questo ulteriore impulso, che ha per obiettivo l’educazione scolastica (una delle tre aree di intervento identificate per il finanziamento dei progetti), – fa sapere CNH Industrial in una nota – e` stato possibile inaugurare un nuovo corso di formazione in collaborazione con il Centro di Formazione Professionale e l’istituto salesiano “Maria Ausiliatrice” di Fossano.
Lo scopo principale del programma TechPro2 e` quello di formare studenti tra i 14 e i 18 anni. A livello globale, dal 2008 a oggi, sono quasi 2300 i ragazzi e le ragazze che hanno potuto beneficiare dei vantaggi di questo programma. La formazione – spiega la nota – prevede una parte teorica e una pratica con tirocini mirati. TechPro2 si pone il duplice obiettivo di indirizzare questi giovani verso un futuro concreto dal punto di vista professionale e di potenziare la qualita` dell’assistenza tecnica specializzata.
Nel dettaglio il nuovo corso di Fossano rivolgera` una particolare attenzione alla gamma dei modelli a trazione alternativa, in particolare a Gas Naturale Liquefatto (GNL), e lo sviluppera` grazie a Iveco, brand del gruppo CNH Industrial, leader nelle trazioni alternative e nella tecnologia del gas naturale, che produce e commercializza un’ampia gamma di veicoli commerciali leggeri, medi e pesanti. Iveco – sottolinea CNH Industrial – fornira` le competenze tecniche, le attrezzature, gli strumenti di diagnosi e i mezzi grazie ai quali gli studenti potranno ampliare e approfondire le loro conoscenze nel campo della prevenzione e della manutenzione. Oggi l’Italia puo` contare su circa 80 stazioni di rifornimento per il GNL, un primato in Europa, indice di una crescente penetrazione sul mercato dei veicoli a gas naturale per il trasporto a lungo raggio e della conseguente necessita` di aumentare la relativa assistenza tecnica.