Poche Chiacchiere! – Come comunicare bene in parrocchia

Ecco la nuova proposta Elledici: “Poche Chiacchiere! Come comunicare bene in parrocchia“di Giorgio Agagliati (professionista della comunicazione e diacono permanente).

Da questa esigenza nasce il libro:
Una buona comunicazione efficace è essenziale per realizzare al meglio le attività pastorali e, naturalmente, per farle conoscere. 
La Parola di Dio va annunciata con parole efficaci, per questo una buona comunicazione è alla base di ogni pastorale. 

Poche Chiacchiere!

Editrice Elledici, pagine 152, € 7,50

 

GMG Panama 2019 con Follow JC Go, un Pokémon Go con i Santi

E’ arrivata sugli smartphone la app Follow JC Go, l’app che ricalca la caccia in realtà aumentata del videogioco ispirato ai mostri giapponesi, sostituiti in questo caso da beati e santi. L’app, appena approvata dal Vaticano, nasce in occasione della Giornata mondiale della gioventù di Panama (22-27 gennaio 2019) ed è prodotta da Fundaciòn Ramòn Pané. Follow JC Go –  disponibile sui sistemi Android e Apple – consente di servirsi del GPS dello smartphone per esplorare la città e far crescere il proprio “e-team” (team di evangelizzazione), anziché con i Pokémon, con i protagonisti delle Sacre Scritture.

Si pubblica qui di seguito l’articolo di Eugenio Spagnuolo della redazione di Wired.it, con tutti i dettagli:

Vaticano, arriva Follow JC Go, per giocare a Pokémon Go con i santi

Arriva sugli smartphone la app Follow JC Go, che ricalca la caccia in realtà aumentata del videogioco ispirato ai mostri giapponesi, ma con beati e santi

Scherza coi fanti ma lascia stare i santi. Anzi, no, contrordine: da ora in avanti si può giocare (un po’) anche con i santi. Pare che anche papa Francesco abbia dato il suo placet a Follow JC Go, l’app di realtà aumentata che ricalca il più famoso Pokémon Go, ma con una differenza: al posto dei mostri sulla strada si incontrano beati, santi e figure bibliche.

Come con i Pokémon, la chiave d’accesso al gioco è nel gps dello smartphone. Dopo che l’app rileva la nostra posizione e identifica dove ci troviamo, iniziano gli incontri in realtà aumentata: nessuna cattura – per carità – ma giusto un po’ di domande sulla vita del santo e del beato per inserirlo nel nostro team evangelico, l’e-team appunto.

Per ora l’app parla solo spagnolo, quindi oltre che la cultura biblica per usarla c’è bisogno di cavarsela con le lingue. Follow JC Go, dove JC sta Gesù Cristo, è nata in occasione della Giornata mondiale della gioventù prevista a Panama dal 22 al 27 gennaio 2019.

Presto però dovrebbe arrivare la versione in italiano, visto che l’app è già presente negli store di Android e iOS del nostro paese. Dello sviluppo si è occupata la Fondazione Ramón Pané.

Il modello Pokémon Go trova rispondenza anche negli ostacoli e le complicazioni, che si incontrano durante il percorso. Affinché il nostro alter ego possa continuare a “catturare” santi è necessario idratarsi e fare beneficenza, prelevando oggetti vari sul cammino e conquistando punti in tre modi: donando denaro in beneficienza, guardando pubblicità oppure trovando i soldi sulla strada con un po’ di fortuna. Continua a leggere…

Sinodo, il Rettor Maggiore: “Tutti i giovani sono i nostri giovani”

(ANS – Città del Vaticano) – Accoglienza e prossimità ai giovani, con un’attenzione speciale a quelli delle comunità immigrate. Su questi punti si è concentrato l’intervento del Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Ángel Fernández Artime, al Sinodo dei Vescovi.

Santo Padre, riceva innanzitutto la mia profonda e sincera gratitudine per il dono che offre alla Chiesa attraverso questo Sinodo. Senza dubbio un tempo di Grazia e Presenza dello Spirito Santo.

Comincio dicendovi che ho immaginato il tema del Sinodo come una piramide. Alla base, ci sono TUTTI I GIOVANI. A metà strada, i giovani in cammino verso la Fede; e all’apice, i giovani in discernimento vocazionale, al quale certamente giungono molti meno giovani.

Permettetemi di raccontarvi cosa mi è capitato l’altro ieri. All’uscita da qui, nel pomeriggio, due giovani, di circa 26 o 28 anni, mi hanno detto in spagnolo. “Scusami, potresti dirci perché ci sono persone che escono vestite con delle fasce colorate addosso e qualcosa sopra la loro testa…?”

Ho capito subito che conoscevano poco o nulla della Chiesa e dei suoi Pastori. Ho intuito che non sapevano cosa fosse un vescovo. Così gli ho spiegato cosa stavamo facendo qui. Ho detto loro che il Papa aveva convocato molte persone per pensare ai giovani, e che anche i giovani stanno partecipando.

Mi hanno chiesto se potevano vedere il Papa, perché sarebbero stati contenti di incontrarlo. E perché lo ritengono un “uomo buono con tutti”.

Ho notato anche che avevano degli anelli alle dita. Gli ho chiesto se erano fidanzati o già sposati. Mi hanno detto che erano sposati e che avevano un bambino di tre anni. Ho chiesto loro quale fosse il nome di loro figlio e il loro volto si è illuminato. “Si chiama Julian”. Gli ho fatto i miei migliori auguri e ho salutato questi amici colombiani.

E nel mio cuore è risuonata forte la convinzione: anche questi sono i nostri giovani! TUTTI I GIOVANI SONO I NOSTRI GIOVANI. Non ci sono giovani dentro e giovani fuori.

Penso che dobbiamo trasmetterlo al mondo: che la Chiesa e i suoi Pastori sentono tutti i giovani del mondo come i SUOI GIOVANI, I NOSTRI GIOVANI, perché nessuno deve sentirsi escluso. Essi devono sentire che li accogliamo, indipendentemente dalla loro situazione e dalle loro storie di vita.

Una seconda cosa. Visitando le presenze salesiane nel mondo, ho visto molte chiese nelle diocesi piene perché erano riempite dai GIOVANI IMMIGRATI E DALLE LORO FAMIGLIE.

L’ho visto a Vancouver, Toronto e Montreal, l’ho visto in California e in Nuova Zelanda; a Melbourne e, senza andare troppo lontano, nella mia nativa Spagna (con migliaia e migliaia di fratelli latinoamericani), e in Italia (con migliaia di filippini a Roma e Torino).

E mi ripeto la stessa cosa: questi sono i nostri giovani, con le loro famiglie, che peraltro portano anche aria fresca di Fede alle nostre Chiese, proprio mentre il rifiuto, la paura, l’intolleranza e la xenofobia crescono nelle nostre nazioni.

Ed è per questo che penso che parlando dei giovani come Chiesa vuol DIRE UNA PAROLA FORTE, DECISA e CORAGGIOSA IN LORO FAVORE IN TUTTE LE NAZIONI DELLE NOSTRE CHIESE LOCALI, proprio come Papa Francesco fa per l’intera Chiesa Universale. Perché questi giovani immigrati sono ancora più fragili di tutti gli altri. Vogliamo osare farlo?

Infine, i nostri giovani dovrebbero sentirci dire che GLI VOGLIAMO BENEe che VOGLIAMO FARE UN PERCORSO DI VITA E DI FEDE INSIEME A LORO. I nostri giovani devono sentire la nostra presenza AFFETTIVA ed EFFICACE in mezzo a loro. Devono sentire che non vogliamo né dirigere le loro, né dettare come dovrebbero vivere, ma che vogliamo condividere con loro il meglio che abbiamo: Gesù Cristo, il Signore. Devono sentire che siamo qui per loro e, se ce lo permettono, per condividere la loro felicità e le loro speranze, le loro gioie, i loro dolori e le loro lacrime, la loro confusione o la loro ricerca di senso, la loro vocazione, il loro presente e il futuro.

Devono sentire che GLI STIAMO SUSSURRANDO DIO. Forse non raggiungeremo un’ortodossia e una ortoprassi straordinarie, ma sentiranno, attraverso la nostra piccola intermediazione, che Gesù LI AMA E SEMPRE LI ACCOGLIE. Allora tutto sarà valso la pena.

Sinodo 2018: Tutti gli aggiornamenti su PGDONBOSCO.IT

Giornata europea contro il traffico di esseri umani

Oggi, 18 ottobre 2018, nella giornata europea contro il traffico degli esseri umani, Missioni Don Bosco aderisce all’ iniziativa del Consiglio d’Europa, insieme con altre organizzazioni – governative e non – che si impegnano a contrastare il fenomeno della tratta.
Nello specifico, questa Associazione sviluppa con i missionari e con i volontari progetti per contenere la fuga dai Paesi poveri, investendo risorse sulla formazione, quella professionale in particolare; ma si trova anche sul fronte del recupero di minori, sottratti ai trafficanti, ai quali dà accoglienza e cura psicologica.

Ecco due spunti offerti da missionidobosco.org, per entrare più nello specifico del tema.

Giornata europea contro la tratta: se gli schiavi sono a casa nostra

I figli di Don Bosco in Ghana: traffico di bambini, una realtà molto diffusa

“La Voce e il Tempo” – Partenza progetto “Bella Presenza” a Torino

Si riporta la notizia pubblicata da “La Voce e il Tempo” in data 18 ottobre 2018, inerente alla partenza del progetto nazionale “Bella Presenza” a Torino contro la dispersione scolastica. Particolarmente coinvolto l’oratorio Salesiano San Luigi di Torino nell’azione “strada facendo” di cui sono titolari di coordinamento a livello nazionale.

In concreto gli educatori di strada, insieme ad alcuni specialisti, come psicologi, e ai docenti, individuano a scuola gli studenti che manifestano più difficoltà a portare avanti il proprio percorso formativo ed elaborano un itinerario che possa accompagnarli dentro e fuori le aule. Gli stessi educatori seguono i ragazzi sia a scuola sia in strada nei luoghi informali di ritrovo pomeridiano.

Buona lettura!

L’educatore di strada ora entra nelle aule delle scuole, nei corridoi degli istituti. E insieme ai docenti, alle famiglie, alle associazioni del territorio e alle istituzioni accompagna passo passo i ragazzi prima che insorga il disagio, e, quindi, l’abbandono del percorso formativo. È la «bella presenza» che ha caratterizzato l’avvio dell’anno scolastico in sette istituti torinesi di scuole medie e superiori tra le Circoscrizioni 1, 7 e 8, e altre tre in Piemonte, a Cuneo e Racconigi.

Si tratta del progetto nazionale «Bella Presenza», selezionato dall’impresa sociale «Con i bambini» nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, stanziato dall’allora Governo Gentiloni, che ha preso il via in Piemonte, Campania e Toscana coinvolgendo in totale 18.400 studenti tra gli 11 e i 17 anni.

A Torino, Cuneo e Racconigi una rete di associazioni, coordinata dalla cooperativa sociale «Labins» che ha sede in via Maria Vittoria a Torino, mette in campo azioni, in sinergia con gli istituti scolastici coinvolti e diversi enti del Terzo settore, per riattivare una comunità educante in grado di prendersi carico e accompagnare tutti gli studenti, in particolare chi è più fragile, prevenendo l’insorgere del disagio nelle aule scolastiche che sempre più spesso porta gli adolescenti a smettere di studiare, a vivere alla giornata senza alcun progetto per il proprio futuro.

Il piano, coordinato a livello nazionale dalla cooperativa Dedalus, è partito a monte proprio da Torino, in quanto il modello di educazione, integrazione e inclusione, portato avanti dalla collaudata esperienza dell’«Educativa di strada» degli oratori salesiani torinesi, in particolare quello di San Salvario, in rete con le associazioni del territorio, ha fatto scuola ed è stato esportato in altre città italiane.

Il progetto è articolato in 12 azioni promosse dai diversi enti coinvolti secondo le peculiari competenze.

In concreto gli educatori di strada, insieme ad alcuni specialisti, come psicologi, e ai docenti, individuano a scuola gli studenti che manifestano più difficoltà a portare avanti il proprio percorso formativo ed elaborano un itinerario che possa accompagnarli dentro e fuori le aule. Gli stessi educatori seguono i ragazzi sia a scuola sia in strada nei luoghi informali di ritrovo pomeridiano.

«In primo luogo vogliamo riportare gli studenti ‘ad essere presenti a se stessi’», evidenzia Patrizia Gugliotti, presidente di Labins e coordinatrice del progetto per il Piemonte, «la dispersione scolastica inizia quando il ragazzo si spegne abbandonando qualsiasi progetto per la propria vita. La rete delle associazioni coinvolte punta dunque a ridare motivazione agli studenti, soprattutto a far scoprire i talenti che ciascuno ha e che può far fruttare nella società proprio a partire dalla scuola: l’obiettivo, quindi, è prima di tutto creare condizioni per cui il ragazzo stia bene a scuola e viva bene nel proprio quartiere. In questo modo si previene l’insorgere della devianza, dello sballo, della violenza che altro non sono che segnali che gli adolescenti lanciano al mondo degli adulti, voci da ascoltare».

«Non possiamo perdere un’intera generazione», evidenzia don Mauro Mergola, direttore dell’oratorio salesiano San Luigi a San Salvario, tra i partner del progetto, «la scuola oggi non ha gli strumenti adeguati per poter intervenire sui singoli studenti che si trovano in condizioni di fragilità. Ma è proprio nelle scuole che emergono le fatiche e si manifestano i disagi degli allievi, prima che questi inizino a vagare tutto il giorno per le strade senza far nulla. Ed ecco allora che è fondamentale valorizzare la sinergia tra educatori, docenti e associazioni impegnate nel sociale superando la distinzione tra l’accompagnamento degli studenti più fragili nelle ore scolastiche, di competenza della scuola, e in quelle extrascolastiche, di competenza delle associazioni sociali e dell’educativa di strada: siamo un’unica squadra in campo che deve mettere al centro il singolo ragazzo che necessita di percorsi personalizzati».

«Il piano mira soprattutto a promuovere comunità educanti», prosegue la Gugliotti, «mettendo in campo azioni che favoriscano l’educazione di tutti, anche di chi non è in grado di ‘stare dentro’ ai percorsi formativi tradizionali agendo sulle cause che alimentano la povertà educativa, sostenendo la sinergia tra scuola e territorio, rimettendo in gioco le famiglie e proponendo una ‘bella didattica’ adatta alle esigenze degli studenti».

Per esempio alcune lezioni di matematica, la disciplina di maggior insuccesso scolastico, con il progetto, vengono effettuate attraverso il gioco del calcio.

Le scuole coinvolte a Torino, nelle Circoscrizioni 1, 7 e 8, sono il liceo scientifico Gobetti, il Convitto statale Umberto I e gli istituti Giulio, Pertini, Giolitti, Sidoli e Gozzi Olivetti.

L’oratorio salesiano San Luigi, in particolare, è coinvolto nell’azione «strada facendo» di cui è titolare di coordinamento a livello nazionale.

«Nelle scuole», sottolinea Matteo Aigotti, uno degli educatori del San Luigi, «si dà spazio al confronto con gli insegnanti per favorire nuove letture delle necessità dei giovani e nuove risposte da dare agli alunni stessi (per esempio laboratori sul divertimento, l’affettività, l’interculturalità)». Ai ragazzi vengono, inoltre, proposte diverse attività socio-educative presso i luoghi di aggregazione informale del «cortile in strada»: attraverso postazioni fisse al Parco del Valentino («Spazio Anch’io») e mobili in piazza Castello, ai Murazzi, nelle vie di San Salvario, tutti i pomeriggi gli educatori stanno accanto ai ragazzi che si incontrano sulla strada accompagnandoli a progettare insieme la propria vita.

Tra i partner del progetto ci sono, inoltre, la Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri, l’associazione Frantz Fanon, che offre consulenza psicologica e psicosociale, il Museo della Resistenza, che organizza iniziative di cittadinanza attiva a partire dalla Storia, e il Circolo dei Lettori, che propone laboratori di scrittura.

Per informazioni: cooperativa Labins, mail info@labins.it, sito www.labins.it, o oratorio San Luigi, tel. 011.6590650.

“Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Povertà”

Il 17 ottobre 2018, nella Giornata mondiale di lotta contro la povertà, Caritas Italiana ha presentato a Roma, presso Fondazione Con Il Sud (un ente non profit privato nato il 22 novembre 2006 dall’ alleanza tra le fondazioni di origine bancaria e il mondo del terzo settore e del volontariato, per promuovere l’infrastrutturazione sociale del Mezzogiorno, cioè percorsi di coesione sociale e buone pratiche di rete per favorire lo sviluppo del Sud.), il suo Rapporto 2018 su povertà e politiche di contrasto dal titolo “Povertà in attesa”.
Di seguito sono riportate le sintesi del Rapporto ed un’infografica. Con i bottoni sottostanti sarà possibili visualizzare anche l’articolo su La Repubblica (www.repubblica.it), Avvenire (www.avvenire.it) e Redattore Sociale (www.redattoresociale.it).

Sintesi Rapporto

Sarà possibile scaricare il contenuto in formato PDF

Infografica

Sarà possibile scaricare il contenuto in formato PDF

La Repubblica
Redattore Sociale
Avvenire

Bollettino Animazione Missionaria – Ottobre 2018

È ora disponibile il Bollettino di Animazione Missionaria del mese di Ottobre 2018.

Ecco l’introduzione a cura del Consigliere per le missioni, don Guillermo Basañes:

Carissimi, i nostri occhi e i nostri cuori missionari sono rivolti verso il Sinodo dei Vescovi, verso i giovani di tutto il mondo. Il Successore di Don Bosco è lì, partecipa a questa XV Assemblea Generale Ordinaria, e con lui, tutta la Congregazione vi è presente. Più che un tempo di attesa o di curiosità per le “novità” che ne possano emergere, per noi è già un tempo de “conversione pastorale e missionaria”. Tutta la “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco, e anche l’Instrumentum Laboris di questo Sinodo (cf. IIIª parte) puntano su questa conversione, “che non può lasciare le cose come stanno” (EG 25). L’originalità di questa trasformazione missionaria è che lo Spirito Santo, che “fa nuove tutte le cose”, vuole attuarla adesso attraverso i giovani, attraverso le loro voci: “vogliamo esprimere la nostra richiesta per una comunità trasparente, accogliente, onesta, attraente, comunicativa, accessibile, gioiosa e interattiva” (IL 67).
I giovani confratelli che ogni anno sono inviati ad gentes, ad exteros, ad vitam – e il Rettore Maggiore ha appena inviato 18 tirocinanti nella 149ª Spedizione Missionaria! – sono una voce chiara e potente che invita tutta la Congregazione a questa conversione missionaria. Coraggio!

D. Guillermo Basañes, SDB
Consigliere per le missioni

 

Nosiglia: la quarta rivoluzione industriale come opportunità

Si è tenuto Sabato 13 ottobre 2018, presso il Polo del ‘900, il seminario proposto dall’Ufficio Pastorale sociale e del Lavoro in collaborazione con la Fondazione Operti sul tema «Cambiamenti a tempo indeterminato».

Un invito accorato alla riflessione intorno al tema del cambiamento. Nella prima parte, l’attenzione si è rivolta maggiormente alla cosiddetta Quarta Rivoluzione Industriale e dunque alle conseguenti trasformazioni del mondo del lavoro. La seconda, invece, si è focalizzata maggiormente sui mutamenti profondi del sistema politico. Entrambe le sessioni sono state animate da contenuti di testimoni ed esperti (imprenditori e professionisti), da gruppi di riflessione e dalle proposte operative della Pastorale Sociale.

Ecco l’intervento di apertura del seminario a cura dell’Arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia:

Carissimi,
con questa giornata di studio, di riflessione, di ricerca e, in qualche modo, di progettazione e rinnovamento, l’Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro apre il cammino pastorale per l’anno in corso, mettendo a fuoco due temi molto importanti, non solo per la vita della Chiesa torinese, ma per le persone e per la società civile: il lavoro (e le relative trasformazioni) e la politica.

Il programma è ricco di interventi qualificati (che ringrazio anticipatamente per la loro partecipazione attiva) e di persone interessate a riflettere, insieme alla Chiesa torinese, sul futuro del nostro territorio. In un tempo sociale pieno di opportunità, ma anche foriero di rischi, mi sembra opportuno ritrovarsi per un’opera di discernimento comunitario che mette insieme i volontari delle parrocchie, i giovani, i lavoratori, le imprese, il sindacato, le
istituzioni pubbliche e le realtà che sono chiamate ad accompagnare le persone in questo cambiamento d’epoca. La comunità cristiana è quindi chiamata a pensare e ripensarsi insieme a tutte le componenti sociali, economiche e politiche del territorio, come peraltro delineato dal percorso dell’agorà sociale.

TORINO ha vissuto una delle CRISI RECESSIVE più importanti della sua storia recente; spesso viene infatti descritta come città in declino (tra le più anziane in Italia, con tassi di disoccupazione giovanile troppo elevati, scarsi investimenti sul territorio) e poco competitiva sul piano internazionale. Una città dalla forte vocazione industriale
NON PUO’ PERO’ RASSEGNARSI all’idea che il lavoro sia un fattore marginale rispetto allo sviluppo sociale ed economico. Serve riflettere a fondo sulle trasformazioni locali e globali per capire come accompagnare le persone e le realtà organizzate (le imprese, le istituzioni, le parti sociali e la rappresentanza) a vivere con pienezza (e senza timore) il cambiamento.

La quarta rivoluzione industriale rappresenta pertanto una grande OPPORTUNITA’ per ragionare sul futuro della nostra area metropolitana perché, oltre a rimettere il tema dello sviluppo sostenibile del nostro territorio, concentra la sua particolare attenzione sul lavoro e sulla persona umana. Sono molti gli analisti e gli studiosi che sottolineano come, nonostante il fattore tecnologico sia il volano del cambiamento, quello umano rappresenti il vero fulcro per lo sviluppo economico e del mondo del lavoro. La tecnologia quindi non deve far paura e non deve spaventare l’uomo che lavora; deve essere sempre a suo servizio per aiutare il progresso materiale e spirituale della nostra società.
La persona umana partecipando al processo del lavoro con le sue innate abilità naturali, da formare durante il percorso educativo, è in grado di plasmare e trasformare la realtà. IL LAVORO pertanto, oltre ad essere motore per lo sviluppo di una qualsiasi società economica, è anche un bene per la persona umana, perché favorisce l’espressione di sé, l’identità sociale e la partecipazione alla vita sociale.

Tale elemento è di grande interesse per tutta la comunità cristiana, dal momento che il pensiero sociale della Chiesa ritiene primario l’elemento soggettivo del lavoro. È soprattutto San Giovanni Paolo II ad evidenziare in Laborem exercens questo fattore quando afferma che “come persona, l’uomo è quindi soggetto del lavoro. Come persona egli
lavora, compie varie azioni appartenenti al processo del lavoro; esse, indipendentemente dal loro contenuto oggettivo, devono servire tutte alla realizzazione della sua umanità, al compimento della vocazione ad essere persona, che gli è propria a motivo della stessa umanità”. La dimensione soggettiva del lavoro richiama quindi a una domanda di senso per l’uomo. Proprio per tale ragione, quando HO INCONTRATO I LAVORATORI delle aziende in crisi in quest’ultimo anno, ho visto fatica, smarrimento, paura e rabbia. Il lavoro inteso come un valore è uno strumento che dà senso e pienezza alla vita umana è una risorsa talmente preziosa che, quando manca, crea sfiducia e un senso di frustrazione paragonabili agli eventi più tragici della nostra vita.

In tal senso mi piace ricordare le parole che Papa Francesco ha rivolto ai lavoratori dell’ILVA di Genova: “Sulla terra ci sono poche gioie più grandi di quelle che sperimentano lavorando, come ci sono pochi dolori più grandi dei dolori del lavoro, quando il lavoro sfrutta, schiaccia, umilia, uccide. Il lavoro può fare molto male perché può fare molto bene. Il lavoro è amico dell’uomo e l’uomo è amico del lavoro, e per questo non è facile riconoscerlo come nemico,
perché si presenta come una persona di casa, anche quando ci colpisce e ci ferisce. Gli uomini e le donne si nutrono del lavoro: con il lavoro sono “unti di dignità”. Dignità è la parola che risuona e viene pronunciata più spesso dai lavoratori, anche quelli che stanno per perdere il loro posto di lavoro.

Ma c’è un secondo focus che accompagnerà la vostra riflessione, intimamente connesso al primo filone e altrettanto importante: la POLITICA e l’assoluta NECESSITA’ DI SPENDERSI a favore del bene comune. Nel pomeriggio verrà presentata la RINNOVATA PROPOSTA della diocesi sul delicato fronte dell’educazione alla politica, le PICCOLE
OFFICINE POLITICHE, che prenderanno il posto della Scuola di formazione all’impegno sociale e politico. Trovo, in un momento di profonda crisi tra i cittadini, i corpi intermedi e le istituzioni più che pertinente una seria riflessione sul come riabitare coscientemente lo spazio pubblico. La crisi delle forme novecentesche di partecipazione non può renderci indifferenti; è giusto quindi che tutta la comunità cristiani s’interroghi su quale presenza sia necessaria nella polis. Evitando però di ripercorrere formule nostalgiche del passato e mutuando da esperienze che non torneranno
più.  Ben si sposa questo progetto e questo percorso con il cammino diocesano sul discernimento vocazionale. La prima chiamata di Dio alla realtà laicale è quella di spendersi a favore degli ambienti che primariamente abita; non si tratta infatti di un tratto marginale della nostra fede, ma di un elemento essenziale. Spiritualità, impegno sociale e per il mondo del lavoro, partecipazione alla vita politica sono elementi interconnessi che rendono autentica e pienamente vera la fede cristiana. Il laicato che si spende quotidianamente sul fronte del bene comune, come imprenditore, come sindacalista, come lavoratore o come uomo e donna delle istituzioni non è un laico di serie b.
Si amici, la politica, come ci ricorda la dottrina sociale della Chiesa (nostra bussola per orientare l’azione dei credenti nella società), è la più alta forma di carità, perché promuove interventi di natura promozionale e non meramente assistenzialistici. Spesso, troppo spesso, nelle nostre realtà cristiane si contrappone in modo fallace impegno sociale e volontariato con impegno politico; tale contrapposizione non aiuta quella necessaria maturazione e animazione
nel territorio dell’azione del popolo di Dio. Oggi è fondamentale invece parlare di impegno politico tout court, favorendo nuove vocazioni in tal senso e aiutando le persone già impegnate a non sentirsi estraniate dalla realtà cristiana. Educare i giovani alla politica è una delle sfide più complesse del nostro tempo perché i nostri schemi mentali, molto spesso, non corrispondono con le aspettative dei giovani stessi e perché le nostre proposte non
rispondono alle loro esigenze e modalità di partecipazione. Ritengo che il progetto delle Piccole Officine Politiche sia ambizioso e coraggioso perché si pone l’alto obiettivo di educare in maniera innovativa alla politica, quella con la P maiuscola, favorendo una sensibilità dentro la nostra realtà civile, aiutando le persone impegnate a confermare la propria passione e orientando i giovani ad una presenza civile cosciente e informata.

Auguro a tutti noi, alla comunità cristiana e a Torino nel suo complesso che dal percorso che oggi vi verrà presentato possano emergere, ad integrazione di altrettanti cammini, nuove classe dirigenti, intese non come persone che occupano degli spazi di potere, ma che responsabilmente si assumano l’onere di guidare e dare direzione ad una comunità spesso disorientata. Per essere classe dirigente non ci si può improvvisare: bisogna formarsi, prepararsi,
svestirsi di ideologie e pregiudizi, affondare le radici in esperienze sociali e di comunità, essere onesti e rivolti verso il bene comune.

Ritengo fondamentale che tale percorso si coniughi con il cammino che le aggregazioni laicali, le associazioni e movimenti perché, nel carisma di tali realtà, c’è l’educazione all’impegno politico.

Ringrazio tutti gli amici della Pastorale Sociale e del Lavoro per il lavoro fin qui svolto e per i progetti ambiziosi che sta costruendo e mettendo in campo.
Auguri a tutti voi buon lavoro e buona giornata!

Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino

CENSIS – Quindicesimo Rapporto sulla comunicazione

Si riporta qui di seguito il 15° rapporto Censis sulla comunicazione dal titolo “I media digitali e la fine dello Strar System” svoltosi a Roma in data 11 ottobre 2018. Con i pulsanti sottostanti sarà possibile scaricare tutti i materiali in pdf.

 

 

Censis 11/10/2018

I media digitali e la fine dello star system

Presentato il 15° Rapporto Censis sulla comunicazione

 

Triplicata la spesa per smartphone in dieci anni: 23,7 miliardi di euro per cellulari, servizi di telefonia e traffico dati. Su internet il 78,4% degli italiani. Giovani: web tv per il 46,6% e Instagram per il 55,2%. Positivo l’uso dei social network in politica per il 47% dei cittadini. È l’era biomediatica, in cui uno vale un divo

Roma, 11 ottobre 2018 – Le nuove diete mediatiche degli italiani: tv e radio sul web, nuovi record per smartphone e social network. Nel 2018 la televisione registra una leggera flessione di telespettatori, determinata dal calo delle sue forme di diffusione più tradizionali. La tv digitale terrestre e la tv satellitare si attestano, rispettivamente, all’89,9% e al 41,2% di utenza tra gli italiani: entrambe cedono il 2,3% di pubblico nell’ultimo anno. Continuano a crescere invece la tv via internet (web tv e smart tv possono contare su una utenza del 30,1%, +3,3% in un anno) e la mobile tv (che è passata dall’1% del 2007 all’attuale 25,9% di spettatori, con un aumento del 3,8% nell’ultimo anno). L’incremento di utenti dei servizi video digitali è uno dei cambiamenti più rilevanti del 2018: in un anno gli italiani che guardano i programmi delle piattaforme di tv on demand sono aumentati dall’11,1% al 17,9%, con punte del 29,1% tra i giovani under 30. La radio continua a rivelarsi all’avanguardia nei processi di ibridazione del sistema dei media. Complessivamente, i radioascoltatori sono il 79,3% degli italiani. Se la radio tradizionale perde 2,9 punti percentuali di utenza (oggi al 56,2%), come l’autoradio (con il 67,7% di utenza, -2,5% rispetto allo scorso anno), la flessione è compensata dall’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (lo fa il 17% degli italiani) e soprattutto attraverso lo smartphone (con una utenza al 20,7%, +1,6% rispetto allo scorso anno). Gli italiani che usano internet aumentano dal 75,2% al 78,4% (+3,2% rispetto allo scorso anno e +33,1% dal 2007). Quelli che utilizzano gli smartphone salgono dal 69,6% al 73,8% (+4,2% nell’ultimo anno, mentre ancora nel 2009 li usava solo il 15% della popolazione). Gli utenti dei social network crescono ancora, dal 67,3% al 72,5% della popolazione. Aumentano gli utenti di WhatsApp: il 67,5% degli italiani, l’81,6% degli under 30. Più della metà della popolazione usa i due social network più popolari: Facebook (56%) e YouTube (51,8%). Notevole è il passo in avanti di Instagram, che arriva al 26,7% di utenza (e al 55,2% tra i giovani). Mentre Twitter scende al 12,3%.

Un popolo di navigatori, ma non di lettori. Nel 2007 i quotidiani erano letti dal 67% degli italiani, ridotti al 37,4% nel 2018 (anche se nell’ultimo anno registrano un +1,6% di utenza). Il calo non è stato compensato dai giornali online, che nello stesso periodo hanno incrementato l’utenza solo dal 21,1% al 26,3%. Ma gli altri portali web di informazione sono consultati dal 46,1% degli italiani. Restano stabili i settimanali (con il 30,8% di lettori, -0,2% in un anno) e i mensili (con il 26,5% di lettori, -0,3%). Anche i lettori di libri continuano a diminuire anno dopo anno. Se nel 2007 il 59,4% degli italiani aveva letto almeno un libro nel corso dell’anno, nel 2018 il dato è sceso al 42% (-0,9% rispetto allo scorso anno). Né gli e-book (letti solo dall’8,5% degli italiani, -1,1% nell’ultimo anno) hanno compensato la riduzione.

In dieci anni triplicata la spesa per smartphone. Il valore dei consumi complessivi delle famiglie non è ancora tornato ai livelli pre-crisi (-2,7% nel 2017 rispetto al 2007), ma la spesa per smartphone è più che triplicata nel decennio (+221,6%, per un valore di quasi 6,2 miliardi di euro nell’ultimo anno), quella per computer è aumentata del 54,7%, i servizi di telefonia si sono riassestati in basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-10,4% nel periodo 2007-2017, per un valore però di quasi 17,5 miliardi di euro nell’ultimo anno) e la spesa per libri e giornali ha subito un collo (-38,8% nel decennio). Complessivamente, nel 2017 la spesa per cellulari, servizi di telefonia e traffico dati ha raggiunto i 23,7 miliardi di euro.

È forte la frattura generazionale nei consumi mediatici. I giovani si muovono con agilità nel sistema della comunicazione digitale, sfruttando più di chiunque altro tutte le opportunità offerte. Tra gli under 30 la quota di utenti di internet supera il 90%, mentre è ferma al 42,5% tra gli over 65. Più dell’86% dei primi usa lo smartphone, ma lo fa solo il 35% dei secondi. Più del 70% dei giovani è iscritto a Facebook e usa YouTube, contro circa il 20% degli anziani. Più della metà dei giovani consulta i siti web di informazione, contro appena un quinto degli anziani. Quasi il 47% dei primi guarda la web tv, contro appena il 9,5% dei secondi. Oltre il 35% dei giovani ascolta la radio attraverso il telefono cellulare, mentre lo fa solo il 4% dei longevi. Su Twitter c’è un quarto dei giovani e un marginale 3% scarso degli over 65.

Positivo l’uso dei social network in politica per il 47% degli italiani. In merito al ruolo svolto dai social network nella comunicazione politica, gli italiani si dividono tra fautori e detrattori in due parti quasi uguali. Il 16,8% ritiene che svolgono una funzione preziosa, perché così i politici possono parlare direttamente ai cittadini, senza filtri. Il 30,3% pensa che siano utili, perché in questo modo i cittadini possono dire la loro rivolgendosi direttamente ai politici. Invece, il 23,7% crede che siano inutili, perché le notizie importanti si trovano sui giornali e in tv, il resto è gossip. Infine, il 29,2% è convinto che siano dannosi, perché favoriscono il populismo attraverso le semplificazioni, gli slogan e gli insulti rivolti agli avversari. In sintesi, i giudizi positivi sulla disintermediazione digitale in politica sono espressi da una percentuale che sfiora la metà degli italiani: complessivamente, il 47,1%.

La fine dello star system. Nell’era biomediatica uno vale un divo. Uno degli effetti della disintermediazione digitale è la fine dello star system tradizionale. Con la conseguente rottura del meccanismo di identificazione e proiezione sociale che in passato veniva attivato dalla fascinazione esercitata dal pantheon delle celebrità: prima venerate e oggi smitizzate nel disincanto del mondo. Il divismo aveva impregnato gran parte della cultura di massa del ‘900, legato al medium per eccellenza di quella cultura: il cinema. Oggi la moltitudine dei soggetti, novelli Prometeo dell’era digitale, ha trascinato quel pantheon giù dall’Olimpo. Uno vale un divo: siamo tutti divi. O nessuno, in realtà, lo è più. La metà degli italiani (il 49,5%) è convinta che oggi chiunque possa diventare famoso (tra i giovani under 30 la percentuale sale al 56,1%). Un terzo (il 30,2%) ritiene che la popolarità sui social network sia fondamentale per essere una celebrità (la pensa così il 42,4% dei giovani). Mentre un quarto (il 24,6%) sostiene che semplicemente il divismo non esiste più. E comunque appena un italiano su 10 prende a modello i divi come miti a cui ispirarsi (il 9,9%).

Questi sono i principali risultati del 15° Rapporto sulla comunicazione del Censis, promosso da Facebook, Intesa Sanpaolo, Mediaset, Rai, Tv2000 e Wind Tre, presentato oggi a Roma presso la Sala Capitolare del Senato da Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, e discusso da Gian Paolo Tagliavia, Chief Digital Officer della Rai, Gina Nieri, Consigliere di Amministrazione di Mediaset, Massimo Porfiri, Amministratore Delegato di Tv2000, Massimo Angelini, Direttore Pr Internal & External Communication di Wind Tre, Fabrizio Paschina, Responsabile Direzione Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo, Francesco Rutelli, Presidente di Anica, e Giuseppe De Rita, Presidente del Censis.

I nuovi riti, tic e tabù della digital life

Presentato il 15° Rapporto Censis sulla comunicazione «I media digitali e la fine dello star system»

Il 50,9% di chi ha uno smartphone controlla le notifiche del telefono appena sveglio o come ultima cosa prima di andare a dormire. Il 48,4% consulta le previsioni meteo nel corso della giornata. E il 25,8% non esce di casa senza il caricabatteria. Il problema numero uno di internet secondo gli italiani? La diffusione di comportamenti violenti, dal cyber-bullismo alle diffamazioni online

Roma, 11 ottobre 2018 – La fiducia nei media al tempo delle fake news. La radio ottiene il primato della credibilità tra i media: il 69,7% degli italiani la considera molto o abbastanza affidabile. Sono soprattutto gli over 65 (72,5%) a riconoscere alla radio questo merito e le persone con un livello di istruzione più elevato, diplomati e laureati (71,2%). La televisione è considerata affidabile dal 69,1% degli italiani. Oltre al 78,5% degli anziani, è anche il 68,8% dei giovani under 30 a pensarla così. Anche la stampa viene considerata affidabile da una quota maggioritaria di italiani: il 64,3%. Nella parte inferiore della graduatoria si collocano invece i siti web d’informazione: solo il 42,8% degli italiani li considera pienamente credibili. In questo caso si rileva una polarizzazione tra giovani e anziani: tra i primi il giudizio negativo è espresso dal 45,8%, tra i secondi è ai massimi livelli (79,1%). Ultimi in classifica si collocano i social network, ritenuti non del tutto affidabili dal 66,4% degli italiani. Sono gli anziani a essere i più diffidenti (78,2%), mentre il 45,8% dei giovani li considera attendibili. La tendenza a una minore fiducia si è accentuata nell’ultimo anno: hanno perso credibilità i siti d’informazione online per il 20,7% degli italiani, i social network per il 27,2%.

Nuovi riti, tic e tabù della digital life. La grande diffusione degli smartphone modifica i comportamenti di molte persone, protagoniste oggi di nuovi rituali, piccoli tic e manie mascherate. Il 59,4% degli italiani che possiedono un cellulare evoluto dichiara che, invece di telefonare, preferisce inviare messaggi per comunicare. Il 54,7% fa parte di gruppi su servizi di messaggistica come WhatsApp. Il 50,9% controlla le notifiche del telefono come primo atto al risveglio o come ultima cosa prima di andare a dormire. Il 48,4% consulta le previsioni meteo nel corso della giornata. Un’altra piccola ossessione quotidiana riguarda il rapporto con la memoria: il cellulare diventa una «protesi» utile ai nostri ricordi e alle nostre conoscenze, al punto che il 37,9% degli utenti, quando non ricorda un nome, una data o un evento, si affida immediatamente alle risposte della rete per fugare ogni dubbio. Uno su tre (30,1%), invece di digitare sulla tastiera, invia messaggi vocali. E il 25,8% esce di casa portando sempre con sé il caricabatteria del cellulare.

Quali sono i principali problemi dell’era digitale? La classifica dei principali problemi dell’era digitale secondo gli italiani riflette una visione molto individualistica, prevalentemente centrata su di sé e sull’impatto negativo che le tecnologie digitali possono eventualmente avere sul proprio vissuto quotidiano. Per il 42,5% degli italiani il problema numero uno di internet è la diffusione di comportamenti violenti, dal cyber-bullismo alle diffamazioni e intimidazioni online. Al secondo posto, il 41,5% colloca il tema della protezione della privacy. Segue il rischio della manipolazione delle informazioni attraverso le fake news (40,4%) e poi la possibilità di imbattersi in reati digitali, come le frodi telematiche (35,5%). Solo a grande distanza vengono citati problemi di sistema, come l’arretratezza delle infrastrutture digitali del nostro Paese e l’inadeguatezza dei servizi online della pubblica amministrazione (14,9%), oppure le minacce all’occupazione che possono venire da algoritmi, intelligenza artificiale e robotica (10,5%).

Preoccupazioni e soluzioni per proteggere la privacy. Il 59,3% degli utenti dei social network si dice molto o abbastanza preoccupato per il possibile uso distorto dei propri dati personali, mentre il restante 40,7% afferma di non nutrire nessun timore (il 7,5%) o ha solo una scarsa preoccupazione (il 33,2%). Tra i giovani under 30 la percentuale complessiva di chi non manifesta preoccupazioni arriva al 48,6%. Tra le soluzioni possibili, il 61,1% degli italiani ritiene che i gestori dei social network stiano già lavorando all’implementazione delle procedure di sicurezza necessarie. L’utente, in realtà, punta il dito verso se stesso: l’83,6% degli italiani è convinto che sia necessario imparare a usare i social network con maggiore attenzione e prudenza. A supporto dell’autotutela si affianca la richiesta, ugualmente sentita, di una più robusta risposta legislativa: per l’80,3% degli italiani le autorità devono intervenire con una regolamentazione più efficace a difesa dell’utente.

Questi sono i principali risultati del 15° Rapporto sulla comunicazione del Censis, promosso da Facebook, Intesa Sanpaolo, Mediaset, Rai, Tv2000 e Wind Tre, presentato oggi a Roma presso la Sala Capitolare del Senato da Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, e discusso da Gian Paolo Tagliavia, Chief Digital Officer della Rai, Gina Nieri, Consigliere di Amministrazione di Mediaset, Massimo Porfiri, Amministratore Delegato di Tv2000, Massimo Angelini, Direttore Pr Internal & External Communication di Wind Tre, Fabrizio Paschina, Responsabile Direzione Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo, Francesco Rutelli, Presidente di Anica, e Giuseppe De Rita, Presidente del Censis.

 

Elledici per la canonizzazione di Paolo VI

Si rondono note due novità che la editrice Elledici pubblicherà Paolo VI, il Papa che verrà canonizzato domenica 14 ottobre 2018:
da un saggista e docente universitario e  da un giornalista vaticanista e scrittore due nuove biografie sul Papa.

Paolo VI - Il papa dei tempi nuovi

(Pagine 168 – € 13,00)

Con la canonizzazione di Paolo VI la sua figura — a volte così osteggiata, travisata e per lungo tempo dimenticata — non solo viene innalzata alla gloria degli altari, ma anche restituita alla sua dimensione autentica di sacerdote, vescovo e pontefice.
di Giuliano Vigini

Paolo VI - Uno dono per la Chiesa

PROSSIMA USCITA

«Paolo VI fu un dono del Signore alla sua Chiesa.
[…] Oggi comprendiamo meglio quanto ferma fosse la sua fede; quanto grande il suo amore per la Chiesa; quanto profonda la sua spiritualità; quanto lungimiranti le sue decisioni; quanto illuminante la sua saggezza».
di Domenico Agasso jr