ADMA Valdocco inizia l’estate
/in Intorno a noi /by AdminTra giugno e luglio 2021 si svolgeranno gli Esercizi Spirituali animati dall’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA) Primaria di Torino, in una delle sedi salesiane tra Valdocco, Colle Don Bosco, Avigliana, Cumiana e Saint Oyenne. Di seguito l’articolo pubblicato dall’Agenzia d’Informazione Salesiana ANS.
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L’esperienza degli Esercizi Spirituali delle famiglie, animate dall’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA) Primaria di Torino, questo anno vede numerose famiglie ritagliarsi alcuni giorni in una delle sedi salesiane tra Valdocco, Colle Don Bosco, Avigliana, Cumiana e Saint Oyenne nel periodo giugno/ luglio 2021.
La pandemia infatti ha modificato le modalità di ritrovarsi tutti assieme nello scenario alpino di Pracharbon, ma non ha fatto venire meno la volontà di incontrarsi con cuore nuovo e regole nuove.
Tre giorni quelli dei ritiri proposti per pregare, riflettere, condividere, mettendosi alla scuola di San Giuseppe di cui si celebra il 150-esimo anniversario della proclamazione a Patrono della Chiesa Universale. E allora quale migliore occasione per tornare ancora una volta a Nazareth e dimorare con la Santa Famiglia per diventare sante famiglie!
Contemplare negli esercizi spirituali San Giuseppe e la sua vita silenziosa e casta, sposa perfettamente la spiritualità dell’ADMA di avere Gesù e Maria in casa, di poterli ammirare, amare e servire. E in tale scenario che si colloca la splendida cornice di famiglia di famiglie intergenerazionale che si ritrova al gran completo con i giovani e con le persone più avanti d’età per ascoltare le catechesi dei sacerdoti mentre gli animatori si occupano con dedizione dei figli in uno scambio reciproco e avvolgente.
Ogni giornata degli esercizi è poi scandita da momenti di riflessione personale, di coppia e infine in piccoli gruppi, sempre rispettosi delle norme pandemiche vigenti. Inoltre la giornata di ritiro ruota attorno all’Adorazione Eucaristica, al Rosario e alla Messa, oltre che alla possibilità di confessione personale: il tutto mentre i ragazzi oltre a giocare, realizzano Video testimonial dei momenti vissuti e delle catechesi ascoltate dai loro animatori.
In questo circolo virtuoso la scelta della figura di San Giuseppe – Padre nell’obbedienza e accoglienza – è certamente la testimonianza di tutte le persone e famiglie che in questo tempo pandemico hanno saputo amare in modo discreto e silenzioso, ma non per questo meno presente.
“Sulle strade d’Europa”, il 14 luglio presentazione del libro sulla dimensione sociale della fede di Renato Cursi
/in Intorno a noi /by AdminL’Università Pontificia Salesiana con l’editrice LAS presenterà il 14 luglio, con un evento on line, il libro di Renato Cursi, segretario esecutivo di Don Bosco International, “Sulle strade d’Europa. Giovani e dimensione sociale della fede per costruire il futuro”.
Si tratta di un volume su pastorale giovanile e dimensione sociale della fede, frutto della collaborazione di questi ultimi anni con la Rivista Note di Pastorale Giovanile e della rielaborazione quindi dei contenuti della rubrica “Lettere Europee”. Il volume offre pertanto un punto di vista su questi temi aperto all’orizzonte dell’integrazione europea, nell’anno della Conferenza sul Futuro dell’Europa.
Dicastero Comunicazione Sociale: Newsletter speciale di giugno – Don Gildasio Dos Santos Mendes
/in Intorno a noi /by AdminSi riporta di seguito la Newsletter del Dicastero della Comunicazione, di Giugno 2021, da parte di Don Gildasio Dos Santos Mendes sdb, Consigliere per la Comunicazione Sociale.
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I GIOVANI SCOPRONO UN NUOVO MODO DI COMUNICARE
CODICI DIGITALI
IL LINGUAGGIO DELL’ARTE
LA LOGICA DEI GIOCHI
Cari amici!
Chiedo a due adolescenti quali attività online preferiscono. Rispondono immediatamente: ascoltare musica, parlare con gli amici e giocare. Arte, interattività e giochi! Alcune delle tante attività che fanno parte delle 24 ore della generazione digitale.
Un bambino di 9 anni tiene in mano un cellulare, fissa lo schermo, riconosce immediatamente i simboli delle applicazioni. Muove rapidamente le mani, tocca il logo dell’applicazione, si muove, cerca l’interattività. Chiama suo padre e iniziano a giocare.
I giochi fanno parte dell’esercizio mentale e sociale delle nuove generazioni. I giochi facilitano l’interattività. Sono associati alle dinamiche del cervello umano. Il cervello ha la sua logica, il suo modo di riconoscere e codificare i simboli e generare un linguaggio cognitivo ed emotivo.
Un adolescente di 12 anni scatta una foto di una partita di calcio, la modifica, ci mette un titolo, inserisce un sottofondo musicale, la invia a centinaia di amici in rete. Loro mettono “mi piace” alla foto, la condividono, la “socializzano”. Il mondo interattivo offre opportunità di creazione e partecipazione attiva.
Un diciassettenne fa parte di un gruppo musicale. Suona la chitarra insieme ad altri musicisti. Compongono alcune canzoni, fanno arrangiamenti, cantano, registrano e le condividono su Internet e sulle reti sociali. Arti come la musica, la danza, il teatro, la poesia e la pittura fanno parte della grammatica giovanile di oggi.
I bambini e i giovani comunicano attraverso i loro codici digitali associati alle arti. La musica ha il suo codice, il suo linguaggio e le sue dinamiche, che favoriscono l’espressione dei sentimenti e delle idee delle persone.
Il teatro ha la sua logica, i suoi passi, i ritmi degli attori, i tempi e i momenti di interattività e di collaborazione nel lavoro di gruppo.
Tutte le arti sono linguaggi e grammatiche che permettono alle persone di esprimere ciò che hanno dentro e la loro visione del mondo. Inoltre, le arti facilitano l’immersione dell’individuo nell’universo della bellezza, dell’immaginazione creativa, del coinvolgimento attivo e della gioia di creare e condividere.
Evangelizzare l’habitat digitale richiede uno sguardo molto attento alla forza delle arti e al modo in cui i giovani organizzano ed esprimono i loro valori e il loro impegno verso gli altri e verso i loro gruppi e comunità.
Quando un gruppo giovanile fa un’esperienza di preghiera liturgica, di impegno comunitario e di servizio agli altri, ed esprime questo impegno attraverso l’arte, questo gruppo fa risuonare la sua voce con originalità e un appeal comunicativo nelle reti sociali e su Internet.
L’arte diventa così un canale comunicativo per esprimere la vita dei giovani in modo attraente e creativo.
Il gioco si sta espandendo sempre di più. I giochi educativi fanno parte delle relazioni umane: stare insieme, creare sfide, incoraggiare la discussione educativa, esprimere sentimenti, stare con gli altri. I giochi toccano l’immaginazione e i sentimenti. Coinvolgono e creano reti di relazioni umane. Favoriscono i momenti di donazione di sé e di collaborazione.
Come parte della sua inventiva educativa, Don Bosco fece uso delle arti, specialmente della musica e del teatro, per educare i suoi giovani a Valdocco.
Sapeva, per esperienza, che le arti e lo sport favoriscono lo sviluppo umano, aprono i giovani alla creatività, facilitano le relazioni umane e contribuiscono significativamente alla vita educativa e spirituale.
Educare ed evangelizzare l’habitat digitale attraverso le arti e i giochi è una grande opportunità per tutti noi che crediamo nella gioventù!
Roma, 24 giugno 2021
Don Gildasio Mendes
Consigliere Generale per la Comunicazione Sociale
A Capriglio inaugurata una panchina del Big Bech Community Project
/in Intorno a noi /by AdminInaugurata ieri 26 Giugno 2021 a, paese natale di Margherita Occhiena, mamma di Don Bosco, la BIG BENCH del territorio.
La “Pancapriglio”, così denominata è la numero 144 del progetto Big Bech Community Project (BBCP).
Un progetto nato per sostenere le comunità locali, il turismo e le eccellenze artigiane dei paesi in cui si trovano queste installazioni fuori scala. BBCP è un’iniziativa no profit promossa e sostenuta dal designer americano Chris Bangle e sua moglie Catherine, cittadini di Clavesana dal 2009. Le attività del BBCP prevedono sia il supporto tecnico a chi vuole costruire una nuova Grande panchina ufficiale, sia la collaborazione alle eccellenze dell’artigianato locale per la realizzazione di prodotti ad esse ispirati.
La panchina, nasce e trova realizzazione da un’ iniziativa privata di alcuni ragazzi di Capriglio – di colore giallo e verde – svetta in posizione panoramica (in frazione Serra) con vista sulla Basilica San Giovanni Bosco. Difficile non restare rapiti dalla vista mozzafiato sulle colline che hanno visto muovere i primi passi al Padre e Maestro della gioventù: San Giovanni Bosco.
Il Sindaco di Capriglio, Tiziana Gaeta, commenta:
” E’ stato molto bello vedere quanto la realizzazione di questo progetto abbia contribuito all’unità delle persone che hanno collaborato e lavorato gratuitamente per amore e senso di appartenenza al nostro territorio – come rappresentante dei miei compaesani sono orgogliosa e profondamente colpita “.
La causa di Beatificazione di Mamma Margherita – foglio informativo
/in Intorno a noi /by AdminSi riporta di seguito il foglio informativo della Causa di Beatificazione di Mamma Margherita a cura dell’Associazione Amici del Museo di Mamma Margherita di Capriglio in Collaborazione con la Postulazione Generale.
Note di Pastorale Giovanile, gruppo di redazione al lavoro per il 2022
/in Intorno a noi /by AdminIl 21 giugno, nella casa del Sacro Cuore di Roma, si è ritrovato il gruppo di redazione di Note di pastorale Giovanile per il consueto appuntamento di discernimento e discussione sulla Rivista per il prossimo anno.
Dopo uno stop dovuto all’emergenza sanitaria che ha costretto al collegamento on line, la riunione si è svolta in presenza. La modalità di lavoro è stata quella del “discernimento generativo”, proprio per valorizzare la presenza e lo scambio di persona.
Don Michele Falabretti, vicedirettore di NPG e Responsabile del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile, Ernesto Diaco, direttore dell’ufficio Scuola della CEI e don Rossano Sala, direttore di NPG e docente all’UPS hanno introdotto la giornata con una panoramica su quanto sta accadendo nella Chiesa italiana e universale.
C’è stato poi lo spazio per il discernimento generativo, con il contributo di tutti e con quanto ciò che si era ascoltato aveva suscitato in ciascuno dei presenti. Il cuore della discussione è stato proprio il cambiamento epocale che stiamo ancora vivendo, che è epocale non solo perché il mondo è diverso rispetto a un anno fa ma perché siamo dentro un sentimento forte. Come si può rispondere alle domande di senso che oggi risuonano nella vita di tanti? Sicuramente il cammino sinodale, sia come metodo di lavoro che come esercizio per mettere in campo azioni pastorali.
Dopo il pranzo, c’è stato il tempo della programmazione: ascoltate le riflessioni del mattino, i membri del gruppo di redazione hanno proposto temi per il prossimo anno di Note di Pastorale Giovanile, una rivista che cresce di anno in anno anche fuori dal mondo salesiano e che ormai è diventata punto di riferimento per la formazione e l’approfondimento della Pastorale Giovanile nella Chiesa italiana.
Ideario MGS, con il Quaderno di lavoro per la progettualità locale dei cammini formativi dell’anno educativo pastorale 2021/2022
/in Intorno a noi /by AdminDalla presentazione dell’Ideario MGS, scritta dalla segreteria MGS e dal gruppo di lavoro.
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La grande novità di quest’anno di offrire un “Quaderno di lavoro” per tutta la Comunità Educativa Pastorale ha portato la Segreteria MGS Italia ad interrogarsi sul senso e sul ruolo dei “Sussidi per fascia d’età” che da molti anni ormai si affiancavano al “Quaderno Giovani MGS”.
Dopo un sincero confronto e un periodo di discernimento si è sentita l’esigenza di cambiare rotta e osare, scommettendo sulla capacità progettuale delle CEP, delle associazioni di consacrati e laici, dei giovani stessi, offrendo loro, più che un sussidio già definito, uno strumento di lavoro. Ed ecco allora come è nato l’“Ideario MGS”.
L’idea di fondo di questo strumento è quella di fornire una traccia di riflessione che trasforma in percorso formativo il pensiero, le intuizioni e gli approfondimenti del Quaderno di Lavoro MGS. Lo scheletro di questo percorso formativo possibile giungerà così nelle varie realtà sotto forma di Ideario per promuovere la progettazione locale dei cammini e delle proposte, coinvolgendo gli educatori, gli insegnanti, gli animatori e tutti coloro che accompagnano i ragazzi a ritrovarsi insieme e progettare in forma comunitaria i passi da far fare nel corso dell’anno pastorale.
Il percorso però non può non tener conto di chi lo deve compiere: è certamente unica la meta da raggiungere, l’incontro con Gesù attraverso la spiritualità salesiana; molteplici invece i passi, le tappe, i bisogni educativi e le storie di coloro che devono mettersi in cammino.
Questa personalizzazione della proposta che parte innanzitutto dal confronto con la realtà locale è un dato importante che non va sottovalutato. Ciascuna realtà locale ha una propria storia, si trova in una determinata situazione e ha bisogni specifici che un Sussidio troppo definito rischia di non intercettare. E’ il lavoro in equipe locale, attraverso la conoscenza della realtà e il discernimento comunitario che sa cucire a mano il vestito più adatto da far indossare a coloro verso i quali è destinato il percorso. E’ la concretizzazione del “Va per la città e guardati attorno” che si è sentito dire don Bosco: con gli strumenti che hai vai a vedere cosa grida il mondo e progetta quanto di più adeguato puoi fare per rispondere a questa necessità.
L’Ideario offre degli spunti, delle possibili strade da percorrere, una direzione verso cui andare, ma la concretizzazione dei passi la può conoscere solo chi conosce i viandanti che la devono percorrere.
La scrittura di questo Ideario è stata quindi, in primis, l’occasione per vivere un’ esperienza di discernimento comunitario di un gruppo di 24 persone composto da giovani, Figlie di Maria Ausiliatrice e Salesiani provenienti da tutta Italia. Un percorso iniziato a febbraio 2021 a distanza, a fronte dell’impossibilità di incontrarsi, e concluso a maggio. Nei diversi incontri abbiamo studiato insieme il Quaderno di lavoro e, attraverso gruppi di dialogo e confronto dove abbiamo tentato di riconoscere, interpretare alla luce dello Spirito e scegliere il giusto orientamento, ci siamo accompagnati a vicenda per capire come a partire dalla nostra vita e dalla realtà in cui siamo inseriti potevamo trasformare questi contenuti in un percorso formativo e come “spezzettare” questo cammino anche per i più piccoli a cui siamo inviati.
Siamo convinti che questo Ideario debba essere, e rimanere, uno strumento agile e che vada assunto nella misura in cui può aiutare e non complicare l’azione pastorale evitando ogni forma di schematismo che incatena la realtà e la pratica.
Esso va considerato come uno spunto per allargare la riflessione e trasformarla in percorso, per questo motivo ogni realtà è estremamente libera di prendere quanto ritiene utile e di tralasciare quanto ritiene secondario in vista dei cammini formativi.
Ciò che ci pare interessante e pastoralmente buono è il fatto che tutta la Comunità Educativa Pastorale cammini e si formi percorrendo lo stesso percorso. Questo fa crescere il senso di appartenenza, la logica ecclesiale di una comunità in cammino e la possibilità di un fecondo rapporto intergenerazionale.
Per questo ci sentiamo di promuovere l’accoglienza dello studio condiviso del Quaderno di Lavoro e della Proposta Pastorale contenuta in esso e lanciamo al locale la sfida di trasformare in percorso i suggerimenti proposti dall’Ideario, sapendo che, in particolare le pratiche educative proposte alla fine di ogni capitolo, devono poi trovare una concretizzazione pedagogica adatta alla realtà in cui vengono proposte.
Comincia il percorso di formazione per gli aspiranti all’ADMA Primaria di Valdocco
/in Intorno a noi /by AdminDomenica 13 giugno è iniziato a Valdocco il percorso di formazione per coloro che intendono conoscere l’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA). Di seguito l’articolo pubblicato dall’Agenzia d’Informazione Salesiana ANS.
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Seguendo il carisma proprio del gruppo, prima di ogni altra attività sono state previste l’Eucarestia, celebrata nella Basilica di Maria Ausiliatrice, e la recita del Rosario; solo dopo ha avuto avvio il momento di presentazione del percorso, di conoscenza e condivisione.
Don Guido Errico, Rettore della basilica, ha invitato tutti i presenti a riflettere sul fatto di essere riuniti proprio sotto la basilica, dove sono poste le fondamenta da cui è iniziata la costruzione di pietra del Santuario, e dove anche gli aspiranti all’ADMA possono porre le basi del loro cammino.
Renato Valera, Presidente dell’ADMA Primaria, ha poi evidenziato che in tutto il mondo tanti gruppi camminano insieme per conoscere Maria e per trasformare attraverso di Lei la loro vita, a imitazione di Gesù.
Don Alejandro Guevara, Animatore Spirituale Mondiale dell’ADMA, ha invece proposto di guardare al giorno d’inizio del cammino come a quello del concepimento di una nuova vita. Gli aspiranti, in quest’ottica, sono chiamati a nascere come figli di Maria, ad incorporarsi come membri nella Sua associazione. Per questo don Guevara ha manifestato il desiderio che questo cammino li porti ad innamorarsi sempre più di Maria.
Ancora, Tullio Lucca, già Presidente dell’ADMA Primaria, ha aggiunto poi che alla base di questo cammino di fede e di spiritualità c’è un rapporto d’amore con Maria, che guida gli aspiranti tutti insieme verso Gesù, facendogli fare esperienza di popolo e di famiglia. E ha anche ricordato l’intuizione di Don Bosco quando fondò la basilica: non basta una basilica di pietre, ne occorre una di persone che devono porre alla base della loro esperienza un legame forte con Gesù Eucarestia e con Maria. “È il Totus tuus di Luigi Maria Grignion de Montfort, motto di Papa Giovanni Paolo II: Tutto con Maria, tutto per Maria, tutto attraverso Maria che ci porta a Gesù perché è piena trasparenza di Gesù”.
Infine, parando dell’apostolato, ha manifestato l’importanza di portare Gesù e Maria agli altri attraverso un amore concreto al fratello, seguendo il motto di Don Bosco Da mihi animas coetera tolle, e testimoniando con la propria vita l’amore ricevuto da Maria.
L’incontro si è concluso con l’ultima annotazione di don Guevara, che ha sottolineato come, sebbene sia Maria a guidare il percorso formativo, gli aspiranti membri dell’ADMA sono accompagnati anche da tutte le altre persone che fanno parte dell’associazione.
“Umile, forte e robusto”: testimonianze di vita
/in Intorno a noi /by AdminIl numero estivo di NPG lancia la proposta pastorale dell’Italia Salesiana per il prossimo anno: “Amati e chiamati. Renditi umile, forte e robusto”. Di seguito, alcune testimonianze sul tema.
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In ascolto del sogno della vita
Emanuele Bonazzoli *
Quante volte ho invidiato don Bosco per avere avuto un sogno che, per quanto ermetico indicasse la via. Io non sono bravo a sognare, o almeno, a sognare al modo di don Bosco. Ho inseguito un po’ di sogni (erano soltanto miei desideri) ma quasi mai sono riuscito ad arrivare laddove “sognavo”. Forse perché, a differenza di don Bosco, ciò che sognavo era solo nella mia mente, non nel cuore di Dio. Eppure sento di avere anch’io seguito l’indicazione di un sogno, che mi ha accompagnato: cercare la gioia del cuore, coltivarla, “perché la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). Ci sono esperienze nella vita che alimentano il desiderio, altre che alimentano il cuore. Sono queste ultime che mi hanno formato, mi hanno dato un respiro e mi hanno arricchito come persona portandomi su sentieri che non avrei percorso e trovando là la gioia inaspettata. Ho vissuto in questo senso l’invito a rendermi “umile, forte e robusto”. L’umiltà si è più volte scontrata con la testardaggine di fare secondo la mia volontà, di mettere sulla bocca di Dio il mio pensiero, anche quando mi mostrava un’altra via; per me umiltà è ascoltare, guardare il proprio percorso, avere il coraggio di cambiare anche radicalmente la propria condizione di vita. Nella fortezza riconosco la resistenza allo sbandamento, all’inseguire vie meno impegnative: la fortezza si è concretizzata nello stare, nell’allenare la perseveranza e la costanza e, soprattutto, nel coltivare la pazienza. La robustezza è la capacità di non essere spezzati ed è una condizione che uno non si può dare da solo: è robusto chi ha costruito insieme, chi sa di appartenere ad una famiglia, chi riconosce le sue radici e non le recide, chi anche nel momento di aridità pesca nella sua bisaccia i valori che ha custodito durante i tempi della ricchezza umana e spirituale. Oggi penso di vivere con la consapevolezza di questi tre doni che mi permettono di essere quel che sono in un quotidiano che ritengo molto semplice e ordinario. Ho sempre sognato per me esperienze straordinarie, impegni con grandi responsabilità, viaggi per il mondo. Ho trovato un’ordinarietà quasi banale, agli occhi di molti. L’ordinarietà della vita di marito, papà e insegnante. Eppure un quotidiano che mi richiede di rimettere in gioco quell’umiltà, quella fortezza e quell’essere robusto di chi cammina e fa camminare, di chi indica la strada e contemporaneamente ascolta chi cammina con lui, anche se più piccolo, perché la strada si fa insieme. Mi sono accorto che per essere uomini ed educatori che fanno sognare serve essere uomini in ascolto dell’altro: un ascolto positivo, propositivo, senza giudizio e portatore di bellezza. Mi sono allenato ad ascoltare me stesso, così rigido, testardo e sicuro di essere nel giusto: ho imparato che oltre al bianco e al nero, esiste il grigio. Mi sono allenato ad ascoltare la coppia: un noi che comprende un io e un tu e lo supera, che non annulla le individualità ma le può plasmare; una famiglia che non può sentirsi arrivata solo perché è economicamente e affettivamente stabile. Mi sono allenato ad ascoltare i miei figli quando sono seduto a terra a giocare alle costruzioni, quando racconto per la settantesima volta la stessa fiaba, quando vengo interpellato sui poteri di un Superpigiamino, quando faccio l’ennesimo richiamo: ho intuito la pazienza di Dio Padre nella mia “mistica del pannolino”. Mi sono allenato ad ascoltare i miei allievi, scovando nello sguardo e nelle storie (in questo momento storico filtrate dai silenzi degli schermi) le scintille di futuro e di Speranza, costruendo l’autostima la cultura, rileggendo insieme la bellezza dell’arte. Se io credo nei sogni (ma non quelli della mia testa), gli altri intuiscono che è possibile credere in un sogno e cercano il proprio. Che bello essere cacciatori e accompagnatori di sogni! In questo momento sto vivendo in un periodo di muta, di cambiamento. La pandemia mi ha molto interrogato sul valore delle cose, sul chi voglio essere, sul dove voglio essere e per chi. La condizione attuale ha molto toccato il senso di comunità proprio della Chiesa, ha rimesso in discussione il valore dell’uomo, del creato, della prossimità. Come famiglia siamo in un momento in cui restiamo robusti perché stiamo mettendo fondo alla bisaccia della nostra esperienza; ma percepiamo che non possiamo più accontentarci del “tornerà tutto come prima”. Sappiamo che è scritto un sogno per noi e ci siamo messi in ascolto, facendo attenzione che i flutti dell’ordinario non ci travolgano. Dove andremo? Sarà il sogno, speriamo indicato da Lui, a dircelo.
* 41 anni, marito e papà felice. Insegnante di storia dell’arte e italiano L2. La sua vita è quella di un “normale milanese”: casa, lavoro e parrocchia (che vorrebbe fosse più presente). Gli manca l’oratorio: al momento la mia parrocchia non ne ha uno!!!
Un’impronta forte
Cristiana Calogiuri *
Ho messo piede in Oratorio che ero proprio piccola, una bambina dell’età che hanno oggi i miei bambini di prima elementare. Di quei tempi conservo il ricordo della mia catechista che non era come le altre, era più giovane. Cantavamo, coloravamo e poi ci raccontava tante storie su don Bosco e su Domenico Savio. Sembravano favole. Soprattutto il sogno dei 9 anni, con gli animali, era simile alle favole che colpiscono l’immaginazione di ogni bambino. Crescendo mi sono sentita in prima persona parte di quel ‘campo’ nel quale ogni giorno qualcuno si prendeva cura di me. Ho prima ammirato, poi osservato e infine veramente copiato i miei educatori, i salesiani che erano al mio fianco. Crescere e sentire l’invito a rendersi ‘umile, forte e robusto’ come rivolto anche a me è stato naturale. Il mio percorso in oratorio come persona e come animatrice è stato un impegno quotidiano, costruito giorno per giorno e mai da sola. Il lavoro su se stessi non è mai solitario. Ho avuto accanto sempre un gruppo di persone con le quali il confronto, la discussione, le gioie, sono servite tanto, soprattutto a scegliere quell’impegno continuamente. Ed oggi, guardandomi indietro, ringrazio Dio per l’opportunità che ho avuto, per le persone che ho conosciuto, per i miei amici. Sono cose su cui rifletto oggi, perché quel periodo è stato un’immersione completa, una successione di impegni, di lavoro, di ragazzi e ragazze che ho conosciuto piccoletti e che oggi sono uomini, donne, belle persone, padri e madri. Per questo dico che è stato tutto naturale, perché quasi non me ne sono accorta. Il mio carattere, un po’ puntiglioso, cocciuto, insofferente, è stato plasmato con dolcezza, senza strappi. Forse l’umiltà non l’ho imparata proprio fino in fondo, ma la forza sì. Una forza che si è fatta coraggio in tante occasioni, ma che ha avuto sempre accanto qualcuno a sostenerla. Talvolta una forza che nasceva dal cercare di guardare sempre lontano, oltre gli ostacoli che puntualmente arrivano per farci desistere. Una forza che prima di tutto ha aiutato me a fare scelte non sempre facili e comode, ma che alla fine si sono rivelate le più giuste per la mia vita. La cosa più faticosa è stato ‘irrobustirmi’. L’ho vissuta come la capacità di dare valore e qualità alle cose. Per questo ho dovuto frenare l’impulsività o la frenesia di gettarmi nelle attività, per lo studio, la riflessione, la preghiera. Per andare in profondità e non rimanere in superficie nei rapporti, nell’accompagnamento dei giovani o nel lavoro. Oggi sono un’insegnante di scuola primaria. Se penso a vent’anni fa, non l’avrei mai detto perché avrei voluto insegnare nelle superiori e avere ragazzi grandi così come in oratorio. Ma la vita prende strade strane e l’abilitazione nella primaria è una di quelle. Avevo fatto tutto un altro percorso come educatrice professionale e mi vedevo in una comunità, con ragazzi difficili…Invece no, proprio una cara amica di un altro oratorio mi mise la famosa ‘pulce nell’orecchio’. Ed eccomi qui oggi a fare la maestra. Lo dico con tutto il rispetto che è dovuto verso un mestiere antico e nobile che cerco di onorare ogni giorno. Quest’anno ho una classe prima. È emozionante! Bambini piccoletti, nanerottoli di 5 e 6 anni che sbocciano giorno dopo giorno. E non parlo solo del fatto che all’inizio non sanno né leggere né scrivere e adesso sono dei campioni, o del fatto che riescono a seguire per ore delle lezioni al computer con la maestra che si commuove a vedere i loro occhietti attenti e le manine virtuali alzate. Mi riferisco al lavoro educativo fatto su ciascuno di loro. Sarà la deformazione professionale da animatrice, ma li guardo e li vedo grandi, e mi immagino quante cose bellissime faremo in questi cinque anni e quando torneranno a trovarmi per raccontarmi cosa fanno, cosa studiano, se quello che abbiamo fatto insieme lo ricordano, se è servito. È il lavoro più bello del mondo. Ogni tanto mi fermo a pensare a tutto quello che mi sarei persa oggi se non avessi avuto la forza di cambiare strada, mettere la retromarcia e poi dare un’accelerata in avanti. Penso anche ad un’altra cosa, che mi dicono spesso le mie colleghe. Dicono che sono una persona sorridente. In verità c’è poco da sorridere in questo periodo, però io non riesco a non farlo. Sono cresciuta così, con i ‘segreti della santità’ che don Bosco suggerisce a Domenico Savio. Ed anche lì, oltre all’allegria e al fare del bene, c’è l’impegno nei doveri di studio e di preghiera, l’invito a quel ragazzino a crescere robusto, di spessore. Concludo, come spesso faccio, con un grazie a Don Bosco che per me è stato veramente un padre, un maestro e un amico, una mano poggiata sulla spalla, una guida ‘nel cercare il bene delle anime nostre e la salvezza del prossimo’, un’impronta forte nella mia vita, solo in minima parte per merito mio.
* Del 1975. Animatrice e Salesiana Cooperatrice dell’OCG dei Salesiani di Lecce. Membro della Segreteria Nazionale del Movimento Giovanile Salesiano e Coordinatrice Nazionale dal 2004 al 2007. Laureata in Scienze dell’Educazione e in Scienze della Formazione Primaria, presidente dell’Associazione di promozione sociale StradeGiovani che opera nell’ambito dell’animazione culturale e vicepresidente della Coop. Don Bosco che gestisce il DB d’Essai Cinema e Teatro di Lecce. Docente di Scuola Primaria con esperienza nell’ambito della didattica speciale e dell’uso delle tecnologie applicate all’insegnamento.
Con i piedi in terra… nel segno di Don Bosco
Sebastiano Manzella *
Il sogno dei nove anni e le indicazioni ricevute dal piccolo Giovannino hanno avuto effetto su di me e sulla mia vita, plasmandomi e rinnovandomi sul piano della vitalità spirituale, senza dubbio durante il periodo universitario. Partecipavo regolarmente all’oratorio e al grest estivo, conoscevo già Don Bosco e la sua storia, ma durante il periodo di frequenza dell’università ne ho approfondito la sua spiritualità e la sua pedagogia facendo mio quel “renditi umile, forte e robusto” del sogno. Non è facile per nessun diciottenne lasciare la famiglia, cambiare città e amici per raggiungere l’obbiettivo di studiare per professionalizzarsi e per me in particolare il passaggio dalla scuola al mondo universitario è stato un grosso ostacolo. Ho imparato sulla mia pelle e sulle notti insonni che non bisogna mai darsi per vinti e di rimboccarsi sempre più le maniche e con umiltà affrontare le difficoltà una dopo l’altra. Mi sono circondato di amici e colleghi universitari con cui studiare, ma allo stesso tempo ci incoraggiavamo e ci sostenevamo facendoci forza l’uno con l’altro, riconoscendo che nella vita si ha molto da imparare con l’umiltà di non sentirsi superiore a nessuno e il coraggio di affrontare qualsiasi situazione. Nel mio caso, a differenza del piccolo Giovannino Bosco che poteva far riferimento solo su Mamma Margherita, ogni sforzo è stato condiviso e supportato dalla mia famiglia, che mi ha protetto e irrobustito, senza non pochi sacrifici, per poter fronteggiare le ansie e le paure pre-esame. Nello stesso periodo ho vissuto anche forti esperienze di fede e di Chiesa con il movimento giovanile salesiano: una su tutte la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid 2011. Queste esperienze hanno portato in me sempre una nuova vitalità che si è trasformata in intraprendenza e fiducia nelle varie situazioni che sono stato chiamato ad affrontare, senza perdere i tratti della gioia e dell’allegria tipiche dello stile salesiano. Quanto provato e imparato in quegli anni “di palestra” è diventato preziosissimo quando ho deciso, al termine degli studi, di trasferirmi a Milano per motivi lavorativi. Nonostante le nuove e diverse difficoltà, avevo già maturato i miei punti fermi che al contempo si erano radicati in me: gli insegnamenti di Don Bosco, sempre validi, attuali, adattabili a ognuno di noi. Tutto ciò ha contribuito sicuramente al mio percorso di crescita umana e spirituale oltre che professionale, diventando ciò che sono nella vita di tutti i giorni e con chiunque io incontri, portando con me anche tanta buona volontà, disponibilità e pazienza perché come dice Madre Teresa di Calcutta: “C’è chi crede che tutto gli è dovuto, ma non è dovuto niente a nessuno. Le cose si conquistano con dolcezza e umiltà!” e solo così potremo raccogliere miglioramenti dalle vicissitudini che incontriamo. Ci sono e ci saranno sempre momenti difficili, situazioni di sconforto, come ad esempio la pandemia che stiamo vivendo e che sta mettendo tutti a dura prova, e rimanere chiusi in sé stessi nella propria solitudine sicuramente non porterà mai benefici. Al contrario, ritornare a ciò che sono stati i punti forti del proprio vissuto, rimettendosi in cammino, magari facendosi supportare da una persona fidata, può rimetterci in “carreggiata” e renderci più forti e robusti di prima, senza avere paura delle scelte giuste o sbagliate che possiamo fare, e dei rischi che esse comportano.
Se pianti onestà, raccoglierai fiducia.
Se pianti bontà, raccoglierai amici.
Se pianti umiltà, raccoglierai grandezza.
Se pianti perseveranza, raccoglierai vittoria.
Se pianti considerazione, raccoglierai armonia.
Se pianti duro lavoro, raccoglierai successo.
Se pianti perdono, raccoglierai riconciliazione.
Se pianti apertura, raccoglierai intimità.
Se pianti pazienza, raccoglierai miglioramenti.
Se pianti fede, raccoglierai miracoli.
* 31 anni, nato a Siracusa, per motivi di lavoro trasferito a Milano. Laureato in Ingegneria Informatica a Catania, al momento si occupa di ricerca e sviluppo di soluzioni software nell’ambito dei Big Data e del Machine Learning.
Un tesoro da custodire
Valentina Mazzer *
Ultimamente una suora dell’oratorio (nel quale, ahimé, sono meno presente di quanto vorrei rispetto al passato, sperando di essere “perdonata” per questo) mi ha chiesto di fare una piccola testimonianza alla Comunità animatori locale per parlare del “travaglio interiore” che si prova intorno ai 20/21 anni, suggerendomi di ripensare a quel periodo della mia vita e di come don Bosco vi abbia inciso. Ritornare con la mente e con il cuore ad uno dei periodi più appassionati e profondi della mia vita è stata l’occasione anche per completare la riflessione di cui sto scrivendo. Negli anni dell’università Dio e don Bosco hanno fatto irruzione nella mia vita, mettendola un po’ a soqquadro. Questa confusione mi ha permesso di cominciare a guardare davvero a me stessa e riconoscere che anche negli anni precedenti, pur se a piccoli passi, la vita in oratorio mi stava strutturando interiormente: quelle mura, quelle persone, quei momenti condivisi, stavano permettendo ad una fragile e insicura Valentina di scoprire se stessa e iniziare a camminare nel mondo. A volte mi spaventa pensare a quanta Grazia sia passata per quel cortile. Le scoperte di tutti quegli anni, le lotte, le mie fragilità emerse, sono state senza dubbio il cammino per rendermi forte, interiormente forte. Tuttora vacillo, tuttora sono fragile, ma il ricordo della profondità di alcuni momenti vissuti in quegli anni agli esercizi spirituali, ai ritiri, nelle giornate di comunità o di servizio sono una roccia che riscopro, sempre più a distanza di tempo, molto salda. Un aspetto che ancora mi stupisce è come crescere in oratorio con i miei amici, inseguendo un po’ quei passi di don Bosco che vedevamo qui e lì, non mi abbia mai snaturata. Da sempre nutro una passione per il mondo della giustizia, del diritto e vengo simpaticamente presa in giro perché “voglio la pace nel mondo” e sono sempre troppo diplomatica. Abitando l’ambiente salesiano a volte può essere forte il rischio di pensare che per tutti esista solo la declinazione dell’impegno educativo puro: tutti insegnanti ed educatori. Ma questo è un falso mito e per me, come per molti altri, non è stato così. Grazie ad una guida sapiente, dopo un iniziale smarrimento, ho scoperto che essere cristiani e salesiani aveva parecchi snodi comuni con i miei studi di giurisprudenza, con la passione per la giustizia e il senso dello Stato. “Buoni cristiani e onesti cittadini”, così insegnava don Bosco ai suoi ragazzi e queste parole risuonavano nel mio cuore, tracciavano involontariamente i passi della mia vita, facendomi scoprire che potevo avere un posto nel mondo e che per farlo dovevo rendermi “umile, forte e robusto”. Si tratta di un cammino che dura per sempre, ma a poche settimane del matrimonio, pensando che con Luca mi accingo a costruire una nuova famiglia, rileggere alcuni passaggi della vita e scorgervi in essa un piccolo progetto educativo, di cui ero inconsapevolmente la protagonista, mi commuove molto e suscita enorme gratitudine. Non sono convinta che il racconto della mia esperienza sia particolarmente edificante per chi mi legge, ma spero che susciti almeno un po’ di naturale speranza nel fatto che tutto il nostro operare per i giovani non va mai smarrito, e che, anche se in modi a noi non sempre chiari, segna la loro vita. Aveva proprio ragione don Bosco quando intuiva che, fornendogli l’occasione per crescere umili, forti e robusti, i giovani avevano l’occasione di custodire il proprio tesoro interiore e prepararsi a spenderlo nel mondo da adulti. Dopo qualche anno nel Movimento giovanile salesiano, la vita mi conduce ora verso altre quotidianità, fatte di lavoro, studio e famiglia. Lo raccontavo ridendo ai ragazzi della Comunità animatori qualche giorno fa: lo stile salesiano e il metodo preventivo si possono esercitare anche all’Inps e studiando. Nel mondo del lavoro l’essere buoni cristiani e onesti cittadini passa per lo scegliere di esercitare la propria attività, qualunque essa sia, con cura, in modo preparato e senza sotterfugi. I colleghi, gli utenti, le mie compagne di studio sono il prossimo che incontro ora nelle mie giornate e che meritano quello sguardo, tutto salesiano, di semplicità e accoglienza che don Bosco insegnava. Quotidianamente, cercando di studiare per costruire il mio sogno, mi sforzo di non mirare al risultato ad occhi chiusi, vivendo invece tutto ciò che la vita mi riserva. Nonostante le fatiche e i sacrifici su questa strada siano tanti, io continuo a sperarci e affido al Signore il mio cammino: comunque vada mi sforzo di ricordare sempre che lo studio mi ha formata anche come persona, non solo professionalmente. Da ultimo, l’essere umile, forte e robusto come voleva don Bosco mi fa pensare alla famiglia che con Luca mi accingo a costruire. Condivido con voi la speranza che questa crescita interiore sia il sostegno saldo per la vita familiare e, forse, genitoriale che ci attenderà. Nel raccogliere e scrivere tutti questi spunti mi sono sentita un po’ come se questa occasione di riflessione fosse il momento buono per aprire la mia valigia da viaggio, quella con cui sposterò tutte le mie cose nella nuova casa, e scegliere cosa portare di essenziale, di prezioso, di indispensabile da ricordare e custodire. La gratitudine è davvero tanta per tutto ciò che in questi anni ho ricevuto dal Signore e da don Bosco: ciò che sono oggi lo devo a loro tramite le persone che mi sono state messe accanto, con cui ho camminato e cammino tuttora.
* Prez per gli amici dell’oratorio. 31 anni, cresciuta nell’oratorio delle FMA di Conegliano. Vicinissima al matrimonio con Luca. Dopo l’abilitazione come avvocato, persegue il sogno di diventare magistrato; nel frattempo lavora all’Inps, alternando le ore di lavoro in ufficio con quelle sui libri e i corsi di preparazione per magistratura. È stata coordinatrice della Consulta MGS negli anni 2015-18.
La speranza dell’uomo nel sogno di un ragazzo
Michele Zecchin *
Quante volte, in particolare nei periodi di crisi come questo, lo sconforto e la tristezza raggiungono uomini e donne senza distinzioni, in ogni luogo del mondo, cercando di far morire anche le più grandi luci di speranza presenti nel cuore di ogni essere umano? E il terreno che incontrano è dei più propizi, con affetti che vengono meno, senso di solitudine, difficoltà nel vedere la fine del tunnel. Ma è proprio in questi momenti che un cristiano, in particolare se cresciuto in ambienti salesiani, ha un’“arma” in più, una strada da percorrere, una modalità per affrontare le situazioni, che ha potuto sviluppare per mantenere viva la speranza ogni giorno, per superare le crisi e donare affetto e fiducia anche al prossimo. E, per quanto possa essere bizzarro, parte tutto da un sogno di un ragazzo.
L’adolescenza e l’esperienza MGS
La prima volta che ascoltai il sogno dei 9 anni, frequentando le scuole salesiane, ero piccolo e lo considerai un racconto fine a se stesso, come molti miei coetanei: con il tempo, le occasioni di ascoltarlo più volte, le numerose esperienze vissute nel MGS, le condivisioni con amici, salesiani e FMA, capii invece quanto quel “renditi umile, forte e robusto” fosse una chiave vincente per formare il carattere e pian piano diventare “adulto”. Oppure, per dirla come don Bosco, “buon cristiano e onesto cittadino”. Ed è stato proprio così, perché guardandomi indietro, oltre all’educazione datami dalla famiglia, dalle persone care e dalla scuola è stata anche l’interiorizzazione delle parole di Maria a don Bosco che mi hanno pian piano aiutato (anche se, ovviamente, non ci sono sempre riuscito) ad essere umile, a cercare di imparare dalle diverse situazioni della vita, a “capire” prima di “agire”, a diventare forte e robusto senza “abbattersi” negli insuccessi o quando le cose non andavano come sperato, cercando sempre il lato positivo in tutto ciò che accade ancora oggi. E naturalmente affidandosi a Dio e al Suo disegno su ognuno di noi. Certo non è stato (e non è) facile, i momenti di “caduta” sono numerosi, le sofferenze pure: ma l’umiltà è sempre stata una parola che quotidianamente sentivo attorno a me e che dovevo sforzarmi di fare mia.
La vita adulta
Ed è proprio così che una formazione iniziata (inconsapevolmente) da piccolo e cresciuta lentamente (ma in modo continuo) ha portato prima ad una scoperta e poi alla consapevolezza di una speranza interiore data dalla presenza di Dio in ogni cristiano. E tutto ciò mi ha permesso di affrontare il passato, il presente (e con l’aiuto di Dio anche il futuro) con rinnovata fiducia e un certo ottimismo. E così le diverse scelte che mi si sono poste davanti nel corso della vita ho sempre cercato di farle con umiltà e con la certezza di Qualcuno accanto: che non vuol dire averle fatte in modo superficiale ma, al contrario, sono state frutto di una crescita e di una “robustezza” interiore che consente poi di affrontare anche il peso delle conseguenze di queste scelte. Eh già, perché l’umiltà nello scegliere non ci rende esenti poi da quanto queste scelte comportano: un cambio di stile di vita, di lavoro, di città, ecc. non ci lasciano di certo indifferenti. Pensare e decidere in modo umile è una cosa bella, ma il diventare forti e robusti è sicuramente necessario per “sopportare” quanto i cambiamenti comportano, per mantenere fede alle decisioni prese, per poter essere capaci di perseverare nel nostro cammino. Cammino che non è di certo privo di rischi e insicurezze che anch’io, come la vita di ogni persona che non è semplice e senza salite, ho dovuto affrontare ogni tanto (un lutto, una malattia, la perdita di una persona cara, del lavoro). A volte mi è capitato che proprio la scelta più umile mi ha fatto poi affrontare le conseguenze più gravose e pesanti (quante volte sarebbe più facile scegliere la strada più semplice o in discesa…ma non lo facciamo perché sarebbe a scapito di altre persone?): ed è proprio qui che l’esser diventato robusto mi viene in soccorso, per permettermi di arrivare ugualmente alla metà anche se con sforzi maggiori. Quant’è bello arrivare in cima ad una montagna con i propri sforzi e le proprie gambe, senza prendere scorciatoie o una funivia? La sensazione al raggiungimento dell’obbiettivo è tutt’altra cosa: e questo accade nella vita di tutti i giorni e in tutti gli ambiti in cui operiamo. Non posso di certo paragonarmi al Santo dei giovani (non sarebbe umile, non trovate?) ma devo dire che nel corso della mia vita le parole “umiltà” e “robustezza” sono state compagne di viaggio: dove c’era la prima serviva anche l’altra e dove c’era la seconda era necessaria la prima per capire cosa servisse fare in quel determinato momento. Come anticipato non è stato sempre facile e non lo è tutt’oggi e non nascondo che varie volte non ci sono riuscito, ma la metodologia “insegnata” da Maria è sicuramente vincente e porta molto frutto: di questo ne sono certo e la auguro a tutte le persone che sono alla ricerca di un aiuto per uscire dai momenti più tristi e difficili della propria vita.
* Lavora da oltre 18 anni in un’azienda per refrigerazione e condizionamento; attualmente è responsabile di un team di progettisti hardware nell’ufficio tecnico della stessa azienda. Salesiano Cooperatore dal 2015 e membro del Consiglio locale di Belluno dei Cooperatori. È stato Coordinatore della Consulta MGS nel triennio 2007-2009.
“A suo tempo tutto comprenderemo”
Marco Lardino e Ivana Borruso *
Quando abbiamo conosciuto il Movimento Giovanile Salesiano eravamo Marco, un animatore dell’Oratorio San Paolo di Torino e Ivana, animatrice del Valentino di Casale Monferrato. Grazie a un campo animatori della Pastorale Giovanile ci siamo conosciuti e a partire dall’autunno successivo il servizio nell’ambito della Consulta Ispettoriale e poi Nazionale del MGS è stato la prima esperienza salesiana vissuta insieme. Nei dieci anni di servizio nel MGS abbiamo potuto toccare con mano il sogno dei 9 anni. Quasi correndo lungo il filo che lega i Becchi al Sacro Cuore di Roma, siamo entrati in quel “tempo” in cui la vita scorre senza che ancora se ne colga il senso finale. È il tempo del “a suo tempo tutto comprenderai”. Ad ogni arrivo a Roma avevamo occasione di sostare davanti all’altare di Maria Ausiliatrice nella Basilica del Sacro Cuore e salire quei tre gradini della Sacrestia da cui l’anziano don Bosco rivelava che quel tempo in cui comprendere era compiuto. In quegli anni ponevamo le basi di un progetto di vita che si alimentava alla comune passione educativa e all’amore per don Bosco. Quel progetto è diventato la nostra famiglia. Il giorno del nostro Matrimonio abbiamo scelto di essere fecondi come famiglia restituendo ciò che avevamo ricevuto. La fedeltà verso questa scelta, maturata anche nella promessa di Salesiani Cooperatori, ci ha reso capaci di generare anche nei momenti più duri. Proprio nei momenti di maggior difficoltà abbiamo sperimentato come la fecondità dell’amore si realizzi se si accoglie la Croce nella propria vita con autentica libertà, affrontando con coraggio le proprie fragilità. Oggi siamo mamma e papà di un meraviglioso bimbo che da sempre ci attendeva dall’altra parte del mondo. Ci sono volute l’umiltà di accettare le nostre fragilità, la forza di camminare lungo un percorso lungo e tortuoso, la robustezza che solo la Fede, seppur messa alla prova, può dare. Forse anche a noi Maria ha sussurrato al cuore infinite volte “a suo tempo tutto comprenderete”. Non sappiamo quale sarà il tempo in cui comprenderemo ma cogliamo nell’arrivo del piccolo Gaon un segno dolcissimo della Provvidenza sul nostro cammino insieme. Possiamo dire di essere cresciuti nel Movimento Giovanile Salesiano. Servire come animatori nazionali del MGS è stata una palestra di vita eccezionale. Con gli altri giovani con cui abbiamo condiviso il nostro servizio abbiamo imparato ad assumerci delle responsabilità e siamo grati ai Salesiani e alle Salesiane che ci hanno lasciato uno spazio di protagonismo così importante. Abbiamo studiato tanto, approfondito i documenti della Chiesa, della Famiglia Salesiana e il lavoro di chi ci aveva preceduto in quel ruolo. Poco più che ventenni abbiamo avuto la fortuna di collaborare con adulti, laici e consacrati, che ci hanno incoraggiati di fronte alle nostre timidezze, stimolati a prendere iniziative, sostenuti nei progetti, anche i più ambiziosi. Non sono mancate le incomprensioni e i dibattiti. Abbiamo imparato a mediare e a rispettare le differenti esperienze e sensibilità che compongono un mondo complesso come quello salesiano. Abbiamo imparato il senso della corresponsabilità, parola chiave per descrivere il ruolo che i laici devono avere nella Chiesa e il rapporto da costruire tra laici, religiosi e consacrati. Nel MGS abbiamo potuto condividere con i Salesiani e le Salesiane la responsabilità di dare il nostro contributo al lavoro nel campo indicato da Maria a don Bosco. Oggi, superato il confine del “giovanile”, da “adulti” del Movimento Salesiano, abbiamo scelto di impegnarci nella stessa missione giovanile come descritto dal Progetto di Vita Apostolica dei Salesiani Cooperatori: “condividendo con i giovani il gusto di vivere con autenticità i valori della verità, libertà, giustizia, senso del bene comune”. Proviamo a farlo nel nostro lavoro, nella nostra famiglia, nell’impegno sociale e nell’animazione di un gruppo di giovani universitari e lavoratori della nostra Comunità Salesiana a Torino. La foto che accompagna questa nostra testimonianza è la migliore sintesi che potevamo offrire del lungo percorso che ci ha portati fino a qui. Era il 2013, si era appena concluso il Confronto MGS Italia al Colle don Bosco e ci siamo trovati insieme, membri di due diverse Segreterie nazionali, a festeggiare una grande festa salesiana che con coraggio e perseveranza avevamo sognato, progettato e, con l’aiuto di Maria, realizzato. Queste righe non sarebbero complete se non elencassimo i compagni di questo incredibile viaggio. Lo facciamo da sinistra verso destra: Orazio di Modica, Mattia di Conegliano, Renato di Roma, Myriam di Portici, Marco di Torino, Chiara di Civitanova Marche, Marco, oggi don Marco, di Genova, Ivana di Torino, don Claudio Belfiore, Suor Giuseppina Barbanti oggi in Paradiso, Emanuele di Milano.
* Marco, 38 anni, sposato con Ivana e papà di Gaon. Lavora nella comunicazione sociale in una Fondazione torinese. Ivana, 39 anni, sposata con Marco e mamma di Gaon. Lavora come maestra elementare in una scuola pubblica di Torino. Entrambi sono Salesiani Cooperatori dal 2011 e svolgono il loro servizio nell’Oratorio San Paolo di Torino.