La Stampa – “Malato di gioco d’azzardo guarisco e torno in campo”
Pubblichiamo l’articolo de La Stampa sull’incontro del calciatore della Juventus Nicolò Fagioli e gli studenti di Novara, sul tema del gioco d’azzardo, a firma di Fulvio Albanese.
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Dal pubblico gli chiedono se il gioco d’azzardo gli manca. «No», risponde secco Nicolò Fagioli. E la sua «seduta collettiva» di psicanalisi davanti a coetanei, madri e padri, e tifosi della Juve potrebbe già finire così. E’ un ragazzo diverso quello che si è presentato ieri sul palco del teatro Don Bosco dei Salesiani a parlare di ludopatie e di come uscirne. Fa parte del suo percorso terapeutico e la Regione lo invita a partecipare ad incontri assieme al suo terapeuta, ed esperto di questa patologia, Paolo Jarre. Sullo schermo scorrono le immagini del centrocampista che fino all’anno scorso seminava avversari con la maglia bianconera e andava in rete.
Ma ora, seduto su una poltrona accanto al suo medico e alla referente del presidio sul gioco d’azzardo dell’Asl Novara, Caterina Raimondi che si improvvisa intervistatrice, Fagioli con la sua felpona celeste è solo un ragazzo di 23 anni che sta uscendo da un tunnel pericoloso: «Ero rinchiuso in una bolla, non frequentavo né la famiglia né gli amici – racconta -. Rendevo meno agli allenamenti e alle partite. Ma ora non è più così, continuo ad allenarmi ma mi manca l’adrenalina della partita in campo. E in campo ci voglio tornare il prima possibile, magari nella partita col Monza». La lunga squalifica di Fagioli, un anno poi tramutato in sette mesi più altri cinque di pena alternativa (come partecipare ad incontri sulle ludopatie) finirà il 19 maggio. Quella col Monza, ultimo match del campionato, sarà il 25. Dovrebbe farcela e lui ci spera davvero. Ma nel dialogo con il pubblico quello che più importa è il racconto del percorso fatto dall’inferno della dipendenza dal gioco d’azzardo al purgatorio che sta vivendo adesso: «Ho cominciato a 16 anni con gli amici, un modo per passare il tempo, ma è diventata una malattia. Me ne sono accorto quando mi sono reso conto di avere problemi con la gente, con chi mi stava intorno. L’anno scorso è stato il peggiore della mia vita. Per questo mi sono autodenunciato». E ora come va? «Va molto meglio da 6-7 mesi, grazie anche a Paolo Jarre. Sto più tempo con gli amici, quelli veri che mi sono rimasti accanto, e con la mia famiglia anche se vivo a Torino e loro a Piacenza». Un signore nel pubblico gli chiede perché uno che guadagna tanto giocando a calcio, sente l’esigenza di scommettere al gioco d’azzardo. «Non giocavo per vincere soldi – spiega Fagioli – . Era diventata una malattia. Giocare mi cambiava all’istante, cercavo l’adrenalina dell’azzardo».
Quello di ieri sera è stato il sesto di dieci incontri con il pubblico che Nicolò Fagioli dovrà affrontare come parte della «pena» e del suo percorso per chiudere definitivamente con quel passato: «Non so se sono guarito – si schermisce – so che mi sento molto meglio e so che sto eliminando quel problema». Interviene Jarre: «Sarebbe meglio dire che non si guarisce mai del tutto, io dico che per capire che se ne è usciti bisogna lasciare la porta aperta per non attraversarla». Nel tunnel di Fagioli la luce in fondo si intravede. Ne è consapevole e si capisce che conta i giorni e le ore per poter tornare a indossare gli scarpini, sapendo che nella Juve lo aspettano: «Mi sono sempre stati tutti vicini, la dirigenza, l’allenatore, i compagni. E questo è stato di grande aiuto». Ricomincerà da dove aveva dovuto lasciare, ma con una nuova vita davanti, nella quale «lo sport, il gioco del calcio, ma anche il tennis e il padel che pratico in questo periodo, sono importanti per completare questo percorso». «Al primo incontro – rivela – è stato difficile affrontare il pubblico e raccontarmi, ora parlare mi fa piacere». Non è ancora guarito, dice il suo terapeuta, ma è come se lo fosse già.