Le carceri minorili: periferie esistenziali a cui andare incontro, luoghi di rilancio e fortificazione della fede
Nelle scorse settimane si è svolto a Roma l’incontro con i cappellani delle carceri minorili italiane. E’ stata l’occasione per un confronto e la richiesta di poter entrare meglio nelle attività che quotidianamente i cappellani svolgono nei territori.
Da questa occasione, nasce la lettera che i Cappellani indirizzano ai responsabili del Servizio Nazionale per la Pastorale giovanile (Snpg), chiedendo che il prossimo Sinodo di ottobre sia un momento per fare “i nostri ragazzi partecipi del cammino della Chiesa universale. Crediamo che i nostri ragazzi siano testimoni di umanità e di fede, proprio grazie al cammino di recupero intrapreso a seguito del reato”.
Così è nata la proposta di considerare gli Istituti penali per minori “punti di sosta dei cammini che i giovani delle diocesi italiane compiranno ad agosto per giungere a Roma”, all’ incontro con Papa Francesco, perchè, come si legge nella lettera, “le riflessioni di giovani detenuti possono essere anch’esse spinta per superare prove e difficoltà. Anche questo può, anzi deve essere, il Sinodo dei giovani: un tentativo di camminare davvero insieme verso un obiettivo comune. Il Sinodo può essere l’inizio di un progetto di collaborazione tra il Servizio di Pastorale giovanile diocesano e la realtà del l’Istituto penale per minori”.
Si evince dalla lettera un desiderio di abbracciare quella “chiesa in uscita” di Papa Francesco, come “quell’andare incontro alle periferie esistenziali – scrivono i cappellani -, può trovare risvolto anche nelle carceri, espressione non soltanto di compassione e consolazione, ma luogo di rilancio e fortificazione della fede. Anche in una cella di carcere, su un letto, all’aria, in cappella, Dio ascolta la voce di questi giovani, di questi figli. Non è questo il senso del Sinodo? La Chiesa deve ascoltare le aspirazioni e i sogni anche di questi suoi figli in questi luoghi di restrizione. Anche qui si annuncia che il regno di Dio è in mezzo a noi e si sperimenta la forza della gioia del Vangelo”.
Una bella lettura, in questo tempo quaresimale particolarmente adatto per riflessioni che toccano la misericordia e il perdono, e “un’occasione per ascoltare tutti i giovani, anche quelli che si trovano lontano, anche quelli rinchiusi all’interno di una cella. La realtà del carcere minorile può e deve essere una risorsa della Chiesa, uno spazio giovane anche se pur ristretto”, come affermano i cappellani degli istituti penali per minori nella lettera, manifestando il desiderio che “i diversi direttori della Pastorale giovanile delle diocesi, in modo particolare quelli dove è presente un carcere minorile, prendessero contatto con noi cappellani per costruire insieme cammini di rinascita, di riconciliazione e inserimento. Il che implica sinergia tra il cappellano e direttore del Servizio, uno studio di attività e laboratori di fede da poter portare avanti insieme. Non abbiate paura di investire energie e tempo collaborando con noi che spendiamo con gioia il nostro in ascolto dei molti bisogni dei giovani ospiti nelle strutture di pena. Noi abbiamo urgenza che il grido di aiuto arrivi a tutti voi. Non lasciateci soli nell’aiutare questi nostri ragazzi. I giovani che escono dal carcere hanno bisogno di aiuto concreto, sono essi stessi ‘opere segno’ di cui tanto si parla nella Chiesa. Hanno bisogno di casa, lavoro ma soprattutto di accoglienza nelle nostre comunità. Come cappellani, comprendiamo le difficoltà nel realizzare tutto questo, ma crediamo anche che tutti noi insieme dobbiamo avere il coraggio di osare per realizzare concretamente il Vangelo, attraverso opere che promuovono il rispetto e la dignità di coloro che si sentono emarginati dalla società”.
Questa lettera, qui di seguito consultabile nella sua versione integrale, desidera essere “un piccolo segnale di dialogo: ci piacerebbe che non restasse solo nelle buone intenzioni dei livelli centrali, ma che diventasse un dialogo fecondo e sereno nei territori. Anche se saranno collaborazioni nascoste, saranno feconde come il lavoro delle radici per gli alberi” come ha affermato Don Michele Falabretti, Responsabile CEI – Servizio Nazionale per la pastorale giovanile, il quale ha redatto la versione finale della lettera con Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani, che ha firmato l’intero documento e successivamente diffuso a tutti i referenti diocesani di Pastorale giovanile.