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L’oratorio del Michele Rua festeggia un secolo di vita in mezzo ai giovani – Corriere Torino

1922 – 2022: l’oratorio salesiano di Barriera di Milano festeggia un secolo di vita in mezzo ai giovani. Sono ormai trascorsi 100 anni da quando don Lunati aprì le porte dell’oratorio salesiano Michele Rua, un luogo di culto e gioco che accoglieva numerosi bambini, figli delle tante migrazioni che hanno colorato il volto del quartiere.
Di seguito l’articolo pubblicato su Corriere della sera – Sezione Corriere Torino, a cura di Paolo Coccorese.

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Torino, il Michele Rua compie 100 anni

L’oratorio salesiano di Barriera di Milano festeggia un secolo di vita in mezzo ai giovani

Oggi sul campo sintetico rincorrono il pallone bambini e bambine di trenta nazionalità diverse. All’oratorio salesiano Michele Rua le differenze hanno sempre fatto parte del gioco fin dalla sua fondazione, 100 anni fa. Un secolo trascorso in mezzo ai giovani di Barriera di Milano. Tra i figli delle tante migrazioni che hanno colorato il volto del quartiere senza modificarne il dna. Dal 1922 in poi, tra gli immigrati veneti, toscani, poi quelli pugliesi di Cerignola o Corato, fino agli albanesi, romeni e marocchini. Fanno parte anche loro della comunità del Michele Rua che quest’anno festeggia l’anniversario della fondazione.

La storia del Michele Rua è quella del quartiere. Anche dal punto di vista urbanistico. Il «Ricreatorio Mamma Margherita Bosco» nasce nel 1917. L’impresario Luigi Grassi mette a disposizione di don Lunati un capannone in via Candia 9. A seconda della necessità, la baracca si trasforma in sala giochi, cappella, spazio musicale. Finché il costruttore non decide di abbatterla per erigere nuovi alloggi. I salesiani sono costretti a spostarsi. A finanziare la fondazione del Michele Rua di oggi sono i più importanti imprenditori dell’epoca. Il 19 giugno 1921 il cardinale Richelmy benedice la prima pietra. Via Paisiello non è quella di oggi. Non ci sono altri palazzi. Intitolata all’erede di don Bosco, nasce letteralmente una parrocchia di frontiera. Ancora oggi lo è, immersa nelle difficoltà e nei sogni di riscatto del quartiere. Ne è convinto anche Dario Licari, 47 anni, diventato educatore dell’oratorio in cui è cresciuto. «La missione è rimasta la stessa delle origini. Don Bosco diceva: “Voglio creare buoni cristiani e onesti cittadini” perché credeva in una comunità che fosse non solo religiosa, ma anche educativa». Certo, non è stato facile.
Venticinque anni fa, i salesiani, prevedendo il presente, aprirono le porte dell’oratorio agli educatori professionali. La crisi delle vocazioni e l’età del disimpegno hanno obbligato molte parrocchie a rinunciare all’accoglienza dei più giovani. Non in via Paisiello, dove il doposcuola, complice la dad degli ultimi due anni, è sempre più partecipato e necessario. Il cinemateatro (di seconda visione), il Monterosa con la sua insegna a bandiera, continua a proporre spettacoli per tutte le tasche. In tanti anni, il Michele Rua non ha rinunciato neanche allo sport. «Il campetto di via Boito è stato calcato da migliaia di ragazzi. Da qui è passato il rapinatore Cavallero, professori universitari e anche calciatori», ricorda Beppe Beraudo, lo storico di Barriera. Sono tantissimi. Per esempio, Cesare Valinasso, il portiere juventino degli anni Trenta, Antonio Maggioni, Claudio Garella (numero 1 del Napoli di Maradona), Domenico Maggiora. Era un giovane del Michele Rua anche Raf Vallone che al calcio preferì il cinema. Il futuro pone nuove sfide. «Tre, in particolare. Il sostegno alle famiglie, quella culturale e quella dell’inserimento lavorativo», spiega don Stefano Mondin, il direttore del Michele Rua.

In via Paisiello è stato inaugurato un maker lab, un laboratorio di sartoria digitale con stampante 3D. Arrendersi è vietato. Come nel 1932 quando i fascisti misero i sigilli al primo circolo. I giovani di allora non si lasciarono intimorire e, saltando il muretto, continuarono le loro attività. Il loro motto era «W Don Bosco, W l’Italia».

L’ambizioso progetto di rinnovo all’Istituto Internazionale Edoardo Agnelli – Corriere della Sera

Il Corriere della Sera, all’interno del dibattito sui fondi per le scuole e gli istituti paritari, riporta l’evento svoltosi ieri all’Istituto Internazionale Edoardo Agnelli di TorinoInsieme costruiamo Futuro“. Di seguito l’articolo a cura di Chiara Sandrucci.

La Regione: una parte dei fondi per le scuole agli istituti paritari per la liberà educativa
Il governatore Cirio: «Non chiamatele private, sono pubbliche come le statali»

«Non chiamatele scuole private, le paritarie sono scuole pubbliche come le statali». Con questa premessa, il presidente della Regione Alberto Cirio ieri ha tenuto a battesimo il «tavolo regionale permanente sulla scuola paritaria».

Una sede di confronto, con riunioni ogni 3 mesi per concertare obiettivi e strategie, mai istituita prima in Piemonte. «L’insediamento del tavolo è un momento storico nella vita di questa regione – ha sottolineato Cirio -. In questo modo riconosciamo il valore fondamentale della libertà della scelta educativa, una libertà a 360° che permetta alle famiglie di decidere come educare i figli».

Il tavolo consolida il rapporto con le paritarie, 699 istituti per la maggior parte di ispirazione cattolica in Piemonte, più di 5 mila docenti e oltre 50 mila studenti, in vista dei fondi in arrivo per la ripartenza. «È fondamentale che una parte delle risorse che verranno stanziate per il mondo della scuola veda tra i beneficiari la scuola pubblica paritaria: è un interesse generale che ci spinge ad investire in questa direzione», ha dichiarato Cirio presentando il nuovo tavolo insieme all’assessore all’Istruzione Elena Chiorino e al docente Giuseppe Parisi rappresentante della Fidae, Federazione di scuole cattoliche primarie e secondarie. Una scelta destinata a sollevare polemiche, come già avvenuto con i 250 milioni di euro presenti nel Recovery Piemonte per rendere «smart» le scuole paritarie. Il gruppo piemontese di «Azione», il partito di Carlo Calenda, lo ha definito «un regalo inaccettabile agli “imprenditori dell’educazione” per risistemare edifici di proprietà privata».

Questione che si va ad aggiungere all’annosa questione dei fondi regionali per i «voucher scuola», da sempre in parte destinati a sostenere le famiglie nel pagamento delle rette alle paritarie. Tra queste scuole a Torino c’è l’Istituto Agnelli dei Salesiani, che giusto ieri ha presentato un ambizioso progetto di rinnovo delle aule e dei laboratori dell’Istituto tecnico tecnologico. I lavori partiranno il 24 maggio per concludersi a fine agosto 2021 e saranno in parte finanziati dalla Fondazione Agnelli.

«Come scuola paritaria non abbiamo accesso ai fondi per l’edilizia scolastica destinati alle statali», ha sottolineato il direttore don Claudio Belfiore, che sta facendo dell’innovazione didattica la sua missione all’insegna di intelligenza artificiale, realtà virtuale, industria 4.0, sostenibilità energetica. Il prossimo anno nel quadro orario settimanale verrà inserita un’intera giornata dedicata ai laboratori, dalle 9 alle 16,30, e debutta il nuovo indirizzo in Energia.

Alla presentazione del progetto è intervenuto anche Mauro Berruto, già allenatore della nazionale di pallavolo, possibile candidato sindaco di Torino per il centrosinistra. È stato lui a spiegare il senso delle tre parole «Insieme costruiamo futuro», titolo dell’evento.

“Società, quale progresso?” Intervista a Suor Alessandra Smerilli – Corriere della Sera

Nella giornata di oggi, il settimanale del venerdì del Corriere della SeraSette” dedica un’intervista a Suor Alessandra Smerilli, F.M.A., docente di economia politica e statistica presso la Pontificia facoltà di scienze dell’educazione «Auxilium» di Roma. Il tema dell’articolo è incentrato sul progresso della società dove il “prendersi cura” può diventare “cosa pubblica” per creare valore, soprattutto il questo periodo storico di pandemia. Di seguito un estratto dell’articolo redatto da Elisabetta Soglio.

SOCIETÀ QUALE PROGRESSO?
ALESSANDRA SMERILLI «PRENDERSI CURA DIVENTI COSA PUBBLICA: COSÌ SI CREA VALORE»

Dice che questa esperienza della pandemia è stata «un momento duro, ma fecondo». Anzi «rivoluzionario»: perché «questa fase storica ci ha insegnato l’importanza del prendersi cura gli uni degli altri». Ad Alessandra Smerilli, economista, consigliera del Papa e suora dell’ordine di Maria Ausiliatrice, la parola “cura” piace davvero tanto e la ripete di continuo. E cita la filosofa canadese Jennifer Nedelsky, che l’ha ispirata su questi temi: «Quando incontri una persona le chiedi di “cosa” si occupa. Invece proviamo a chiedere di “chi” si occupa». Poi, pensa che per il futuro sia necessario valorizzare le competenze e i talenti femminili, «perché le donne hanno chiaro il senso dell’I care , ne fanno esperienza nella vita privata e devono trasferire questo approccio nella dimensione pubblica». Infine suor Smerilli guarda al futuro con «grandissima fiducia», pensando soprattutto ai tanti giovani che ha incontrato e incontra e che «hanno visione, entusiasmo, capacità da mettere a disposizione».

Nata 46 anni fa a Vasto, Smerilli frequentava l’oratorio dei salesiani e lì matura esperienze di gruppo e di animazione. Inizia il liceo scientifico ed è brava negli studi: «Studiare mi piaceva proprio ed è rimasta una parte importante della mia vita».

La vocazione quando arriva?

«A 16 anni avevo già chiaro che avrei vissuto per mettermi al servizio. Stavo vivendo una storia molto bella con un ragazzo e ho avuto un lampo: neanche la persona più bella del mondo mi sarebbe bastata. A 18 anni ho lasciato casa e sono entrata dalle Figlie di Maria ausiliatrice a Roma».

E la passione per l’economia?

«Quando stavo scegliendo il corso di studi in realtà non ci pensavo per nulla. Volevo fare una facoltà scientifica, oppure scienze dell’educazione o psicologia e andare nelle periferie di Roma. Invece una madre superiora mi chiama e dice che c’è bisogno di una persona esperta di economia, culturalmente preparata alle sfide del futuro. Una donna che vede lungo, insomma».

E lei?

«Ho obbedito, anche se ero preoccupatissima perché mi vedevo già seppellita nei numeri. Invece mi sono appassionata, soprattutto ai temi dell’economia politica. Al terzo anno di studi mi sono orientata su Economia di sviluppo e ho conosciuto Luigino Bruni: mi sono resa conto che quello che studiavo poteva avere luce nuova. Io ero abituata ad un mondo in cui gli economisti consideravano la dottrina sociale della Chiesa come “giudicante”. Invece ho capito che poteva nascere da lì una teoria economica che ha in sé i presupposti di persona: questo mi ha illuminato e convinta».

Quindi ha deciso di diventare economista.

«Ne ho parlato molto con Stefano Zamagni. E alla fine ho proposto io alla superiora di continuare con la ricerca: mi sono laureata in Economia e commercio con indirizzo Economia politica a Roma 3 per poi proseguire negli studi».

Come la guardavano compagne e compagni?

«Beh, ovviamente all’inizio erano un po’ straniti: in mezzo a 250 persone arriva una col velo…. Ma nel primo anno in cui frequentavo, il grigio era tornato tantissimo di moda e quindi almeno ero di tendenza (ride, ndr ). In realtà sono stati anni bellissimi: avevo quattro anni di più, alcuni si avvicinavano attratti dalla stranezza della mia presenza, altri per dubbi di fede. Poi si è creato un senso di rispetto perché comunque andavo bene e mi fermavo a studiare con compagne e compagni, ci siamo aiutati a vicenda e alcuni rapporti sono diventati amicizie».

I voti perpetui?

«Sono arrivati durante il dottorato che ho fatto alla Sapienza. Poi ho fatto un visiting in Inghilterra e quindi un dottorato part time mentre avevo cominciato ad insegnare alla mia università».

Oggi insegna?

«Si. Economia politica all’Auxilium di Roma. Ho insegnato anche in Cattolica e alla Lumsa, ho tenuto un master di Economia civile in Bicocca».

In cattedra con il velo?

«Alcune volte non lo usavo perché mi pareva che la presenza di un velo nelle lezioni di Economia politica potesse rappresentare un ostacolo e costituire un pregiudizio in partenza».

Ma il fatto di essere una religiosa la fa sentire meno considerata?

«In linea di massima proprio no. Poi capita una volta durante un convegno in Calabria, ho dovuto dire a una persona che aveva evidenti pregiudizi che le cose che stavo dicendo le avevo pubblicato su una rivista scientifica non sul bollettino parrocchiale».

Fiducia?

«Ne ho sempre ricevuta molta: a 35 anni ero nel Comitato scientifico delle Settimane sociali, ad esempio (riunioni di studio per guidare l’azione cattolica nel mondo del lavoro, ndr ). Da una parte ho sempre ricevuto fiducia, dall’altra però ero sempre l’unica in un mondo maschile».

E come si è posta?

«Ho sempre cercato di non mettermi in contrapposizione e di portare competenze. Questo è l’unico modo per dimostrare che c’è bisogno di donne nel pensiero e nell’organizzazione, prima ancora che nei ruoli. Il fatto di essere economista e non teologa mi aiuta molto perché ho una professionalità in un ambito ancora prevalentemente maschile e non comune nella Chiesa».

Il suo rapporto con Papa Francesco?

«Sento molta stima da parte di Papa Francesco e gli sono profondamente grata. Da parte mia c’è il desiderio di essere al servizio della missione della Chiesa. Quando lo incontro ha sempre una battuta e con lui ho solo foto in cui rido».

Lei all’inizio parlava di un momento rivoluzionario.

«È cosi. Intanto dobbiamo smettere di relegare il tema della cura alla famiglia. Prendersi cura oggi significa parlare delle persone in generale, del Pianeta, della collettività. Un tempo rivoluzionario come quello in cui visse san Benedetto: allora si pensava che il lavoro manuale fosse cosa da schiavi, lui diede nobiltà e dignità al lavoro. Il lavoro di oggi è prenderci cura».

Lei come lo esercita?

«Nelle relazioni cerco di occuparmi delle persone che mi stanno intorno in ufficio, come dei miei studenti: di essere una con cui si può parlare e ci si può anche sfogare. Con le mie consorelle vorrei essere più presente: ma sono molto anziane e in questa fase è anche più prudente non avvicinarle troppo visto che io mi muovo comunque».

La vediamo in tivù: si è scoperta comunicatrice?

«La Rai me lo ha chiesto, ho provato e ho scoperto che mi piace. Prima era un programma radio con il pensiero del giorno, poi è cominciata questa trasmissione tivù (A sua immagine, ndr ) che mi coinvolge molto e posso collaborare con l’autore e il regista nella definizione di scaletta e testi. Accostare economia e Vangelo e farlo con volti e storie: mi piace proprio».

Non le manca una persona accanto, una famiglia?

«No, anche se so di avere fatto una scelta di rinuncia: non essermi legata a nessuno è per una risposta a una chiamata e a una missione che mi chiede di essere tutta donata. Non sempre è facile, ovvio. Ma la mia vita è piena e non penso lo sia meno di quella di chi ha scelto altri percorsi. Vivo amicizie profonde che fanno bene al cuore e all’anima. Ecco, se devo dire forse mi manca non avere avuto un figlio o una figlia, ma mi rendo conto che non sono conciliabili e questa rinuncia iniziale mi ha resa sorella e mamma di tutti».

Le donne continuano a faticare a trovare spazio anche nella Chiesa?

«Il tema è caldo e sofferto da tante donne. C’è un processo in corso che in questo momento non si può arrestare: dove lavoro, nella commissione Covid vaticana, siamo tante giovani donne in un team molto dinamico con tanta libertà di muoversi, fare e poter osare, sognare. Un famoso giornalista e conduttore quando è venuto a vedere cosa stiamo facendo mi ha detto: “Dovevo arrivare in Vaticano per trovare le novità”. Ecco, io credo si debba andare oltre certe letture. Questo non significa che il problema non ci sia. Però anche noi donne siamo un po’ timorose e timide e tante volte è difficile pensare che una responsabilità potrebbe essere affidata ad una donna perché stentiamo a farci avanti».

Servirebbero più donne nei posti di potere?

«Non tanto per il potere in sé. Ma perché se non ci sono donne a pensare e decidere, quello che viene deciso fatto e comunicato diventa escludente e tante donne non si riconoscono».

Una chiesa poco attrattiva sui giovani?

«Forse si fa fatica a trasmettere ai giovani il sapore del Vangelo. Ma giovani ne frequento tanti, in università e poi in tutta l’esperienza di Economy of Francesco; il problema non sono i giovani, ma siamo noi che non siamo capaci di affidare loro il cambiamento, e senza giovani non sarà vero cambiamento».

Economy of Francesco continuerà?

«Certo. La bellezza è aver creato una rete tra tanti giovani che desiderano cambiare il mondo e adesso sanno che c’è una comunità che la pensa allo stesso modo e che vuole sostenerli».

Cura solo anima e mente, suor Alessandra?

«È difficile fare di più. Però tutte le mattine mi alzo molto presto e cammino almeno 40 minuti sul Lungotevere o in giro per Roma prima che si svegli. Intanto prego: le mie lodi le prego camminando».

Didattica a distanza: “Noi prof trasformati tutti in YouTuber” – l’esperienza dell’Agnelli

Il quotidiano Corriere Torino nella giornata di ieri, 15 febbraio, ha dedicato in primo piano un’inchiesta sugli effetti della Didattica a Distanza che le scuole italiano hanno dovuto affrontare e stanno portando avanti in questo periodo di emergenza sanitaria. A Torino gli istituti superiori statali sono una quarantina e in 18 hanno risposto al questionario proposto dal Corriere Torino sugli effetti della Dad a un anno dall’inizio della pandemia. In 10 scuole su 18 le pagelle di quest’anno non hanno riservato sorprese rispetto al passato: il rendimento è stabile. Emergono tuttavia diverse problematiche: malessere psicologico in crescita e aumento delle richieste agli sportelli di sostegno. Di seguito il focus sulla Dad dell’Istituto Salesiano Agnelli di Torino che è stato riportato nell’articolo, a cura di Giorgia Mecca.

«Noi prof trasformati tutti in YouTuber»

Alessandro Antonioli insegna italiano e latino all’Agnelli

«Siamo dovuti diventare YouTuber».

Alessandro Antonioli ha 29 anni e insegna italiano e latino all’istituto internazionale Giovanni Agnelli, è il suo quinto anno da professore, il più faticoso.

Dai banchi agli schermi è stata stravolta anche la didattica: «Non puoi riproporre online una lezione che avevi preparato dal vivo». Di necessità virtù, nei mesi di lockdown, Antonioli e i suoi colleghi si sono inventati nuovi modi di insegnare, per tenere alta la concentrazione degli studenti: escape room che in base alla preparazione permettevano ai partecipanti di viaggiare da un’epoca all’altra, Google Meet a cui hanno invitato scrittori, intellettuali, il medico di Lampedusa Pietro Bartolo, professori universitari che hanno spiegato ai ragazzi come mai Cicerone continua ad essere così importante.

«In uno dei progetti più belli siamo stati ispirati da J.K. Rowling, (la creatrice di Harry Potter) e dal suo Animali fantastici. Basandoci sul libro, abbiamo trascritto e tradotto alcuni pezzi de L’hortus santatis, una delle prime enciclopedie di storia naturale, individuando undici specie di animali fantastici. Il risultato del progetto sarà in mostra al Museo Leone di Vercelli».

In questa situazione, è fondamentale salvaguardare la relazione con i ragazzi, pensare a progetti nuovi. L’entusiasmo non manca, ma Antonioli ammette che lo scorso anno è stata dura e lo è anche adesso.

«Mi accorgo che passo molte delle mie giornate davanti al pc, a registrare, montare le lezioni, preparare i compiti, cercando di mantenere stabile il rendimento degli alunni».

I ragazzi più bravi hanno perso motivazione, quelli meno bravi hanno avuto ancora più difficoltà.

«Temo che nei prossimi tempi ci saranno cicatrici che dovremo curare. Non solo a livello scolastico, ma psicologico. Alla fine delle lezioni cerco sempre di chiedere ai ragazzi come stanno, di farli distrarre, di parlare di campionato o delle nuove serie Netflix. Mi accorgo che molti ragazzi hanno bisogno di socialità e noi insegnanti dispiace molto quando non riusciamo a intercettare il loro disagio».

G. Mec.

Un percorso di studi in Energia, ispirato alle parole del Papa e di Greta

Sul sito dell’Istituto Agnelli viene presentato il nuovo indirizzo dell’Istituto tecnico tecnologico.  Questo nuovo indirizzo sarà in collaborazione con Iren e sarà un percorso di studi dedicato proprio all’energia, ispirato dalle parole di Greta e del Papa.

Di seguito il testo integrale della notizia di presentazione del nuovo indirizzo:

In un momento in cui di scuola si parla spesso tra polemiche e dubbi a causa della pandemia da Covid, l’Istituto Tecnico Edoardo Agnelli annuncia una nuova certezza. Dopo avere avviato nel 2019 la sezione di Informatica e dopo avere conquistato nel 2020 il primo posto tra gli Istituti Tecnici Tecnologici di Torino e provincia come percentuale di collocazione lavorativa (indagine Eduscopio), a settembre prenderà avvio l’articolazione Energia, andando così ad arricchire l’attuale offerta formativa con le sezioni di Meccanica e Meccatronica, Elettronica e Informatica.

Traguardi che non nascono dal nulla, ma che sono frutto di un lavoro costante e appassionato dei docenti e degli studenti. «La crescita di questi anni è la risultanza di tre fattori tra loro interdipendenti: professionalità e continuità del collegio docenti, costante ricerca di collaborazione con le aziende del territorio, cura della formazione personale e professionale degli studenti – commenta il prof. Giovanni Bosco, preside del Liceo Scientifico e dell’Istituto Tecnico Edoardo Agnelli -. Le famiglie ci cercano, gli studenti ci apprezzano, le aziende ci scelgono: siamo molto contenti di come stanno andando le cose. E vogliamo ancora crescere».

Con il nuovo anno scolastico 2021-2022 l’offerta formativa dell’Istituto Tecnico Tecnologico si arricchirà quindi ulteriormente, avviando un percorso di indubbio interesse e attualità: l’articolazione Energia. Il prof. don Fabrizio Gallarato ne illustra i punti principali: «È sufficiente indicare alcuni dei temi innovativi che arricchiscono il curriculum formativo di questa nuova sezione per coglierne il valore aggiunto: energie rinnovabili (fotovoltaico, solare termico, geotermia…), efficientamento energetico di edifici e impianti, tecniche di accumulo dell’energia, sistemi di supervisione e conduzione di impianti mediante app e da remoto».

L’articolazione Energia è il punto di arrivo della collaborazione sviluppata in questi anni con il Gruppo IREN, che si è sviluppata grazie a stage e percorsi di PCTO (ex alternanza scuola-lavoro), che hanno coinvolto molti studenti: negli ultimi due anni dieci di loro sono stati assunti e alcuni progetti hanno concorso a livello nazionale. «È il punto di arrivo di un bel cammino fatto con il Gruppo IREN. Ci auguriamo e desideriamo che sia punto di partenza per un percorso ancora più coinvolgente – aggiunge don Claudio Belfiore, direttore dell’Istituto Edoardo Agnelli -. Ci tengo a sottolineare che un peso rilevante nella scelta di avviare la nuova sezione Energia hanno avuto i richiami e le sollecitazioni di Papa Francesco con la Laudato sii sulla cura della casa comune e la crescente attenzione sociale al rispetto dell’ambiente provocata da Greta Thunberg e dalle manifestazioni giovanili. Crediamo sia giusto e doveroso che tali sensibilità diventino professionalità, occupabilità e capacità di ricerca di nuove soluzioni».

Le iscrizioni per la nuova articolazione Energia sono aperte. È possibile acquisire ulteriori informazioni e iscriversi partecipando ai prossimi Open Day (in presenza e online) dell’Istituto Tecnico previsti nel corso di questo mese di gennaio: venerdì 15, sabato 16, giovedì 21 e sabato 23. Per contatti e informazioni è possibile telefonare allo 011-6198311 oppure scrivere a segreteria@istitutoagnelli.it.

 

Pagella Eduscopio, il miglior istituto tecnico di Torino è l’Agnelli

Pubblichiamo l’articolo uscito sul Corriere della Sera di Torino con i risultati della pagella di Eduscopio agli istituti superiori di Torino. Per gli istituti tecnici, il migliore è l’Agnelli.

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di Chiara Sandrucci

Dare una mano alle famiglie nella scelta delle scuole superiori, complicata quest’anno da porte chiuse e «Open Day» solo virtuali. È l’obiettivo della pagella stilata dalla Fondazione Agnelli ormai da 6 anni. L’edizione 2020 di Eduscopio.it è online da questa mattina con i dati aggiornati sulle scuole che meglio preparano agli studi universitari o al lavoro dopo il diploma. Uno strumento ancora più utile ai tempi dell’epidemia per scegliere il percorso di studi dopo la terza media. Sotto la lente del gruppo di lavoro sono passati i dati di 1 milione e 275 mila diplomati italiani in tre  successivi anni scolastici, tra il 2014 e il 2017, in 7.400 indirizzi di studio nelle scuole secondarie statali e paritarie. «Molte famiglie che hanno figli all’ultimo anno delle medie sono spaesate e possono avere maggiori difficoltà, durante l’emergenza sanitaria, a farsi un quadro chiaro in vista della scelta dell’indirizzo di studio e dell’istituto superiore per il prossimo anno scolastico – dice il direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto -. Eduscopio non può essere l’unico strumento per una decisione ponderata, ma pensiamo che il contributo di informazioni, dati e confronti fra le scuole che offre gratuitamente possa essere quest’anno ancora più utile». Se si cerca una scuola che prepari al meglio per l’Università, la pagella è basata sul numero di esami e sui voti conseguiti dagli studenti che provengono da quel determinato istituto. Nell’edizione 2020 nessun cambiamento al vertice per i licei più blasonati della città. Tra i classici, il Cavour si conferma numero uno, con il Gioberti al secondo posto che scavalca Alfieri e d’Azeglio. Per i licei scientifici, il Galileo Ferraris è saldo in testa, seguito da Valsalice e Gobetti. L’unico vero colpo di scena si registra tra i linguistici, dove gli studenti migliori provengono dal Giordano Bruno, liceo di periferia, balzato dal quarto al primo posto. Oggi è il miglior linguistico della città. Se invece si cerca una scuola che prepari al meglio per il mondo del lavoro, la pagella considera l’indice di occupazione e la coerenza con l’indirizzo degli studi.

A stravincere nella sezione dedicata agli istituti tecnici tecnologici quest’anno è l’Edoardo Agnelli, istituto paritario dei Salesiani in corso Unione Sovietica: l’81% dei suoi studenti ha lavorato almeno 6 mesi nei due anni successivi al diploma. In generale, Eduscopio 2020 conferma il trend di crescita di istituti tecnici e professionali che si era evidenziato lo scorso anno. Ma la percentuale dell’istituto Agnelli è un vero record, staccando di 4 punti il Pininfarina di Moncalieri. «Abbiamo fatto un grande passo avanti realizzando appieno l’alternanza scuola lavoro, con le aziende che sono entrate nella didattica – spiega il preside Giovanni Bosco, omonimo del fondatore dei Salesiani don Bosco -. Se ad esempio ci occupiamo di cuscinetti, vengono i tecnici di Skf a spiegarceli, per le lezioni sull’energia arriva l’Iren». Tutti conoscono i Salesiani per il liceo Valsalice in precollina, meno per l’Edoardo Agnelli che prepara al lavoro. «L’altra carta vincente è l’impronta educativa – aggiunge il direttore don Claudio Belfiore -. In una scuola salesiana si cura la persona, la capacità di lavorare in gruppo e di collaborare, e  non solo il rendimento scolastico: qualità preziose per le aziende, le cosiddette competenze trasversali che oggi vengono chiamate soft skills».

 

VIS, Salesiani per il Sociale APS e CNOS Fap, la risposta salesiana all’emergenza Covid-19 con gli aiuti di UsAid

Sull’edizione di oggi, martedì 10 novembre, dell’inserto “Buone Notizie” del Corriere della Sera, si parla del progetto Salesian Solidarity with Italy: the Emergency Response to Covid-19, finanziato da UsAid e portato avanti in Italia da VIS, Salesiani per il Sociale APS e Cnos-Fap. 

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La cooperazione internazionale? Si fa (anche) a casa nostra. Lo sa bene il Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo), che fino a ottobre 2021 sarà impegnato come capofila di Salesian Solidarity with Italy: the Emergency Response to Covid-19, il progetto finanziato da UsAid (U.S. Agency for International Development), l’agenzia che gestisce il programma di assistenza economica e umanitaria degli Stati Uniti in più di 80 Paesi del mondo.

L’organizzazione non governativa salesiana – che dal 1986 si occupa di cooperazione allo sviluppo e solidarietà internazionale in Italia e in altri 40 Paesi del mondo – è stata scelta per rispondere e affrontare le conseguenze economiche, sociali ed educative della pandemia. Sedici le regioni italiane interessate; 24.480 le persone che verranno raggiunte, appartenenti a categorie vulnerabili; 380 le famiglie che riceveranno aiuti alimentari. E ancora, 249mila i dispositivi di protezione individuale (mascherine, gel, guanti); 7.500 i kit didattici e 470 i supporti informatici che saranno distribuiti.

Sensibilizzazione

Il progetto è sviluppato su tre componenti: risorse digitali (kit didattici, corsi online, video con lettura delle fiabe de «L’orizzonte alle spalle», il libro realizzato dal Vis sui racconti dei migranti) per promuovere percorsi di formazione rivolti a ragazzi, famiglie e insegnanti (#restiamoattivi ); sostegno a studenti vulnerabili che hanno subito una sospensione dei loro corsi salesiani di formazione professionale, perché anche a distanza possano proseguire i loro studi ( FormAzione per la ripresa ); infine, con #noicis(t)iamo , distribuzione di protezioni individuali e beni di prima necessità a famiglie bisognose (con una card per fare la spesa da soli e scegliere cosa acquistare, accompagnati da un’azione di sensibilizzazione sui consumi responsabili e sul riciclo) e sostegno a migranti e rifugiati nei centri della Sicilia.

«I salesiani di tutto il mondo si sono mobilitati fin da marzo per cercare di essere accanto ai più bisognosi, anche nei mesi del lockdown», spiega Nico Lotta, presidente di Vis: «Abbiamo convertito i nostri progetti in corso nel Sud del mondo per cercare di rispondere ai nuovi bisogni emersi con la pandemia. Allo stesso tempo ci siamo sentiti chiamati a intervenire in modo urgente anche in Italia». Per questo «ci siamo uniti ad altri tre enti salesiani, Salesiani per il Sociale Aps , Salesian Missions e CNOS-FAP , in un progetto che potesse rispondere alle conseguenze dell’emergenza sanitaria nel nostro Paese», aggiunge, richiamando quello che dalle origini è il focus di tutti gli interventi portati avanti: «Secondo il carisma di don Giovanni Bosco operiamo nella convinzione che solo attraverso l’educazione si possano promuovere i diritti, superare le disuguaglianze e combattere alla radice le cause della povertà. Per questo, ad esempio, anche nei progetti che riguardano più in generale l’ambiente o il contrasto alla migrazione irregolare, c’è sempre una componente legata alla formazione che permette una vera autonomia e un reale sviluppo delle persone e della comunità», conclude.

Innovazione

Non è, quindi, un caso se tra gli 83 progetti di cooperazione internazionale portati avanti si trovano anche Ghana Greenhouse , volto a introdurre le serre come strumento innovativo per permettere ai contadini di coltivare in un ambiente protetto anche piante non autoctone; Etiopia Since , destinato a mitigare il fenomeno migratorio creando opportunità di impiego per giovani tra i 18 e i 35 anni in condizioni di vulnerabilità, potenziali migranti e migranti di ritorno; o Palestina Nur , che vuole favorire l’impiego di fonti rinnovabili e l’autonomia energetica della Palestina con corsi di formazione e il posizionamento di pannelli solari negli edifici pubblici.

Lo spirito che anima questi progetti è ben sintetizzato nel motto «Insieme, per un mondo possibile» e nella spiga e nel ramoscello di ulivo nel logo del Vis, simbolo del diritto al cibo e a un’esistenza serena per ogni bambino e giovane sulla terra.

Vestiva i bisognosi e curava le anime: il grande esempio salesiano di don Elio Arcostanzo

Il quotidiano Corriere della Sera riporta la notizia della scomparsa del salesiano don Elio Arcostanzo, 76 anni, vicario parrocchiale da settembre 2017 nella Chiesa Sacro Cuore di Maria di Torino – San Salvario. Si riporta l’articolo pubblicato in data odierna dal quotidiano, a cura di Antonio Chiera.

San Salvario – Vestiva i bisognosi e curava le anime, il grande esempio salesiano di don Elio

Antonio Chiera

«Io sono la Resurrezione e la vita».

Così la comunità Salesiana San Giovanni Evangelista e la chiesa parrocchiale Sacro Cuore di Maria di Torino hanno comunicato l’annuncio della morte di don Elio Arcostanzo, 76 anni, salesiano dal 1960 e sacerdote dal 1971. Era vicario parrocchiale da settembre 2017 nella Chiesa Sacro Cuore di Maria, in precedenza gestita dalla fraternità dei monaci apostolici diocesani di Torino ed ora curata dai salesiani.

Don Elio arrivò nel quartiere San Salvario in città, ed ebbe una grande attenzione, una forte sensibilità per la formazione di gruppi giovanili e di adulti verso la vita cristiana, curando anche personalmente alcuni rapporti e instaurando amicizie profonde. Il suo obiettivo è stato quello di dare forma, insieme alle altre realtà, a un’unica comunità cristiana impegnata al servizio del territorio per renderlo sempre più umano e solidale. Fu proprio la parrocchia Sacro Cuore di Maria a collaborare con la parrocchia SS. Pietro e Paolo di Torino, con lo scopo di sviluppare soprattutto la raccolta e distribuzione di abiti per le persone più bisognose, con un’attenzione particolare verso le singole persone e le famiglie numerose, anche se ancora oggi viene sempre meno l’attenzione per questi; il progetto di Don Elio è stato ampiamente raggiunto in modo solidale, tenendo conto delle richieste di tutti.

Per queste sue qualità oggi tutti lo ricordano con affetto, ammirazione e gratitudine, soprattutto per la sua testimonianza di fedeltà al Signore e per la sua lunga vita donata all’educazione dei giovani, alla formazione di chi frequenta gli oratori salesiani e nel servizio di guida delle comunità cristiane. Don Elio ha collaborato per molto tempo con Don Mauro, che lo ricorda con queste parole:

«Pastore animato da zelo missionario, guida competente e appassionata dei credenti verso il Signore».

Don Elio era amato dai giovani per il suo spirito vivace: amava scherzare e sorridere, per lui il tempo del divertimento non era mai uno spreco.

La celebrazione delle esequie oggi alle 11.30 nella chiesa parrocchiale Sacro Cuore di Maria di via Morgari 11, a Torino.

Missioni don Bosco – Fiona May, il salto più lungo accanto ai bambini dell’Africa

Si riporta la notizia pubblicata martedì 5 novembre su corriere.itCorriere della Sera – con il racconto di Fiona May, ex campionessa di atletica, riguardo all’esperienza vissuta ad Addis Abeba nella scuola delle Missioni don Bosco. Articolo a cura di Paolo Baldini.

Si commuove mentre ripensa a una bambina di 3-4 anni incontrata in Etiopia in un caldo pomeriggio di giugno. La piccola, racconta, si stava portando un biscotto alla bocca, golosa merenda di una giornata di stenti. «Con un gesto gentile, improvviso mi ha fatto capire: ne vuoi un pezzetto? Non possedeva niente ma era disposta a dividere il suo biscotto con una sconosciuta». Quell’immagine, dice, è «la sintesi di un continente, l’Africa, dove vivere costa molta fatica ma la dignità è un bene comune».

Nella memoria di Fiona May, campionessa di un’atletica di leggende, con due medaglie d’oro ai Mondiali, due d’argento alle Olimpiadi (Atlanta 1996 e Sydney 2000) e la gemma di un salto in lungo da record agli Europei di Budapest 1998 (7 metri e 11 centimetri), scorrono i volti e le voci dei ragazzi «dagli occhi e dai sorrisi grandi» incontrati ad Addis Abeba nella scuola delle Missioni Don Bosco, la nuova frontiera del suo impegno multitasking. Anzitutto, c’è la mamma attenta di Larissa (campionessa di atletica a sua volta, vive con il papà-manager Gianni Iapichino) e Anastasia («lei invece fa tennis e abita con me»). Poi l’attrice di fiction e di teatro, protagonista de La Maratona di New York di Edoardo Erba che sarà ripresa nel 2020.

E adesso anche la testimonial salesiana. «Ad Addis Abeba, nella scuola delle Missioni che raggruppa centinaia di alunni dalle elementari fino alla soglia dell’università, ho vissuto giorni intensi e bellissimi. Ho imparato che tendere la mano agli ultimi, ai bambini senza nulla è un impegno meraviglioso. Io, mamma, mi sono ritrovata con tanti ragazzi che il calore di una famiglia non l’hanno mai sentito. Ho incontrato le madri-bambine. Ho camminato sulle strade senza asfalto della capitale sugli altopiani, oltre 3 milioni di abitanti. Sono andata nei mercati dove si vendono mucche e capre, nei negozi con le merci da pochi soldi. Ho visto taxi con 10-15 persone stipate nell’abitacolo per dividere la spesa. Ho ascoltato i discorsi di coloro che ogni giorno a testa alta si recano al lavoro, un lavoro spesso massacrante, e sperano in un avvenire migliore».

Missioni Don Bosco opera in 133 Paesi e assomma 3.500 case per bisognosi, 4.469 tra scuole e centri di formazione e un totale di un milione 140mila ragazzi formati in Europa, Asia, Africa, America, Oceania. Fiona May si appassiona: «Ero con loro durante la stagione degli esami, tra i professori che sono in maggioranza ex studenti. Ho verificato la qualità dell’assistenza. Ho mangiato nella mensa di quei ragazzi in divisa, ben pettinati, educati, preparati. Ne ho constatato la voglia di riscatto». Oltre alle materie tradizionali nella scuola salesiana ci sono corsi di cucina, agricoltura, meccanica. «E per tutti i mestieri che servono nei villaggi e nelle città a creare occupazione e a gettare le basi per lo sviluppo».

Dice Fiona che quei giovani «chiedono solo un po’ di normalità, di poter investire le conoscenze che acquisiscono per aiutare il loro territorio e il Paese». Nella lettera che ha segnato il suo ingresso nel mondo delle Missioni Don Bosco sottolinea: «La prima volta che ci siamo incontrati è stato alla Corsa dei Santi a Roma. Sport e solidarietà stanno bene insieme. Lo sforzo di raggiungere un obiettivo che corona mesi e anni di allenamenti ha qualcosa che somiglia a quello di chi svolge azioni di aiuto ai poveri, come i missionari salesiani. Il risultato nasce dalla dedizione, dalla competenza, dalla pianificazione». Il dialogo con i volontari, sostiene, le ha dato una nuova consapevolezza. «Sono andata a Valdocco in aprile per vedere da vicino l’operato delle Missioni: come l’organizzazione dialoga con i suoi benefattori, aiuta i religiosi a progettare interventi sostenibili, risponde alle emergenze. Un’importante lezione di vita».

La bella signora di origini giamaicane ma nata in Inghilterra e naturalizzata italiana che al curriculum sportivo ha aggiunto gli studi di economia parla dell’atletica come di «un vecchio amore, di quelli che riescono a darti tanto, compresa qualche delusione». Non ancora ventenne, nella Londra degli Anni 80, ruppe molti tabù per cercare la propria identità. La trovò nell’atletica: «Da quando ho smesso, nel 2005, è cambiato poco. La federazione italiana è costretta a una complicata rincorsa: restare indietro ora sarebbe grave».

Coraggio

Durante il viaggio ad Addis Abeba, spiega, ha ripensato a se stessa, ai successi raggiunti. «Oggi più di allora per una donna di colore il cammino è difficile. Le discriminazioni di genere e di razza esistono. Anche quando sei in cima il modo per colpirti è facile. Diranno che non tieni alla famiglia, che non sei una brava madre. Ci vuole forza per affrontare tutto questo. Lo dico alle mie figlie: dovrete essere tre volte coraggiose. E chi ha coraggio fa paura». Lei ne sa qualcosa: «Ho iniziato a saltare a 12 anni. A 17 ho capito che potevo fare sul serio. L’atletica era il mio sogno. Ho vissuto anni di sfida e miglioramento personale. Convinta che la felicità non è solo una medaglia». Fiona assicura che l’Italia non è razzista. «Ci vivo da oltre vent’anni e posso dirlo. Tuttavia in giro prevalgono l’ignoranza e la cattiva informazione. C’è un lungo percorso culturale da compiere. Con il viaggio in Etiopia e il nuovo impegno per le Missioni ho avuto la conferma che ogni progetto può essere realizzato, se ci si crede davvero».

Scuola Media San Benigno: Il Prof Pagani, campione de L’Eredità lascia il programma per tornare dai suoi studenti: «La cultura vince sull’ignoranza»

Niccolò Pagani, giovane docente della Scuola Media Don Bosco di San Benigno, ha scelto di abbandonare a sorpresa la trasmissione TV “L’Eredità” con un discorso dedicato ai suoi allievi. La notizia è stata divulgata non solo dal Corriere della sera (il primo quotidiano italiano per diffusione e per lettorato) – della quale riportiamo di seguito l’articolo dedicato – ma anche da Il Giornale (con una intervista dedicata) e dal “il caffè” del giornalista ed editorialista Massimo Gramellini. Si riportano le notizie pubblicate sul sito dell’opera.

Il campione de L’Eredità lascia il programma per tornare dai suoi studenti: «La cultura vince sull’ignoranza»

Niccolò Pagani, giovane docente del torinese, ha scelto di abbandonare a sorpresa la trasmissione con un discorso di commiato che ha commosso gli spettatori

«Il mio posto è là: ogni mattina in prima linea nella missione quotidiana dell’educazione e dell’onestà»: il campione in carica de «L’Eredità» Niccolò Pagani, giovane docente di San Benigno Canavese, ha scelto a sorpresa di abbandonare la trasmissione per tornare in cattedra.

Il messaggio agli studenti

Il professore ha annunciato la sua decisione leggendo un discorso di commiato, condiviso in occasione della Giornata Mondiale della Gentilezza dal conduttore Flavio Insinna sul suo profilo Facebook, in cui spiega che il suo compito come insegnante è dimostrare «ai giovani, che la gentilezza vince sulla violenza, la cultura vince sull’ignoranza, il sorriso sconfigge la rabbia e l’ironia batte l’odio, insegnando loro a non impugnare i coltelli, ma i libri, e a sostituire gli spintoni con gli abbracci».

«La scuola va protetta e va curata»

Il messaggio, importante soprattutto in questo periodo storico, si chiude con un invito a proteggere l’istituzione scolastica (e con un ringraziamento ai colleghi che dividendosi le supplenze gli hanno permesso di partecipare al programma): «Come ogni creatura fragile, anche la scuola va protetta e va curata. Per questo starò sempre dalla parte di tutti quegli insegnanti, preparati e costanti, che ogni giorno, con amore, fanno questo mestiere».

13 novembre 2019 (modifica il 13 novembre 2019 | 18:04) – di Arianna Ascione

L’eredità