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Dalla parte dei giovani, con competenza

L’Università Pontificia Salesiana e la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium, hanno organizzato il congresso internazionale sul tema Giovani e scelte di vita: prospettive educative. In tale occasione è stato intervistato Mauro Mantovani, docente di filosofia, rettore dell’Università Pontificia Salesiana (Ups) di Roma e presidente della conferenza dei rettori delle università pontificie, dal gruppo editoriale Città Nuova. Qui di seguito l’intervista.

 

Perché salesiano?

A 16 anni, nella mia parrocchia di Moncalieri vicino a Torino ho conosciuto alcuni seminaristi del centro teologico salesiano che avevano come caratteristica la presenza tra i giovani. Lavoravamo insieme con i ragazzi più piccoli, condividendo la parola di Dio. Dopo qualche anno ho iniziato il percorso di formazione salesiana e, una volta diacono, mi hanno chiesto di dedicarmi a studio, formazione e insegnamento.

Una formazione per chi?

La vita salesiana ha come prospettiva il servizio ai giovani, la chiamata ad essere segni e strumenti dell’amore di Dio ai giovani. Per formare culturalmente i confratelli a questo servizio, nel 1940 è stata fondata l’università salesiana, che accoglie anche membri delle figlie di Maria ausiliatrice e studenti laici. Questi ultimi sono la maggioranza. La specializzazione che offriamo rispetto ad altre università è sui diritti dei giovani e dei minori, in un ambiente ricco di attività extra-accademiche. Non solo teste ben fatte, quindi, ma persone complete.

La maggior parte dei giovani oggi sono agnostici. È preoccupato?

La preoccupazione c’è, ma non vogliamo piangere sui nostri tempi. Anche don Bosco ha vissuto anni difficili! Tra l’altro i giovani oggi hanno opportunità che in altre epoche storiche non esistevano, possono fare scelte indipendenti. I salesiani si rifanno all’umanesimo di Francesco di Sales che credeva nelle potenzialità, naturali e soprannaturali, di ogni ragazzo. Per questo l’educazione è centrale, anche negli ambienti più difficili. Ma ci vuole presenza, vicinanza, il giovane deve diventare protagonista del proprio percorso, affrontando ideali alti. Ci vuole anche la “parolina all’orecchio”, come diceva don Bosco, cioè la capacità di far sentire ciascuno al centro dell’attenzione.

L’impatto dei media è più forte della vostra voce?

La Rete è un ambiente dove si trova di tutto, ma proprio per questo non possiamo mancare. Il nostro compito è creare le condizioni perché un giovane possa individuare ciò che è degno di interesse. Cerchiamo quindi di educare al pensiero critico e all’approfondimento.

Come salesiani quale strategia avete?

Il sistema educativo di don Bosco è fatto di ragione, religione e amorevolezza. Una ragione ben formata, per capire ciò che è bene e ciò che è male. Il vissuto di fede, che completa la persona nella sua apertura al trascendente. E infine l’amorevolezza: i giovani devono essere non solo amati, ma sapere di essere amati, per fare un’esperienza di reciprocità. Nelle nostre opere, dall’università agli oratori, fino al lavoro con i ragazzi di strada, si fa l’esperienza della “casa che accoglie”, luogo dove esprimere la propria fede, cortile dove incontrarsi tra amici, scuola che educa alla vita. Tutto questo si collega con quello che i giovani hanno chiesto nel pre-sinodo: una Chiesa che sia casa, famiglia e luogo accogliente.

 

 

Il mondo degli adulti non aiuta…

Molti adulti hanno rinunciato ad essere genitori. Invece i giovani dovrebbero “vedere” che sposarsi e avere figli è qualcosa di bello. E incontrare persone che dimostrino che si può essere felici anche con la vocazione religiosa. Papa Francesco ripete: non fatevi rubare la speranza. Il compito dell’educatore è essere un provocatore, da pro-vocazione: deve far venir fuori la chiamata ad andare oltre il banale e il superficiale. Appassionare significa provocare in positivo.

C’è un deficit di presenza culturale della Chiesa?

Con la Laudato sì la Chiesa ha dato un grande apporto alla riflessione culturale (e non solo). Bisognerebbe fare proposte significative anche in altri campi, come l’educazione: come guardiamo al futuro attraverso la formazione dei giovani? Il cosiddetto “nuovo umanesimo” ce lo giochiamo qui.

Le università pontificie possono collaborare meglio?

Nell’esortazione Veritatis gaudium il papa indica 4 punti fondamentali: approfondire cosa la rivelazione cristiana può offrire alle varie discipline, riscoprire l’unità del sapere, dialogare a tutto campo (non soltanto come strategia, ma anche come stile di vita e di pensiero), fare rete. Stiamo cominciando a farlo. A Roma ci sono 23 istituzioni pontificie che possono offrire un notevole apporto culturale.

C’è un’emergenza sessualità per i giovani?

Nel congresso ci sarà una sessione proprio sull’inquinamento pornografico. L’ambiente intorno ci tira in basso, ma si può andare contro corrente: però i giovani rispondono solo se gli si mostra che ne vale la pena. Non dobbiamo temere di fare proposte serie e controcorrente.

In Ups trattate di finanza etica perché?

Dietro la crisi c’è una dimensione antropologica: come si guarda all’uomo e alla sua responsabilità verso se stesso, gli altri, l’ambiente. Paolo VI diceva che il mondo soffre per mancanza di pensiero, Giovanni Paolo II sfidava il pensiero cristiano del terzo millennio a dare una visione integrata dei saperi, Benedetto XVI afferma che bisogna approfondire cosa significa essere un’unica famiglia umana, mentre papa Francesco arriva a dire che serve una rivoluzione culturale. C’è bisogno di questa profondità per cogliere il significato della crisi finanziaria e il valore della finanza etica. Bisogna guardare all’unità della famiglia umana.

Perché un congresso sui giovani prima del sinodo?

Come famiglia salesiana volevamo dare un nostro apporto specifico, sulle prospettive educative legate alle scelte dei giovani. Come aiutarli, quali condizionamenti, quali buone pratiche. Noi continuiamo a credere nelle risorse naturali e spirituali dei giovani, perché ne facciamo esperienza ogni giorno. Se aiutati, possono fare scelte di vita che li rendono felici.

 

 

Don Bosco a Caselle: il nuovo libro di Gianni Rigodanza

Si segnala, qui di seguito, la notizia a cura di Elis Calegari apparsa sul portale Cose Nostre, il mensile indipendente di informazione del casellese,  il 24/08/2018 circa la pubblicazione di un libro dal titolo “Don Bosco A Caselle” che ritrae alcuni scorci della vita del Santo dei giovani a Caselle e non solo:

“Don Bosco a Caselle” è il titolo del nuovo libro di Gianni Rigodanza. L’opera dopo essere stata registrata nel sistema bibliotecario di Ivrea e del Canavese, passa negli scaffali della Biblioteca civica di Caselle, nel settore di storia locale a disposizione dei lettori. Esce di casa per la prima volta ma è tranquilla perché sa di trovarsi in buona compagnia, col posto fisso. E non è in vendita.

La bibliografia sulla vita e le opere di don Giovanni Bosco è sterminata, sono decine e decine le pubblicazioni in merito. Tuttavia l’idea di quest’opera parte dal fatto che nell’archivio storico comunale di Caselle c’è ed è stata riscoperta una lettera del 1882 di don Bosco scritta al sindaco di Caselle Torinese inerente la cospicua eredità ricevuta dal barone Bianco di Barbania. A questa segue la risposta ufficiale della Giunta comunale. Nulla di celestiale negli scritti, anzi il contenuto è molto, molto terreno. Da ricordare che il Santo soggiornò diverse volte a Caselle, specie nella borgata Sant’Anna, sia per ritiri spirituali che per riposo. Quindi si tratta di storia locale, di narrazione del territorio, di un altro quadro dello straordinario Ottocento casellese che entra e sfida il romanzo storico con la sua ricchezza di accadimenti.

Il libro è stato diviso in tre parti: la prima è una carrellata sulla vita e le opere di don Bosco; la seconda sui soggiorni del santo a Caselle; e infine la terza sulla lettera al sindaco e sulle relative risposte.
Non c’è nulla di straordinario, di nuovo, in questo raccontare uno scorcio di un grande santo sociale che ha sfidato il mondo della Torino ottocentesca e sabauda per dare speranza ai giovani delle periferie, del sottobosco sociale.

Don Bosco a Caselle è una raccolta di dati e di immagini, 86 pagine, che se non altro rimarranno per sempre a disposizione nella nostra Biblioteca. Per Gianni Rigodanza questa storia è stata anche l’occasione di un altro piccolo viaggio nel nostro archivio storico: una miniera di documenti, di notizie, di storie che attraversano secoli e secoli (dal 1310 al 1951) di vita della nostra comunità.

Druogno – Messa in pineta per onorare don Bosco

Anche a Druogno si festeggia il 203° compleanno di San Giovanni Bosco. Riportiamo l’articolo apparso su http://www.24newsonline.it/

DRUOGNO – 18-08-2018 – A 203 anni dalla nascita di Giovanni Bosco, avvenuta il 16 agosto del 1815 a Castelnuovo d’Asti, ieri, venerdì 17 agosto, il Santo canonizzato da Pio XI è stato ricordato con una messa nella cappelletta a lui dedicata che si trova nella bella pineta dietro la grande struttura del consorzio case vacanze dei Comuni novaresi.

Il parroco di Druogno, don Paolo Mantagnini, insieme al rettore dell’Istituto salesiano San Lorenzo di Novara, don Giorgio Degiorgi, ha celebrato la funzione religiosa invitando a pregare chi si occupa dei giovani, proprio come ha fatto don Bosco. Don Giorgio ha riportato la frase di Papa Francesco: “è bene non fare il male, ma è male non fare il bene”.

La messa, che qui viene fatta una sola volta all’anno, è stata molto partecipata. Diverse persone erano villeggianti che risiedono tutta estate nell’ex colonia.

I C.A.Re! Don Bosco e Don Milani ispirano il progetto per 1190 minori e 320 nuclei familiari

I C.A.Re! – Creare Azioni in Rete” è un progetto presentato da C.I.P.A. Onlus – Centro di Informazione Prevenzione e Accoglienza di Ortona e selezionato insieme ad altri 83 dall’impresa sociale “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, tra i 432 che hanno partecipato al Bando Nuove Generazioni rivolto a bambini e ragazzi di età compresa tra 5-14 anni.

Il progetto che vede nel ruolo di soggetto capofila il C.I.P.A. Onlus – Centro di Informazione Prevenzione e Accoglienza di Ortona, ha dato vita ad un’interessante esperienza di co-progettazione realizzando una Rete di 16 partners, tra cui 4 Istituti Comprensivi, 2 Enti Locali (Ecad degli Ambiti Distrettuali Sociali n. 10 “Ortonese” e n. 13 “Marrucino”), la Regione Abruzzo e l’Istituto Universitario Salesiano Torino “Rebaudengo” (IUSTO), oltre a valide e competenti realtà associative del territorio.

Il progetto si ispira all’insegnamento di due grandi educatori: Don Bosco e Don Milani, i quali
dedicato la loro vita a coltivare il protagonismo giovanile come ‘metodo’ di prevenzione del disagio, rivolgendo una particolare attenzione a quei contesti in cui lo svantaggio è rappresentato dalla mancanza di opportunità.

Un gruppo di Educatori che lavorano quotidianamente con i minori e le famiglie, all’interno di un territorio che è la somma di piccole realtà frammentate e dove si fatica a generalizzare le prassi positive, ha riconosciuto in questo bando un potenziale strumento di azione trovando la spinta per trasformare le proprie riflessioni in un impegno concreto per il cambiamento.

I C.A.Re.! prevede tre linee di Azioni che si intersecano ed incidono su tutte e tre le aree  fondamentali della vita dei minori: Scuola, Famiglia e Territorio. Le scuole sono il fulcro del progetto, lo spazio in cui le azioni trovano il punto d’unione grazie al potenziamento della loro funzione di ‘presidio educativo’, specialmente nei centri più piccoli e isolati dove non sono presenti altri servizi.

Il progetto, finanziato dall’impresa Sociale Con i Bambini per un totale di 335mila euro, avrà una durata di 30 mesi e coinvolgerà 1190 minori e 320 nuclei familiari appartenenti ai due ambiti sociali partners del progetto, con un’attenzione particolare per i più vulnerabili.

Per la prevenzione del disagio scolastico nasceranno le OFFICINE DEI RAGAZZI, laboratori ad alto contenuto tecnico, e sarà attivato un DOPOSCUOLA INTERGENERAZIONALE per il recupero dei gap formativi e l’acquisizione di un metodo di studio efficace.

Per il sostegno dei minori a rischio è prevista l’azione FAMIGLIE ACCOGLIENTI finalizzata alla creazione di una ‘Rete di Famiglie Amiche’ che offrano vicinanza competente ai nuclei familiari fragili, e l’apertura per cinque giorni a settimana di un CENTRO DIURNO in cui i ragazzi si sperimenteranno in attività sportive, laboratori didattici, espressivi e di orticoltura.
Al fine di promuovere la cittadinanza attiva e offrire maggiori opportunità educative I C.A.Re! propone anche un interessante percorso laboratoriale di ARCHITETTURA PARTECIPATA volto alla rigenerazione dei luoghi di aggregazione spontanea di minori e famiglie e l’attivazione di un servizio sperimentale di EDUCATIVA DI STRADA.

Mathi: la Cartiera all’avanguardia di Don Bosco, continua a crescere

Continua il percorso di sviluppo della Cartiera di Mathi, che dal 1877 passò nelle mani di don Bosco, diventando una realtà all’avanguardia nella pubblicazione di libri e giornali cattolici. Ecco il servizio editoriale realizzato dalla Redazione de La Voce E il Tempo, in edicola Domenica 15 Luglio 2018:

 

AHLSTROM-MUNKSJÖ – IL GRUPPO FINLANDESE AUMENTA LA PRODUZIONE: L’IMPIANTO PER 40 ANNI FU GESTITO DAI SALESIANI

La cartiera che fu di don Bosco ha vinto la crisi

Articolo a cura Marco LONGO

Buone notizie sul fronte occupazionale a Mathi canavese: il gruppo finlandese Ahlstrom-Munksjö, leader globale nella produzione di soluzioni a base di fibre sostenibili e innovative, ha avviato un finanziamento di oltre 20 milioni di euro per aumentare la produttività della cartiera mathiese. Due gli obiettivi del gruppo finlandese: il primo prevede di ricostruire la linea produttiva numero 3 (produzione di materiali filtranti) ed il secondo, ancora in fase progettuale, riguarda l’installazione di una nuova turbina di cogenerazione, rendendo così autonomo lo stabilimento per quel che riguarda la produzione energetica.

La cartiera di Mathi è presente nel territorio fin dal 1841, quando il cavaliere Michele Varetto acquistò il fabbricato – al tempo per usi agricoli – per convertirlo nell’attività che ancora oggi lo contraddistingue. In seguito la produzione viene potenziata fino al raggiungimento di 50 dipendenti. Il 26 aprile 1877 la vedova Varetto cedette la proprietà della cartiera a don Bosco (per rispondere alle esigenze delle opere di formazione professionale salesiana); all’atto era presente don Giulio Barberis, divenuto in seguito primo maestro dei novizi salesiani. Don Bosco in quegli anni, oltre alla sua opera educativa a favore dei giovani più poveri, era impegnato nella pubblicazione di libri e giornali cattolici per contrastare la diffusa propaganda della borghesia massonica anticlericale. La cartiera di Mathi sotto la gestione di don Bosco diventò una impresa all’avanguardia tanto che il sacerdote acquistò in Svizzera una modernissima macchina per la produzione continua della carta. Per una quarantina d’anni l’impianto fu gestito dai figli di don Bosco e nel 1907 la cartiera viene ceduta alla Società anonima agricola industriale torinese e nel 1919 alla Società cartiera Giacomo Bosso di Torino. Nel 1967, infine, passa nelle mani della società finlandese che la gestisce tuttora.

Oggi la cartiera di Mathi è lo stabilimento più grande del gruppo Ahlstrom-Munksjö, conta circa 600 dipendenti e produce carte base per autoadesivi e materiali per la filtrazione. «Vediamo molto favorevolmente la decisione del gruppo finlandese di attuare questo investimento qui a Mathi», commenta il sindaco Maurizio Fariello, sindaco, «specialmente alla luce delle più di trenta assunzioni previste al termine di questi lavori». Un favore dato anche dalla serietà con cui la ditta si rapporta al
territorio, infatti, prosegue Fariello, «le procedure di sicurezza per prevenire ed affrontare possibili incidenti sono un’eccellenza visto l’utilizzo di agenti chimici molto pericolosi necessari alla creazione di carta dalla porosità adeguata per i filtri. Altro fattore positivo per quel che riguarda l’impatto ambientale è che la cartiera sfrutta il canale che scorre al suo fianco per le produzione della carta, prendendone l’acqua dal suo letto e, al termine del suo utilizzo, la reinserisce nel torrente da cui proviene: ebbene, dai risultati delle analisi chimiche compare che l’acqua re-introdotta è più pura di quella prelevata». L’unica criticità per l’ambiente sono gli autoarticolati (i tir), essenziali per il trasporto degli enormi rotoli di carta ma, dal momento che ne attraversano la zona 50-60 al giorno, l’impatto su viabilità e ambiente è pesante.

Con il progetto dell’installazione della nuova turbina di cogenerazione, inoltre, aumenterà anche la competitività sul mercato del gruppo finlandese: «già oggi la cartiera produce circa il 90% dell’energia che consuma, consentendo un enorme risparmio a livello energetico; con la nuova turbina si otterrebbe un ulteriore abbattimento dei costi di produzione».

«Insomma, è motivo di orgoglio sapere che il nostro stabilimento ha ricevuto questo tipo di attenzione
da parte della compagnia finlandese», conclude il sindaco, «l’unico auspicio è che per le assunzioni si presti una particolare attenzione al territorio e si privilegi la zona limitrofa, in particolar modo Mathi, come tradizionalmente si è fatto in passato».

 

La Voce E Il Tempo: arriva la nuova rubrica che dà voce ai penitenziari torinesi

Il prossimo numero de “La Voce e il Tempo” del 24 Giugno 2018 sarà arricchito da una nuova rubrica, a cura di Marina Lomunno, che darà spazio e “voce” a chi quotidianamente vive, a diverso titolo, dietro le sbarre.

Ecco l’articolo di presentazione:

 

NUMERO, NELLA FESTA LITURGICA DI SAN CAFASSO PATRONO DEI DETENUTI,
IL NOSTRO GIORNALE DÀ VOCE AI PENITENZIARI TORINESI

CARCERE
Giulia di Barolo torna dietro le sbarre

«Il Cafasso raccomandava ai volontari ‘di dimostrare stima ai detenuti, di trattarli bene, da galantuomini, con dolcezza e carità, senza offendersi se maltrattati, e soprattutto senza mai denunciarli ai custodi per comportamenti scorretti’». Giuseppe Tuninetti, San Giuseppe Cafasso, Elledici, Biografie, Torino 2010) .
Il giornale inaugura questa settimana la rubrica «La Voce dentro» perché il 23 giugno la Chiesa ricorda, nella liturgia, san Giuseppe Cafasso, «il prete della forca», come ricorda il monumento a lui dedicato al «rondò» di corso Regina, crocicchio delle opere dei santi sociali torinesi (don Bosco, Cottolengo, Murialdo, Giulia e Tancredi di Barolo…). Con queste pagine il nostro giornale desidera entrare «dentro» le carceri torinesi («Lorusso e Cutugno» e «Ferrante Aporti») e dare «Voce» a chi vive dietro le sbarre a diverso titolo.

I detenuti innanzi tutto, ma anche gli agenti penitenziari, i volontari, gli educatori, i diversi operatori, i cappellani, l’amministrazione, la direzione: insomma tutto l’ambiente carcerario che più volte il nostro Arcivescovo e i suoi predecessori hanno indicato come «uno spicchio della nostra comunità diocesana» e, come tale, parte integrante delle nostre attenzioni pastorali. La nostra rubrica sarà aperta ai contributi di tutti coloro che hanno a cuore il reinserimento nella società dei ristretti – e, se credenti, il dettato evangelico «ero carcerato e siete venuti a trovarmi».

Vogliamo sottolineare questo collegamento con san Giuseppe Cafasso perché egli non fu soltanto un «cappellano dei carcerati» ma anche un maestro del clero, ispiratore di quelle idee e di quelle intuizioni a cui tutti i santi sociali, a cominciare da don Bosco, diedero attuazione.

«Prete della forca» perché accompagnava al patibolo i condannati a morte confortandoli col messaggio di speranza del Vangelo; prete dei più disperati, i detenuti delle prigioni senatorie torinesi, con cui il Cafasso teologo «prete colto» e formatore di sacerdoti trascorreva gran parte delle sue giornate a confortare e, come scrivono i biografi , «trattenendosi fino a tarda notte a confessarli o ad asciugare le loro lacrime». Per questo il 9 aprile 1948 papa Pio XII proclamò Giuseppe Cafasso patrono dei carcerati.

Dicevamo dell’influenza che san Cafasso ebbe nell’ispirare i santi sociali torinesi: fu lui che invitò don Bosco a frequentare «La Generala», oggi il carcere minorile «Ferrante Aporti» dove il santo dei giovani maturò l’idea del «sistema preventivo». E fu proprio il Cafasso il confessore della marchesa Giulia Falletti di Barolo che, insieme al marito Tancredi, poi sindaco di Torino, fece del loro Palazzo un centro di accoglienza e riscatto per «gli scarti della città». Alla marchesa in particolare stavano a cuore i carcerati: narrano i biografi che era tormentata dalle urla delle prigioniere delle carceri senatorie, quelle frequentate dal Cafasso. Giulia si fa nominare Sovrintendente delle carceri delle Forzate, dove riunisce solo le donne, riuscendo a conquistare la loro fiducia, operando per il loro recupero. E di lì la sua opera a favore della dignità dei detenuti che versavano in condizioni penose non si fermò facendo diventare il Palazzo un punto di riferimento per il reinserimento delle recluse nella società.

E proprio in questi giorni, dopo 150 anni, nello spirito di Giulia, l’Opera Barolo è rientrata in carcere: martedì 29 maggio. L’Arcivescovo, attuale presidente dell’Opera (che sulle orme dei marchesi continua ad operare per la promozione delle fasce più deboli della città), ha convocato per la prima volta nella sua storia il Consiglio di amministrazione presso la Casa Circondariale «Lorusso e Cutugno». «Il nostro progetto, fortemente voluto da mons. Nosiglia, è quello di collaborare con le istituzioni per accelerare i processi di reinserimento dei detenuti» spiega Tiziana Ciampolini, delegata del Distretto sociale dell’Opera Barolo (la «cittadella» fondata dai marchesi nel 1829 e che oggi opera in collaborazione con agenzie del Terzo Settore e con gli Enti locali) «per gli interventi nei penitenziari cittadini nella convinzione – come detta la Costituzione che il carcere, extrema ratio, deve essere luogo dove la pena ha funzione riabilitativa. Per questo abbiamo chiamato i nostri interventi ‘Progetto di giustizia di Comunità’ dove la comunità si attiva tra carità e giustizia. In sinergia con l’Uepe (Ufficio esecuzione penale esterna) sperimenteremo collaborazioni con la rete del mondo del sociale di reinserimento lavorativo, aggregativo per far sentire i detenuti e le detenute una risorsa e non un peso».

«Sono lieto che l’Opera Barolo si sia attivata in questo campo così caro a Giulia che ha sorpreso i suoi amici e concittadini del suo tempo in quanto lei nobile e ricca frequentava le carceri soprattutto femminili subendo anche tante umiliazioni da quelle poverette che vivevano in un ambiente disumano» precisa mons. Nosiglia. «Il suo obiettivo, che è anche oggi il nostro impegno, è salvaguardare e promuovere la dignità della persona che, certo, ha sbagliato, ma ha il diritto di potersi riscattare, per ritrovare vie dicambiamento a servizio della comunità. L’impegno dell’Opera Barolo insieme alla Città, alla Caritas, ai cappellani del carcere e all’amministrazione penitenziaria sarà dunque quello di attivare misure alternative per l’esecuzione penale, con un proficuo accompagnamento dei detenuti per un reinserimento sociale, mediante disponibilità di alloggi e di lavoro. Ci auguriamo che le comunità cristiane e civili della città siano solidali con questo progetto accogliendo le persone con rispetto amore».

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Camaiore: multata la statua di don Bosco

Si suggerisce la lettura dell’articolo sottostante a cura di Isabella Piaceri della Redazione de “La Nazione” circa l’episodio della trasporto della statua di Don Bosco che, in occasione dei festeggiamenti del 31 gennaio scorso, ha preso una multa per aver violato la ZTL di Camaiore. Buona Lettura!

Multata anche la statua del Santo. Implacabili le telecamere della Ztl

Camaiore, il parroco: “Don Bosco promette di non farlo più”

Camaiore (Lucca), 19 aprile 2018 – Anche i santi vengono “multati” nella zona a traffico limitato in centro storico a Camaiore: la statua di don Giovanni Bosco ha infatti ricevuto in questi giorni la sanzione per posta per aver violato l’area chiusa al traffico. Le telecamere l’hanno ‘beccata’ durante la trasferta da Marignana al centro storico in occasione della festa del 31 gennaio scorso. Per “multa ricevuta” potrebbe dirsi, parafrasando il film di Nino Manfredi: ma qui non si tratta di Sant’ Eusebio, ma di quello puro dei ragazzi e del primo oratorio.

Nessuna pietà, nessuno può sfugge agli obbiettivi che proteggono le strade vietate, nemmeno con l’aureola in testa: senza chiedere i dovuti permessi, il santo è arrivato a bordo di un mezzo motorizzato per poter essere celebrato durante la festa con i ragazzi del catechismo, ma non è sfuggito all’occhio delle telecamere. “Il mezzo che trasportava la statua fino alla porta della Collegiata è stato multato per aver percorso alcuni metri in zona Ztl. Don Bosco è rammaricato per lo sbaglio avvenuto e promette di non farlo più”. Questo il simpatico commento di don Gabriele Di Blasi, il giovane parroco che si occupa dell’oratorio a fianco del priore, monsignor Silvio Righi. Dopo le polemiche scoppiate per le migliaia di multe giunte per posta ai cittadini per la ztl istituita il 15 novembre scorso, dopo che fioccano i ricorsi e l’amministrazione ha decretato un periodo intermedio di ‘condono’ fino a marzo per residenti, motivi di lavoro e urgenze, il parroco ha comunicato sui social l’avventura infrazione.

“Fate del bene a tutti e del male a nessuno” era uno dei motti di don Bosco e quindi il santo, e per lui i suoi ministri terreni, se ne ‘prenderanno cura’ pagando la sanzione con estrema trasparenza. Quello che è giusto, è giusto: figuriamoci per una figura ultraterrena… La giustizia umana perdonerà l’infrazione? Il sindaco Alessandro Del Dotto ha subito messo le mani avanti sostenendo che la multa potrebbe essere ‘tolta’ se presa nel periodo intermedio e con le dovute motivazioni. Che qui esistono vista la sacralità della ricorrenza. Ma l’episodio resta originale, quasi un casuale ossimoro che potrebbe creare un caso in città: multata santità? Oppure santa intransigenza? E don Bosco ricorrerà al Giudice di Pace terreno? La stravagante vicenda non finisce qui.

Lettera del Rettor Maggiore in risposta alla Dichiarazione di Mattarella per la festa di Don Bosco

Si riporta, qui di seguito, la lettera del Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, X successore di don Bosco, al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in risposta alla dichiarazione rilasciata dallo stesso in occasione del 130° anniversario della morte di Giovanni Bosco:

Egregio e Illustrissimo Sig. Presidente della Repubblica,

Apprendiamo con gioia dai mezzi di informazione la Dichiarazione che Ella ha divulgato in occasione della Festa liturgica di San Giovanni Bosco, di cui questo 31 gennaio sono ricorsi i 130 anni dalla morte.

Le Sue parole hanno tratteggiato con precisione e con un diffuso affetto la figura del nostro Padre e Santo Fondatore. Il suo impegno sociale e la sua passione evangelizzatrice, rivolti primariamente ai giovani poveri e abbandonati, di cui Lei ha fatto memoria, sono vivi oggi nella nostra Congregazione e nei diversi gruppi della Famiglia Salesiana.

Nostra opera costante è quella, in comunione con le Istituzioni e con la Chiesa, di promuovere spazi e tempi di umanizzazione, di progresso e coesione sociale, di incontro con il messaggio evangelico. Don Bosco ha svolto storicamente la sua opera in quel tempo, ricco e contraddittorio insieme, che ha portato all’Unità d’Italia. Con il suo motto “buoni cristiani ed onesti cittadini” crediamo abbia contribuito a far crescere quel sentimento unico di passione sociale che unifica il popolo italiano da Lei rappresentato, concorrendo altresì a farlo conoscere nei diversi paesi dove l’opera del suo carisma è giunta.

Speriamo ardentemente e operiamo costantemente al fine di non venire meno al compito lasciatoci, fornendo il nostro aiuto a realizzare quello spirito comune, europeo e mondiale, di fratellanza, di solidarietà e di coesione, rivolto al progresso di ogni persona e conseguentemente della società intera.

Cordialmente in Don Bosco,

Don Ángel Fernández Artime

 

Dichiarazione del Presidente della Repubblica

in occasione del 130° anniversario della morte di Giovanni Bosco

In data 31 Gennaio 2018, sul sito del Quirinale è stata pubblicata la dichiarazione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella in occasione del 130° anniversario della morte di Giovanni Bosco:

«Ricorre oggi il 130° anniversario della morte di Giovanni Bosco, sacerdote fondatore dei Salesiani e delle figlie di Maria Ausiliatrice, educatore che la società italiana ha avuto modo di apprezzare per l’attenzione ai giovani, per la passione, per l’impegno nell’aiutare tante persone in condizione di avvilente povertà ed emarginazione.

Le umili origini sono state, nella vita di Don Bosco, una radice dalla quale ha tratto permanente orientamento. La sua intelligenza, le sue doti di socialità, le sue grandi capacità organizzative, ispirate alla testimonianza evangelica, sono state dirette alla realizzazione di opere che hanno raggiunto un gran numero di ragazzi, di bimbi lavoratori, di giovanissimi, offrendo loro spazi preziosi di accoglienza, istruzione, formazione, di solidarietà, di crescita individuale e comunitaria. Seppe fare propria la questione sociale e costruire crescenti spazi di cittadinanza.

In molte parti dell’Italia e del mondo l’impronta di Don Bosco, e delle congregazioni da lui promosse, è tuttora viva. Tanti italiani devono ai Salesiani un pò della loro cultura, della loro formazione di cittadini. La continuità delle opere di Don Bosco rappresenta un contributo alla coesione e al progresso sociale, valori che arricchiscono un Paese, e aiutano l’intera comunità ad affrontare le sfide dei tempi».

Roma, 31 gennaio 2018

L’antidoto ai Neet? Notizie dal 1° oratorio di Don Bosco.

Nella settimana che ha visto i festeggiamenti per Don Bosco, Stefano Di Lullo de “La Voce e Il Tempo” ha raccolto le parole del neo-direttore dell’Oratorio di Valdocco, Don Jack Jankosz.

VALDOCCO – Il «Cortile» è l’antidoto ai Neet

Nella settimana della festa di san Giovanni Bosco il viaggio negli oratori ci porta nel primo oratorio fondato da don Bosco nel 1841: il «Cortile» di Valdocco. Sul campo da calcio, in mezzo ai ragazzi che disputano una partita, incontriamo il direttore don Jacek Jankosz, polacco, già parroco di Trino (Vercelli), succeduto lo scorso settembre a don Gianni Moriondo che ha guidato l’oratorio per 32 anni di apprezzato servizio. «Ogni giorno», evidenzia don Jankosz, «portiamo avanti la missione che don Bosco ci ha affidato attraverso quattro sfide: Casa che accoglie, parrocchia che evangelizza, scuola che avvia alla vita, cortile dove incontrarsi tra amici». «La missione del cortile di Valdocco è proprio quella di accompagnare ciascun ragazzo», prosegue, «soprattutto quelli più fragili e ‘difficili’, in modo che facciano fruttare i propri carismi e prendano in
mano la propria vita. È nostro compito, della comunità, fare in modo che non esistano ‘neet’». In oratorio convivono ogni giorno ragazzi italiani stranieri, di diverse religioni e ceti sociali. «La santità», sottolinea don Jankosz, «come diceva san Francesco di Sales, è la meta che risolve tutti i problemi di convivenza. È la meta che siamo chiamati a mostrare a tutti i ragazzi. Anche nella religione islamica è ben presente il concetto di santità, di modello cui tendere. Se c’è questa prospettiva tutto viene
gestito bene».
Il cortile di Valdocco è aperto tutti i pomeriggi dalle 15.30 alle 19. Accanto a don Jacek sono presenti suor Silvia, Fi-
glia di Maria Ausiliatrice, due educatori e tre giovani del Servizio civile nazionale che garantiscono un’accoglienza curata a tutto campo. Vengono accolti anche 12 ragazzi del Centro diurno per minori gestito in sinergia con i servizi sociali comunali.

È attivo un servizio di dopo-scuola e viene portato avanti, in rete con la scuola media di Valdocco, il progetto «Provaci ancora Sam» contro la dispersione scolastica. Ci sono poi il gruppo teatrale portato avanti da uno degli educatori, la corale dell’oratorio che anima la Messa festiva delle 11. I gruppi giovani si ritrovano il giovedì sera dalle 18.30 alle 20.30 per un cammino di formazione e condivisione.
L’oratorio lavora in rete con il Centro di Formazione professionale e la scuola media di Valdocco.
C’è poi la proposta sportiva con diverse squadre di calcio, pallavolo e basket e corsi di danza. Nel cortile si ritrova un gruppo di cooperatori salesiani e il gruppo «Ex» formato da famiglie che animano momenti di festa e aggregazione.

 

25 anni di Salesiani per il Sociale – Federazione SCS/CNOS con un nuovo e-book

Ecco il comunicato stampa di Salesiani per il Sociale – Federazione SCS/CNOS, l’associazione non profit voluta e guidata da Salesiani d’Italia, che annuncia la pubblicazione di un e-book dal titolo “Cosa ti direbbe lui? 2 – 10 consigli per i giovani alla #DonBosco maniera” per celebrare il 25esimo anno di fondazione della federazione.

 

– COMUNICATO STAMPA –

10 CONSIGLI DI DON BOSCO RILETTI DA 10 EDUCATORI DI OGGI.
UN E-BOOK PER CELEBRARE 25 ANNI ACCANTO AI GIOVANI PIÙ SOLI

(Roma, 25 gennaio 2018) – Dal prossimo 26 gennaio sarà online il nuovo e-book di Salesiani per il Sociale dedicato alla figura di Don Bosco. “Cosa ti direbbe lui? 2 – 10 consigli per i giovani alla #DonBosco maniera” è una pubblicazione voluta e realizzata dall’ufficio nazionale in occasione della festa del santo dei giovani (31 gennaio) e per celebrare il 25esimo anno di fondazione della federazione. Dieci suggerimenti indirizzati a ragazzi e ragazze d’oggi, riletti in chiave moderna e corredati da canzoni e cortometraggi contemporanei.
Una seconda edizione che non si è fermata a collezionare le citazioni più celebri di San Giovanni Bosco ma è partita da queste per attualizzare dieci imperativi che oggi il santo di Torino avrebbe rivolto ad ogni giovane. La novità di quest’anno è che a scrivere i commenti alle citazioni sono stati dieci educatori di case famiglia e oratori sparsi in tutta Italia: Catania, Casale Monferrato, Cisternino, Torre Annunziata, Verona, Roma, Arese, Prato, Camporeale e Corigliano d’Otranto. «In un Paese in cui i dati sulla povertà educativa minorile sono sempre più allarmanti – si legge nella presentazione – abbiamo voluto dar voce a chi con occhio attento e professionale, vive ogni giorno con questi giovani, incrocia i loro sguardi, li ascolta, e affronta le loro difficoltà. È attraverso il loro impegno che il “sistema preventivo” di Don Bosco prende forma e sostanza, ancora oggi».
“Cosa ti direbbe lui? 2” si inserisce all’interno di due eventi importanti: il 25esimo anno di attività di Salesiani per il Sociale e il Sinodo del prossimo ottobre, indetto da Papa Francesco e con al centro proprio i giovani. Per questo motivo la prefazione è stata curata da don Michele Falabretti, responsabile dell’ufficio nazionale di pastorale giovanile della CEI. «Nessuno di noi ha avuto la fortuna di stringere la mano a San Giovanni Bosco o di vederlo all’opera nel cortile di Valdocco – afferma Falabretti – ma è come se lo avessimo fatto. Don Bosco ci ha, infatti, lasciato la sua storia e qualcosa di scritto: recuperare le sue parole, ci aiuta a tenerlo vicino e a percepire che la sua passione educativa non si è mai spenta. Chiunque viva l’esperienza dell’oratorio non ha potuto, almeno una volta nella vita, evitare di chiedersi: “se fosse qui, cosa direbbe”?».
L’ebook è stato curato da Mariana Ciavarro, pedagogista sociale e cooperatrice salesiana.
La copertina è stata, invece, realizzata dall’illustratrice d’infanzia Stefania Gagliano. L’ebook è scaricabile gratuitamente all’indirizzo www.salesianiperilsociale.it/ebook-consigli in formato epub (per lettori di libri digitali) o in pdf (per dispositivi Windows o Macintosh).