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Quattordici mestieri e 350 ragazzi nella casa di don Bosco a Valdocco – Il Sole 24 Ore

Si riporta di seguito l’articolo apparso su Il Sole 24 Ore a cura di Filomena Greco.

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Più di 350 ragazzi che imparano un mestiere in quella che è stata la “casa” di don Giovanni Bosco, nel cuore della Torino dei Santi, alla Consolata.

«Qui ci sono quegli allegri tamarri dei grafici, lì ci sono gli elettricisti, in divisa vedi i panettieri e i cuochi»

descrive sorridendo Giuseppe Puonzo che segue la comunicazione e il marketing per CNOS-FAP, l’ente per la formazione professionale dei Salesiani.

Anche lui, come molti, ha deciso di “cambiare vita” per dedicarsi ad una avventura che va al di là del lavoro.

Suona la campanella, al bar c’è la merenda preparata dai compagni nei laboratori di cucina tirati a lucido. Il cortile al centro, le aule intorno.

Per i ragazzi che si formano nella sede della Consolata il tempo scuola è un tempo lungo, grazie ai rientri e alle attività, e questo aspetto molto spesso rappresenta una chiave importante per motivarli, tenerli in un ambiente sicuro e familiare e aiutarli ad andare avanti.

«Abbiamo spesso ragazzi fragili, per questo servono regole molto chiare, ma in un clima familiare»

aggiunge Puonzo. Con un principio forte che tutti ripetono come un mantra:

«Qui non diciamo di no a nessuno».

E con un metodo di formazione che parte da una

«capacità diversa dei nostri allievi di imparare – spiega il direttore Fabrizio Berta – gli si offre una opportunità diversa perché un sistema formativo completo deve essere inclusivo e non dare a tutti la stessa cosa in ingresso, ma dare la stessa opportunità in uscita».

Si lavora dunque sui metodi di apprendimento più adatti alle diverse capacità e inclinazioni, si parte dall’esperienza per ricavare conoscenza e competenza, in base a unità didattiche di apprendimento.

Altro pilastro è l’esperienza in azienda, con percorsi di alternanza e apprendistato duale.

Infine, terzo aspetto essenziale è il lavoro sulle competenze, al di là di voti e giudizi.

«Questi sono i principi su cui si basa il lavoro degli Its e, in generale, la formazione terziaria professionalizzante»

conclude Berta. Percorsi, quelli legati alla formazione professionale, che portano all’autonomia, al lavoro, ma che spesso accendono nei ragazzi la voglia di continuare a studiare, come Pamela che è diventata parrucchiera, poi ha fatto il servizio civile, ha deciso di studiare Scienze dell’Educazione e oggi fa esperienza come educatrice.

«In un contesto di inverno demografico – aggiunge Carlo Vallero responsabile della pianificazione e dello sviluppo – davvero tutti noi siamo proiettati a non lasciare indietro nessuno. Tra l’altro le aziende chiedono 10 profili e noi possiamo offrirne due. È necessario dunque lavorare sulla dispersione scolastica e sulla fascia dei Neet, che in questa area ha numeri tremendi».

Nei corsi professionali organizzati in tutta Italia dai CNOS-FAP – 13 sedi in Piemonte, con 3.500 ragazzi, ma la presenza è diffusa in tutto il mondo con 40mila studenti – ci si forma fino ai 16 anni (età dell’obbligo scolastico), con la possibilità di un quarto anno formativo, seguendo i dettami della “Intelligenza nelle mani” tanto cara a don Bosco, con il 70% di formazione fatta in laboratorio o in stage, il resto in aula.

Quattordici i mestieri, nelle aree Food, Industria e Beauty.

«Sono 9mila le aziende presenti nel nostro database, con cui collaboriamo per le attività formative e per l’inserimento lavorativo dei ragazzi, dalle multinazionali fino ai singoli artigiani»

dice il direttore, Fabrizio Berta. Due i piani di collaborazione con le imprese, uno a livello nazionale, grazie ad accordi con aziende leader dal punto di vista tecnologico, un secondo locale, con reti miste costituite da aziende medie e piccole.

Il CNOS-FAP lavora nella formazione professionale con la Regione Piemonte dal 1978. Tra i mestieri ce n’è uno che forse più degli altri rimanda alla storia di don Bosco ed è quello di tipografo, oggi adattato grazie alle tecnologie più moderne, che si affianca al nascente Polo grafico, iniziativa che punta a diventare vera e propria impresa formativa, in collaborazione con le aziende del polo grafico di Torino.

Sui mestieri metalmeccanici, racconta Berta,

«abbiamo tenuto duro in passato, mantenendo nove corsi, e oggi davvero assistiamo ad una esplosione di richieste grazie a Industria 4.0, c’è stata una grande riscoperta».

In alcuni casi dunque serve guardare al di là della contingenza di mercato e attivarsi per rendere alcuni territori o filiere attrattive per giovani e lavoratori.

L’impresa formativa dei Salesiani, numeri alla mano, si può considerare una esperienza di successo, con un forte posizionamento sull’apprendistato duale, con oltre il 90% di successo formativo sia che si tratti di percorsi lavorativi sia che si consideri la scelta di proseguire gli studi.

E così capita che “l’ultima spiaggia” come spesso è considerata la formazione professionale diventi davvero una occasione di riscatto sociale grazie ad un mix di competenze, autostima e motivazione personale.

L’esperienza dei Salesiani nella formazione ha contribuito al successo di diversi percorsi formativi anche per target più adulti, si pensi alla formazione di oltre 500 addetti di Leonardo nella fabbrica di Cameri o all’esperienza legata all’ex Moi, con i percorsi di qualificazione professionale e di inserimento lavorativo per le persone straniere da anni residenti in quegli spazi.

L’area di azione dunque si allarga a progetti ad alto impatto sociale e formativo in capo al Centri di Formazione professionale, impegnati anche sul fronte delle Academy regionali per la qualificazione dei lavoratori adulti.

Claudio Belfiore, responsabile del personale, fa pesare la questione demografica come una variabile pesante per la formazione.

«Ci sono i fondi e le progettualità ma spesso mancano gli utenti»

aggiunge. Da qui una rinnovata attenzione verso i lavoratori matura che ad esempio hanno bisogno di reskilling e riqualificazione.

La chiave per la formazione professionale, nell’ottica di una esperienza molto radicata in Piemonte, è quella di essere un servizio territoriale, spiega Berta,

«che agisce in ottica di sussidiarietà, grazie a una forte collaborazione con enti locali e Regione e richiede una struttura solida e affidabile».

A Valdocco studiano anche i formatori:

«Più della metà degli spazi sono dedicati ad attività destinate agli educatori– spiegano – con un piano di riorganizzazione per rendere le persone capaci di diventare punto di riferimento per gli studenti e di attrarre i ragazzi che sono rimasti indietro».

E con gli Sportelli Lavoro, aggiungono i responsabili del CNOS-FAP,

«stiamo raccogliendo valanghe di richieste di aziende e persone che vogliono rimettersi in pista».

IUSTO nella classifica “Leader della crescita 2020” – Il Sole 24 Ore

Il rapporto “Leader della crescita 2020” de Il Sole 24 Ore, pubblicato il 26 novembre 2019, vede IUSTO (Istituto Universitario Salesiano di Torino) all’interno della classifica delle 400 aziende italiane autocandidatesi che hanno ottenuto la maggiore crescita di fatturato tra il 2015 e 2018. Un buon risultato per l’Istituto, dato anche dal fatto che, nel settore Istruzione e Formazione, sono presenti in classifica solo 5 realtà di tale tipologia.

Si riporta di seguito l’articolo dedicato con il rimando alla classifica.

Leader della crescita 2020: la classifica delle aziende italiane cresciute di più

Leader della crescita 2020 è la lista delle 400 aziende italiane autocandidatesi che hanno ottenuto la maggiore crescita di fatturato tra il 2015 e 2018 , realizzata da Sole 24 Ore e Statista. Per essere idonee all’autocandidatura le aziende dovevano rispettare diversi criteri (vai alla metodologia).

Nella classifica – che è al suo secondo anno (ecco quella del 2019) non troviamo grosse star, ma aziende piccole capaci di competere a livello europeo. Prima della fase di registrazione Statista, ricercando attraverso database, liste e registri di imprese pubblici, ha creato una lista di circa 7000 aziende potenzialmente rilevanti e ha invitato migliaia di aziende in Italia a partecipare al concorso tramite posta e email. I dati sono stati certificati da un membro del comitato esecutivo dell’azienda e controllati da Statista.

La classifica, basata sul tasso di crescita media annuale nel triennio (Cagr), è stata discussa e vagliata da Statista e dal Sole-24 Ore.

Qual’è la situazione sugli investimenti nella formazione?

Si segnala un approfondimento a cura della redazione de “Il Sole 24 ore” nella sezione di “Scuola 24: Il quotidiano della Formazione, dell’Università e della Ricerca“:

I governatori scommettono sugli ITS, lo Stato meno

Se sulle politiche attive si viaggia “a ruota libera” da Regione a Regione, sugli investimenti in formazione la situazione nei territori appare un po’ più polarizzata. Con l’80% degli oltre 830 milioni investiti, tramite avvisi nel 2017, indirizzati, quasi ovunque, alla prima formazione, vale a dire quella per l’acquisizione di un titolo. Con una peculiarità. Riguarda gli Its, gli Istituti tecnici superiori, a oggi l’unico canale di istruzione terziaria specialistica non accademico, che appaiono nei piani di ben 12 Regioni, per un importo complessivo di circa 52 milioni di euro (ben quattro volte in più rispetto ai 13 milioni ordinari messi ogni anno a livello statale dal Miur – rifinanziati con 65 milioni nel triennio, con la precedente legge di Bilancio, su input del Mise per spingere industria 4.0).

Il restante 20% dei fondi indicati negli avvisi regionali 2017 è andato invece alla formazione “non ordinamentale”, soprattutto quella permanente e continua. Anche qui, c’è una curiosità. Il Piemonte, che, lo scorso anno, ha investito 42 milioni di euro per aggiornare le competenze dei lavoratori.

Nel rapporto su formazione professionale e lavoro curato da Cnos-Fap e Noviter, emerge, anche, come, all’interno del capitolo «Iefp» (Istruzione e formazione professionale) ampio spazio sia stato dato, dagli avvisi regionali, all’implementazione del modello duale, rivisitato appena tre anni fa con la riforma del mercato del lavoro. E che ha portato a una discreta crescita dei contratti di apprendistato di primo livello, che hanno avuto, in tutt’Italia, un’impennata: il 32% in più. Entro i due anni il 79% dei contratti è diventato poi a tempo indeterminato. Un risultato significativo, che si somma alle performance occupazionali, da anni positive, dell’intera filiera «Iefp»: più del 50% dei ragazzi che hanno concluso il ciclo di studi triennale ha trovato un impiego nell’arco dei tre anni.

Residuale, poi, è risultato il finanziamento regionale alle attività di formazione continua, oggi, in realtà, in larga parte appannaggio dei fondi interprofessionali e della bilateralità. Scarsi anche i fondi per i brevi corsi di specializzazione (per esempio, gli Oss, gli Operatori socio sanitari). Per tutti gli anni ’90 hanno rappresentato una linea di intervento significativa. Oggi, invece, è quasi scomparsa.

Disponibile un altro approfondimento a cura della redazione de “SIR” pubblicato in data 2 ottobre 2018 dal titolo: “Formazione e lavoro: Peretti (Cnos-Fap), “andare verso un sistema che offra soluzioni e prospettive più omogenee in tutto il territorio“.

Il Rapporto 2018 “Politiche della formazione professionale e del lavoro – Analisi ragionata degli interventi regionali” di Cnos-Fap e Noviter aiuta a “capire i criteri di scelta e ragionare sugli effetti degli investimenti nelle Regioni” e “consente di valutare quali margini di interazione abbiamo con il territorio nella pratica, ma anche stimolare il dibattito sulle competenze Stato-Regione per andare verso un sistema che offra soluzioni e prospettive più omogenee in tutto il territorio”. Lo afferma Enrico Peretti, direttore generale di Cnos-Fap, in occasione della presentazione dello studio tenutasi questa mattina nella Biblioteca del Senato, a Roma.

Eugenio Gotti, Ceo di Noviter che ha diretto la ricerca, sottolinea che nel 2017 “le Regioni hanno investito nelle politiche attive del lavoro, più che nella formazione, a conferma di un crescente bisogno dei cittadini di poter avvalersi di servizi di supporto all’inserimento o reinserimento lavorativo”. Dallo studio emerge un insieme delle azioni estremante frammentario: “Talvolta – spiega Gotti – il bando è talmente specifico sui singoli bisogni, con valore economico irrisorio, spot nell’arco temporale; siamo ancora distanti da un sistema universale a domanda individuale simile a quello sanitario, nonostante i servizi al lavoro siano riconosciuti quali diritti esigibili da parte dei cittadini. Ma dal rapporto emergono alcune linee evolutive in tal senso”. Il riferimento è al fatto che la modalità “a servizio” per erogare la prestazione si stia diffondendo anche per quanto riguarda le politiche attive del lavoro e rappresenti il 37% del valore di tutti gli avvisi regionali.