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Cibo e farmaci per i poveri da tre chiese del quartiere Cristo ad Alessandria – La Stampa

Si riporta di seguito l’articolo apparso su La Stampa.

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È una carità, quella del quartiere Cristo di Alessandria, che non fa rumore, ma c’è e fa grandi numeri. Qui le tre parrocchie San Giovanni EvangelistaSan Baudolino e San Giuseppe Artigiano continuano a raccogliere beni di prima necessitàcibo e vestiti per chi ha più bisogno. Lo fanno insieme alla Caritas diocesana, la Bottega della solidarietà, l’associazione San Vincenzo De Paolo e Sie (Solidarietà internazionale ed emergenze).

Solo per dare qualche numero: fino a oggi sono stati raccolti 500 litri di olio e 30mila uova, oltre a decine di chili di scatolamezucchero e prodotti a lunga conservazione. Ma anche medicine e vestiti oltre a buoni pastosostegni per gli affiti e offerte di lavoro regolari.

Ci siamo messi a disposizione delle associazioni che quotidianamente sono impegnate per aiutare il prossimo“, racconta don Giuseppe Bodrati, parroco della parrochia di San Giovanni. Che spiega anche come l’iniziativa di oggi non è altro che l’eredità del suo predecessore, don Claudio Moschini.

“Prima del Covid -dice- era stato attivato il servizio della prima colazione per gli indigenti. Di quel progetto è senz’altro rimasta l’idea di continuare a impegnarsi in nome della solidarietà”.

Il materiale che viene raccolto è poi smistato nei vari punti di contatto della Caritas e delle altre associazioni che si trovano in città e che poi si occuperanno di distribuirli. In questa catena della solidarietà un importante contributo arriva anche dall’associazione dei commercianti.

“Li ringraziamo -rimarca don Giuseppe- soprattutto per l’opera di sensibilizzazione nel donare”.

Chi vuole contribuire alla raccolta dei beni può andare in una delle tre parrocchie oppure nel negozio La Castellana di Simona Battisti, in corso Acqui.

“Siamo in un quartiere multietnico -aggiunge-. È giusto avere una possibilità per chi non frequenta la chiesa, ma vuole dare il suo contributo”.

Ciò che si sta muovendo nel quartiere non riguarda solo i beni materiali ma anche quella che don Giuseppe definisce “carità intellettuale” con incontri in cui si leggono passi della Bibbia per contrastare la solitudine.

Enzo D’Alò: la nuova opera del regista in tre sale parrocchiali del Torinese – La Stampa

Si riporta di seguito l’articolo apparso su La Stampa a cura di Fabrizio Accatino.

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Enzo D’Alò: “Per realizzare il mio film ho lavorato con Roddy Doyle”

Doyle è venuto sul set a Dublino dove ho fatto il film, gli ho proposto un cameo e ha subito accettato

“È vero, viviamo in un mondo reale piuttosto cupo. Ma forse questo ci permette di sognare meglio, di staccarci di più dalla realtà, di viaggiare nei nostri mondi. Se vivessimo in un contesto ideale di certo avremmo molto meno da raccontare».

Abituato a guardare il lato solare della vita, Enzo D’Alò ha imparato a non perdersi d’animo. L’ultima sua fatica, “Mary e lo spirito di mezzanotte”, è stato selezionato a Berlino e candidato come miglior titolo d’animazione agli European Film Awards, eppure da noi quasi non è uscito.

Lui non si è perso d’animo e ha stipulato un accordo con più di una quarantina di sale del circuito Acec, che il 27 aprile alle 15.30 lo hanno recuperato tutte insieme, in una proiezione che ha il sapore dell’anteprima.

Tra gli altri, aderiscono l’Agnelli di Torino, il Jolly di Villastellone, l’Auditorium di Vinovo.

«La considero una bellissima operazione, oggi in Italia le sale cattoliche sono tra le più all’avanguardia»

sorride il bambino di 70 anni compiuti.

«Stiamo riscontrando un grande entusiasmo anche per il successivo workshop, in diretta alle 17, in cui darò ai bambini in sala qualche rudimento sulle tecniche d’animazione».

Il film è rivolto a loro?

«È rivolto a tutti. È la storia di una ragazzina irlandese che insegue il sogno di diventare chef, e di sua nonna, che della sua pianta giovane rappresenta le radici. Per uno scherzo della vita, la voce della bambina è di Charlotte, figlia della grande doppiatrice Domitilla D’Amico, la Fortunata di “La gabbianella e il gatto”. E le canzoni sono cantate da Matilda De Angelis».

Mary” è tratto dal romanzo di Roddy Doyle “La gita di mezzanotte”. Com’è stato lavorare con l’autore irlandese?

«Con lui è successo come con Sepúlveda in “La gabbianella e il gatto”. Si è interessato, è venuto sul set nei mesi di lavoro a Dublino, mostrando grande intelligenza e arguzia, gli ho proposto un cameo e ha subito accettato. Il risultato finale gli è piaciuto molto. Come Sepúlveda, che disse che se mai avesse riscritto il libro, l’avrebbe fatto seguendo il film».

In “La freccia azzurra” le musiche erano di Paolo Conte, le voci di Dario Fo e Lella Costa. È stato difficile per un esordiente gestire quel concentrato di talenti?

«Per nulla. Ricordo che per una scena chiesi a Conte pochi secondi di musica, lui ne compose un minuto e mezzo, talmente splendido che sarebbe stato un peccato sprecarlo. Ci costruimmo su una delle sequenze più belle, quella del sogno di Francesco, che in sceneggiatura non c’era. In quanto a Fo, era un anarchico molto rispettoso. Talmente affezionato che si presentò alla conferenza stampa del Nobel indossando la maglietta del film. Un regalo inaspettato».

Quanti anni aveva quando lasciò Napoli per Torino?

«Tre. Seguii mio padre chimico Montedison e mia madre insegnante di scuola media. Abitavamo a Settimo Torinese. Sono rimasto in città fino alla fine degli anni Novanta, poi me ne sono andato».

Com’è nata la sua passione per l’animazione?

«A otto anni, quando a Settimo vidi “Biancaneve e i sette nani”. Era un cinema parrocchiale. Come vede il cerchio si chiude».

Poi cosa successe?

«Che mi dedicai alle note, prima in un gruppo rock, poi nel Collettivo di Musica Popolare. Facevamo base a Torino, ma ci esibivamo in giro per l’Italia. Quindi venne il jazz, con un quartetto di cui ero flauto e sax. E i concerti con la big band degli allievi di Giorgio Gaslini. Quando infine arrivò la bellissima esperienza dei laboratori d’animazione per i bambini, ebbi la conferma che quello volevo fare da grande».

Perché il prossimo film non torna a girarlo a Torino?

«Ci stiamo ragionando concretamente. Da tempo Torino è un ottimo posto per fare cinema, la Regione sostiene i film, c’è una Film Commission molto forte. Vediamo se ce la facciamo, mi piacerebbe molto».

 

“Non confondiamo i giovani con l’azione delle baby gang” – La Stampa

Si riporta di seguito l’articolo apparso su la Stampa.

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L’invito della comunità salesiana di Fossano dopo recenti fatti di cronaca

Alcuni recenti fatti di cronaca hanno fatto parlare a Fossano della possibile esistenza di baby gang, gruppi di giovani che commettono atti vandalici oppure, come è successo nei pressi della Stazione, aggrediscono un passante.

L’accaduto ha prodotto una riflessione nella comunità salesiana che da decenni si dedica, con il Centro Professionale, i Gruppi e l’Estate Ragazzi, alla formazione dei giovani.

La nota «aperta» ai giornali è nata per la ricorrenza di San Giovanni Bosco.

«È semplicistico e forse anche riduzionistico etichettare questi gruppi – si legge nell’intervento – una cosiddetta baby gang è un gruppo minaccioso, ma all’interno di questo gruppo ci sono singoli giovani molto differenti tra loro e portatori ognuno di un proprio vissuto. Con questo non vogliamo minimamente giustificare questi singoli atti, che consideriamo deplorevoli. Ma davvero questi atti risultano l’unica istantanea possibile dei giovani di oggi?».

I salesiani non ci stanno ad usare come unico filtro della realtà gli episodi di cronaca.

«A fronte dell’illegalità giovanile – continua la nota della comunità guidata dal rettore maggiore don Ángel Fernández Artime –, crediamo che dovremmo diffondere e sostenere l’impegnativa eredità di don Bosco non facendo mancare in una relazione educativa i tre pilastri costituiti da ragione, religione e amorevolezza».

Attualmente frequentano il CNOS-FAP di Fossano più di 500 allievi che, dopo un ciclo triennale, conseguiranno una qualifica professionale che permette sia di inserirsi nel mondo del lavoro sia di proseguire gli studi.

I giovani della formazione professionale fanno volontariato in città.

«Alcune allieve del settore benessere, il corso di estetica, vanno periodicamente alla casa per anziani Monsignor Craveri – proseguono i responsabili – per prendersi cura degli ospiti della struttura. C’è poi la collaborazione tra alcune classi del settore benessere-acconciatura e la coop il Ramo. In un paio di occasioni all’anno, alcuni nostri allievi, accompagnati dai formatori, si impegnano nella pulizia delle strade. Di questi, alcuni costituiscono il gruppo dei volontari nella gestione dell’attività del doposcuola».

«Il panorama giovanile – conclude la nota – non può essere limitato a un unico fermo immagine, ma può e deve essere compreso anche dal punto di vista dello spendere tempo assieme: questa è un’altra faccia dei giovani che merita di essere conosciuta».

Don Jimmy: “Troppa povertà in Aurora, non lasciateci soli. Porto al mare chi a 17 anni non l’ha mai visto” – La Stampa

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Il parroco dell’oratorio Valdocco alla festa per San Giovanni Bosco: “Sosteniamo le famiglie, ma serve di più”.

“Ti racconto una storia, ma non citare il nome del ragazzo: mi ha chiesto di non dirlo”.

È quella di un 17enne che, dopo anni di vita in oratorio, ha l’occasione di partire con i suoi amici per una gita comunitaria a Napoli:

“È uno dei nostri animatori. Il giorno della partenza si avvicina a me con le lacrime agli occhi e mi confessa: grazie, io non ho mai visto il mare”.

La storia è simile a quella di tanti ragazzi del quartiere Aurora che frequentano l’oratorio Valdocco, “la casa di Don Bosco”, che

“Non hanno mai messo piede fuori da Torino”.

Jimmy Muhaturukundo, parroco di 37 anni, “Don Jimmy” per tutti quelli che lo salutano – e non ce n’è uno, su quaranta bambini che lo hanno fermato durante la passeggiata, di cui non sappia il nome, la storia, i volti dei genitori – ha scelto di dedicare la sua vita ai giovani del quartiere.

Lo fa come responsabile dell’oratorio che ogni giorno si apre alle famiglie della zona, offrendo servizi che mancano o che nessuno avrebbe i soldi per ottenere: doposcuola, lezioni di italiano, corsi di basket, anche una semplice cena.

“Vuoi fare un favore all’umanità? Educa. Lo predicava anche Don Bosco”

racconta, concedendosi l’unico riferimento strettamente ecclesiastico della passeggiata. È sul Santo che ieri ha attirato oltre seicento giovani da tutto il Nord Ovest nella chiesa Maria Ausiliatrice per la messa in occasione della festa a lui dedicata.

Il resto delle due ore passate insieme, invece, è una lezione di “misericordia, solidarietà“. La Chiesa è “solo” lo strumento: uno degli unici presenti nel quartiere.

Parroco, l’oratorio è sempre così pieno di bambini?

“Oggi c’è la festa di Don Bosco, ma ogni pomeriggio qui è così. Le famiglie del quartiere si affidano a noi, non sapendo dove altro andare, per accudire i propri figli”.

Troppa povertà?

Sì, anche educativa. Noi la sfidiamo con due scuole, la Media e il Centro di Formazione Professionale, oltre ai tanti corsi qui in oratorio: dal basket ai rudimenti di italiano, cerchiamo di aiutare. Ma non basta”.

Siete soli? Le istituzioni non aiutano?

“Col Comune abbiamo avviato il progettoCam”: i centri sociali ci affidano nuclei familiari in forte difficoltà e noi portiamo i loro giovani in un contesto dove possano interagire, insegnando loro qualcosa. Grazie alla nostra rete di donatori, poi, portiamo i ragazzi fuori Torino, dalla gita all’acquario di Genova alle settimane comunitarie. Da poco, poi, abbiamo avviato il progetto Spera, ispirati sempre da uno dei nostri giovani che ci ha chiesto aiuto per il suo percorso di studi. Paghiamo l’Università a chi sogna un futuro diverso ma non se lo può permettere. Ma ripeto: non basta”.

Cosa serve?

Fare rete, anche con la politica, certo. Ma in generale, con la città. Noi cerchiamo di essere una risorsa e un’ispirazione. Poi certo, servono anche più volontari“.

Sembra avere un bel gruppo di giovani che la aiutano.

“Ce ne sono quaranta, ma sa a quanti bambini offriamo il servizio di doposcuola? Centoventi, e altri 40 sono in lista di attesa. Perché i volontari gestiscono anche i corsi di basket, pallavolo, le lezioni di italiano, le attività ludiche in oratorio. Centinaia di bambini ogni giorno. Ci sono famiglie che non riuscirebbero a pagare neanche 50 euro all’anno per servizi che, fuori da qui, costerebbero 50 euro al giorno”.

Va anche a casa loro?

“È capitato. E ci sono famiglie di ogni tipo: c’è chi ha perso il posto e chi lavora ma è soffocato dalle spese. C’è chi è appena arrivato da Paesi lontani, come me che nel 1994 sono scappato insieme a don Giuseppe Minghetti, scomparso due anni fa, dal genocidio in Ruanda. Ma sono tante anche le famiglie italiane. In questo quartiere multietnico la povertà ha investito sempre più persone, nel corso degli anni”.

Dove porta i ragazzi, alla prossima gita?

“Ora a messa (sorride, ndr). Ma presto faremo un pomeriggio al cinema: in tanti non sono mai stati neanche lì…”

La Stampa, intervista al Papa: “Don Bosco ha cambiato un po’ la storia. Anche con riflessioni culturali. E pure attraverso conversazioni con chi lo contrastava”

In una intervista rilasciata a Domenico Agasso de La Stampa, il Papa ha parlato anche di Don Bosco.

Il 31 gennaio è la festa di don Giovanni Bosco, «il Santo dei giovani»: che cosa insegna ancora oggi?

«Pare che una volta don Bosco abbia detto: “Se volete avere e aiutare dei giovani buttate un pallone sulla strada”. Il fondatore dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice è stato capace di chiamare, coinvolgere ed entusiasmare i ragazzini senza futuro, e dare loro un futuro. Come? Con gli oratori. Lì i giovani giocavano, pregavano e imparavano. Per migliaia di piccoli abbandonati, disperati, destinati a un’esistenza di stenti e di esclusione, don Bosco ha tracciato la via di un avvenire di dignità e speranza. Ha fornito loro gli strumenti intellettuali e spirituali per superare gli ostacoli e valorizzare la propria vita. E ci è riuscito nonostante attacchi feroci: non dimentichiamoci che il Santo di Valdocco ha vissuto nell’epoca del Piemonte massonico e mangiapreti, e in quell’ambiente ostile è stato capace di trasformare in meglio l’atteggiamento sociale del territorio nei confronti dei giovani. Don Bosco ha cambiato un po’ la storia. Anche con riflessioni culturali. E pure attraverso conversazioni con chi lo contrastava».

L’intervista poi ha trattato i temi di attualità, la guerra, la pace e i giovani:

Santità, il mondo è nel pieno della «guerra mondiale a pezzi» da cui Lei aveva messo in guardia anni fa…
«Mai mi stancherò di ribadire il mio appello, rivolto in particolare a chi ha responsabilità politiche: fermare subito le bombe e i missili, mettere fine agli atteggiamenti ostili. In ogni luogo. La guerra è sempre e solo una sconfitta. Per tutti. Gli unici che guadagnano sono i fabbricanti e i trafficanti di armi. È urgente un cessate il fuoco globale: non ci stiamo accorgendo, o facciamo finta di non vedere, che siamo sull’orlo dell’abisso». Esiste una «guerra giusta»? «Bisogna distinguere e stare molto attenti ai termini. Se ti entrano in casa dei ladri per derubarti e ti aggrediscono, tu ti difendi. Ma non mi piace chiamare “guerra giusta” questa reazione, perché è una definizione che può essere strumentalizzata. È giusto e legittimo difendersi, questo sì. Ma per favore parliamo di legittima difesa, in modo da evitare di giustificare le guerre, che sono sempre sbagliate».

Come descrive la situazione in Israele e Palestina?

«Adesso il conflitto si sta drammaticamente allargando. C’era l’accordo di Oslo, tanto chiaro, con la soluzione dei due Stati. Finché non si applica quell’intesa, la pace vera resta lontana». Che cosa teme più di tutto? «L’escalation militare. Il conflitto può peggiorare ulteriormente le tensioni e le violenze che già segnano il pianeta. Però allo stesso tempo in questo momento coltivo un po’ di
speranza, perché si stanno svolgendo riunioni riservate per tentare di arrivare a un accordo. Una tregua sarebbe già un buon risultato». Come sta agendo la Santa Sede in questa fase degli scontri in Medio Oriente? «Una figura cruciale è il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini. È un grande. Si muove bene. Sta provando con determinazione a mediare. I cristiani e la gente di Gaza – non intendo Hamas – hanno diritto alla pace. Io tutti i giorni videochiamo la parrocchia di Gaza. Ci vediamo nello schermo di Zoom, parlo alla gente. Lì in parrocchia sono 600 persone. Stanno continuando la loro vita guardando ogni giorno la morte in faccia. E poi, l’altra priorità è sempre la liberazione degli ostaggi israeliani».

E come procede la diplomazia vaticana sul fronte del conflitto in Ucraina?

«Ho dato l’incarico di questa missione complicata e delicata al cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana: è bravo ed esperto, sta attuando una costante e paziente opera diplomatica per mettere da parte le conflittualità e costruire un’atmosfera di riconciliazione. È andato a Kiev e a Mosca, e poi a Washington e a Pechino. La Santa Sede sta cercando di mediare per lo scambio di prigionieri e il rientro di civili ucraini. In particolare stiamo lavorando con la signora Maria Llova-Belova, la commissaria russa ai diritti dell’infanzia, per il rimpatrio dei bambini ucraini portati con la forza in Russia. Qualcuno è già tornato nella sua famiglia».

Quali sono i pilastri su cui costruire la pace nel mondo?

«Dialogo. Dialogo. Dialogo. E poi, la ricerca dello spirito di solidarietà e fraternità umana. Non possiamo più ucciderci tra fratelli e sorelle! Non ha senso!».

Lei invita sempre alla preghiera: quanto conta e può incidere mentre il mondo brucia?

«La preghiera non è astratta! È una lotta con il Signore affinché ci dia qualcosa. La preghiera è concreta. E forte, e incisiva. La preghiera conta! Perché prepara il cammino verso una pacificazione, bussa alla porta del cuore di Dio affinché illumini e conduca gli esseri umani verso la pace. La pace è un dono che Dio può darci anche quando sembra che la guerra stia prevalendo  inesorabilmente. Per questo insisto in ogni occasione: bisogna pregare per la pace».

Lei a Lisbona, la scorsa estate, di fronte a milioni di giovani ha gridato con forza che la Chiesa è per «todos, todos todos»: rendere la Chiesa aperta a tutti è la grande sfida del suo pontificato?

«È la chiave di lettura di Gesù. Cristo chiama tutti dentro. Tutti. C’è proprio una parabola: quella del banchetto nuziale al quale nessuno si presenta, e allora il re manda i servi “ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Il Figlio di Dio vuole far capire che non desidera un gruppo selezionato, un’élite. Poi qualcuno magari entra “di contrabbando”, ma a quel punto è Dio a occuparsene, a indicare il percorso. Quando mi interrogano: “Ma possono entrare pure queste persone che sono in tale inopportuna situazione morale?”, io assicuro: “Tutti, l’ha detto il Signore”. Domande come questa mi arrivano soprattutto negli ultimi tempi, dopo alcune mie decisioni…».

In particolare la benedizione delle «coppie irregolari e dello stesso sesso»…

«Mi chiedono come mai. Io rispondo: il Vangelo è per santificare tutti. Certo, a patto che ci sia la buona volontà. E occorre dare istruzioni precise sulla vita cristiana (sottolineo che non si benedice  l’unione, ma le persone). Ma peccatori siamo tutti: perché dunque stilare una lista di peccatori che possono entrare nella Chiesa e una lista di peccatori che non possono stare nella Chiesa? Questo non è Vangelo».

Durante la seguitissima intervista televisiva a Fabio Fazio nella trasmissione Che Tempo Che Fa ha parlato del prezzo della solitudine che deve pagare dopo un passo come questo: come sta vivendo la levata di scudi di chi insorge?

«Chi protesta con veemenza appartiene a piccoli gruppi ideologici. Un caso a parte sono gli africani: per loro l’omosessualità è qualcosa di “brutto” dal punto di vista culturale, non la tollerano. Ma in generale, confido che gradualmente tutti si rasserenino sullo spirito della dichiarazione “Fiducia supplicans” del Dicastero per la Dottrina della Fede: vuole includere, non dividere. Invita ad accogliere e poi affidare le persone, e affidarsi, a Dio».

Soffre per la solitudine?

«La solitudine è variabile come la primavera: in quella stagione puoi trascorrere una giornata bellissima, con il sole, il cielo azzurro e una brezza piacevole; 24 ore dopo magari il clima ti incupisce. Tutti viviamo solitudini. Chi dice “io non so che cos’è la solitudine” è una persona acui manca qualcosa. Quando mi sento solo innanzitutto prego. E quando percepisco tensioni attorno a me, provo con calma a instaurare dialoghi e confronti. Ma vado comunque sempre avanti, giorno dopo giorno».

Teme uno scisma?

«No. Sempre nella Chiesa ci sono stati gruppetti che manifestavano riflessioni di colore scismatico… bisogna lasciarli fare e passare… e guardare avanti».

Siamo all’alba di una nuova era segnata dall’Intelligenza artificiale: quali sono le sue speranze e le sue preoccupazioni?

«Qualsiasi novità scientifica e tecnologica deve avere carattere umano, e permettere agli esseri umani di rimanere pienamente umani. Se si perde il carattere umano si perde l’umanità. Nel Messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali ho scritto: “In quest’epoca che rischia di essere ricca di tecnica e povera di umanità, la nostra riflessione non può che partire dal cuore umano”. L’Intelligenza artificiale è un bel passo in avanti che potrà risolvere molti problemi, ma potenzialmente, se gestita senza etica, potrà anche provocare tanto male all’uomo. L’obiettivo da porsi è che l’Intelligenza artificiale sia sempre in armonia con la dignità della persona. Se non ci sarà quest’armonia, sarà un suicidio».

Dio troverà ancora posto in mezzo ai robot?

«Dio c’è sempre. Lui si arrangia. È sempre vicino a noi, pronto ad aiutarci, anche quando non ce ne accorgiamo. Anche quando non lo cerchiamo. Anche quando non lo vogliamo. E se vede che le
derive sono sfrenate, si fa sentire. Nei suoi modi, che superano tutto e tutti».

Come va la sua salute?

«Qualche acciacco c’è, ma adesso va meglio, sto bene».

Le dà fastidio sentire parlare delle sue possibili dimissioni a ogni colpo di tosse?

«No, perché la rinuncia è una possibilità per ogni pontefice. Ma adesso non ci penso. Non mi inquieta. Se e quando non ce la farò più, inizierò eventualmente a ragionarci. E a pregarci su».

Quali potrebbero essere i suoi viaggi del 2024?

«Uno in Belgio. Un altro a Timor Est, Papua Nuova Guinea e Indonesia, ad agosto. Poi c’è l’ipotesi Argentina, che però tengo per adesso “tra parentesi”: l’organizzazione della visita non è ancora cominciata. Per quanto riguarda l’Italia, andrò a Verona a maggio, e a Trieste a luglio».

Il neo presidente argentino Javier Milei l’ha attaccata più volte e con irruenza in questi mesi: si è sentito offeso?

«No. Le parole in campagna elettorale vanno e vengono».

Lo incontrerà?

«Sì. L’11 febbraio verrà alla canonizzazione di “Mama Antula”, fondatrice della Casa per Esercizi spirituali di Buenos Aires. Prima delle canonizzazioni è consuetudine il saluto con le autorità in sacrestia. E poi so che ha chiesto appuntamento per un colloquio con me: ho accettato, e dunque ci vedremo. E sono pronto a iniziare un dialogo – parola e ascolto – con lui. Come con tutti».

Perché ha istituito la Giornata mondiale dei Bambini?

«Perché mancava. Ne percepivo il bisogno. A novembre abbiamo realizzato quell’incontro con migliaia di bimbi e ragazzini giunti da tutto il pianeta nell'”Aula Paolo VI”: è andato molto bene. Il 25 e 26 maggio a Roma ci sarà la prima Giornata ufficiale. Lo scopo è suscitare meditazioni e azioni per rispondere ai quesiti: “Che tipo di mondo desideriamo lasciare ai bambini che stanno crescendo? Con quali prospettive?”. Se li ascoltiamo e li osserviamo, i bambini sono maestri di vita per noi adulti e anziani, perché sono puri, genuini e spontanei. Ogni loro comportamento, anche quello più complicato e apparentemente indecifrabile, è una lezione. Se ci impegniamo per il loro bene, faremo del bene a noi stessi. E all’umanità intera».

Qual è il suo sogno per la Chiesa che verrà?

«Seguire la bella definizione della “Dei Verbum”, la costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II: “Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans”, ascoltare religiosamente la Parola di Dio e proclamarla con ferma fiducia, e con forza. Sogno una Chiesa che sappia essere vicina alla gente nella concretezza e nelle sfumature e nelle asperità della vita quotidiana. Io continuo a pensare ciò che ho detto nelle Congregazioni generali, le riunioni dei cardinali che precedono il Conclave: “La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e a dirigersi verso le periferie, non solo quelle geografiche ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria”».

Che cosa ricorda delle giornate storiche del marzo di undici anni fa?

«Dopo il mio intervento è scattato un applauso, inedito in tale contesto. Ma io assolutamente non avevo intuito ciò che molti mi avrebbero poi rivelato: quel discorso è stata la mia “condanna” (sorride, nda). Quando stavo uscendo dall'”Aula del Sinodo” c’era un cardinale di lingua inglese che mi ha visto e ha esclamato: “Bello quello che hai detto! Bello. Bello. Ci vuole un Papa come te!”. Ma io non mi ero accorto della campagna che stava nascendo per eleggermi. Fino al pranzo del 13 marzo, qui a Casa Santa Marta, alcune ore prima della votazione decisiva. Mentre stavamo mangiando, mi hanno posto due o tre interrogativi “sospetti”… Allora nella mia testa cominciavo a dirmi: “Qui sta accadendo qualcosa di strano…”. Ma sono comunque riuscito a fare una siesta. E quando mi hanno eletto ho avuto una sorprendente sensazione di pace dentro di me». E oggi come si sente? «Mi sento un parroco. Di una parrocchia molto grande, planetaria, certo, ma mi piace mantenere lo spirito da parroco. E stare in mezzo alla gente. Dove trovo sempre Dio».

“Il nostro punto di forza è rispondere ai bisogni di territorio e famiglie” – La Stampa

Si riporta di seguito la notizia apparsa su La Stampa.

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IL CNOS-FAP nella Granda ha quattro sedi

“Il nostro punto di forza è rispondere ai bisogni
di territorio e famiglie”

Nei prossimi giorni gli ultimi “open day” per conoscere da vicino l’offerta formativa

 

Creare un ambiente formativo per offrire un’educazione globale, in particolare agli adolescenti e ai giovani, considerati nella loro unicità e nella loro qualità di persone, di cittadini e di lavoratori: è questo l’obiettivo dei corsi del CNOS-FAP.

Tutto iniziò intorno alla metà del 1800 a Torino grazie a un sacerdote attento ai giovani, alle loro problematiche, alle loro vite, ai loro diritti, ai loro desideri: San Giovanni Bosco.

Don Bosco volle contenere i danni dello sfruttamento minorile e lo fece attraverso nuovi contratti di apprendistato che tutelavano i giovani lavoratori e attraverso l’apertura di centri di formazione professionale.

Il CNOS-FAP di oggi, erede di quella avventura pionieristica, è presente in tutta Italia con 58 sedi, di cui 13 in Piemonte.

Nelle quattro sedi della provincia di CuneoBra, Fossano, Saluzzo e Savigliano – vengono attivate decine di corsi gratuiti che forniscono agli allievi le conoscenze tecnico- relazionali necessarie per intraprendere il viaggio nel mondo del lavoro.

I corsi spaziano tra diversi settori, dall’automotive alla panificazione, dalla meccanica industriale all’acconciatura.

«Il nostro punto di forza – dice Gianluca Dho, direttore della sede di Savigliano – è quello di rispondere ai bisogni del territorio sia per quel che riguarda le famiglie e gli studenti, sia per la richiesta formativa delle aziende e del tessuto economico provinciale. La nostra è una formazione completa, sotto il profilo professionale e della crescita personale».

Scegliere CNOS-FAP non significa precludersi l’opportunità di optare in seguito per un percorso di studi più ampio: la maggior parte dei corsi triennali può essere completata con l’offerta formativa del quarto e anche del quinto anno, per aggiungere alla qualifica professionale il diploma professionale o la maturità.

Nei prossimi giorni sono in programma gli ultimi «Open Day» che permetteranno agli studenti della scuola secondaria di primo grado e alle loro famiglie di conoscere da vicino l’offerta formativa del CNOS-FAP.

Sabato 13 gennaio la sede fossanese di via Verdi 22 dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.00 presenterà i corsi di operatore in area meccanica, termoidraulica, automotive, meccanizzazione agricola, elettrica, servizi alla persona e operatori del benessere in acconciatura ed estetica.

Sempre sabato 13 a Savigliano porte aperte dalle 14.00 alle 18.00 nella sede di vicolo Orfane 6, teatro dei corsi di formazione professionale di trasformazione agroalimentare, panetteria, pasticceria, sala bar e ristorazione.

Giovedì 18 gennaio, infine, nella sede di Saluzzo, al civico 8 di via Griselda, dalle 14.00 alle 17.00 sarà possibile avere una panoramica sui corsi di formazione professionale di acconciatura, accoglienza e strutture ricettive, panetteria e pasticceria.

Proprio dalle 8.00 di giovedì 18, e fino alle 20.00 di sabato 10 febbraio, sarà possibile effettuare l’iscrizione per l’anno scolastico 2024/2025 sul sito www.istruzione.it/iscrizionionline.

Per abilitarsi occorre essere in possesso dello SPID, della Cie (Carta di Identità Elettronica) o dell’eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature).

In caso di necessità è possibile richiedere assistenza alle segreterie delle quattro sedi CNOS-FAP previo contatto telefonico.

L’offerta formativa è consultabile sul sito piemonte.cnosfap.net/tutti-i-corsi/.

Sono aperte anche le iscrizioni ai percorsi di qualifica per giovani e adulti occupati e disoccupati con più di 18 anni, con un’offerta formativa finanziata interamente da Regione Piemonte.

La cultura della persona e del lavoro promossa nei corsi del CNOS-FAP – La Stampa

Si riporta di seguito l’articolo apparso su La Stampa.

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CNOS-FAP è la formazione professionale dei Salesiani di Don Bosco, che dal 1978 raccoglie molti centri operanti in Piemonte con le attività di orientamento, formazione e inserimento al lavoro.

L’esperienza richiama l’opera del santo, che già intorno al 1850 a Valdocco si prese cura dei giovani con l’obiettivo di insegnare loro a leggere, scrivere e far di conto, ma anche a trovare un mestiere affinché potessero inserirsi nella società.

Da decenni CNOS-FAP fornisce maestranze qualificate alle aziende operanti nel vasto territorio della provincia di Cuneo: l’obiettivo primario è quello di assicurare agli allievi i mezzi e i valori per inserirsi nel mondo del lavoro con una forte qualificazione e motivazione.

Nel progetto educativo CNOS-FAP la formazione tecnica ha rilevanza, ma non si esaurisce nell’insegnare un «mestiere», perché promuove la «cultura della persona e del lavoro», collegandola al contesto economico e sociale da cui provengono gli allievi e alle loro specifiche potenzialità ed esigenze formative.

Le quattro sedi CNOS-FAP della provincia di Cuneo propongono, già da domani, giornate di Open Day per favorire l’orientamento e supportare i ragazzi nella scelta del proprio percorso.

La formazione professionale salesiana si sviluppa nelle quattro sedi di Bra, Fossano, Saluzzo e Savigliano, con decine di corsi, dall’automotive alla panificazione, dalla meccanica industriale all’acconciatura.

«La nostra caratteristica – ricorda Gianluca Dho, direttore della sede di Savigliano – è quella di essere vicini al territorio: sia per quel che riguarda le famiglie e gli studenti, sia per la richiesta formativa richiesta dalle aziende e dal tessuto economico della zona. Essere aderenti al mercato locale è fondamentale, perché significa preparare i ragazzi all’ingresso nel mondo del lavoro che cerca quelle figure professionali».

Nell’anno scolastico appena iniziato sono stati confermati tutti i corsi attivati e si è consolidata la crescita del numero di studenti.

Domani gli orari di apertura al pubblico per visitare i laboratori e gli ambienti degli istituti senza necessità di prenotazione, saranno diversi per ogni sede.

Dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18 sarà visitabile la sede di Savigliano, in vicolo Orfane 6, dove sono proposti corsi di formazione professionale in operatore delle produzioni alimentari e della ristorazione e i corsi di diploma tecnico professionale in tecnico delle produzioni alimentari e tecnico dei servizi di sala e bar.

A Saluzzo, in via Griselda 8, dalle 9 alle 13 porte aperte sui corsi di formazione professionale nel settore del benessere fino alla qualifica di tecnico dell’acconciatura, nel settore turistico per i servizi di accoglienza e strutture ricettive, nel settore delle trasformazioni agroalimentari con il corso triennale di panetteria e pasticceria.

Dalle 8,30 alle 12,30, a Fossano in via Verdi 22, per i corsi di operatore in area meccanica, termo-idraulica, automotive, meccanizzazione agricola, elettrica, servizi alla persona e operatori del benessere in acconciatura ed estetica.

E infine il centro di formazione professionale di Bra, in viale Rimembranze 19, dalle 15 alle 18 aprirà le porte dei settori automotive, meccanica-industriale, termoidraulica, panetteria e pasticceria, servizi alla persona.

Seguiranno, a dicembre e gennaio, altre giornate di apertura per l’orientamento, pubblicizzate sulle pagine social delle sedi.

Scegliere CNOS-FAP non significa comunque precludere un percorso di studi più ampio: la maggior parte dei corsi triennali può essere completata con l’offerta formativa del quarto e anche del quinto anno, per integrare la qualifica professionale con il diploma professionale o l’esame di Stato.

Sono aperte anche le iscrizioni ai percorsi di qualifica per giovani e adulti con più di 18 anni, con un’offerta formativa finanziata interamente da Regione Piemonte, Fse, Fse plus e progetto Gol.

Tutte le informazioni sulle singole sedi sono rintracciabili dal sito generale.

 

John Elkann in visita all’istituto Agnelli di Torino, inaugurata la nuova biblioteca – La Stampa

Si riporta di seguito la notizia apparsa su La Stampa.

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Il presidente di Stellantis e della Fondazione Agnelli era accompagnato dal figlio Oceano e ha visitato i laboratori di informatica, meccatronica ed elettronica.

Sabato speciale per l’Istituto Edoardo Agnelli di Torino, l’Opera Salesiana di corso Unione Sovietica, che oggi ha ricevuto la visita privata di John Elkann, presidente di Stellantis e della Fondazione Agnelli.

Elkann era accompagnato dal figlio Oceano e ha potuto vedere i laboratori di informatica, meccantronica ed elettronica allestiti con il contributo della Fondazione. Poi ha incontrato alcuni studenti in occasione dell’inaugurazione della nuova biblioteca.

Gli studenti hanno allestito anche dimostrazioni pratiche nel centro di formazione professionale, e nei laboratori di automotive e di energia.

All’incontro erano presenti anche il direttore dell’Opera salesiana, don Enrico Stasi, il preside della Scuola Superiore (Istituto Tecnico Tecnologico e Liceo scientifico) Giovanni Bosco, il preside della Scuola Media, Luigi Ferrando, la direttrice del Centro di Formazione Professionale, professoressa Erika Naretto, e il direttore dalla Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto.

Formazione dei salesiani da record, successo scolastico del 90% – La Stampa

Si riporta di seguito la notizia relativa all’articolo dedicato al CNOS-FAP Agnelli apparso su La Stampa.

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Una bella fotografia dell’impegno quotidiano del team dei Servizi al Lavoro che, con determinazione e costanza, seguono gli allievi nei loro percorsi di inserimento lavorativo, per accompagnarli in questa delicata fase.

Ricordiamo che il nostro Sportello Servizi al Lavoro è aperto al pubblico e gratuito per tutte le persone che vogliano essere seguite nella ricerca di una nuova occupazione.

Orari:

  • Lunedì dalle 8.00 alle 12.30 e dalle 13.30 alle 17.00
  • Giovedì dalle 14.30 alle 16.30
  • Negli altri giorni si riceve solo su appuntamento, previa prenotazione.

Per appuntamenti: contattare il numero 0116198411 o inviare una e-mail a servizilavoro.agnelli@cnosfap.net.

CFP Vercelli: Gara-sfida per gli allievi del Cnos-Fap – La Sesia, La Stampa

I giornali La Sesia e La Stampa hanno pubblicato due articoli in cui raccontano l’Esposizione nazionale dei capolavori dei settori professionali a cui parteciperanno gli allievi del CFP di Vercelli.

 

Michele Costa – La Sesia:

Da quindici anni il Cnos-Fap indice una competizione a forte valenza didattica: l’Esposizione nazionale dei capolavori dei settori professionali con l’obiettivo – secondo quanto spiegano gli organizzatori – di “valutare le abilità dei suoi giovani allievi e sfidarli a misurarsi in prove dal vivo di fronte a un pubblico esterno e tecnico di professionisti e imprenditori: una gara in cui occorre dimostrare di essere in grado di risolvere i problemi che possono insorgere nel lavoro quotidiano“.

L’Esposizione dei capolavori si terrà dal vivo dall’8 al 12 maggio.

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Raffaella Lanza – La Stampa.it (ed. Vercelli)

Tutto pronto per l’Esposizione nazionale dei capolavori 2023 nel settore della meccanica industriale, che si terrà da lunedì 8 a venerdì 12 maggio al Centro di formazione professionale CnosFap Don Bosco di Vercelli.

«È la prima volta che si tiene a Vercelli. I ragazzi – spiega il direttore del CnosFap don Gabriele Migliettasi cimenteranno in un progetto reale di meccanica industriale, il cuore pulsante di questo centro. Il nostro ruolo di formatori di adolescenti e adulti in cerca di riqualificazione si basa sulla collaborazione con le aziende locali. Da sempre ci occupiamo dell’intelligenza delle mani».

La manifestazione è organizzata dalla federazione nazionale CnosFap: 23 ragazzi iscritti al percorso di meccanica industriale provenienti da tutta Italia si cimenteranno in operazioni di tornitura e fresatura su un miscelatore orientabile presentato dalla ditta vercellese Gallazzini. Tra i partecipanti anche il vercellese Haimi Eddine El Mehdi: «I ragazzi dovranno produrre ‘il capolavoro’, che consiste nel montare alcuni componenti di un miscelatore con canna abbattibile per i casi in cui serve in cucina recuperare spazio – spiega Lorenzo Gallazzini, main partner -. Un lavoro di precisione. I pezzi verranno collaudati nella nostra azienda».

Mercoledì 10 ci sarà il montaggio e il collaudo, il giorno dopo a Varallo, all’azienda Gallazzini, lo studio del capolavoro e la valutazione da parte della giuria composta dai tecnici delle aziende partner.

Il concorso nazionale dei capolavori è una competizione a forte valenza didattica: «Obiettivo è valutare l’abilità degli studenti nell’esecuzione di prove pratiche e teoriche – dice Valentina Rinaldin, referente dei servizi al lavoro CnosFap -. Un battesimo in linea coi metodi adottati nella formazione. I partecipanti hanno la possibilità di mettersi in luce di fronte alle aziende. I vincitori diventano esempio d’eccellenza per i futuri studenti».

La premiazione delle eccellenze si svolgerà venerdì 12 maggio nella sede di Confindustria a Vercelli. «È importante la sinergia tra scuola e aziende. Si cercano sempre più figure specializzate – dice Filippo Sarasso, Confindustria -. A breve in Piemonte partiranno le Academy, che rivoluzioneranno la formazione».

L’evento è patrocinato da Comune e Provincia di Vercelli e Confindustria Novara Vercelli Valsesia. «L’azienda Gallazzini è main sponsor: ha curato la realizzazione tecnica e fornito i materiali – conclude Miglietta -. Tra gli sponsor anche Vieffe Meccanicat, WD-40, Omler 2000, Dmg Mori e marchi nazionali come Heidenhain, Iil-istituto italiano di saldatura, Meusburger, Randstad e Sandvik».