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Inaugurazione dei nuovi spazi del CNOS-FAP di Alessandria – La Voce e il Tempo & La Voce Alessandrina

Le riviste “La Voce e il Tempo” e “La Voce Alessandrina” hanno dedicato due articoli all’inaugurazione dei nuovi spazi del CNOS-FAP di Alessandria da parte del Vescovo, mons. Guido Gallese, e di alcuni maestri del lavoro. Di seguito gli articoli apparsi sui due siti.

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La Voce e il Tempo

Don Bosco è con noi in officina

Nuova vita per la sede Cnos-Fap di Alessandria, l’ente di formazione professionale salesiano punto di riferimento per tutta la provincia per i giovani e gli adulti che devono riqualificarsi per reinserisi nel mondo del lavoro. Mercoledì 12 ottobre, alla presenza del Vescovo, mons. Guido Gallese e di alcuni «maestri del lavoro», sono stati inaugurati i nuovi locali del Centro.

Don Mauro Mergola, direttore della casa salesiana di Alessandria, già parroco a San Salvario a Torino, ha sottolineato la vicinanza dei salesiani con il tessuto sociale dei luoghi in cui sono presenti; don Pietro Mellano, direttore del Cnos-Fap di Alessandria, ha evidenziato l’importanza del lavoro come impegno sociale e ha riassunto come i tre settori della formazione professionale di Alessandria (Meccanica industriale, Meccanica dell’automobile, Operatore dei Servizi d’Impresa) vadano in quella direzione, grazie all’impegno quotidiano di tanti formatori che proseguono la pedagogia di don Bosco. Don Alberto Martelli, direttore generale del CnosFap Piemonte e direttore della Scuola Media e del Cnos di Valdocco di Torino, ha detto agli allievi come il futuro passi anche dalle loro mani, come il lavoro crei dignità, come i Centri di formazione professionale dei salesiani nati a Valdocco investano energie personali ed economiche in questa direzione, per il bene dei ragazzi. I cavalieri del lavoro presenti, hanno ricordato ai ragazzi la bellezza dell’impegnarsi sul lavoro e l’importanza della sicurezza.

È stata poi consegnata ad un’allieva meritevole, Chayma El Hammioui, una borsa di studio in memoria del defunto padre Felice Gilardi (anch’egli cavaliere del lavoro). Il Vescovo ha invitato i ragazzi a pensare che lavorare non è lo scopo della vita: il lavoro è un mezzo per realizzare qualcosa nel mondo secondo i nostri talenti:

«impegnatevi a trovare il vostro talento nascosto».

Accompagnati da una delegazione di ragazzi è seguita la visita ai nuovi ambienti (uffici, mensa, le aule): pensati secondo la pedagogia di don Bosco: valorizzare

«l’intelligenza nelle mani».

La Voce Alessandrina

Il Vescovo inaugura i nuovi spazi del Cnos-Fap

Intervista a don Pietro Mellano

Mercoledì 12 ottobre si è svolta l’inaugurazione dei nuovi spazi del centro di formazione professionale Cnos-Fap di Alessandria (corso Acqui 398), con la presenza di monsignor Guido Gallese.

«Io sono arrivato ad Alessandria con la pandemia, ed erano impensabili visite di questo tipo. Adesso, che siamo un po’ usciti dal “tunnel”, ci è sembrata una bella occasione per invitarlo e fargli conoscere da vicino questa realtà e i nostri giovani. Siamo una scuola cattolica, ma ospitiamo ragazzi di tantissime culture e religioni. Cerchiamo di spiegare loro il nostro modo di educare, vicino a San Giovanni Bosco. E per questo ci sembrava importante far conoscere il Pastore della nostra realtà ecclesiale»

ci racconta don Pietro Mellano, da tre anni direttore del Cnos-Fap alessandrino. Una realtà importante del nostro territorio che conta 130 allievi, nella fascia dai 14 ai 19 anni, e circa un centinaio di adulti per i corsi diurni.

Don Pietro, quali spazi avete inaugurato?

«Lo scorso anno abbiamo sistemato e aperto una nuova ala del centro di formazione. Il Centro, così, si è arricchito di una serie di uffici attinenti alla segreteria didattica, amministrativa e all’amministrazione. E poi un’altra zona dedicata a uffici che si chiamano “sportello al lavoro”: si tratta di un servizio importante che cura la relazione tra gli allievi dei tre settori professionali (meccanica industriale, meccanica dell’automobile, operatore ai servizi d’impresa, ndr) e il mondo del lavoro, ovvero le aziende. Nel percorso formativo dei nostri ragazzi, infatti, sono in programma stage operativi nelle aziende. Per questo è fondamentale il dialogo con loro. Ma non solo…».

Prego.

«Abbiamo anche una zona aperta al pubblico: su appuntamento riceviamo persone che stanno cercando di capire come ricollocarsi nel mondo del lavoro. Ma anche se devono approcciarsi a percorsi di formazione, o ex allievi che vogliono cercare o cambiare lavoro. Uno può dire: “Ma non ci sono già agenzie interinali?”. Sì, ma il plus che ha il nostro sportello è quello della formazione. Possiamo coniugare corsi, per giovani o adulti che effettuiamo lungo l’anno formativo, e opportunità di lavoro. Avevamo, quindi, il desiderio di fare un’inaugurazione di questi spazi, con il taglio del nastro e la benedizione del nostro Vescovo».

Un’occasione speciale, anche per un altro motivo.

«Sì, perché è stata consegnata la prima borsa di studio “Felice Gilardi, Maestro del lavoro”. La signora Paola Gilardi, in memoria del padre, maestro del lavoro, ha voluto fare una donazione a un nostro allievo meritevole: a riceverla, una ragazza del secondo anno. È stato un momento simbolico, significativo e utile per sottolineare ai nostri giovani che chi fa bene viene riconosciuto e premiato».

Obiettivi futuri?

«Abbiamo lanciato un nuovo percorso che si chiama “Saldo carpenteria”. Dura solo un anno ed è rivolto ai giovani dai 17 ai 20 anni. È legato al settore meccanico, per ragazzi con situazioni difficili e insuccessi scolastici, affinché possano tornare ad avere fiducia in loro stessi. E, tramite uno stage di 300 ore, poter dare, da subito o in prospettiva, un’opportunità nel mondo lavorativo. La risposta è stata molto buona: abbiamo 15 allievi, ma aumenteranno. Stiamo anche lavorando per evitare la dispersione scolastica, un flagello che connota l’Italia e, in particolare, l’alessandrino. È un momento storico complicato per i ragazzi, ma non dobbiamo perderne neanche uno. Un altro obiettivo è fare rete con tutte le realtà sociali del territorio che si occupano di giovani, dispersione e famiglia. E anche di persone diversamente abili: lavoreremo per dare loro delle opportunità, perché con un percorso ad hoc possono dare tanto. Sono certo che otterremo dei buoni risultati».

Salesiani Bra, festa per l’inizio del nuovo anno oratoriano – La Voce e il Tempo

Riportiamo l’articolo dedicato alla festa per l’inizio del nuovo anno dell’oratorio dei salesiani di Bra, a cura di Lino Ferrero apparso su La Voce e il Tempo.

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Domenica 9 ottobre è stata una giornata di festa all’oratorio salesiano di Bra: gli animatori dell’oratorio e i catechisti, che inizieranno l’attività a partire dal prossimo 22 ottobre, hanno ricevuto il mandato. La Messa delle 10, presieduta dal direttore della Casa salesiana di Bra don Riccardo Frigerio e concelebrata dall’incaricato per l’oratorio, don Livio Sola, era gremita di giovani e di famiglie.

Dopo la celebrazione si sono ritrovati tutti per un aperitivo nei cortili e per giochi organizzati. È seguito il pranzo comunitario, a cui hanno contribuito diversi benefattori donando dei loro prodotti: la Cascina Sant’Anna che ha offerto il latte con cui le mamme hanno preparato i dolci, la Cascina d’Jot di Falchetto che ha devoluto le uova e, infine, l’azienda Albertengo di Torre San Giorgio che ha fornito i panettoni.

Numerosi i volontari, in particolare giovani mamme, che hanno contribuito a preparare la bella festa. Come hai ricordato don Livio Sola nella Messa:

«Questa è una famiglia ed è bello ritrovarci oggi tutti insieme sia a pregare, sia a fare festa insieme».

Per informazioni sulle attività dell’oratorio salesiano di Bra:

-Lino Ferrero

Salesiani, le opere sociali e il sistema preventivo – La Voce e il Tempo

Riportiamo l’articolo dedicato al Congresso Internazionale delle Opere e dei Servizi Sociali Salesiani che si è tenuto a Valdocco dal 28 settembre al 2 ottobre, a cura di Monica Roncari apparso su La Voce e il Tempo.

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Sono stati più di 300 i partecipanti, laici e consacrati, giunti da tutto il mondo a Torino per il Congresso Internazionale delle Opere e dei Servizi Sociali Salesiani che si è tenuto a Valdocco dal 28 settembre al 2 ottobre.

I contenuti che il raduno, fortemente voluto dal Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, ha affrontato si sono focalizzati su una lettura aggiornata del Sistema Preventivo a partire dalle esperienze già esistenti nelle opere e servizi sociali salesiani, come risposta profetica alle sfide che l’attuale contesto storico presenta, per contribuire alla dignità delle persone e del loro ambiente, in dialogo e con tutti coloro che lavorano per superare le situazioni di vulnerabilità e di degrado di cui soffrono i giovani.

Don Bosco vedeva chiaramente la portata sociale della sua opera: i Salesiani lavorano, infatti, in ambienti popolari e a favore della gioventù, soprattutto quella più povera e abbandonata, educandola alle responsabilità morali, professionali e sociali. Significativa, in questo contesto anche la partecipazione al congresso di un gruppo di giovani impegnati per la promozione e la cura di altri giovani.

Fra i relatori di questa quattro giorni, particolarmente importante la presenza del cardinale salesiano Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, Arcivescovo metropolita di Tegucigalpa e Coordinatore del Consiglio dei Cardinali, di don Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore dei Salesiani, di don Miguel Ángel García, sdb, Consigliere per la Pastorale giovanile, del sig. Jean Paul Muller sdb, Economo Generale della Congregazione Salesiana, di don Michal Vojtas, Vicerettore dell’Ups, di don Rafael Bejarano Sdb, referente delle Opere Sociali nel Settore per la Pastorale giovanile e coordinatore del congresso e di Carlos Ballesteros, Direttore della Cattedra di Impatto Sociale presso l’Università Pontificia di Comillas, a Madrid.

«Per noi salesiani», fanno sapere dal quartier generale di Valdocco, «contribuire allo sviluppo umano integrale è una risposta naturale alla vocazione che abbiamo ereditato dal nostro fondatore. Per questo l’Ambito di Pastorale Giovanile, in linea con la Dottrina Sociale della Chiesa, con gli orientamenti degli ultimi due Capitoli Generali e con il Programma del Rettor Maggiore, ha intrapreso un cammino di riflessione e consultazione tra le varie esperienze delle ‘Opere e servizi sociali per i giovani a rischio’ della Congregazione, cercando di rafforzare l’identità carismatica dell’azione pastorale in questo campo. La celebrazione del Congresso Internazionale delle Opere Sociali Salesiane segnerà una tappa importante in questo cammino come Congregazione e l’incontro a Valdocco, dove è nata l’opera sociale di Don Bosco, darà un impulso per continuare ad aggiornare il Sistema Preventivo in ogni contesto dove si svolge la missione».

-Monica Roncari

Studiò a Torino il cardinale Zen, sotto processo in Cina – La Voce e il Tempo

Il giornale La Voce e il Tempo ha dedicato un articolo al cardinale cinese Giuseppe Zen, salesiano, sotto processo in Cina per la sua fede adamantina. Di seguito l’articolo.

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Ha studiato a Torino ed è stato ordinato prete dal cardinale arcivescovo Marilio Fossati, il cardinale cinese Giuseppe Zen, salesiano, sotto processo in Cina per la sua fede adamantina.

Come informa il sito di «Avvenire», Zen si è presentato in aula nel tribunale di West Kowloon a Hong Kong insieme a cinque imputati per la gestione del Fondo per l’aiuto umanitario 612 (già bloccato nel 2021) utilizzato per finanziare le spese mediche e legali degli attivisti democratici arrestati nelle dure proteste del 2019.

«L’anziano porporato, 90 anni, è arrivato in aula sostenendosi con un bastone per partecipare all’udienza che ha esaminato questioni procedurali e la richiesta, accolta dai giudici, di sequestrare i 70 milioni di dollari di Hong Kong (9,2 milioni di euro) depositati nel fondo dell’Ong. Nonostante che l’arresto l’11 maggio, seguito dal rilascio, sia stato motivato dalla presunta «collusione con forze straniere» in base all’articolo 29 della legge sulla sicurezza che ha bloccato di fatto ogni protesta e ha visto un’ondata di procedimenti giudiziari contro individui noti per l’atteggiamento critico verso il potere, il cardinale si trova a giudizio per un reato assai meno grave».

È infatti coinvolto, insieme all’attivista e cantante Denise Ho, all’avvocatessa Margaret Ng, all’accademico Hui Po-Keung e l’attivista Sze Ching-wee in un procedimento che potrebbe trascinarsi a lungo.

«Tutti chiamati in causa – come la co-fondatrice del Partito laburista Cyd Ho, in carcere per assemblea illegale – per presunte irregolarità nella gestione del fondo. Gli accusati hanno negato ogni addebito: se ritenuti colpevoli dovrebbero pagare una multa di 1.300 euro. Più che l’entità della pena, in caso di condanna, è la loro notorietà a richiamare l’attenzione. Nonostante l’età e il ritiro dall’attività pastorale, Zen gode di notorietà per il costante sostegno al movimento democratico». Da tempo la Santa Sede è preoccupata per la vicenda legale e assicura di «seguire molto da vicino l’evolversi della situazione».

Anche se – va detto per amore di verità – Zen è un duro oppositore dell’accordo tra Santa Sede e governo comunista di Pechino sulla nomina dei vescovi, sponsorizzata da Papa Francesco e dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin.

«Avvenire» ha pubblicato nei giorni scorsi la bella lettera del cardinale Fernando Filoni, prefetto emerito della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli

«La mia testimonianza sul cardinale Zen, figlio devoto di Cina e Chiesa».

Scrive l’ex prefetto:

«In un processo si intima: “Chi può parlare, parli!” Anche Gesù non si sottrasse a un giudizio che avrebbe marcato la storia e la vita di Giovanni Battista: morì testimoniando la verità alla quale nessuno è superiore, rivendicando l’unicità della legge divina. Anche Gesù pagò per la sua testimonianza alla verità: “Che cos’è la verità?” gli chiese Pilato ironizzando in un drammatico processo in cui il Nazareno era accusato di aver violato la sovranità di Roma e stava per essere condannato a una morte infame; ma quel processo, mai concluso, non sarà più dimenticato finché il Vangelo verrà annunciato sulla terra».

A Hong Kong,

«città che ho molto amato per averci vissuto oltre otto anni»

Filoni è inviato nelle Filippine, ma in realtà opera a Hong Kong in una missione di studio della Santa Sede per i rapporti con la Cina

«dove ho conosciuto don Joseph Zen Ze-kiun. Provinciale dei salesiani, un cinese tutto d’un pezzo. Intelligentissimo, acuto, dal sorriso accattivante. Come professore di filosofia e di etica era assai stimato. Parlava perfettamente l’italiano; non solo la lingua, ma i modi erano vicini alla cultura europea che aveva conosciuto frequentando da giovane le scuole europee. Si diceva di lui: “È il più italiano dei cinesi e il cinese più italiano”. È rimasto cinese e mai ha rinnegato la sua identità. Rappresentava il prototipo di una interculturalità».

Zen è nato a Shanghai il 13 gennaio 1932. È stata – ricorda Filoni –

«una città di martiri al tempo dell’occupazione dei giapponesi, periodo incredibilmente triste, carico di violenze e distruzioni. Anche la famiglia Zen ne fu vittima, perse tutti i suoi averi e dovette fuggire. Il giovane Zen non ha mai dimenticato quella esperienza e trasse da essa coerenza caratteriale, stile di vita e un grande amore per la libertà e la giustizia. Shanghai fu eroica, ed eroi furono considerati, quasi intoccabili anche dal regime comunista, i suoi figli. Il cardinale è uno degli ultimi epigoni di quelle famiglie».

Negli anni Novanta del secolo scorso don Joseph Zen insegnava in vari Seminari a Hong Kong, Shanghai, Pechino, Xian, Wuhan. Ancora Filoni: «Guardava avanti e non entrava in giudizio verso le persone: era la sua filosofia di vita; i sistemi politici – diceva – possono essere giudicati, e su di essi il suo pensiero era chiaro, ma le persone no: il giudizio è rimandato a Dio che conosce il cuore degli uomini. Il suo rispetto e il sostegno alla persona è sempre stato il pilastro della sua visione umana e sacerdotale. L’integrità morale e ideale furono sono di altissimo livello. Giovanni Paolo II lo nominò vescovo di Hong Kong e Benedetto XVI lo creò cardinale. Qualcuno lo ritiene caratterialmente un po’ spigoloso. E chi non lo sarebbe davanti a ingiustizie e davanti alla rivendicazione della libertà?».

Filoni testimonia ancora:

«Zen è un “uomo di Dio”, a volte intemperante, ma sottomesso all’amore di Cristo, profondamente innamorato, come don Bosco, della gioventù. Poi è un autentico cinese. Non ho conosciuto uno leale come lui. Non va condannato. Hong Kong, la Cina e la Chiesa hanno un figlio devoto, di cui non vergognarsi».

Zen salesiano studiò alla Crocetta nel 1955-61. Sessant’anni fa l’11 febbraio 1961, festa della Madonna di Lourdes, fu ordinato sacerdote a Maria Ausiliatrice dal cardinale Maurilio Fossati. Nel suo lunghissimo episcopato torinese (1930-65)  ordinò 2650 preti, di cui 678 diocesani e gli altri religiosi, e consacrò 23 vescovi.

Diventarono cardinali tre preti da lui ordinati: il 3 luglio 1938 a Maria Ausiliatrice il salesiano Raúl Silva Henríquez (1907-1999), cardinale arcivescovo di Santiago del Cile (1961-1999); il 13 luglio 1952 a Chieri-Sant’Antonio il gesuita torinese Carlo Maria Martini (1927-2012), cardinale arcivescovo di Milano (1979-2002); l’11 febbraio 1961 il salesiano Joseph Zen Ze-kiun (1932-…), vescovo di Hong Kong (2002-2009).

San Francesco di Sales, esempio per i giovani: recensione del libro Elledici: “Verso l’alto”

Il settimanale diocesano di Torino La Voce E il Tempo in uscita (domenica 31 luglio 2022), dedica un’articolo al libro Elledici di don Gianni Ghiglione “Verso l’alto“. Di seguito la recensione a cura di Marina Lomunno.

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«A tutti i giovani che sognano di diventare un capolavoro. A tutti coloro che aiutano i giovani a camminare verso il Signore».

È la dedica che l’autore, salesiano, studioso di san Francesco di Sales – il Vescovo di Ginevra dottore della Chiesa di cui quest’anno ricorre IV centenario dalla morte – ha scelto per il suo ultimo libro sul santo, «Verso l’alto. Cammino di vita cristiana in compagnia di san Francesco di Sales» (Elledici).

Francesco di Sales del resto è il patrono a cui don Bosco ha voluto consacrare la sua congregazione e don Ghiglione si è sempre occupato di pastorale giovanile e universitaria. Già la copertina – un giovane escursionista che cammina su una vetta innevata verso una croce – invita in questa torrida estate a mettere il libro nello zaino. Sì perché don Gianni apre il suo testo colloquiando con san Francesco chiedendogli di dargli una mano ad essere fedele al suo carisma per «far nascere nei più giovani il desiderio di una vita cristiana orientata verso l’altro».

San Francesco in questo dialogo immaginario risponde all’autore: «Perché hai scritto queste pagine?» dal momento che don Gianni con numerosi studi ha già scandagliato la vita e le opere del santo di Ginevra… «Per proporre ai più giovani la ‘Filotea’ o ‘Introduzione alla Vita Devota’, l’opera più famosa di san Francesco».

Don Gianni è convinto che il carisma di san Francesco di Sales possa guidare anche i ragazzi e le ragazze che oggi vogliono puntare in alto, per «vivere e non vivacchiare», come diceva un altro giova- ne torinese, tal beato Pier Giorgio Frassati… E il testo di don Gianni è proprio concepito come una guida «spirituale», una lettura che può accompagnare l’estate mentre si è in viaggio unendo i passi lungo la strada con quelli dell’anima ispirati alle parole del santo. Sfogliamo l’indice: primo capitolo «La mappa e il sentiero» che prevede una sosta: «il desiderio». Segue «L’attrezzatura nello zaino»: preghiera, Parola di Dio, Eucaristia e riconciliazione. Il terzo capitolo si intitola «Il cammino continua», non ti fermare.

San Francesco, tramite don Gianni, ci suggerisce come proseguire l’itinerario spirituale: con quali atteggiamenti si deve salire verso l’alto? Ecco gli ingredienti: «Pazienza, dolcezza, mitezza e bontà, umiltà. E ancora amicizia e prudenza nel parlare».

Nell’ultimo capitolo troviamo le «coordinate» per «Raggiungere la vetta»: «l’abbandono alla volontà di Dio». «Il titolo ‘Verso l’alto’ e la fotografia della copertina dicono che il testo usa la metafora di un’escursione in montagna», spiega don Ghiglione. «Come la Filotea, anche il mio libro si può considerare un manuale verso una vita cristiana santa in compagnia e sotto la guida di Francesco di Sales, un Santo! In ogni escursione ci sono delle tappe, così anche il libro offre al lettore delle tappe. La prima è la più importante, quella che dà il via a tutto il resto e consiste nel passare da un iniziale desiderio di incontrare Dio alla ferma decisione di raggiungerlo e di rimanervi fedele. La vita santa verso la quale Francesco guida è aperta a tutti e tutti ce la possono fare e questo è incoraggiante: tutti, ciascuno con il proprio passo, senza lasciare la propria vita quotidiana, possono arrivare in cima. È una bella notizia!». Infatti san Francesco di Sales è sta- to un grande comunicatore di buone notizie, del Vangelo: noti sono i manifesti che faceva affiggere ai muri di Ginevra e i foglietti che infilava sotto le porte delle case. Per questo è anche patrono dei giornalisti.

Marina LOMUNNO

Spazio Anch’io: lo “Spazio” che salva i giovani fragili – La Voce e il Tempo

Al Parco del Valentino ha riaperto, dopo due anni di fermo a causa della pandemia, “Spazio Anch’io“, la postazione educativa di strada dei Salesiani di San Salvario. Di seguito l’articolo pubblicato su La Voce e il Tempo a cura di Stefano Di Lullo.

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Parco del Valentino – ha riaperto, dopo due anni di stop per la pandemia, la postazione di educativa di strada dei Salesiani di San Salvario: modello contro il disagio.

Quando circa 15 anni fa noi educatori di strada arrivammo al Parco del Valentino iniziammo a sognare: incontrammo subito un gruppo di ragazzi. Uno di loro ci chiese se volevamo del fumo e noi rispondemmo: «‘no, vogliamo giocare e stare con te’!». Fu così che nel 2007 nacque «Spazio Anch’io», la postazione dei Salesiani di San Salvario al Parco del Valentino (tra via Carlo Ceppi e via Medaglie d’Oro) che ha preso per mano e accompagnato centinaia di ragazzi e giovani fragili: un modello virtuoso di prevenzione contro il disagio giovanile che ha fatto scuola.

Ora quello spazio, dopo oltre due anni di chiusura per la presenza prima del Covid Hospital, poi del Centro vaccinale e del Presidio sanitario nel padiglione 5 di Torino Esposizioni, ha finalmente riaperto per continuare quel sogno, che è il sogno da cui partì l’opera di don Bosco a Torino basata sul celebre metodo preventivo: ‘stare’ con i ragazzi e far vibrare la corda sensibile del proprio cuore.

«Appena sono state tolte le transenne nell’area»

racconta don Gianmarco Pernice, incaricato dell’oratorio salesiano San Luigi e responsabile dell’accoglienza comunitaria dei minori stranieri non accompagnati,

«i ragazzi sono subito venuti a cercarci chiedendoci quando avremmo riaperto ‘Spazio Anch’io’. Hanno poi iniziato a giocare e a riprendersi il loro spazio: un luogo dove possono incontrare adulti che diventano dei punti di riferimento per la loro vita».

L’educativa di strada dei Salesiani di San Salvario nel tempo della pandemia non si è mai fermata ma è stata portata avanti per le vie del quartiere: ora il progetto è completo, c’è di nuovo la «Casa» dell’oratorio in strada in cui incontrare i ragazzi, organizzare tornei sportivi e da lì iniziare un percorso per accompagnarli.

«‘Spazio Anch’io’», prosegue don Pernice,

«allora torna ad essere il quartier generale di un’attività educativa molto articolata su tutto il territorio di San Salvario: il punto da cui i ragazzi che arrivano con delle esigenze hanno l’opportunità di ripartire: qui convergono vere e proprie storie di rinascita».

Virtuoso in particolare il progetto «Spazio fratto tempo», promosso dai Salesiani con il sostegno della Compagnia di San Paolo, rivolto ai giovani inoccupati, sia italiani che stranieri, con l’obiettivo di sperimentare un nuovo modello di inserimento lavorativo che, attraverso un accompagnamento educativo e formativo mirato, valorizzi le capacità e le attitudini di ciascuno. Numerosi ragazzi dopo questa esperienza riescono ad inserirsi nel mondo lavorativo.

«Il punto di forza», evidenzia don Pernice,

«è rappresentato proprio dalla sinergia fra gli educatori e le aziende in cui i ragazzi svolgono il tirocinio».

Un’opportunità che parte anche grazie a «Spazio Anch’io» che nei mesi estivi sarà aperto tutti i pomeriggi dalle 15 alle 19 più 3 mattine: sono di nuovo attivi i corsi di italiano per stranieri, lo sportello di consulenza per la compilazione dei documenti e la ricerca concreta di un lavoro.

La postazione al Valentino rappresenta anche uno dei 4 poli dell’oratorio estivo dei Salesiani di San Salvario, oltre alle sedi degli oratori San Luigi, Ss. Pietro e Paolo e Sacro Cuore di Maria. Il martedì, in particolare, gli educatori sono presenti per accogliere i gruppi degli oratori estivi che chiedono di conoscere questa realtà. Infine a luglio prenderà il via, con il patrocinio della Circoscrizione 8 e il via libera del tavolo tecnico-artistico di arte urbana e Street Art, «Migrazioni di parole», un progetto che realizzerà una vera e propria opera d’arte a cielo aperto formata da circa 50 frasi sull’inclusione scelte dai ragazzi stessi insieme agli educatori.

In occasione della riapertura di «Spazio Anch’io», martedì 7 giugno, si è tenuto un pomeriggio con animazione, musica e sport per oltre 100 ragazzi a cui hanno preso parte, accanto a don Pernice, anche l’Ispettore dei Salesiani di Piemonte e Valle d’Aosta don Leonardo Mancini e il parroco e direttore dell’Opera di San Salvario don Claudio Durando. È poi seguito un momento di riflessione dal titolo «Educativa di strada: una grande storia con tracce di futuro» a cui sono intervenuti Patrizia Gugliotti, proget manager del progetto NoMiS della Compagnia di San Paolo a favore di minori e giovani a rischio e in situazione di disagio, Massimiliano Miano, presidente della Circoscrizione 8, e Monica Canalis, Consigliera regionale (Pd), che ha evidenziato come durante la pandemia

«il venir meno di attività come l’educativa di strada, in alcuni casi della scuola e di svariate altre realtà educative sui territori, abbia aumentato in alcuni giovani fobìe, tentativi autolesionistici, ansia, disturbi psichiatrici importanti e anche episodi più gravi: ora è necessario ritornare a lavorare con ancora più enfasi e forza perché quello che si è perso venga recuperato».

Per Vincenzo Camarda, presidente della Commissione Sanità e Servizi sociali del Consiglio Comunale di Torino,

«è importante lavorare perché il modello dell’edu- cativa di strada del Valentino possa approdare anche in altre zone periferiche della città, come a Torino nord».

-Stefano DI LULLO

San Francesco di Sales: bibliografia – La Voce e il Tempo

In occasione del IV centenario dalla morte del Vescovo francese san Francesco di Sales, il giornale La Voce e il Tempo ha pubblicato tre contributi a cura del salesiano don Giovanni Ghiglione sdb, di suor Mariagrazia Franceschini e di Vania De Luca. A conclusione di questo ciclo di interventi ha presentato una breve bibliografia su alcune pubblicazioni per chi desidera approfondire la vita e le opere del poliedrico maestro di spiritualità. Di seguito l’articolo pubblicato su La Voce e il Tempo a cura di Marina Lomunno.

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IV CENTENARIO – Per approfondire la figura storica e l’attualità del carisma di san Francesco di Sales domenica 15 maggio, alle 20.30 presso il monastero della Visitazione a Moncalieri (strada Santa Vittoria 15) si tiene un incontro sul tema «Sono uomo come di più non è possibile»: intervengono don Michele Molinar, vicario dei Salesiani del Piemonte e suor Mariagrazia Franceschini – Di seguito alcune recenti pubblicazioni sulla spiritualità del santo Vescovo di Ginevra

In occasione del IV centenario dalla morte del Vescovo francese san Francesco di Sales, dottore della Chiesa (Lione, 28 dicembre 1622) è stata allestita al Museo Casa don Bosco di Valdocco a Torino (www.museocasadonbosco.org) una mostra aperta al pubblico fino al 15 gennaio 2023 che illustra la vita e le opere del patrono dei salesiani.

Ma san Francesco non è solo patrono dei figli di don Bosco: La Voce e il Tempo e il nostro sito, sull’eclettico santo ha pubblicato tre contributi a cura del salesiano don Giovanni Ghiglione sdb (24 aprile, pag.14) e di suor Mariagrazia Franceschini, dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria (le suore Visitandine fondate da san Francesco di Sales con santa Giovanna de Chantal, 1° maggio pag. 14) che hanno illustrato rispettivamente il legame del carisma delle loro famiglie religiose con il Vescovo di Ginevra. Infine Vania De Luca, vaticanista, caporedattore del Tg3, già presidente nazionale dell’Ucsi (Unione cattolica della stampa Italiana) sullo scorso numero (8 maggio pag. 14) ha scritto un contributo sulle motivazioni per cui san Francesco di Sales è stato scelto anche patrono dei giornalisti.

A conclusione di questo ciclo di interventi presentiamo una breve bibliografia su alcune pubblicazioni per chi desidera approfondire la vita e le opere del poliedrico maestro di spiritualità. L’ultima biografia in ordine di tempo, pubblicata in occasione del IV centenario, è un classico della «agiografia salesiana» curata da André Ravier, gesuita, profondo conoscitore del Vescovo di Ginevra. Partendo dall’originale francese e dalla precedente edizione in italiano, il nuovo volume rivisto e arricchito anche con nuove immagini, è il frutto del lavoro dei salesiani don Morand Wirth, don Aldo Giraudo e don Wim Collin. Un testo che presenta i tratti salienti della vita di Francesco: il suo cuore di uomo, sacerdote, Vescovo e la sua straordinaria capacità di guida spirituale per cui si affidava a lui. (Andrè Ravier, «San Francesco di Sales», Elledici, Torino, 2021).

Tra i salesiani che hanno più studiato il patrono della loro congregazione è senz’altro don Gianni Ghiglione che ha al suo attivo numerosi studi e saggi tra cui due corposi volumi che scandagliano le fonti della spiritualità salesiana nelle migliaia di lettere scritte dal san Francesco (Gianni Ghiglione, «San Francesco di Sales padre, maestro e amico. La spiritualità salesiana nelle Lettere. Prima parte: dal 1593 al 1610», Elledici, Torino 2012; «San Francesco di Sales padre, maestro e amico. La spiritualità salesiana nelle Lettere. Seconda parte: dal 1611 al 1622», Elledici, Torino 2013). Anche don Ghiglione per il IV Centenario ha pubblicato un volume intitolato «Verso l’alto».

«Il mio libro si può considerare un manuale verso una vita cristiana santa in compagnia e sotto la guida di Francesco di Sales»

spiega l’autore che, a partire dalla «Filotea» usa la metafora di un’escursione in montagna verso una vita cristiana santa sotto la guida del santo (Gianni Ghiglione, «Verso l’alto. Cammino di vita cristiana in compagnia di San Francesco di Sales», Elledici Torino 2021).

Infine tre volumi pubblicati nel 2022 da Morcelliana (Brescia) sempre per il IV Centenario a cura della Comunità della Visitazione di Salò. Il primo, «Il trattato dell’amore di Dio e la Visitazione» di suor Maria Grazia Franceschini che presenta la relazione di san Francesco con la spiritualità delle Visitandine; «Francesco di Sales, Il Trattato dell’amore di Dio in compendio», rilettura dell’opera del fondatore a cura del Monastero della Visitazione Santa Maria di Salò. Da ultimo la traduzione del corposo volume di suor Marie Patricia Burns, «Francesca Maddalena de Chaugy», visitandina collaboratrice della Chantal, che ebbe un ruolo fondamentale nella causa di canonizzazione di san Francesco di Sales.

-Marina LOMUNNO

Festa della Comunità al Michele Rua

Domenica 8 maggio 2022, presso l’opera salesiana del Monterosa, si è tenuta la Festa della Comunità.

Durante l’Eucaristia, presieduta da don Stefano Martoglio, vicario del Rettor Maggiore, è stata enfatizzata l’importanza di continuare ad essere una comunità così significativa sul territorio, e sono state ricordate le mamme dell’Ucraina nel giorno della Festa della Mamma.

Successivamente la vicesindaca di Torino, Michela Favaro, ha ringraziato per quello che la comunità fa all’interno del territorio di Barriera, e ha solleciato a continuare il dialogo e il lavoro già iniziato con la città di Torino. Nella tarda mattinata ha poi incontrato i giovani dello sport e le loro famiglie.

La gradita sorpresa della giornata è stata la presenza del Sindaco di Torino Stefano Lo Russo, che ha ringraziato l’opera e ha promesso sostegno alla periferia.

A seguire è intervenuto anche il presidente della circoscrizione Valerio Lomanto ringraziando per l’operato.

Festa della Comunità! Grazie a don Stefano Martoglio, al Sindaco Lo Russo, alla vice Sindaca e al presidente della Circoscrizione. I tanti Sdb, FMA e laici del Michele Rua meritavano la vostra presenza. Anche oggi la Comunità ha avuto il lavoro gratuito di tanti per continuare a dare Speranza e una Casa. Grazie a tutti e che Dio vi benedica.

don Stefano Mondin, direttore dell’opera.

Infine il pranzo con tutta l’opera e nel pomeriggio, previa chiusura della strada e dei cortili delle scuole medie, si sono svolti tornei e giochi per ragazzi e famiglie fino alla fine dell’evento alle 17.

Si ringrazia Stefano Di Lullo per l’articolo su La Voce e il Tempo del 15 maggio 2022.

San Francesco di Sales: “L’amabile patrono dei giornalisti” – La Voce e il Tempo

Proseguono i contributi da parte della rivista “La Voce e il Tempo” sulla figura di san Francesco di Sales, di cui quest’anno ricorre il IV centenario dalla morte. Dopo gli interventi di don Giovanni Ghiglione sdb e quello di suor Mariagrazia Franceschini, interviene Vania De Luca, vaticanista, caporedattore del Tg3, già presidente nazionale dell’Ucsi (Unione cattolica della stampa Italiana). San Francesco di Sales è anche patrono dei giornalisti per la sua attività di evangelizzazione con i “media” del suo tempo. Di seguito l’articolo pubblicato su La Voce e il Tempo a cura di Vania De Luca.

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Proseguono i nostri contributi sulla figura di san Francesco di Sales, di cui quest’anno ricorre il IV centenario dalla morte. Dopo gli interventi di don Giovanni Ghiglione sdb, che ha illustrato la spiritualità del Vescovo di Ginevra, patrono dei salesiani, e quello di suor Mariagrazia Franceschini, dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria (le suore Visitandine fondate da san Francesco di Sales con santa Giovanna de Chantal), su questo numero interviene Vania De Luca, vaticanista, caporedattore del Tg3, già presidente nazionale dell’Ucsi (Unione cattolica della stampa Italiana). San Francesco di Sales è anche patrono dei giornalisti per la sua attività di evangelizzazione con i “media” del suo tempo. Sull’eclettica figura di san Francesco di Sales è in programma domenica 15 maggio, alle 20.30 presso il monastero della Visitazione a Moncalieri (strada Santa Vittoria 15) un incontro sul tema «Sono uomo come di più non è possibile»: intervengono don Michele Molinar sdb, vicario dei Salesiani del Piemonte, e suor Mariagrazia Franceschini, monaca della Visitazione. Introduce e modera Marina Lomunno, giornalista de «La Voce e il Tempo».

San Francesco di Sales è dottore dell’amore, protettore dei sordomuti, e non ultimo patrono dei giornalisti. Sotto il suo patrocinio è posta l’Ucsi, Unione cattolica della stampa italiana, di cui fanno parte giornalisti e comunicatori che lavorano in testate e contesti laici, oltre che cattolici. Il riferimento al santo è citato nel suo statuto all’articolo 1, per rendere evidente un’appartenenza e un riferimento spirituale che non sono un accessorio ma una radice profonda.

Da più di 60 anni, da quando è nata, l’Ucsi anima in tutta Italia per la festa di san Francesco di Sales, il 24 gennaio, una celebrazione eucaristica e una serie di incontri sui temi della comunicazione e dell’etica, riconosciuti dall’ordine dei giornalisti per il rilascio dei crediti formativi. Analogamente avviene a maggio, per la giornata delle comunicazioni sociali, quando il tema di dibattito è spesso legato al messaggio del Papa, che diventa oggetto di dialogo, con tanti giornalisti anche non cattolici. Attualissimi i temi degli ultimi anni: famiglia, misericordia, fake news e giornalismo di pace, comunità e cultura dell’incontro, l’ascolto… L’attuale presidente nazionale Ucsi, Vincenzo Varagona, ci conferma con convinzione quanto la figura di san Francesco di Sales resti un importante riferimento per l’unione, «per la sua testimonianza profetica, con la ricerca innovativa di una linea di frequenza con il popolo e la comunità di cui era Vescovo: sapeva quanto fosse difficile evangelizzare, e per essere ascoltato inventò una nuova forma di comunicazione con cui rendere più efficace l’annuncio».

Torino, Valdocco, Museo don Bosco – Ritratto di San Francesco di Sales, olio su tela. Esposto al pubblico per la prima volta, dipinto nel 1618, quattro anni prima della sua morte, è l’unico ritratto conosciuto dipinto durante la vita di Francesco

Nella vita dei Santi c’è sempre uno specchio del loro tempo e insieme qualcosa di universale, che può parlare a ogni uomo e a ogni donna di ogni epoca e di ogni luogo geografico. Francesco di Sales è stato un «uomo ponte» che ha testimoniato la sua fede in un contesto ostile, vivendo un tempo di passaggio. Davanti ai problemi nuovi che sfidavano la Chiesa e il mondo non ha dato risposte vecchie, ma ne ha cercate di nuove, come tante volte papa Francesco invita a fare oggi, chiedendo creatività. San Francesco radicò la controriforma cattolica nel «sentire interiormente» la via indicata da Dio verso la libertà: Scrisse lettere (più di 30 mila), predicò in un contesto calvinista, parlò di Dio nei colloqui personali, fondò insieme ad Antonio Favre l’Accademia Florimontana (1606-7), per incoraggiare l’approfondimento teologico, filosofico, scientifico e letterario. Scelse come simbolo l’arancio, un sempreverde, che porta fiori e frutti quasi in tutte le stagioni. Anche oggi viviamo un profondo cambiamento d’epoca che pone sfide nuove e richiede nuove risposte anche per quanto riguarda i modi della comunicazione. San Francesco comunicò la fede attraverso i «nuovi media» del suo tempo, per ‘sanare’ le fratture religiose e politiche in un’Europa alla ricerca della pace nella cultura e nella società.

Come prete visse delle sconfitte: dal pulpito non era ascoltato, così cominciò a pubblicare i cosiddetti «manifesti», fogli volanti che si possono paragonare a grandi tweet del tempo, che affiggeva ai muri o faceva scivolare sotto gli usci delle case. Proprio per questo suo modo di cercare forme nuove di comunicazione la Chiesa ha messo sotto la sua protezione la vita di giornalisti e scrittori.

Pio XI, il 26 gennaio 1923, lo proclamò, nella Rerum omnium, patrono di «tutti quei cattolici, che con la pubblicazione o di giornali o di altri scritti illustrano, promuovono e difendono la cristiana dottrina». All’indomani del Concilio Vaticano II Paolo VI lo confermò come modello per i giornalisti cattolici. Illuminanti le parole di Giovanni XXIII agli iscritti dell’Ucsi ricevuti in udienza il 27 gennaio 1963, che riprendevano un suo scritto del 1911. San Francesco di Sales è citato come «l’amabile patrono dei veri amici e servitori della penna».

Non è di quelle figure

«che si possono contenere entro limitati orizzonti»

affermava papa Giovanni,

«essa ci si leva innanzi alla mente, alta e serena: più alta dei monti della sua Savoia, più serena del cielo ridente che si specchia nelle acque azzurre del piccolo lago di Annecy… In verità san Francesco di Sales fu il più amabile tra i santi, e Iddio lo mandava al mondo in un’ora di tristezza… Ed egli apparve ed è rimasto come l’incarnazione della pietà sorridente e forte, in cui si fondono la poesia ingenua di san Francesco d’Assisi e l’amore chiaroveggente di sant’Agostino».

Francesco di Sales era convinto che nel trattare con gli uomini, inclusi gli eretici, bisognava sempre evitare «l’aceto», e usare invece la dolcezza, la comprensione, la stima, il dialogo serio e sincero: «Se sbaglio, diceva, voglio sbagliare piuttosto per troppa bontà che per troppo rigore», oppure «ogni volta che sono ricorso a repliche pungenti, ho dovuto pentirmene. Gli uomini fanno di più per amore e carità che per severità e rigore».

Uscì da una profonda crisi di fede, nel 1587, affidandosi a Dio: «Io vi amerò, Signore». L’amore e la carità furono per lui la via. «Come la regina delle api – scrive nella Filotea – non esce mai senza essere circondata da tutto il suo piccolo popolo, così la carità non entra mai in un cuore senza condurre al suo seguito tutte le altre virtù (…) Il giusto è come un albero piantato lungo un corso d’acqua che porta i frutti nella sua stagione. Quando la carità entra in un’anima, produce in essa frutti di virtù, ciascuno a suo tempo». Filotea è un viatico che introduce alla vita spirituale, personificazione di un’anima, un ‘tu’ femminile che san Francesco dirige tappa dopo tappa, con consigli anche molto pratici, come il «mazzetto spirituale di riflessioni e preghiere» che propone di formare al termine delle meditazioni, da usare e «odorare» nella giornata. Risale al 1608, e dopo meno di 50 anni era già tradotta in 17 lingue. Un classico della mistica è il «Trattato dell’amore di Dio», redatto, così come le altre opere, con linguaggio elegante e insieme semplice, ricco d’immagini, in maniera da coinvolgere il lettore.

L’amore, per il Sales, non è mai astratto, ma concreto. Ne è un esempio, nella sua esperienza di vita, l’incontro con il sordomuto Martino, che prese per mano e accolse in casa come un figlio. Per comunicare con lui imparò il linguaggio dei gesti, e proprio per questo motivo è stato proclamato «protettore dei sordomuti». Dai suoi scritti esce un tratto umano dolce, sereno, dall’animo grande, esempio di accoglienza, degli altri come di se stessi:

«È necessario sopportare gli altri, diceva, «ma in primo luogo è necessario sopportare se stessi e rassegnarsi ad essere imperfetti».

Chiedeva oggettività e non egocentrismo:

«Quel che facciamo per gli altri ci sembra sempre molto, quel che per noi fanno gli altri ci pare nulla».

Invitava alla pazienza:

«Bisogna avere un cuore capace di pazientare; i grandi disegni si realizzano solo con molta pazienza e con molto tempo».

Indicava nel Crocifisso

«la scala attraverso la quale passiamo da questi anni temporali agli anni eterni» (Lettere spirituali 31. 12 1610).

Figura modernissima e profetica anche ai nostri giorni, in un tempo, oggi come allora, di «cuori spezzati», assettai di pace e di riconciliazione.

-Vania De Luca

Visitazione: l’«accademia dell’amore» – La Voce e il Tempo

Nuovo contributo sulla figura di san Francesco di Sales, di cui quest’anno ricorre il IV centenario dalla morte, su La Voce e il Tempo. Suor Mariagrazia Franceschini, dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria, ci parla della fondazione delle suore Visitandine da parte di san Francesco di Sales e santa Giovanna De Chantal. Di seguito l’articolo pubblicato su La Voce e il Tempo.

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Proseguono i nostri contributi sulla figura di san Francesco di Sales, di cui quest’anno ricorre il IV centenario dalla morte. Sullo scorso numero (24 aprile, pagina 14) don Giovanni Ghiglione sdb ha illustrato la spiritualità del Vescovo di Ginevra che don Bosco scelse come patrono dei salesiani; su questo numero suor Mariagrazia Franceschini, dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria (le suore Visitandine fondate da san Francesco di Sales con santa Giovanna de Chantal) e studiosa del carisma del cofondatore, presenta il legame di san Francesco con la spiritualità delle Visitandine presenti in diocesi nel monastero della Visitazione a Moncalieri.

 

“Per dare a Dio donne di preghiera»

per formare cioè persone in grado di esprimere con la totalità della propria vita l’adorazione a Dio in spirito e verità, quale risposta di amore grato e totale: questo il motivo, dichiarato da lui stesso, che induceva Francesco di Sales, vescovo di Ginevra (1567- 1622) ad aprire ad Annecy (Alta Savoia) – era il 6 giugno 1610 – la prima casa della Visitazione. Dapprima semplice istituzione diocesana, il breve di Paolo V, che nel 1618 la erige in ordine religioso, la apre sull’orizzonte internazionale e la Visitazione si diffonde rapidamente oltre che nel ducato di Savoia, nel regno di Francia e in altri stati europei; nel XIX secolo varca l’Atlantico e oggi la troviamo presente in America, da nord a sud, in Africa, nella regione dei grandi laghi, in Congo e Guinea eq., in Asia con un monastero in Libano e uno in Corea del sud.

L’epoca della fondazione della Visitazione è il ‘600: un’Europa travagliata da guerre continue che ridisegnano ogni volta i confini, mentre vanno precisandosi le diverse identità nazionali. Una Chiesa ormai lacerata dallo scisma, impegnata nell’attuazione delle linee emerse a Trento. Una realtà culturale variegata nel pieno fermento di nuove intuizioni. Il luogo è Annecy: una cittadina nell’Alta Savoia, affacciata sul lago omonimo, racchiusa nella cerchia delle sue mura sotto lo sguardo austero del castello del duca di Nemours, sul confine tra il cattolico ducato di Savoia e i territori di Ginevra, roccaforte ed emblema del calvinismo e il cui vescovo era da anni esiliato ad Annecy. Risalendo le viuzze ombrose e i canali della città vecchia si raggiunge il sobborgo de La Perrière, qui – era il tramonto del 6 giugno 1610, festa della Santissima Trinità – tre giovani donne, scortate da un corteo di nobili e di gente del popolo, giungono alla casa chiamata La Galerie per iniziarvi l’esperienza di vita comune sulla scorta di un abbozzo di Costituzioni redatto da Francesco di Sales.

Sono Giovanna Francesca di Chantal, 38 anni, baronessa della Borgogna, vedova e madre di 4 figli, «mente lucida, pronta, decisa, cuore vigoroso, capace di amare e volere con potenza», Jacqueline Favre, 18 anni, spirito aperto e libero, amante della danza e della bellezza, figlia del senatore Antoine Favre, savoiardo doc, umanista coltissimo e uno dei giuristi più celebri del suo tempo, Jeanne Charlotte de Brechard, 30 anni, borgognona, alle spalle una misteriosa storia di umano patire e di splendori soprannaturali, entrata per vie provvidenziali nell’irradiamento spirituale del vescovo di Ginevra. Ad attenderle c’è una donna più attempata, Anne Jacqueline Coste, che si è messa a loro disposizione, una semplice donna del popolo che il Signore stesso si è fatto premura di informare di quanto stava realizzando Francesco di Sales.

Il segreto dell’espansione che la Visitazione conobbe nel XVII e nei primi decenni del XVIII va rinvenuto nella capacità di Francesco di Sales di cogliere i segni dei tempi e di avvertire le nuove esigenze di spiritualità che andavano emergendo nel popolo di Dio. Nel 1610 è da anni padre e maestro spirituale di una grande varietà di persone, di cui ha imparato a discernere gli aneliti più profondi e che guida con impareggiabile sapienza. Francesco è altresì pastore, e di una diocesi tra le più vaste del suo tempo e indubbiamente tra le più difficili, a confronto continuo e diretto con il calvinismo e il proselitismo dei suoi ministri, spesso prepotente, non raramente armato. Da queste sue esperienze vissute con uno sguardo profetico, un cuore docile allo Spirito Santo e abitato dall’amore di Cristo nasce la Visitazione. La sua proposta all’epoca risultava assolutamente innovativa: puntare alle vette più alte dell’amore fino all’unione con Dio percorrendo una via di umile amore, di ascesi interiore, di cordiale carità, amicizia, fraterna lungo lo sgranarsi dei giorni, in semplicità e modestia.

Nell’ideare la Visitazione Francesco era mosso anche dalla sua profonda sollecitudine pastorale: rendere questo cammino accessibile al maggior numero di donne, anche a quelle che, pur avendo la sete delle vette dell’unione d’amore con Dio, in quel tempo, a diverso titolo non potevano avere accesso ai monasteri già esistenti oppure, pur sentendosi chiamate a una dedizione esclusiva a Dio, non si riconoscevano più in forme di vita gravate da una infinità di pratiche esteriori, connotate da grandi austerità esterne, ma impoverite quanto a spessore spirituale. Francesco di Sales, profondamente consapevole che l’unica risposta alla deriva calvinista era la santità vissuta in seno alla Chiesa, ha voluto la Visitazione per servire la Chiesa stessa, non con «opere apostoliche», ma con una «vita apostolica», cioè di Vangelo integralmente vissuto, di testimonianza e di fecondità di bene offerto incondizionatamente a tutti i fratelli. Egli ama descrivere la Visitazione come una realtà in cui tutto è semplice, povero, modesto, aggiunge però subito: «tranne l’aspirazione di chi vi dimora», una aspirazione di pienezza d’amore che non conosce altro limite se non quello del Cuore stesso di Dio.

Ma non si può comprendere l’anima profonda della Visitazione se non si penetra nell’universo del «Trattato dell’amore di Dio», l’altra opera cui Francesco di Sales sta lavorando in quegli stessi anni. Nel diversificato universo religioso del suo tempo Francesco di Sales pensa e propone la Visitazione come «accademia dell’amore», secondo la definizione che ne avrebbe poi dato Henry Brémond, come un luogo cioè dove apprendere, esercitare, comunicare l’arte dell’amore di Dio, quella che sola ci rende pienamente umani. La Visitazione nasce dunque contemplativa, nella dichiarata intenzione del fondatore come già nel vissuto delle prime sorelle. Orientata al conseguimento del puro amore di Dio, nell’abbandono alla sua benevola volontà, riconosciuta e benedetta nella trama delle umili vicende quotidiane come nelle grandi ore della storia: le linee di forza che innervano la vita nel monastero trovano il loro sicuro fondamento teologico e la compiuta espressione proprio nelle pagine del «Trattato».

Per questo il ritratto più bello di una monaca della Visitazione – meta mai raggiunta ma cui sempre tendere di nuovo– è quello che Francesco tratteggia nel libro X del suo «Trattato» descrivendo «la sposa» per eccellenza:

«Colei che ama di più, la più amabile e la più amata, che non soltanto ama Dio sopra tutte le cose e in tutte le cose, ma in tutte le cose ama soltanto Dio […] e siccome è soltanto Dio che essa ama in tutto ciò che ama, essa lo ama ugualmente dovunque […] ama ugualmente il suo re con tutto l’universo o senza tutto l’universo. Non ama nemmeno il paradiso se non perché lì si può amare lo Sposo».

Come sia possibile giungere a questo è ancora Francesco che traccia la via e indica i mezzi adeguati. La via è l’imitazione di Gesù, anzi il lasciare in sé libero spazio a lui, fino a poter dire con san Paolo:

«Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me».

I mezzi sono le virtù più care al Salvatore che definì se stesso «mite e umile di cuore»: l’umiltà dunque verso Dio e la dolcezza verso il prossimo, declinate in tutte le situazioni della vita. L’humus che rende tutto ciò vita, e vita piena, bella, concreta, è la preghiera, realtà che diventa via via omnicomprensiva fino ad avvolgere e penetrare tutta l’esistenza. Preghiera che significa essenzialmente relazione, «amicizia di predilezione», per usare le parole di Francesco di Sales, con le persone della Santissima Trinità, e che di tale relazione conosce tutte le sfumature, le delicatezze, le impensabili profondità, gli sconfinati orizzonti.

-suor Mariagrazia FRANCESCHINI