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San Francesco di Sales: cuore e umanità – La Voce e il Tempo

A Valdocco, nel Museo Casa don Bosco, è allestita fino al 15 gennaio 2023 una mostra che illustra la vita e le opere di san Francesco di Sales nel IV centenario della sua morte. In occasione delle celebrazioni La Voce e il Tempo ha chiesto un contributo che evidenzi l’attualità del santo a un salesiano, ad una suora visitandina e a una giornalista. Inizia don Gianni Ghiglione, salesiano, uno dei massimi esperti della spiritualità e dell’opera di san Francesco di Sales, che ci parla del cuore e dell’umanità del santo. Di seguito l’articolo pubblicato su La Voce e il Tempo.

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Quest’anno ricorre il IV centenario dalla morte di san Francesco di Sales, vescovo francese di Ginevra, dottore della Chiesa, avvenuta a Lione il 28 dicembre 1622. A Valdocco, nel Museo Casa don Bosco, è allestita fino al 15 gennaio 2023 una mostra che illustra la vita e le opere del santo scelto da don Bosco come patrono della congregazione e che fondò con santa Giovanna de Chantal l’ordine delle Visitandine. Il santo è anche patrono dei giornalisti per la sua attenzione alla comunicazione del Vangelo: noti sono i manifesti che affiggeva ai muri di Ginevra e i foglietti che infilava sotto le porte delle case. In occasione delle celebrazioni del centenario abbiamo chiesto tre contributi – ad un salesiano, ad una suora visitandina e a una giornalista – che evidenziano l’attualità del santo. Iniziamo con don Gianni Ghiglione, salesiano, uno dei massimi esperti della spiritualità e dell’opera di san Francesco di Sales: ha scritto numerosi studi sul santo tra cui una biografia in due volumi.

 

Il messaggio di Francesco di Sales, dopo 400 anni, non ha perso nulla della sua freschezza e della sua modernità. Basta dare un’occhiata alle nuove edizioni che hanno le sue opere. Vorrei evidenziare alcuni elementi di modernità del messaggio umano e spirituale che Francesco di Sales ci comunica in questo anno giubilare.

Il primo elemento che ce lo rende subito affascinante è la sua ricca umanità. Scrive don Mackey, che ha curato l’edizione critica dei primi 15 volumi dell’OeA (Opere di Annency), a proposito delle «Lettere» (11 volumi!): «È qui che il santo si manifesta completamente; a sua insaputa, egli permette di contemplare facilmente e di studiare sotto tutti gli aspetti la sua personalità così ricca di fascino. C’è l’uomo dotato della natura più squisita che si possa immaginare. La tenerezza dell’amicizia e della pietà filiale, l’attaccamento alla Chiesa, lo zelo per le anime e il suo immenso amore per Dio, tutti i sentimenti più nobili, più puri, più elevati sgorgano dal suo cuore e vengono versati nelle sue lettere». Ricchezza di umanità che significa capacità di contatto con le persone, desiderio di creare relazioni di amicizia e di abbattere i muri della diffidenza, di costruire rapporti duraturi all’insegna della bontà e della tenerezza. Francesco non ha paura dei suoi sentimenti e li comunica con una semplicità e luminosità disarmanti. Alcuni esempi:

  • A Giovanna di Chantal scrive:

«Amo questo amore. Esso è forte, ampio, senza misura né riserva, ma dolce, forte, purissimo e tranquillissimo; in una parola è un amore che vive solo in Dio. Dio che vede tutte le pieghe del mio cuore, sa che in questo non v’è nulla che non sia per Lui e secondo Lui, senza il quale non voglio essere nulla per nessuno».

  • A una persona che ha avuto di recente un lutto scrive:

«Voi vivete sempre presente nel mio cuore che si rallegra nel vedervi perseverare nel voler servire con tutto il vostro cuore Sua divina Maestà in santità e purezza».

  • A una suora ammalata e fragile:

«Amo con fermezza il vostro spirito, perché penso che Dio lo voglia, e teneramente perché lo vedo ancora debole e giovane». In una delle prime lettere che scrive all’amico Antonio Favre, leggiamo: «Vivrà sempre nel mio petto l’ardente desiderio di coltivare diligentemente tutte le amicizie!».

E Francesco rimarrà fedele per sempre a questo ‘ardente desiderio’. Basti pensare che a nessuna virtù di cui tratta nell’«Introduzione alla Vita Devota» dedica tanto spazio come all’amicizia: ben 6 capitoli! In altre parole, quello che rende attuale Francesco è la sua apertura all’umano, così vivo nella cultura del suo tempo, il suo amore per lo studio come strumento di dialogo e di sguardo positivo sul mondo.

Un secondo elemento di modernità è il pensare la santità in chiave universale, per tutti! Recentemente Papa Francesco ha ribadito questo concetto: Tutti sono chiamati alla santità e si serve quasi delle stesse parole di Francesco di Sales:

«Per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova».

 

E questo perché? Perché Dio guarda il cuore e tutti hanno la possibilità di donarlo interamente a Lui, qualunque sia la loro situazione di vita: «La santità deve essere vissuta in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico, dal principe, dalla vedova, dalla nubile, dalla sposa; non solo ma deve essere pure proporzionata alle forze, alle occupazioni e ai doveri dei singoli». Infatti la santità (Francesco usa il termine «devozione») «non è altro che un vero amore di Dio giunto ad un tale livello di perfezione, per cui, non soltanto ci dà la forza di agire bene, ma ci spinge ad operare con cura, spesso e con prontezza… E’ una forma di agilità e vivacità spirituale per mezzo della quale la carità agisce in noi o, se vogliamo, noi agiamo per mezzo suo, con prontezza e affetto». Anche oggi, ci ricorda Francesco, là dove ti trovi, puoi amare, far crescere la vita, donare un po’ di te perché qualcuno ricuperi la speranza.

Un terzo elemento di modernità lo trovo nel fatto che Francesco, buono e amabile, sa essere esigente: non abbassa l’obiettivo. La virtù di cui è diventato simbolo è la dolcezza. Ma che cos’è veramente la dolcezza salesiana? La dolcezza salesiana non è sentimentalismo, non è buonismo, tipico di chi chiude volentieri gli occhi sulla realtà per non avere problemi e seccature; non è la miopia di chi vede tutto bello e buono e per il quale tutto va sempre bene; non è l’atteggiamento inerte di chi non ha proposte da fare. La dolcezza salesiana nasce da una profonda e solida carità ed esige un attento controllo delle proprie risorse emotive ed affettive; si esprime in un carattere di umore sereno costante, evita modi bruschi, severi o autoritari… Dunque la dolcezza non va confusa con la debolezza, anzi è forza che richiede controllo, bontà d’animo, chiarezza di intenti e forte presenza di Dio. In un mondo in cui si confonde spesso la libertà con il fare ciò che si vuole, in cui nell’educazione spesso è abolita la richiesta di impegno, l’obbedienza a norme e regole, in cui il «devo» è sostituito dal «se me la sento», ecc. Francesco di Sales è esigente e punta in alto. Infine evidenzio ancora la centralità del cuore.

La strenna, offerta alla Famiglia salesiana in questo anno, «Fare tutto per amore e niente per forza», va in questa direzione. Le persone guidate da Francesco di Sales avanzano sostenute dall’amore e non hanno altro scopo che l’amore: «Bisogna perseverare nel tendere alla perfezione del santo amore, affinché l’amore sia perfetto». Uno dei primi consigli che dà a Giovanna di Chantal è:

«Tutto quello che si fa per amore è amore. Il lavoro e perfino la morte non sono che amore quando è per amore che noi li accogliamo».

Significativa è la conclusione del suo capolavoro, il «Trattato dell’amore di Dio». Il Calvario, luogo dove Gesù ha donato per amore tutto se stesso, diventa il monte sul quale si danno appuntamento gli amanti, cioè coloro che sono disposti ad amare come Gesù ha amato! In che cosa Francesco di Sales fa consistere l’amore? Nella ferma decisione del cuore che vuole per sempre e inseparabilmente restare unito con tutte le sue forze alla volontà divina. Questa volontà di Dio non si trova nelle orazioni o nelle vie straordinarie, ma sui sentieri ordinari, in quelle contraddizioni, in quei piccoli fastidi, in quei minuti doveri, in quelle sofferenze di ogni giorno. Tutta la perfezione consisterà dunque nel volerla, nel compierla, nell’amarla:

«Bisogna discernere ciò che Dio vuole e, dopo averlo riconosciuto, bisogna cercare di farlo con gioia o almeno con corag- gio… È questo il centro del bersaglio della perfezione, al quale dobbiamo mirare e chi più si avvicina ottiene il premio»

 

Don Gianni GHIGLIONE.

 

Il Valsalice lancia «ToVision», gara canora tra 38 scuole

ToVision 2022: il primo festival canoro degli istituti superiori torinesi che nasce da un’idea di due allievi del liceo salesiano Valsalice, Beatrice e Giulio, partiti dalla convinzione di don Bosco: “Un oratorio senza musica è come un corpo senz’anima”.

Ecco la notizia a cura di Marina Lomunno, proveniente da “La Voce e il Tempo”, con il racconto dell’iniziativa:

Tutto inizia dalla convinzione di don Bosco, il santo sociale torinese più conosciuto al mondo, che «Un oratorio senza musica è come un corpo senz’anima». Infatti non c’è casa salesiana, nei 132 Paesi dei 5 continenti dove sono presenti i figli del santo dei giovani, in cui la musica ed il canto non siano parte integrante del progetto educativo.

E così, nell’anno in cui la 66ª edizione di «Eurovision Song Contest» (tra le competizioni musicali più seguite al mondo) si celebra al PalaOlimpico di Torino dal 10 al 14 maggio, a Beatrice Periolo e Giulio Rigazio, allievi dell’ultimo anno al liceo salesiano Valsalice è venuta un’idea:

«perché non promuovere una gara canora nelle scuole torinesi alla vigilia della kermesse internazionale per far sentire la voce di giovani talenti della nostra città?».

Ed ecco «ToVision 2022», primo festival canoro degli istituti superiori torinesi: lo spettacolo, live, andrà in scena al Teatro grande di Valdocco il 7 maggio alle 21. Si ispira a «Tù sì que Valsales 2022 – Un talento per don Bosco», talent show andato in onda in diretta YouTube sul canale di Valsalice il 26 febbraio scorso quando si sono esibiti sul palco del Teatro di Valsalice 20 allievi del liceo e delle medie, alcuni in presenza altri in video, finalisti dopo una selezione di 40 ragazzi e ragazze iscritti alla gara.

«ToVision22 è una bella iniziativa partita dal nostro Istituto», spiega Marco Montersino, professore-musicista di lettere al liceo di viale Thovez, «ci siamo detti che sarebbe stato bello offrire a tutte le altre scuole la possibilità di partecipare a un talent come quello che organizziamo ogni anno a Valsalice. E così Giulio, regista e direttore artistico, e Beatrice, direttrice di produzione di ‘ToVision’ hanno messo in piedi un team di studenti, l’associazione ‘GEN Z NOW’ e insieme a ValsOnAir, la web radio del nostro liceo, siamo partiti in questa avventura che ha avuto un’adesione al di là di ogni nostra aspettativa: 38 scuole coinvolte, 400 concorrenti che hanno svolto i provini all’interno delle singole scuole e migliaia di contatti social».

Nella serata di sabato 9 aprile si è tenuta a Valsalice la selezione dei giovani talenti che parteciperanno al «ToVision» sul palco di Valdocco, secondo teatro torinese per capienza con 820 posti. La giuria di qualità che ha pesato per il 40% e il voto social (60%) ha scelto 14 finalisti che si esibiranno il 7 maggio, a 3 giorni da «Eurovision», nello show presentato da Pietro Morello «influencer e tiktoker» torinese. Ospite d’onore, Lorenzo Baglioni, cantautore e comico che ha debuttato a Sanremo nel 2018.

ToVision è sponsorizzato, tra gli altri, da Xiaomi, secondo produttore al mondo di telefonia mobile, NovaCoop, dall’etichetta discografica M&MD& G Music che premierà il primo classificato con la produzione e distribuzione di due singoli e dal produttore musicale Daniele Affubine che donerà al secondo più votato la produzione di un brano. La classifica finale, come in ogni festival canoro che si rispetta, verrà stilata da una giuria tecnica di cantanti e musicisti e dal voto del pubblico attraverso i social.

Informazioni e biglietti su www.tovision.it.

Marina LOMUNNO

TO Agnelli: raccolta per «C’entro Anch’io»

Si riporta la notizia proveniente da “La Voce e il Tempo”settimanale, n.15, domenica 17 aprile – relativa alla campagna di raccolta fondi organizzata dall’Istituto internazionale Edoardo Agnelli di Torino dal titolo: “C’entro Anch’io” che mira alla ristrutturazione del Salone delle Feste “creando così uno spazio dove coltivare i talenti musicali (e non solo) dei nostri studenti”.

L’Istituto internazionale Edoardo Agnelli di Torino (corso Unione Sovietica 312) ha lanciato la campagna di raccolta fondi «C’entro Anch’io» per la ristrutturazione del Salone delle Feste che diventerà uno spazio dove gli studenti potranno coltivare i propri talenti musicali (e non solo).

«Il Salone», spiegano i responsabili del progetto, «è essenziale per lo svolgimento di attività aggregative, laboratori formativi con le aziende partner dell’Istituto ed eventi culturali che coinvolgono le famiglie e il territorio». Il Salone ad oggi non è utilizzabile tutto l’anno in quanto l’impianto di riscaldamento è inadeguato alla dimensione e rumoroso; mancano arredi essenziali (tavoli e sedie); c’è una pessima acustica; mancano impianti luci e audio adatti a concerti, spettacoli, convegni; c’è necessità di una ritinteggiata e di un tocco di colore.

La campagna «C’entro Anch’io» mira a trovare le risorse necessarie per installare un nuovo impianto di riscaldamento efficiente e silenzioso, che consentirà agli studenti di utilizzare la sala per le prove e i concerti, allestire il locale con tavoli, sedie e nuovi arredi che permetteranno di accogliere il pubblico, realizzare laboratori e corsi di formazione. Un progetto dunque per «far rivivere» il Salone delle Feste, luogo simbolico sia per i ragazzi che per l’intera comunità dell’Agnelli.

S.D.L.

È possibile effettuare una donazione tramite bonifico, Iban IT69O0306909606100000116216 con causale: «C’entro Anch’io» oppure tramite Satispay o Rete del dono al seguente link:

Agnelli, riscoprire il gioco da tavolo: strumento educativo in era Covid – La Voce e il Tempo

All’Oratorio Salesiano Agnelli di Torino parte il progetto “Accorciamo le distanze” promosso dai Salesiani per il sociale, con «P.L.A.Y.» (Prevent, Learn, Amuse, Youth): un ciclo di incontri di formazione per gli animatori. Di seguito l’articolo di Emanuele Carrè per “La Voce e il Tempo“.

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FORMAZIONE PER GLI ANIMATORI – QUATTRO INCONTRI NELL’AMBITO DEL PROGETTO «ACCORCIAMO LE DISTANZE» PROMOSSO DAI SALESIANI PER IL SOCIALE

Agnelli, riscoprire il gioco da tavolo: strumento educativo in era Covid

Il gioco da tavolo come strumento educativo a supporto in particolare dei ragazzi che hanno subìto tutte le conseguenze di due anni di pandemia. Si tratta di «P.L.A.Y.» (Prevent, Learn, Amuse, Youth): un ciclo di incontri di formazione per gli animatori dell’oratorio salesiano Agnelli di Torino (via Sarpi 117) che si terrà tra l’11 febbraio e l’11 marzo e che rientra nel progetto «Accorciamo le distanze» promosso dal Comitato interregionale dell’Associazione Salesiani per il Sociale di Piemonte e Valle d’Aosta, in collaborazione con l’Associazione giovanile salesiana per il territorio (Ags) e l’associazione di promozione sociale «Quindi Ci Sei» con il sostegno della Regione Piemonte e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Il progetto si pone l’obiettivo di implementare le azioni volte alla cura e al supporto educativo e socia- le. Nel caso di «Play» il fulcro è il gioco, in particolare quello da tavolo, che diviene strumento formativo e di coesione sociale assumendo una funzione riabilitativa in particolare per tutti i ragazzi che sono stati e sono ancora vittima degli effetti negativi della pandemia, a livello sociale, psicologico e didattico. Ne abbiamo parlato con l’educatore dell’oratorio Agnelli, Gianni Glorioso che segue l’iniziativa:

«è un progetto a cui abbiamo aderito per poter seguire i bambini e i ragazzi che frequentano l’oratorio, in particolare il doposcuola con linguaggi e tecniche diversi dal solito. Con l’aiuto di Egidio Carlomagno, responsabile del settore Animando della cooperativa sociale salesiana E.T. i nostri animatori impareranno ad utilizzare il gioco da tavolo come strumento per aiutare i bambini a sviluppare un proprio metodo di studio e a scoprire le loro capacità. È un modo diverso per riuscire a capire le loro debolezze e i loro punti di forza in modo da aiutarli al meglio».

A partecipare al ciclo di incontri (l’11, il 18 febbraio e l’11 marzo dalle 18 alle 20) saranno una quindicina di animatori tra i diciassette e i ventidue anni con alle spalle esperienze di servizio nell’oratorio dell’Agnelli. «Grazie a questi incontri gli animatori potranno comprendere e far loro questo nuovo strumento di relazioni in modo da poterlo poi utilizzare con consapevolezza a favore di bambini e ragazzi», conclude l’educatore Gianni Glorioso.

Per ulteriori informazioni: www.oratorioagnelli.it

Emanuele CARRÈ

Don Viviano, in Basilica le speranze della città – La Voce e il Tempo

Di seguito l’intervista a don Michele Viviano, rettore della Basilica Maria Ausiliatrice di Torino-Valdocco, riportata su La Voce e il Tempo a cura di Marina Lomunno.

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INTERVISTA – IL NUOVO RETTORE DI MARIA AUSILIATRICE «CUORE » DEL MONDO SALESIANO
Don Viviano, in Basilica le speranze della città

Don Michele Viviano, classe 1962, nato a San Cataldo (Caltanissetta), prete dal 1991, è stato nominato rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice dal 1° settembre 2021 al 31 agosto 2024: succede al confratello don Guido Errico, ora maestro dei novizi e direttore dell’Opera salesiana di Genzano di Roma. Docente al Centro teologico San Tommaso di Messina, è giunto a Valdocco dopo numerosi incarichi a Roma e in Sicilia.

Lo abbiamo incontrato lunedì 24 gennaio, festa liturgica di san Francesco di Sales, patrono dei salesiani, che ha dato il via alla settimana in preparazione ad una festa di don Bosco «speciale» per la congregazione: nel 2022 si celebrano i 400 anni dalla morte di san Francesco di Sales, al quale è stata dedicata una importante mostra inaugurata a Valdocco la scorsa settimana.

Don Michele, cosa significa per un salesiano essere Rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice, Casa madre della sua congregazione, Casa di don Bosco dove si venerano le sue spoglie mortali, a cui tutta la famiglia salesiana nei 134 Paesi in cui è sparsa nel mondo guarda come guida carismatica e meta di pellegrinaggio?

Mi sento molto privilegiato e lo vivo innanzitutto come un regalo di don Bosco per il mio 30° anno di ordinazione presbiterale. Nel 2016, nel mio 25° di sacerdozio, mi è arrivata un’obbedienza «strana», a cui non mi sentivo per nulla preparato: alla mia vita abbastanza tranquilla di docente nell’Istituto Teologico di Messina mi si chiedeva di aggiungere la direzione di un centro di accoglienza per migranti che arrivavano dal porto di Catania. Era il periodo in cui Papa Francesco ci invitava ad aprire le case e gli istituti religiosi per ospitare chi rischiava la vita per attraversare il Mar Mediterraneo. Accolsi quell’obbedienza come un regalo di Dio per il mio 25°. Ora, dopo 5 anni, con mia grande sorpresa e senza esser stato mai parroco, il Rettor Maggiore mi ha chiesto l’obbedienza di venire qui a Torino come Rettore della Basilica più importante per la nostra congregazione. Come non accoglierla come un dono di Dio, come una chiamata di don Bosco? Ogni figlio di don Bosco sogna di stare un giorno, un periodo nei luoghi delle origini della nostra Congregazione e così è stato per me fino adesso.

Un sogno che è diventato realtà: è la prima volta che celebro la festa di don Bosco proprio accanto a lui in Basilica, nei luoghi dove ha cominciato ad accogliere i ragazzi e con alcuni di questi a fondare la congregazione: «ci chiameremo salesiani», era il 26 gennaio del 1854. E poi a maggio, sarà un’emozione celebrare per la prima volta la festa di Maria Ausiliatrice nel tempio costruito dal nostro padre e maestro. Essere Rettore è anche una grande responsabilità, un impegno di cui forse ancora non mi rendo conto. Ma non sono solo: ho una comunità che mi sostiene, confratelli che aiutano e collaborano tanto. Io sono il Rettore ma ancor prima che a me la Basilica è affi data alla mia comunità e questo mi conforta e mi incoraggia.

La Basilica di Maria Ausiliatrice è punto di riferimento non solo per il mondo salesiano, ma per tutta la diocesi di Torino che don Bosco ha reso famosa nel mondo. Cosa chiedono gli uomini, le donne e i giovani di oggi a Maria Ausiliatrice quando vengono in Basilica?

In questi primi 4 mesi ho visto tante persone di tutte le fasce sociali ricorrere all’Ausiliatrice: tutti chiediamo che ci liberi dalla pandemia che, oltre a mettere a rischio la nostra salute, ha cambiato le nostre abitudini, ha condizionato le nostre attività, ci ha isolati di più, ci ha diviso all’interno delle stesse famiglie per le divergenze anche di pensiero sul virus, ci ha resi più fragili, insicuri, diffidenti l’uno dell’altro visto come potenziale portatore della malattia. Per questo abbiamo bisogno di sicurezza, certezze, punti fermi che la scienza non ti dà e non può darti. Per cui c’è un ritorno a Dio, un maggior ricorso a Maria Ausiliatrice, a porre la nostra vita nelle mani sicure del Dio della vita e di colei che è la mamma delle mamme, l’Ausiliatrice di ogni uomo che a lei ricorre con la semplicità e la fiducia del figlio, della figlia.

Quali iniziative pensa di lanciare in Basilica nei prossimi anni perché sia sempre più casa accogliente come sono da sempre questi cortili?

Ho bisogno ancora di qualche mese per conoscere chi varca la nostra soglia, cosa desidera, cosa ha bisogno, cosa ci chiede: non è facile, ma non desidero cadere in un attivismo di iniziative che possono abbagliare ma non illuminare e riscaldare il cuore. Certamente la Basilica deve avere un respiro lungo e profondo, insieme a uno sguardo ampio che vada oltre i confini locali e nazionali da una parte e, dall’altra, offrire, insieme alla celebrazione eucaristica e a quella della riconciliazione sempre ben curate, iniziative formative e culturali. Oggi i santuari, come il nostro non sono solo «oasi nel deserto» per trovare un po’ di pace dal frastuono della città; «ospedali da campo» per curare o sanare qualche ferita; o «isole ecologiche» per essere perdonati. Oggi un santuario come il nostro, che conserva le spoglie di tre santi e due beati, è anche un «magnete» che attira non solo chi vuol pregare, ma anche il semplice curioso o visitatore di luoghi artistici; che accoglie non solo i torinesi ma anche gli ex-allievi che arrivano dall’altra parte del mondo. Dunque mi chiedo, lasciandomi illuminare da don Bosco, cosa può e deve offrire di significativo il santuario Basilica Maria Ausiliatrice alla città di Torino, innanzitutto, e ad ogni persona che entra in questo tempio, o meglio in questa «casa» come diceva don Bosco: «Hic Domus mea, inde gloria mea»? («Questa è la mia casa, da qui la mia gloria»).

Marina LOMUNNO

S. Francesco di Sales, «gigante della fede» – La Voce e il Tempo

La mostra per i 400 anni dalla morte di San Francesco di Sales, dottore della Chiesa. Di seguito l’articolo di Marina Lomunno per “La Voce e il Tempo“.

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C’è molto di Torino nella mostra allestita a Valdocco per celebrare l’inizio del IV centenario dalla morte del Vescovo francese san Francesco di Sales, dottore della Chiesa, avvenuta a Lione il 28 dicembre 1622.

Il Vescovo di Ginevra fu scelto infatti da don Bosco come patrono della congregazione che fondò a Torino il 18 dicembre 1859, i Salesiani.

Torinese è l’autore del dipinto della locandina della mostra, custodito nel Museo, Enrico Reffo, fratello del servo di Dio Eugenio confondatore con san Leonardo Murialdo, amico di don Bosco, della Congregazione di San Giuseppe.

E poi, tra gli altri «pezzi nostrani» esposti, un ritratto del santo «in posa diretta» del 1618 prestato dal Monastero delle Visitandine di Moncalieri, ordine fondato da san Francesco e santa Giovanna de Chantal.

Ancora, un prezioso medaglione in osso di manifattura piemontese del 1613, ricordo coevo dell’ostensione della Sindone del 1613 e una pianeta originale del 1593, indossata dal santo e conservata presso il Santuario della Consolata.

«La vestì celebrando l’Eucaristia a Torino, pochi mesi prima della morte», ha spiegato don Cristian Besso, preside dell’Università Pontificia di Teologia di Torino e responsabile del progetto del Museo don Bosco, «ed è probabile che sia stata confezionata con tessuti della corte sabauda del Duca Carlo Emanuele I». La mostra «Francesco di Sales 400» si è inaugurata sabato 15 gennaio a Valdocco, Casa Madre dei Salesiani, alla presenza del Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime e con 12 mila persone collegate in streaming dai 134 Paesi dove sono presenti i fi gli e le fi glie di don Bosco. Un’occasione speciale per la 40ª edizione delle Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana 2022, concluse domenica 16 nella Basilica di Maria Ausiliatrice e a pochi giorni dal 24 gennaio, festa liturgica di san Francesco di Sales. L’esposizione è allestita fi no al 15 gennaio 2023 nel Museo «Casa Don Bosco», aperto nell’ottobre 2020 e fortemente voluto dal Rettor Maggiore.

«Valdocco è lanterna per il mondo salesiano», ha sottolineato don Artime, «e il Museo è un sogno realizzato che ogni anno vuole offrire un’iniziativa speciale per approfondire il carisma salesiano che qui è nato 162 anni fa. Ecco allora la mostra su san Francesco di Sales, nostro patrono, fonte a cui don Bosco si è abbeverato e a cui si è ispirato nell’attenzione ai giovani più poveri, nella comunicazione della fede anche con i fratelli separati dalla Riforma nella Ginevra calvinista: noti sono i manifesti che affi ggeva ai muri della città e i foglietti che infi lava sotto le porte delle case. Per questo è anche patrono dei giornalisti».

Gli ha fatto eco l’Arcivescovo, mons. Cesare Nosiglia: «Ringrazio i salesiani per questo Museo e questa mostra che arricchisce non solo la nostra diocesi e la nostra città: san Francesco di Sales è un santo a me molto caro perché ha dedicato il suo ministero ai più bisognosi, un maestro devoto che ci indica la strada verso la perfezione, l’amore di Dio che si esprime della carità: visitare la mostra è fare un esame di coscienza che ci permette di guardare a questo santo che ha ispirato don Bosco a educare buoni cristiani e onesti cittadini. Un messaggio attuale ancora più oggi in questo tempo diffi cile di pandemia».

E del legame con la città ha parlato anche la direttrice dei Musei Reali di Torino, Enrica Pagella, che ha ricordato un altro ritratto di san Francesco di Sales dell’artista Pelagio Palagi (1775-1860), voluto da Re Carlo Alberto per aprire il pantheon dello Stato sabaudo in cui compaiono 54 fra ecclesiastici, scienziati, statisti e diplomatici dal Medioevo all’Età Moderna. La direttrice ha invitato a recarsi ad ammirare la tela a Palazzo Reale poiché non è possibile estrarla dalla grande cornice che il pittore realizzò per raccogliere quella galleria di ritratti. Una buona occasione per creare un itinerario culturale e spirituale fra il Museo salesiano e quello Sabaudo.

La mostra, ha aggiunto la curatrice Stefania De Vita, direttrice del Museo «Casa Don Bosco», accompagna il visitatore alla conoscenza della biografi a del santo, all’iconografi a «salesiana» nell’oratorio delle origini, e alle sorgenti della spiritualità e della pedagogia salesiana. Un «gigante rinascimentale molto attuale, san Francesco di Sales, modello per chi cerca Dio amico del cuore umano», come lo ha definito don Michael Pace, vicedirettore del Museo che ha condotto l’inaugurazione, «che coinvolge – sia per le sue origini familiari sia per la sua azione pastorale – una vasta comunità a cavallo tra la Francia e l’Italia, e da qui l’intera Chiesa».

Marina LOMUNNO

Parrocchie Torino Nord, dibattito con il sindaco Stefano Lo Russo

Martedì 8 febbraio 2022 alle 21.00, presso la chiesa parrocchiale Nostra Signora della Salute in via Vibò 26 (Torino), «La Voce e Il Tempo» organizza un incontro pubblico fra il sindaco di Torino Stefano Lo Russo e le parrocchie della periferia nord.

Lo Russo dialogherà con i parroci e con la popolazione sul presente e il futuro delle periferie, sull’emergenza sociale, sui grandi problemi aperti nei quartieri popolari.

L’incontro, aperto a tutti gli interessati (con obbligo di green pass), sarà moderato da Alberto Riccadonna, direttore de «La Voce e Il Tempo».

Mad for Science: il Valsalice vince un nuovo laboratorio – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo per domenica 17 ottobre dedica un articolo alla vittoria del “Mad for Science” da parte del Liceo salesiano di  Torino Valsalice con l’intervista alla professoressa Giuliana Losana, docente di scienze, la quale ha guidato la squadra vincitrice composta da Rebecca Oliva, Silvia Mantovani, Edoardo Ghiazza, del quinto anno del Liceo scientifico Scienze applicate, con Matteo Vergnano e Alberto Rota. Di seguito l’articolo a cura di Silvia SCARANARI.

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Mad for Science: il Valsalice vince un nuovo laboratorio

SCUOLA – AL LICEO SCIENTIFICO TORINESE IL PRIMO PREMIO (75 MILA EURO) DEL CONCORSO NAZIONALE RIGENERARE IL FUTURO LEGATO ALL’AGENDA 2030 ONU

Liceo Valsalice, giovedì 7 ottobre, mattina. Entrando a scuola si percepisce una singolare euforia: studenti distratti, un po’ agitati, alcuni scendono in teatro, dove li attende un collegamento in diretta con l’Auditorium Vivaldi di Torino. Chiacchiere un po’ nervose si sentono provenire dal cortile. E poi l’urlo di gioia, poco dopo le 13: «Abbiamo vinto!». Poi è tutto uno scrosciare di applausi. La squadra composta da Rebecca Oliva, Silvia Mantovani, Edoardo Ghiazza, del quinto anno del Liceo scientifico Scienze applicate, con Matteo Vergnano e Alberto Rota, ormai ex allievi, ha vinto il primo premio – su 160 licei in tutta Italia – di Mad for Science. Abbiamo intervistato la professoressa Giuliana Losana, docente di scienze, che ha guidato la squadra.

Professoressa Losana, cos’è Mad for Science?

Mad for Science è il concorso nazionale indetto dalla fondazione Diasorin, riconosciuto dal ministero dell’Istruzione come iniziativa di valorizzazione delle eccellenze delle Scuole secondarie di secondo grado. Nella sua quinta edizione la Fondazione ha bandito il concorso «Rinnovare il futuro» e invita- to i licei scientifici e classici con curvatura biomedica di tutta Italia ad elaborare un progetto sperimentale innovativo e originale con particolare attenzione alla sostenibilità e all’economia cir- colare. Tra tutti i progetti presentati 8 sono stati selezionati e il 7 ottobre la giuria, riunita all’Auditorium Vivaldi di Torino, ha premiato il nostro. Il primo premio consiste in 50mila euro per rinnovare la strumentazione di laboratorio e 25mila euro per il materiale di consumo per i prossimi cinque anni. Il secondo classificato ha vinto 38mila per l’implementazione del proprio biolaboratorio e relativi materiali di consumo, il terzo 15mila. Gli altri finalisti 10mila euro. Questo concorso è una vera occasione di crescita e un aiuto concreto per svolgere il lavoro di insegnate di scienze nel miglior modo possibile.

Il progetto, iniziato a dicembre 2020, ha coinvolto diverse componenti della scuola: docenti come consulenti, tutta la classe quinta di Scienze applicate, il gruppo della web-radio e alcuni ex allievi. In cosa consiste?

Abbiamo presentato un progetto sulla bioconversione rispetto alla produzione di compost. Ritengo sia stato fondamentale far riflettere sull’importanza della biodiversità genetica e di specie e così abbiamo ipotizzato un nuovo percorso di economica circolare. Partendo da alcuni punti cardine dell’agenda Onu 2030, in particolare i programmi rivolti all’impresa, all’innovazione e alle infrastrutture, quelli per le Città e comunità sostenibili e quelli per il Consumo e la produzione responsabile, gli studenti sono partiti dal paragonare tempi di produzione e qualità del prodotto tra bioconversione e compostaggio valutandone l’impatto quotidiano sull’ambiente. Hanno poi cercato di analizzare l’abbattimento della biodiversità in un allevamento di mosche soldato. Ana- lizzando la flora intestinale delle larve di mosca soldato hanno riflettuto su come rendere lo smaltimento del rifiuto più efficiente, provando ad estrarre proteine delle larve per verificarne la qualità e sperimentarne la possibilità di tessitura. Il lavoro ha comportato anche una riflessione sul potere dei «marchi» e della moda. Il lavoro laboratoriale è stato, e sarà ancora in futuro, accompagnato dall’impegno nella formazione dell’intera scuola tramite programmi alla web radio scolastica (valsonair.li- ceovalsalice.it/podcast/mad-for-scien- ce-4sa-e-bef-biosystem/), la creazione di un sito dedicato (valsaproject.netlify. app/), incontri di spiegazione con le classi del liceo e delle medie e il lancio di un concorso per ideare il logo del nostro nuovo tessuto ‘moscoso’.

Si tratta quindi per tutto l’Istituto Valsalice di un progetto importante per avvicinare i ragazzi alla scienza sperimentale?

L’idea portante del progetto è stata quella di offrire agli allievi non solo competenze tecniche e scientifiche, ma anche la passione per la ricerca biomolecolare. È importante sentirsi parte viva della comunità scientifica odierna. Valsalice è una realtà variegata e soprattutto molto ricca di competenze e conoscenze che sanno integrarsi tra loro e può essere una risorsa per tutta la città. Il nuovo laboratorio sarà sicuramente una vera eccellenza, perché ci permetterà di affrontare didatticamente le principali tecniche odierne di biologia molecolare. I ragazzi potranno essere parte attiva nel costruire il sapere sperimentale. Qualcuno forse troverà una vocazione per la vita, ma sicuramente tutti acquisiranno ulteriori strumenti conoscitivi che potranno aiutarli nelle scelte future. Una bella ricchezza anche per gli studenti del Classico, che potranno frequentare un laboratorio raro da trovare in altri licei.

Silvia SCARANARI

Museo «Casa Don Bosco» allestimento completato – LA VOCE E IL TEMPO

Il Museo Casa Don Bosco, situato nei cortili di Valdocco, ha ampliato il suo allestimento, con nuove proposte e nuove mostre, come le sale dedicate ai santi, beati, venerabili e servi di Dio della Famiglia salesiana e la mostra fotografica temporanea “Lock Art”, promossa e realizzata in collaborazione con l’agenzia fotografica «Art Full Frame».

La Voce e il tempo dedica un articolo all’inaugurazione avvenuta in data mercoledì 8 settembre. Di seguito il testo a cura di Marina Lomunno.

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Con l’apertura al pubblico di due sale dedicate ai santi, beati, venerabili e servi di Dio della Famiglia salesiana ben 64 si completa l’allestimento del Museo «Casa Don Bosco» a Valdocco, inaugurato nell’ottobre 2020. Anche questa volta, mercoledì 8 settembre, ha fatto gli onori di casa don Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore dei salesiani e decimo successore del santo dei giovani che ha voluto fortemente il Museo «che spero in futuro si espanda ancora come la nostra famiglia religiosa, la più grande nella Chiesa, presente in 132 nazioni dei 5 continenti». E tra queste sale, «chiunque abbia incontrato nella propria vita don Bosco può ritrovare qui lo spirito originario di Valdocco che ha attraversato i secoli e le nazioni dando forma a nuove esperienze del carisma stesso», ha ricordato la direttrice Stefania de Vita. Ma alle migliaia di oggetti, manufatti e opere d’arte che testimoniano, in 4 mila metri quadrati su tre piani, l’avventura educativa che ancora oggi raggiunge negli angoli più remoti del pianeta i ragazzi «discoli e pericolanti» mancava un tassello fondamentale: «mostrare la vita e la realtà di tanti che hanno preso il carisma di Don Bosco e lo hanno trasmesso in tutto il mondo», ha evidenziato il Rettor Maggiore. «Qui troviamo un ‘arcobaleno meraviglioso’ di persone: non ci sono solo i salesiani, ma tanti ex allievi di un’incredibile capacità sociale, alcuni martiri che hanno segnato con la vita e il sangue questi ideali, tante donne, consacrate e laiche». Spazio privilegiato è dedicato infatti a santa Maria Domenica Mazzarello, cofondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice, «con la quale don Bosco capì che poteva portare avanti il suo grande sogno per le ragazze». E in occasione del taglio del nastro delle due ultime sale del Museo, don Artime ha anche inaugurato la mostra fotografica temporanea «Lock art», realizzata in collaborazione con l’agenzia fotografica «Art Full Frame». Fino al 21 novembre chi visita «Casa don Bosco» è invitato a riflettere attraverso gli scatti di 15 giovani fotografi di tutto il mondo (l’Italia (rappresentata dai torinesi Claudio Gottardo e Gabriele Zago) su come la pandemia ci abbia cambiati. I fotografi hanno fissato nelle loro immagini momenti di vita durante il lockdown (di qui il titolo della mostra Lock Art, letteralmente «Arte chiusa a chiave»). Arte che in realtà, come documentano le foto, pur nelle restrizioni anticontagio non ha mai smesso di ispirare chi non si è fatto intimorire da coprifuoco e mascherine ma, anche tra le quattro mura di casa, ha saputo fissare scorci e sguardi di speranza tra dolore e lacrime. Ispirata dalla frase di don Bosco «è una vera festa il poter prendere cura delle anime dei giovani», la scelta della curatrice della mostra, Chiara Candellone Sticca, è ricaduta su giovani talora giovanissimi fotografi che con due immagini ciascuno accompagnano il visitatore «nella quotidianità della realtà pandemica mondiale, così diversa e, per molti aspetti, tristemente uguale. «Il Museo Casa Don Bosco, attraverso le fotografie esposte, si fa portavoce di quella quotidianità familiare che ci ha aiutati a superare momenti complessi facendoci riscoprire la bellezza delle relazioni e della straordinarietà nell’ordinarietà». La mostra sarebbe sicuramente piaciuta al santo dei giovani che aveva compreso l’importanza delle immagini che spesso colpiscono più delle parole. Don Bosco, come ha ricordato don Cristian Besso, responsabile del progetto museologico, è stato il primo santo della storia a essere fotografato dal 1861 al 1888, data della sua morte. Di lui si conservano 42 fotografie: solo di personaggi storici come Garibaldi e Vittorio Emanuele II ne sono rimaste di più.

Marina LOMUNNO – 19 settembre – La Voce e il tempo

Intervista a don Mauro Zanini sulla Scuola: «massimo impegno perché nessuno resti indietro» – La Voce e il Tempo

Di seguito l’intervista a don Mauro Zanini (nuovo direttore della Comunità Valdocco – San Francesco di Sales) sulla ripresa delle attività per la Scuola Secondaria di Primo Grado e per il Centro di formazione professionale presenti a Valdocco, a cura di Marina Lomunno per La Voce e il Tempo.

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Valdocco, «massimo impegno perché nessuno resti indietro»

Don Mauro Zanini dal 25 agosto scorso è il nuovo direttore della Comunità Valdocco – San Francesco di Sales nella Casa Madre dei Salesiani che comprende, oltre la Scuola secondaria di primo grado «Don Bosco», il Centro di formazione professionale Cnos-Fap, l’Oratorio Centro giovanile (il primo fondato dal santo dei giovani), il pensionato universitario e la parrocchia Maria Ausiliatrice.

Don Zanini, già direttore della Casa salesiana del Michele Rua in Barriera di Milano, succede al confratello don Alberto Martelli che, durante la sua permanenza a Valdocco – nonostante la scuola paritaria pur svolgendo un servizio pubblico di alto livello, patisca la discriminazione di non essere equiparata a quella statale e quindi deve autosostenersi con le rette delle famiglie – ha aperto una quarta sezione alla Media.

Sono oltre 700 i ragazzi e le ragazze che tra Secondaria di Primo grado e Centro di formazione professionale dal 13 settembre entreranno ogni giorno nelle aule di Valdocco, sanificate secondo le disposizioni.

«Anche quest’anno, nonostante le restrizioni della pandemia», spiega don Mauro, «non abbiamo avuto problemi di iscrizioni e siamo riusciti a coprire tutte le classi (29 allievi ciascuna) delle quattro sezioni della Secondaria di Primo grado e delle 16 annualità del Centro di formazione professionale. E per la Media le pre-iscrizioni per l’anno scolastico 2022-23 sono già al completo. La nostra, in piena sintonia con il carisma di don Bosco (‘l’educazione è cosa di cuore’) non è una ‘scuola per ricchi’: le classi sono omogenee, le classi sociali sono tutte rappresentate e l’attenzione a chi fa più fatica in termini di apprendimento e sostegno – grazie ai buoni scuola della Regione e alla nostra congregazione – si traduce nell’accoglienza di quei ragazzi le cui famiglie in difficoltà economica non possono sostenere i costi della retta».

Come iniziano le lezioni a Valdocco mentre la pandemia non dà segni di resa?

Intanto seguendo le indicazioni delle autorità sanitarie sulla falsariga dello scorso anno: se ce ne sarà bisogno alterneremo lezioni in presenza e Dad dove, anche nei periodi di lockdown gli allievi sono stati tutti messi in condizione di seguire la Didattica a distanza – chi non aveva gli strumenti informatici è stato dotato dalla scuola – e il contatto anche telefonico con gli insegnanti è stato continuo. L’intero corpo insegnate e amministrativo – salvo un paio di casi che per motivi di salute non possono vaccinarsi ma vengono monitorati con i tamponi – hanno il Green pass e completato il percorso vaccinale con grande responsabilità. Per i ragazzi che hanno l’età vaccinale si procederà all’inoculazione, per quelli più piccoli si faranno i tam- poni e si faranno i controlli ogni mattina. Solo per even- tuali gli alunni in isolamento si avvierà la Dad per gli altri lezioni in presenza con il dovuto distanziamento, entrate scaglionate e differenziate anche in mensa per evitare assembramenti.

Insomma cercherete il più possibile di impostare un anno «normale» nel rispetto delle regole…

Il motto di quest’anno salesiano è “Amati e chiamati” e faremo di tutto, come è nel nostro stile e come abbiamo spiegato ai genitori delle prime medie nelle riunioni di accoglienza (4 serate, una per ogni sezione per evitare assembramenti) perché nessuno rimanga indietro, si senta «amato e chiamato per nome»: questo è il pilastro del sistema preventivo di don Bosco che vale anche in tempo di pandemia. Possiamo mettere in atto questo stile di famiglia perché abbiamo un corpo insegnante compatto (ripeto tutti si sono vaccinati), persone che cercano il più possibile, oltre che a tramettere delle nozioni, di essere adulti di riferimento, educatori che trasmettono ai ragazzi speranza invitandoli ad ‘alzare gli occhi al cielo’ e trasmettendo loro la voglia di ripartire anche in un momento incerto come questo, garantendo doposcuola e il sostengo allo studio per i ragazzi con problemi di apprendimento, i laboratori, le attività di integrazione con l’oratorio. I nostri insegnanti, il direttore e il preside Davide Sordi, ‘ci sono sempre’ anche quando a scuola – speriamo di no – non si potrà andare. Da noi quello che importa non è solo se l’alunno ‘Marco Rossi’ ha buoni voti: a noi sta a cuore che Marco Rossi si senta accolto, venga aiutato a tirare fuori i suoi talenti. Per questo lo scorso anno durante la Dad gli insegnati (che hanno lavorato molto di più in termini di ore) hanno puntato tutto sul contatto personale a casa con i ragazzi e le famiglie: non li abbiamo mai mollati e nessuno si è perso perché si sentivano accompagnati. E per noi, anche se è stato faticoso, è il risultato migliore.

Marina LOMUNNO