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Inaugurato il Museo Etnografico Missioni Don Bosco a Valdocco dal Rettor Maggiore

Sabato 28 settembre è stato inaugurato il nuovo Museo Etnografico Missioni Don Bosco a Valdocco. Si riporta di seguito il comunicato stampa dell’evento.

Alla “casa madre” della congregazione a Torino

Inaugurato oggi Il Museo Etnologico Missioni Don Bosco dal Rettor Maggiore dei salesiani, don Ángel F. Artime

Presenti oltre 200 persone, molti giovani, insieme con i nuovi missionari in partenza domani

Un nuovo spazio museale a Torino, ponte verso il resto del mondo per il suo contenuto, testimonianza di un dinamismo culturale scaturito fra i giovani del primo oratorio di Valdocco. È il Museo Etnografico Don Bosco che oggi pomeriggio è stato aperto al pubblico con una breve cerimonia alla quale ha partecipato il Rettor Maggiore dei salesiani, don Ángel Fernández Artime.

“Si tratta di un grande racconto dei luoghi periferici del mondo”

ha spiegato il presidente di Missioni Don Bosco, Giampietro Pettenon, ispiratore e sostenitore dell’iniziativa museale.

“Dice le realtà dei popoli che abbiamo incontrati negli anni e cosa facciamo nelle loro terre. Il racconto” ha sottolineato “è il motore della Provvidenza, perché suscita attenzione verso i più lontani e promuove solidarietà.

I pellegrini che frequenteranno la basilica di Maria Ausiliatrice troveranno anche in questo spazio una sorta di “reliquiario”, per due ragioni:

– le teche e gli armadi che contengono gli oggetti esposti provengono dalle camerette di Don Bosco a Valdocco, spazio della memoria dedicato al santo nella prima metà del ‘900;

– quanto oggi mostrato ai visitatori sono oggetti che appartengono al cuore di popoli che Dio ama: alla loro vita quotidiana, alla loro spiritualità, alle loro relazioni”.

Don Artime ha collegato questa memoria del passato con l’attualità della partenza (che avverrà domani per la 150° volta) di nuovi missionari, anch’essi presenti all’inaugurazione. “Sono queste persone, siete voi che qui partecipate, a dare continuità all’opera di Don Bosco. «Da solo non sarei riuscito a fare grandi cose» diceva il nostro fondatore. Anche in questo tempo sono donne e uomini come voi che fanno sì che il progetto vada avanti”.

Elisabetta Gatto, antropologa di Missioni Don Bosco, e Massimo Chiappetta, allestitore del museo, hanno spiegato le caratteristiche della nuova proposta, che è contenuta in un piccolo spazio che – anche attraverso soluzioni espositive originali – è capace di proiettare l’attenzione verso i cinque continenti.

Spesso le esplorazioni e le visite dei missionari sono state accompagnate fin dai primi tempi con riprese, prima cinematografiche poi audiovisive. Una scelta di brani da quei documentari è presente nel nuovo museo, proiettati all’interno dei tabelloni che indicano il contenuto delle teche.

Infine su un grande schermo interattivo è possibile fare il giro del mondo con pochi clic e constatare l’attualità della presenza missionaria salesiana nel mondo: incontri con popolazioni e realtà tradizionalmente “vicine” ma anche con quelle più distanti non solo dal punto di vista geografico ma anche culturale. Il filo conduttore sono i progetti, quelli consolidati e quelli in corso di completamento, che Missioni Don Bosco sostiene grazie all’aiuto dei benefattori.

Il museo sarà aperto tutti i giorni, festivi compresi, dalle 8 alle 18 (l’orario sarà adattabile alle esigenze speciali di gruppi di visitatori, comprese le scolaresche). La visita può essere assistita da audioguide disponibili all’ingresso di Missioni Don Bosco.

Domani, domenica 29 settembre, Elisabetta Gatto condurrà due visite guidate, alle ore 9.00 e alle ore 10.30; da lunedì 30 settembre il servizio sarà reso dal personale di Missioni Don Bosco.

Ringraziamo per la cortese attenzione, mentre ci auguriamo di poterVi accompagnare nella visita al Museo Etnografico Missioni Don Bosco.

Cordiali saluti,

Antonio R. Labanca

Rivivi il momento:

 

 

Inaugurazione del Museo Etnografico Missioni Don Bosco a Valdocco

In concomitanza con il prossimo Harambée (28 settembre p.v.) e alla viglia della partenza di missionari da Maria Ausiliatrice a Torino per la 150° volta avverrà l’inaugurazione del Museo Etnografico Missioni Don Bosco a Valdocco. Si riporta di seguito il comunicato stampa dell’evento.

Nuova proposta a Torino Valdocco

Il Museo Etnografico Missioni Don Bosco apre i battenti sabato 28 settembre alle 14,00

Lo inaugura don Ángel Fernández Artime, rettor maggiore dei salesiani

Alla vigilia della 150° partenza di missionari salesiani da Torino (v. https://news.missionidonbosco.org/il-29-settembre-partono-i-missionari-salesiani) viene inaugurato il Museo Etnografico Missioni Don Bosco.

Voluto per rendere sempre più accessibile la conoscenza del mondo missionario ai pellegrini di Valdocco, il museo è situato nella palazzina a fianco della basilica di Maria Ausiliatrice (al numero 32 della omonima via). Costituisce un tassello originale della dimensione internazionale di Torino e un deposito scientificamente rilevante della cultura dei popoli nativi di tutto il mondo.

Il 28 settembre p.v. alle ore 14:00 il Rettor maggiore dei salesiani, don Ángel Fernández Artime, benedirà questo nuovo spazio con la partecipazione di 17 ispettori da tutto il mondo, di 13 missionari rientrati per i corsi di aggiornamento in Italia e dei 36 nuovi partenti. Con loro il presidente di Missioni Don Bosco, Giampietro Pettenon.

“Questo piccolo museo racconta di un incontro” spiega Elisabetta Gatto, etnologa e curatrice per Missioni Don Bosco del nuovo spazio culturale, “quello tra i missionari salesiani e alcune popolazioni con le quali, a cominciare dalla prima spedizione in Patagonia del 1875, sono entrati in contatto. Testimonianza di questo incontro sono gli oggetti che i missionari hanno portato in Italia e che fanno parte delle collezioni del Museo Etnologico Missionario di Colle Don Bosco (v. https://colledonbosco.org/home/museo-etnologico-missionario-don-bosco/).

Esposti troviamo utensili, arredi, abiti, ornamenti, frutto della creatività con cui i diversi gruppi umani hanno saputo adattarsi all’ambiente, trasformando le risorse disponibili per le esigenze della vita quotidiana e per la realizzazione delle pratiche culturali e rituali.

La mappa del museo è concepita per aree geografiche; è possibile approfondire la visita scegliendo anche gli itinerari tematici per soggetto, disponibili nelle audio guide.

Lungi dal voler essere esaustivo circa la presenza capillare delle missioni salesiane nel mondo, questo spazio museale è una vetrina delle presenze salesiane più significative a fianco delle popolazioni indigene e a tutela delle diverse tradizioni culturali.

Il percorso inizia con la Patagonia e la Terra del Fuoco, destinazioni della prima spedizione missionaria salesiana nel 1875. Gli oggetti esposti sono un’importante testimonianza di culture e di popolazioni ormai estinte; i manufatti raccolti da don Borgatello nel 1911 e don De Agostini nel 1932 si possono considerare oggi pezzi unici.

Si prosegue con gli Shuar dell’Ecuador (ricordiamo l’opera particolarmente significativa di padre Bolla), con gli Yanomami del Venezuela (prezioso il lavoro di don Cocco), con le popolazioni del Rio Negro, con i Bororo, gli Xavante e i Carajá del Brasile, con i Naga del Nord-est dell’India. Una vetrina è dedicata alla Cina, una al Giappone, una all’Oceani. Il percorso si chiude con due vetrine dedicate al continente africano.

Il museo si apre alla contemporaneità grazie alla documentazione contenuta nel maxischermo che testimonia l’impegno attuale dei missionari salesiani nel mondo a favore delle popolazioni più svantaggiate e più bisognose di aiuto. Il visitatore potrà esplorare attraverso un monitor alcune realtà delle presenze salesiane nei cinque continenti, raccontate anche attraverso brevi video e fotografie.

Ci auguriamo di poterVi incontrare all’inaugurazione.

Il museo missionario di Missioni Don Bosco

Questo fine settimana, in concomitanza con la 150a Partenza Missionaria, inaugureremo un piccolo museo molto interessante: ospiterà oggetti etnografici raccolti dai missionari salesiani per illustrare la varietà dei contesti culturali con cui sono entrati in contatto e che sono diventati testimonianza della presenza e dello sviluppo storico delle nostre missioni nel mondo. L'invito del nostro presidente e dell'antropologa che ha curato l'allestimento.

Publiée par Missioni Don Bosco ONLUS sur Mardi 24 septembre 2019

 

Animazione Missionaria – Aspettative, paure e speranze dei tre giovani missionari in partenza

Arrivano da Missioni don Bosco gli approfondimenti riguardanti il percorso, le motivazioni e le speranze che i nostri missionari stanno oramai vivendo nelle rispettive terre missionarie di: Nigeria, Romania e Benin. Un percorso di formazione impegnativo scandito da nove appuntamenti, avviatisi da ottobre 2018 sino a giugno, e gestiti dall’equipe di Animazione Missionaria dell’Ispettoria ICP, guidata da Don Theophilus Ehioghilen, Don Fabio Mamino e Suor Carmela Busia.

In particolare, Missioni don Bosco, ha avuto la possibilità di porre qualche domanda a tre dei giovani che sono partiti per l’Africa e l’Europa:

  • Michele D., “veterano” fra i partenti, è passato anche lui molto rasente a questa esperienza missionaria ma non aveva mai oltrepassato il sottile diaframma che divide il parlarne e il sostenerne la progettazione per altri e il viverla in prima persona.  Sta vivendo l’esperienza in Romania;
  • Simona P., si dice “adottata” da una decina d’anni da un salesiano, don Enrico Lupano, che l’ha accompagnata a rendersi conto della dimensione missionaria. Sta vivendo l’esperienza nel Benin;
  • Silvia M., è la più giovane del piccolo gruppo che incontriamo a Missioni Don Bosco. Dopo la maturità, lo scorso anno, partecipò al campo scuola riservato ai nuovi universitari. Sta vivendo l’esperienza in Nigeria.

Per leggere le interviste complete:

Missioni Don Bosco: viaggio in Argentina – situazione Buenos Aires

Si trasmette il Comunicato Stampa di Missioni Don Bosco in merito alle prime informazioni fornite dal presidente dell’Associazione, Giampietro Pettenon, riguardo al suo viaggio in Argentina, in particolare a Buenos Aires, quartiere Don Bosco. Uno sguardo partecipe su un quartiere ultra-periferico della capitale, dove le famiglie vivono nella miseria.

MISSIONI DON BOSCO – Comunicato stampa 17 luglio 2019: 60mila persone vivono in condizioni disumane
Bambini giocano fra cani randagi, topi e maiali

Fra le baracche, dov’era una cava ora diventata un acquitrino, vivono tre salesiani, poveri fra i poveri, con attività rivolte ai giovani.

Il presidente di Missioni Don Bosco, Giampietro Pettenon, si trova in questi giorni in Argentina per portare aiuto ai missionari.

“La presenza dei salesiani in questa terra è coeva a quella italiana ed europea”

ricorda nel suo diario di viaggio appena trasmesso alla redazione del sito dell’ente.

“Era il 1875 quando Don Bosco inviò i primi dieci missionari in Argentina, a Buenos Aires”.

Quest’anno tra l’altro si celebrerà a fine settembre a Valdocco la 150° partenza di salesiani e salesiane verso le terre di missione.

“L’attuale massiccia presenza di opere salesiane nella città e nella provincia di Buenos Aires si può paragonare alla medesima quantità di opere dei figli di Don Bosco a Torino e in Piemonte, terra in cui il carisma salesiano è nato”

osserva Pettenon.

“Ci sono collegi con migliaia di studenti dalla scuola materna alla secondaria superiore, un tempo disseminati nella campagna che circondava la capitale argentina ed oggi al centro di enormi quartieri che costituiscono la metropoli moderna di Buenos Aires”.

Negli ultimi anni sono nate nuove opere ‘di frontiera’ nelle aree dove affluiscono centinaia di migliaia di persone provenienti dalla campagna argentina e dai Paesi limitrofi, che cercano fortuna nella capitale della federazione. Fra queste, una ha particolarmente colpito Pettenon, la parrocchia Don Bosco, a sud di Buenos Aires.

“Una parte del quartiere è costituita da case piccole e dignitose; c’è poi una zona bassa, una cava da cui hanno tratto il materiale per costruire l’autostrada vicina, che progressivamente si è popolata di gente senza nulla. Ne è nato un secondo quartiere di circa 60mila persone che vivono in condizioni disumane in cui i bambini giocano in mezzo a cani randagi, topi e maiali che circolano liberamente su mucchi di spazzatura, un acquitrino perenne sulla parte più bassa della cava”.

Con la disoccupazione che colpisce le famiglie, cresce anche la delinquenza.

“Per dare un lavoro a quanti più possibile, i salesiani hanno messo in piedi una cooperativa che raccoglie e differenzia la spazzatura: cartoni e plastica vengono raccolti da uomini che spingono carretti lungo le strade e venduti poi una volta che sono ben impacchettati. Non si guadagna molto, ma meglio che niente”

riferisce il presidente di Missioni Don Bosco. E aggiunge:

“I tre salesiani della comunità che anima la parrocchia sono persone semplici e dirette. Vivono in una casa poverissima dove è difficile trovare qualcosa di superfluo. Sono poveri tra i poveri”.

Altro grave problema è il consumo di droghe ‘anomale’: aspirazione dei residui tossici della lavorazione della cocaina o dei vapori del gasolio, versamento di alcol denaturato sugli occhi per stordirsi grazie all’alta densità di capillari che assorbono velocemente la sostanza. I salesiani cercando di impegnare i giovani con diverse attività durante il giorno. Prima di rimandarli a casa (se ne hanno una) offrono loro una cena sostanziosa.

“Un po’ di veleno nel sangue li aiuta a dimenticare la fame e la miseria in cui vivono. Questi giovani si drogano solo perché hanno fame e non hanno nulla da mangiare. La pancia piena è la miglior terapia”

sottolineano gli operatori del Don Bosco.

Oltre al centro diurno c’è una casa-famiglia, un ‘hogar’ (focolare) che accoglie 25 ragazzi di strada o che vivono situazioni di violenza e di abuso familiare. Insieme con l’oratorio, i salesiani gestiscono corsi di formazione professionale:

“Brevi e semplici per tenere occupati i ragazzi ed insegnare loro un mestiere: falegnameria, carpenteria metallica, gastronomia”

spiega Pettenon.

Il diario completo del viaggio di Pettenon sarà presto pubblicato nel sito www.missionidonbosco.org.

Ai giornalisti interessati potremo fornire ulteriori anteprime, oltre che dare modo di incontrare lo stesso presidente di Missioni Don Bosco al suo rientro.

Grazie per la cortese attenzione, e buon lavoro.

Antonio R. Labanca

Missioni Don Bosco: in arrivo il nuovo numero di “Terre lontane” – luglio 2019

Per il mese di luglio, in arrivo il nuovo numero del mensile d’informazione di Missioni Don Bosco intitolato “Terre Lontane“, dedicato alla 150° partenza missionaria e al sinodo sull’Amazzonia.

In anteprima, l’editoriale di Giampietro Pettenon, presidente di Missioni Don Bosco:

Possiamo dirci fortunati a essere partecipi della 150a partenza dei salesiani per le terre di missione. Un traguardo che molti – in primis lo stesso Don Bosco – hanno sognato ma che, nella precarietà della Storia, non poteva neanche essere immaginato con certezza. Eppure da quando è partita la prima spedizione dei giovani cresciuti a Valdocco con destinazione Patagonia, il mandato missionario è stato ripetuto 149 volte fino a oggi. Domenica 29 settembre 2019 saremo presenti nella basilica di Maria Ausiliatrice, da cui tutto è partito, per condividere l’emozione di quell’evento.

Questa partenza è alla vigilia del Mese missionario straordinario voluto da papa Francesco. I salesiani hanno risposto intensificando l’invito a nuovi “banditori e ministri” del Vangelo di lasciare la propria terra e le proprie consuetudini… per rendersi disponibili dove e come lo Spirito Santo ispirerà la loro azione e la loro preghiera. Missioni Don Bosco ascolterà ciò che emergerà dal Sinodo dei Vescovi sull’Amazzonia che si svolgerà quello stesso mese. La condizione umana e spirituale dei popoli che vivono in quella foresta (sempre più circoscritta dallo sfruttamento economico e dalla violenza sull’uomo e sulla natura) riguarda l’intero pianeta. Avremo tutti modo di migliorare il nostro sguardo sul futuro e sulla sua evangelizzazione nel Terzo Millennio.

 

Missioni Don Bosco – “A casa di chi resta”: una mostra a Bardonecchia

Si riporta il Comunicato Stampa di Missioni Don Bosco del 27 giugno 2019 in merito l’iniziativa “A casa di chi resta”, una mostra a Bardonecchia (TO) nell’ambito della Campagna “Stop Tratta”.

Comunicato stampa Missioni Don Bosco
Campagna “Stop Tratta”
“A casa di chi resta”: una mostra a Bardonecchia (TO)
per conoscere le terre di origine di chi migra in Italia in una delle città di transito degli antichi frontalieri e dei nuovi migranti.

L’estate 2019 offrirà agli abitanti e ai turisti di Bardonecchia (TO) argomenti di conoscenza sul tema nei migranti per scoprire la terra di origine di chi intraprende il viaggio verso l’Italia.

Missioni Don Bosco proporrà infatti la mostra “A casa di chi resta” dal 19 agosto al 30 settembre, un’iniziativa nell’ambito della campagna “Stop Tratta” che realizza con la Ong Volontariato Internazionale per lo Sviluppo.

L’anteprima di questo evento e l’incontro con i giornalisti sarà sabato 13 luglio nella Sala Giolitti al Palazzo delle Feste di Bardonecchia * con questo programma:

  • ore 18,00: lettura teatrale di “Nel mare ci sono i coccodrilli”, dall’omonimo libro di Fabio Geda con la Compagnia Teatro Minimo;
  • ore 19,00: “Message in a bottle. Storie di vini, di viaggi e di eroi”, degustazione guidata di vini “eroici”, ottenuti da vigneti che fanno più fatica a mettere radici, accompagnata dall’ascolto di storie di chi ha attraversato il deserto e il mare per provare a mettere radici lontano dalla sua terra.

Per ragioni organizzative, è necessario prenotarsi per la degustazione entro il 9 luglio, telefonando al numero 011 3990101.

Giornata del bambino africano. Don Felice Molino: vera urgenza è educare il cuore

In occasione della Giornata mondiale del bambino africano che si festeggia ogni 16 giugno, è stata pubblicata su Vatican News la testimonianza di don Felice Molino, missionario salesiano da 38 anni in Kenya. Di seguito si riporta  l’articolo dedicato e il video dell’intervista a don Molino realizzato per Missioni Don Bosco.

“C’è bisogno di tutto, dall’istruzione al cibo, dalle medicine ai vestiti, ma prima di ogni cosa bisogna educare il cuore, altrimenti muore il mondo”

Cecilia Seppia – Città del Vaticano

Era il 16 Giugno 1976 quando a Soweto, sobborgo di Johannesburg, nacquero violenti scontri tra gli studenti neri e la polizia segregazionista del National Party, allora al governo. Il motivo della protesta studentesca fu l’approvazione di un decreto che imponeva a tutte le scuole in cui erano segregati i nativi africani di utilizzare l’afrikaans, la lingua dei bianchi segregazionisti, come lingua paritetica all’inglese. Ma questo era solo l’ultimo episodio di una lunga lista di divieti e imposizioni. Così gli studenti si organizzarono e scesero in piazza. Nelle prime file del corteo campeggiava il cartello: “Non sparateci, non siamo armati” e invece la polizia in assetto antisommossa, cominciò a lanciare gas lacrimogeni per disperdere la folla. Qualche ragazzino reagì con il lancio di pietre e gli agenti risposero col fuoco uccidendo sul colpo quattro di loro, fra cui il tredicenne Hector Pieterson divenuto poi simbolo della violenza dell’apartheid. Le violenze continuarono fino all’aprile del 1977. Una commissione d’inchiesta anni dopo accertò che morirono 575 persone, ma fu proprio dopo le proteste che il governo autorizzò le scuole ad insegnare nella lingua che volevano. Per onorare i ragazzi e le ragazze massacrate durante quell’anno, dal 1991, il 16 giugno viene celebrato – dapprima dall’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA) e poi dall’intera famiglia delle Nazioni Unite – come un giorno per richiamare l’attenzione sulle condizioni di vita dei bambini e dei ragazzi nel Continente.

I dati oggi
Stando ai dati Unicef oggi sono almeno 45,5 milioni i bambini nell’Africa Subsahariana che non frequentano la scuola e molti di questi muoiono prima di aver compiuto i cinque anni di età a causa di malattie spesso facilmente curabili o per denutrizione. Attraverso investimenti strategici per la sopravvivenza e il benessere dei piccoli, anche Paesi con risorse limitate – come il Malawi – sono riusciti a ridurre notevolmente i tassi di mortalità infantile e negli ultimi anni si registra anche un miglioramento della frequenza scolastica, per esempio in Benin, Etiopia, Mozambico e Tanzania ma molto resta ancora da fare.

Educare il cuore della gente
L’appello ai governi e alle istituzioni resta doveroso, ma secondo don Felice Molino, missionario salesiano che da 38 anni vive in Kenya, per prima cosa c’è bisogno di educare il cuore della gente perché cresca la sensibilità e il desiderio di aiutare l’altro, soprattutto se è un minore, vittima innocente, a cui è stata rubata l’infanzia, la dignità, ogni tipo di diritto, non solo quello all’istruzione. Don Felice, che collabora con gli altri missionari al Bosco Boys di Nairobi, dove vengono accolti e allevati i bimbi di strada, si porta dietro un bagaglio di storie incredibili che ci racconta con il nodo in gola. Come quella di Ana che oggi è una donna adulta, mamma felice di un bimbo bellissimo, ma ha vissuto l’inferno.

Il fenomeno dei bambini di strada
“Quello dei ragazzi di strada è un fenomeno che tocca un po’ tutto il mondo, ma soprattutto le grandi città dell’Africa”, afferma don Felice. “A Pasqua, prosegue abbiamo distribuito cibo nel Parco Nazionale di Nairobi a 1500 bambini, con questa suora che impavida sfidava le autorità che li voleva cacciare perché sono considerati una vergogna. Molti fuggono dalle proprie famiglie. La cosa che mi ha impressionato è stato vedere i loro volti sfregiati, feriti dalle botte che prendono, sia da chi li caccia via di casa, sia dai capi che li sfruttano. E poi la sporcizia in cui vivono, il sudiciume dei vestiti… Sono situazioni di degrado e grande abbandono con cui l’infanzia africana fa i conti tutti giorni”.

Carceri, malnutrizione, sanità
“L’altro problema grave problema – afferma il missionario salesiano – riguarda le carceri minorili. A Natale sono andato a celebrare la Messa in uno di questi carceri e l’avvocato che difende questi ragazzini mi ha detto che nessuno di loro proviene da una famiglia ‘normale’. Tutti quanti, guarda caso, provengono dalle baraccopoli di Nairobi. Allora una persona si chiede: ‘Come mai? È perché il Signore ha creato tutti cattivi quelli che andranno a finire nelle baraccopoli o è piuttosto forse perché ‘solo’ quelli sono coloro che posso essere pescati dalla polizia? E invece i figli delle famiglie bene non andranno mai a finire in carcere?. Quindi c’è una diseguaglianza grandissima. Poi si passa a quella che è l’alimentazione dei bambini. Lì il problema è molto più grave. Se si pensa che l’alimentazione base nelle scuole è fatta di granturco e fagioli, polenta … In moltissime scuole sono internati. È chiaro che non è sufficiente per dei bambini e dei ragazzi che devono affrontare giornate di studio. Per non parlare poi del problema della sanità. Ho frequentato ospedali dove il bambino è a letto insieme a due adulti. Una volta sono andato e c’era un bambino di strada che moriva praticamente dopo l’intervento per tumore al cervello. Ho detto: ‘Come mai questo bambino è lì immerso nella pipì e nessuno fa niente? Mi hanno risposto: Non c’è bisogno di far niente, tanto lui sta morendo e non si accorge nemmeno di quello che gli succede”.

Fiona May testimonial per Missioni Don Bosco

Da questa settimana è ufficiale il ruolo da “testimonial” di Fiona May in relazione alle attività benefiche di Missioni Don Bosco.

L’atleta olimpica (ora anche attrice) ha accettato l’invito a farsi portavoce delle campagne a sostegno dei progetti che l’ente salesiano di Valdocco sostiene in tutto il mondo.

La prima uscita pubblica sarà in occasione della Festa della Mamma del 12 maggio, attraverso un post incentrato sull’accoglienza e il sostegno delle bambine ospitate dal Centro di Luanda in Angola.

I bambini e il loro futuro sono il tema di fondo dell’impegno di Fiona May. È una sfida sul piano degli interventi educativi ma anche su quello della comunicazione: Missioni Don Bosco sostiene questa sfida con la campagna 5×1000 di quest’anno.

“Crediamo in un futuro fatto di opportunità e di integrazione con il tessuto sociale, un futuro a portata di mano per ogni bambino, per ogni ragazzo svantaggiato”

afferma Giampietro Pettenon, Presidente di Missioni Don Bosco.

Per la sua storia e il suo impegno, la campionessa Fiona May è fra le persone più credibili per portare lontano un grande progetto come quello di Missioni Don Bosco, che oggi partecipa alla formazione di 1.140.000 giovani con 3.500 case salesiane.

 

 

 

 

 

La story del Santo dei giovani al Sottodiciotto Film Festival & Campus

Si riporta qui di seguito il Comunicato Stampa – di mercoledì 13 marzo 2019 – a cura di Missioni don Bosco riguardo la loro partecipazione all’imminente Sottodiciotto Film Festival & Campus il Festival cinematografico dedicato ai ragazzi e ai giovani – che si svolgerà a Torino dal 15 al 22 marzo.

“Don Bosco” e Missioni Don Bosco
al Sottodiciotto Film Festival & Campus

La story del Santo dei giovani,
dal graffito di via Maria Ausiliatrice / Via Cigna
al video-reportage proiettato al Cinema Massimo

Grazie all’impegno di Missioni Don Bosco
per la prima volta i salesiani partecipano al festival rivolto ai più giovani

Un video-reportage che testimonia la performance dello street artist di fama mondiale Mr. Wany raccontando come viene vissuta l’eredità del santo sociale dai suoi successori nostri contemporanei: è con questa chiave di accesso che Missioni Don Bosco compie il suo ingresso ufficiale al Sottodiciotto Film Festival & Campus, la manifestazione che dal 15 al 22 marzo farà convergere a Torino un vasto pubblico di giovanissimi spettatori.

La spirito salesiano si inserisce con grande naturalezza in questa manifestazione, perché ne condivide gli obiettivi e il pubblico. Don Bosco e i suoi hanno dedicato tra l’altro grande attenzione prima alle scuole di teatro poi ai cineforum organizzati negli oratori, nelle scuole e nei centri missionari, sottolineandone il valore di intrattenimento e, soprattutto, la funzione culturale e educativa. È una tradizione che oggi si estende nei 136 Paesi in cui i salesiani sono presenti e lavorano per portare sviluppo sociale e educativo.

Le iniziative legate a Missioni Don Bosco sono:

  • SABATO 16 MARZO ALLE ORE 15.30 AL CINEMA MASSIMO,
    in collaborazione con Giovani Genitori e Baladin offrirà la merenda ai bimbi che seguiranno le proiezioni delle 15,30 dei tre classici del cinema di animazione che hanno per protagonista Braccio di Ferro nel 90° della sua nascita.
  • LUNEDÌ 18 MARZO ORE 21.30 al CINEMA MASSIMO,
    sarà proiettato “Don Bosco on a painted wall”, il video reportage di Base Zero che racconta la realizzazione della “Don Bosco story” sui muri di Valdocco a Torino nell’estate 2018 da parte dello street artist Mr. Wany. Seguirà il documentario Baiser d’encre, della regista francese Françoise Romand.
  • GIOVEDÌ 21 MARZO ALLE ORE 14,
    lo stesso Mr. Wany guiderà una master class per gli studenti del corso di Regia 2 del Dams dell’Università, tenuto da Enrico Bisi presso l’Università degli Studi di Torino in via Sant’Ottavio 20.

Le ragioni della collaborazione sono state espresse nel comunicato che gli Organizzatori hanno distribuito in occasione della conferenza stampa, e che riportiamo qui di seguito:

Porgiamo gli auguri di buon lavoro, e di buona visione se potrete partecipare agli eventi segnalati. Ringraziamo per la cortese attenzione.

Distinti saluti,

Antonio R. Labanca

Missioni Don Bosco ha deciso di sostenere il Sottodiciotto Film Festival per la totale adesione alle tematiche giovanili e per la comunanza di obiettivi: quello del Festival non è solo favorire la nascita di una nuova generazione di spettatori, ma anche stimolare nei più giovani, attraverso la potenza espressiva e narrativa del cinema, l’interesse per la realtà che li circonda e la riflessione su aspetti cruciali della contemporaneità. I grandi temi dell’attualità e i valori fondanti della società quali la difesa dei diritti, soprattutto dei minori, il valore dell’educazione, la promozione della legalità e della tolleranza, il rispetto dell’altro e della differenza, la tutela delle minoranze, la parità di genere, l’opposizione a ogni forma di violenza e discriminazione, la salvaguardia dell’ambiente – rappresentano non solo il fil rouge che collega tutti i progetti di sviluppo che Missioni Don Bosco porta avanti da 28 anni in Africa, Asia Sudamerica, Oceania, ma anche il tratto distintivo delle iniziative del Festival.

È nota a molti la tradizionale integrazione dell’attività di oratori e di parrocchie salesiane con la proposta di documentari e di opere filmiche, incominciando già con i più piccoli – in passato – con la proiezione dei “filmini” dal sapore nostalgico. Questa attenzione educativa, che non teme di sottoporre in modo dialettico anche punti di vista distanti da quelli che fanno parte del bagaglio culturale salesiano, evolve con le condizioni generali e si adatta alle nuove opportunità: molte sale continuano a funzionare come punti di aggregazione nei piccoli centri o nelle periferie; la discussione dell’opera alimenta senso critico e fornisce strumenti culturali e di analisi agli spettatori… Quando l’attività missionaria mette radici in una realtà nuova per salesiani, spesso matura anche l’opportunità di aprire luoghi di fruizione – magari artigianale – dei film e dei documentari. Per questa ragione Missioni Don Bosco è interessata anche a condividere l’esperienza di Sottodiciotto: per non perdere il contatto salesiano con il mondo del cinema e la sua capacità di lettura della realtà.

Per sottolineare la vicinanza alle tematiche giovanili Missioni Don Bosco è presente nella programmazione del Festival con un reportage che testimonia l’intervento di Mr. Wany, writer di fama internazionale, su un muro di Valdocco, il luogo in cui Don Bosco ha iniziato il suo lavoro con i ragazzi di strada che affollavano le periferie di Torino a metà ‘800. Un graffito che si inventa un nuovo modo di interpretare l’iconografia religiosa, attraverso un linguaggio, quello del graffito, che sottolinea il nostro legame con l’universo giovanile.

Questa prima nostra partecipazione al Festival torinese dunque potrà gettare le basi – ci auguriamo – nella direzione di intensificare le relazioni con insegnanti, educatori, operatori socio-culturali per riconoscere e usare la funzione formativa del cinema, la sua forza di annuncio e di denuncia, la sua educazione alla bellezza.

Le ragioni di diventare partner della grande squadra che compone le tessere di questo puzzle che è il Festival Sottodiciotto ci sono tutte. Non ultima, la dimensione spesso sognante del cinema, che corrisponde bene all’atteggiamento di un uomo che fu un grande sognatore: Don Bosco. E poi nella città più adatta per parlare di cinema e di lui.

Missioni Don Bosco nasce nel 1991 in Italia per accompagnare i missionari e le missionarie di Don Bosco che in 136 Paesi, in oltre 3.500 case salesiane, portano istruzione e formazione professionale ai bambini e ai giovani in difficoltà attraverso lo stile tipico della congregazione: una presenza e uno stile improntati sulla comprensione e sulla valorizzazione delle realtà culturali, sociali e religiose con le quali vengono a contatto.

L’obiettivo è portare sviluppo nei paesi svantaggiati e offrire un sostegno alle popolazioni in difficoltà non solo con aiuti immediati e interventi emergenziali, ma soprattutto con un’azione mirata a trasmettere ai minori a rischio valori e strumenti che permettano loro di diventare soggetti attivi nello sviluppo sociale del proprio paese. Un’azione che vuole crescere nel tempo per offrire a sempre più bambini e ragazzi l’opportunità di ricevere un’educazione, di costruirsi un futuro con le proprie mani attraverso strumenti concreti, in particolar modo quelli della formazione professionale e dell’avviamento al lavoro.

Intervista a Steve Della Casa

In occasione della ventesima edizione del Sottodiciotto Film Festival & Campus, che si svolgerà a Torino dal 15 al 22 marzo, e della nascita della Collaborazione con Missioni don Bosco, abbiamo avuto il piacere di poter intervistare Steve Della Casadirettore artistico del Festival, che ha raccontato la nascita di questa collaborazione, i temi principali che saranno affrontati al Festival e l’importante presenza di Don Bosco.

Buona lettura!

Tema e significato del Sottodiciotto Film Festival?

Il tema è un gioco di parole con una frase in inglese: “Me, Myself and I”. Parliamo cioè di autorappresentazione, che ha trovato nuova forza e nuova vitalità proprio attraverso i selfie. Ma c’è una costante nella storia del cinema perché molto spesso i registi hanno fatto in maniera di raccontare anche se stessi in quello che proponevano agli spettatori. Insomma l’autorappresentazione è un qualcosa che va pari passo con la storia del cinema. Qui l’abbiamo ripercorsa in lungo e in largo insieme anche alla storia del fumetto, perché è sempre un’educazione visiva importante. 

Abbiamo cercato di prendere sia gli aspetti spettacolari sia quelli più didattici perché il Festival ha questa doppia natura di rivolgersi sia ad un pubblico di appassionati di cinema ma soprattutto ad un pubblico di studenti delle scuole medie inferiori, superiori ed universitari.
Da qui il suo nome Sottodiciotto Film Festival Campus.

Parlando della partecipazione di Missioni don Bosco al Festival, qual’è secondo te il contributo che può e deve dare?

La collaborazione con Don Bosco è fondamentale per noi. Perché in qualche modo riconosce una specie di continuità storica nell’attenzione che la città di Torino in particolare ha dato ai giovani sapendola anche poi esportare in tutto il mondo, cosa che ha appunto fatto l’opera don Bosco. 

Il rapporto con le “creature” di don Bosco tra salesiani e cinema è un rapporto articolato, ci sono sempre stati i cineforum giovanili salesiani, ne so qualcosa perché mi sono formato li! E poi c’è un attento dialogo con il cinema come per esempio nel primo film della Lux, che è la casa di produzione formata e fondata da Guarino, il mio primo film che avevo prodotto  si chiamava proprio “Don Bosco” con la regia di Goffredo Alessandrini, anno 35, unico film fatto a Torino, poi la Lux fu spostata a Roma. Abbastanza significativo che abbiano incominciato questa grande carriera, è la casa di produzione più importante d’Italia,  proprio da un film su Don Bosco.

Una collaborazione con una entità che è molto attenta a tutto quello che fanno i giovani, a come si evolve il mondo giovanile. La stessa attenzione che vorremmo avere anche noi, le due cose si sono incontrate e da qui è nata questa collaborazione.

Qual è il ruolo educativo nel cinema?

Il cinema, diceva compianto Bernardo Bertolucci, è stata l’arte del ‘900. Continua ad esserlo anche penso nel 2000 ed è l’arte che ha riassunto dentro di se tutte le altre come la scrittura, la fotografia, la pittura, l’architettura, la musica, insomma tutte queste arti sono  compresenti in questa settima arte che ha segnato appunto il ‘900.

Diciamo che la caratteristica principale che ha avuto il cinema, è che è un arte che fin dalla sua prima esibizione in quel caffè di Parigi in cui i fratelli Lumier mostrarono un pubblico selezionato dalla loro invenzione, è sempre stata quella di una visione collettiva. Li ci fu uno spavento generale perché loro riprendevano un treno che stava entrando in una stazione e la gente scappò fuori a gambe levate pensando che il treno stava entrando nel bar.

Poi la perfezione del cinema si è evoluta, ma quello che rimane è una specie di sensibilità collettiva rispetto all’immagine in movimento che come sappiamo sono dai tempi della caverna Platonica, insomma il grande sogno dell’umanità che ha cercato più volte di avvicinarsi e poi ci è riuscita con il cinema.

Il cinema quindi è uno strumento di socializzazione incredibile, da questo punto di vista non può essere surrogato da nessuna altra forma di fruizione di immagini in movimento, non da smartphone o da computer o da televisione. Semplicemente è una maniera diversa di vedere le immagini in movimento e consente una forma di socialità che, sopratutto per quelli della mia generazione, è stata fondamentale. Per me andare al cinema era incontrarmi con delle altre persone commentare prima dopo, a volte anche durante, insomma è stato un momento di crescita incredibile per me. 

Adesso con le nuove tecnologie, con il digitale, non è più assolutamente costoso pensare di fare un film. Si può fare un film anche non spendendo niente e questo dà delle possibilità che se sfruttate positivamente sono straordinarie per i ragazzi delle nuove generazioni. Possono fare quello che per quelli della mia era un sogno, possono girare un loro film, diventare sceneggiatori o attori, e tutto questo senza rompere il salvadanaio. Un passaggio abbastanza importante!

Le due cose assieme sono diciamo, come lo chiamerebbero gli economisti, “il cordino” di Sottodiciotto, cioè ci interessa sia far vedere come la visione collettiva di un film fatto da un altro possa essere un momento di arricchimento incredibile, sia quanto possa essere interessante e formativo fare dei film. L’importante è avere delle idee essere guidati in maniera non invadente ma al tempo stesso non assente e cercare di avere uno scopo, un obiettivo per quello che si fa. Queste sono le cose fondamentali.

Steve Della Casa.