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Conclusione dell’anno catechistico – Oratorio salesiano di Bra

Si è concluso l’anno catechistico per i bimbi dell’Oratorio salesiano di Bra con un pellegrinaggio ai piedi del Santuario della Madonna dei Fiori Bra. Di seguito l’articolo pubblicato su “Gazzetta d’Alba“.

Nel pomeriggio di sabato 5 giugno le classi terza e quarta elementare dell’Oratorio salesiano di Bra, guidate dalle loro catechiste e da don Livio Sola, hanno fatto la tradizionale conclusione dell’anno catechistico con il pellegrinaggio a piedi al Santuario.

Qui sono stati accolti dal Rettore, Mons. Beppe Trucco che ha li ha condotti dapprima davanti al grande mosaico e al portale, poi nel Nuovo Santuario poi nel giardino del pruneto. La giornata si è conclusa con la merenda nei giardini del Viale.

Istituto Salesiano: Nuovo pullmino con il contributo della banca BCC di Cherasco – Bra

L’Istituto Salesiano di Bra, grazie al contributo della banca BCC di Cherasco, ha ricevuto un nuovo pullmino 9 posti che verrà utilizzato, dai diversi settori dell’opera, per lo svolgimento delle diverse attività educative con i giovani che le frequentano. La notizia pubblicata su “Salesiani Bra“.

Aggiornamenti da Bra

Di seguito una serie di notizie pubblicate sul sito di Salesiani Bra.

Scuola salesiana aperta ai futuri primini

Nella mattinata di sabato scorso 22 maggio si sono ritrovati un buon numero di futuri allievi delle due classi prime medie con i loro genitori. Ad accoglierli il direttore, il preside, le prof.sse Longo e Noello, alcuni genitori ed allievi di terza. Eseguito il triage d’obbligo, il direttore ed il preside hanno rivolto parole di saluto e indicato la modalità di svolgimento della mattinata. I genitori, conversando tra di loro e con il personale della scuola, hanno iniziato a conoscersi e a famigliarizzare con l’ambiente che li accoglierà nei prossimi tre anni.

Invece i futuri allievi si sono recati nella nuova sala polifunzionale. Divisi in gruppi hanno collaudato con grande partecipazione i nuovi giochi di sala appena acquistati. Il prof.Dalmasso e gli allievi di terza hanno animato questo momento, che ha permesso ai futuri alunni di conoscersi tra di loro. Nell’ultima parte della mattinata i genitori si sono radunati nell’aula magna per ascoltare dal direttore e dal preside le indicazioni utili per il prossimo anno, oltre alle iniziative estive a cui anche i loro figli possono partecipare. E’ stato un momento semplice, ma molto utile e bello, che tutti i presenti hanno apprezzato.

KANGOUROU DELLA MATEMATICA 2021

All’inizio degli anni ’80 il presidente della World Federation of National Mathematics Competitions propose in Australia una iniziativa matematica: un questionario con risposte a scelta multipla da somministrare a centinaia di studenti, con valutazione automatica delle risposte. L’idea fu importata in Europa da due matematici francesi all’inizio degli anni ’90 e nel giugno 1994 nove nazioni, Francia, Bielorussia, Ungheria, Olanda, Polonia, Romania, Russia, Italia e Spagna fondarono a Strasburgo l’Associazione “Kangourou senza Frontiere”.

Il nostro Istituto da anni partecipa alla competizione e sfida i suoi alunni a cimentarsi in quesiti logico matematici. La gara di quest’anno si è svolta online, a causa delle restrizioni sanitarie, ma nonostante le difficoltà logistiche molti allievi hanno partecipato con entusiasmo e voglia di mettersi in gioco.

Venerdì 21 maggio nella nostra scuola si è tenuta la Semifinale Individuale a cui parteciperanno i tre alunni che hanno superato la fase eliminatoria: Anna Caputo della classe prima, Fogliatto Pietro della classe seconda e Molinaro Francesco della classe 3A. La finale, per chi si aggiudicherà il miglior punteggio, verrà disputata a Cervia, Mirabilandia. In bocca al lupo ai nostri tre semifinalisti!

A tutti loro vanno i migliori complimenti da parte del corpo docente e a tutti i partecipanti un sentito ringraziamento per la partecipazione e l’impegno profuso.

Prof.ssa Lorenza Fissore

Alunno premiato alla Casa del Cottolengo

Sabato 24 aprile Francesco Molinaro, studente di terza della scuola media salesiana San Domenico Savio di Bra, ha ricevuto ulteriori riconoscimenti per il primo posto recentemente ottenuto al concorso letterario “Premio della Bontà”. La premiazione è avvenuta presso la casa natale di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, santo su cui è incentrato il testo vincitore. Presenti, oltre ai titolari della casa, organizzatori dell’incontro, anche il sindaco, in rappresentanza della città di Bra, assieme ad una delegazione della scuola salesiana.

Dopo alcuni interventi, i presenti hanno voluto omaggiare Francesco con diversi premi, oltre al riconoscimento per un risultato così importante, soprattutto per il significato che assume la tematica, la scelta dell’argomento e del luogo da descrivere.

Il concorso in questione è stato indetto dall’Arciconfraternita di Sant’Antonio di Padova. Da più di quarant’anni l’Arciconfraternita è impegnata nell’Apostolato verso i giovani organizzando un Concorso denominato oggi “Premio della Bontà sant’Antonio di Padova”. Concorso nazionale e internazionale, dal momento che è rivolto a tutti gli allievi di ogni ordine e grado di lingua italiana ovunque residenti in Italia e nel mondo (molti elaborati sono giunti dall’estero). Lo scopo è quello di cogliere le aspirazioni e i pensieri dei giovani, che saranno gli attori della società del futuro.

Il tema annuale viene annunciato in autunno e la Cerimonia conclusiva viene celebrata solennemente a Padova nel mese di maggio ed è comprensiva di una suggestiva cerimonia trasmessa anche in diretta tv, oltre a una serie di eventi dedicati.

La sezione “narrativa” richiedeva la stesura di un testo seguendo la seguente traccia “Un luogo o un monumento può essere testimone di storie o eventi di bontà e solidarietà, che hanno lasciato tracce nelle nostre Città e Paesi. Racconta ciò che puoi scoprire nei luoghi in cui vivi.”

Francesco per questo tema ha scelto la Piccola Casa della Divina Provvidenza, riuscendo a conciliare i passi più importanti della vita di San Giuseppe Benedetto Cottolengo con l’opera da lui realizzata quotidianamente, personalizzando l’elaborato con l’inserimento di considerazioni personali e spunti di riflessione davvero encomiabili. Il tutto con una scrittura fluente e introspettiva. “Il santo – scrive Francesco – ha sempre dedicato la sua vita ai poveri, che sono Gesù e come tali bisogna servirli. La Casa della Divina Provvidenza si ispira a lui cercando di portare avanti il suo progetto, prendendosi cura della persona povera, malata, abbandonata, particolarmente bisognosa, senza distinzione alcuna e basandosi sull’uguaglianza perché in essa riconosce il volto di Cristo”. E ancora: “La persona che entra alla Piccola Casa viene accolta con il massimo rispetto come se fosse a casa sua. Questo luogo è fondato sull’amore, sull’amicizia e sulla speranza di vita eterna e ha come sostegno ogni giorno la preghiera e la fede.”

Il risultato ottenuto è una bella soddisfazione sia per Francesco, sempre puntuale nello studio, preciso e dal comportamento impeccabile, che dimostra grande sensibilità e un animo buono e generoso, sia per la scuola salesiana San Domenico Savio presente qui a Bra.

Una piccola curiosità: Francesco è stato premiato quest’anno anche ad un altro concorso letterario, “La scuola che vorrei”, ed ha interamente donato il proprio premio alla scuola salesiana per l’acquisto di materiale didattico. Anche da questi particolari, si evince che il premio della bontà sia un titolo quanto mai appropriato.

Concludo con le parole di Francesco riguardo a San Giuseppe Benedetto Cottolengo: “Sono davvero fortunato ad avere un concittadino santo da cui prendere esempio nella vita di tutti i miei giorni e al quale rivolgere la mia preghiera. Quando penso a lui provo una sensazione di grande pace, di armonia e di forza. Ognuno di noi deve ascoltare il messaggio che il santo vuole trasmetterci ovvero l’amore verso gli ultimi.  Anche noi ragazzi possiamo metterlo in pratica partendo dalle piccole e buone azioni quotidiane nella nostra vita e accogliendo e aiutando chi è in difficoltà.”   Prof.Marco Dalmasso

Conversione Decreto Sostegni, Agorà della Parità: Ennesima discriminazione nei confronti delle paritarie

L’Agorà della Parità: AGeSC – Associazione Genitori Scuole Cattoliche, CdO  Opere Educative – CNOS Scuola – Centro Nazionale Opere Salesiane, CIOFS  Scuola – Centro Italiano Opere Femminili Salesiane, FAES – Famiglia e Scuola,  FIDAE – Federazione Istituti di Attività Educative, FISM – Federazione Italiana  Scuole Materne, FONDAZIONE GESUITI Educazione) prende atto con amarezza  dell’ennesima ingiustizia attuata nei confronti delle scuole paritarie: l’emendamento  proposto e presentato da alcuni senatori, affinché i fondi per l’emergenza Covid e  per il piano Scuola Estate previsti dal DL Sostegni per le scuole statali fossero dati  anche alle scuole paritarie è stato bocciato dalle Commissioni Bilancio e Finanze del  Senato.

È davvero grave che neanche il secondo anno scolastico vissuto in  emergenza sanitaria e sociale abbia fatto comprendere ai senatori delle commissioni  suddette che le scuole paritarie sono a tutti gli effetti parte del sistema d’istruzione  nazionale, al quale contribuiscono in maniera rilevante. Spiace anche dover sottolineare ancora una volta che non si tratta di “scuole per ricchi”, ma di “scuole  per tutti”, spesso presidi in territori dove non c’è nulla. Confidiamo che si ponga  rimedio alla mancata approvazione dell’emendamento nel corso del passaggio in  Aula o con un provvedimento successivo, perché studenti, docenti, famiglie e  personale scolastico delle nostre scuole sono tutti cittadini italiani che hanno vissuto  e stanno vivendo gli stessi problemi e la stessa emergenza. 

Giancarlo Frare – Presidente nazionale AGeSC  

Massimiliano Tonarini – Presidente nazionale CdO Opere Educative 

Pietro Mellano – Presidente nazionale CNOS Scuola 

Marilisa Miotti – Presidente nazionale CIOFS scuola 

Giovanni Sanfilippo – Delegato nazionale per le Relazioni Istituzionali FAES  Virginia Kaladich – Presidente nazionale FIDAE  

Luigi Morgano – Segretario Nazionale FISM 

Vitangelo Denora – Delegato Fondazione GESUITI EDUCAZIONE

Decreto Sostegni, Agorà della Parità: parlamento accolga nostro emendamento affinché fondi siano destinati a tutto il sistema scolastico

L’Agorà della Parità: AGeSC – Associazione Genitori Scuole Cattoliche, CdO Opere Educative – CNOS Scuola – Centro Nazionale Opere Salesiane, CIOFS Scuola – Centro Italiano Opere Femminili Salesiane, FAES – Famiglia e Scuola, FIDAE – Federazione Istituti di Attività Educative, FISM – Federazione Italiana Scuole Materne, FONDAZIONE GESUITI Educazione) ha presentato una proposta di  emendamento al Decreto Sostegni e l’ha inviata a tutti i parlamentari affinché si possa porre rimedio ad una discriminazione nei confronti delle scuole paritarie visto che nello stesso decreto vengono previsti fondi per la scuola ma unicamente per la scuola statale. L’Agorà confida nella più ampia condivisione possibile, perché studenti, docenti, famiglie e personale scolastico sono tutti cittadini italiani che hanno vissuto e stanno vivendo gli stessi problemi e la stessa emergenza.

Giancarlo Frare – Presidente nazionale AGeSC
Massimiliano Tonarini – Presidente nazionale CdO Opere Educative
Pietro Mellano – Presidente nazionale CNOS Scuola
Marilisa Miotti – Presidente nazionale CIOFS scuola
Giovanni Sanfilippo – Delegato nazionale per le Relazioni Istituzionali FAES
Virginia Kaladich – Presidente nazionale FIDAE
Luigi Morgano – Segretario Nazionale FISM
Vitangelo Denora – Delegato Fondazione GESUITI EDUCAZIONE

Scopri la gioia di far parte della Scuola Salesiana!

Che cos’è la scuola salesiana? Il Sistema Preventivo? Perché è bello fare parte di questa avventura?

Tre video che presentano la Scuola Salesiana attraverso le voci dei docenti.

Scuola Don Bosco Cumiana: la visita del Generale di Corpo d’Armata Claudio Berto

Un ospite d’eccezione hanno avuto ieri i ragazzi della scuola di Cumiana: il Generale di Corpo d’Armata Claudio Berto, il quale ha intrattenuto gli allievi non solo narrando la storia delle Truppe Alpine ma anche ricordando alcuni valori fondamentali nel Servizio alla Nazione.

Si riporta l’articolo pubblicato sul sito della scuola di Cumiana dedicato all’incontro con il Comandante.

Lunedì 29 aprile gli allievi/e della nostra scuola hanno avuto la sorpresa di avere un docente d’eccezione: il Generale di Corpo d’Armata Claudio Berto, Comandante delle Truppe Alpine.

Il Generale ha intrattenuto i ragazzi delle nove classi narrando la storia delle Truppe Alpine dalla loro nascita ad oggi, in guerra e in pace, sottolineando l’impegno, noto a tutti, di essere sempre presenti: primi ad arrivare e ultimi ad andare via dove le popolazioni hanno bisogno nelle calamità: dal Vajont all’Aquila, da Rigopiano ai soccorsi in montagna…

Dalla Sua narrazione sono emersi e hanno fatto breccia nei ragazzi il senso dell’Onore, del Rigore, del Sacrificio e della Dedizione, che sfociano nel Servizio alla Nazione tanto cent’anni fa come oggi.

L’entusiasmo dei ragazzi, manifestato con l’attenzione alla conferenza, ha prodotto numerose domande a cui il Generale ha risposto con disponibilità e cortesia. In questi interventi i ragazzi hanno evidenziato i “talenti” necessari per una crescita umana attenta a formare i “buoni cittadini” di domani attaccati ai sani VALORI della Nazione.

Il tutto è terminato con la Preghiera dell’Alpino, letta dal Generale Berto, che ha suscitato in tutti una grande commozione.

La scuola nell’occasione dell’evento ha prodotto e consegnato a tutti i ragazzi una cartolina ricordo, firmata dal Generale, recante sul retro la Preghiera dell’Alpino.

Grazie Generale per la Sua straordinaria disponibilità nel concedere una visita alla nostra Scuola e, soprattutto, GRAZIE ALPINI per quello che fate per Noi!

Le sfide della scuola salesiana, oggi

José Miguel Núñez, sdb

Papa Benedetto XVI ha fatto un riferimento insistente, durante il suo Pontificato, all’emergenza educativa che vive l’Europa e ci ha impegnati ad andare “fino alle radici profonde di questa emergenza, per trovare anche le risposte adeguate a questa sfida”. Il Papa emerito ha segnalato due cause “profonde” della crisi: da una parte, “un falso concetto di autonomia dell’uomo” e, d’altra parte, lo scetticismo ed il relativismo. La scuola cristiana nel Vecchio Continente è chiamata ad affrontare queste sfide ed a farlo ricuperando la identità che le è propria per dialogare con la cultura e far risuonare la Buona Notizia di Gesù Cristo nel nostro mondo, questo grande cortile dei gentili, che oggi continua più che mai discutendo di Dio.

La scuola cattolica non può diluirsi nel mare di alternative educative che hanno diritto di cittadinanza nella nostra società occidentale. Nessuna proposta educativa è neutra quando si tratta di comunicare valori e non solo di istruire. E nemmeno lo è la proposta della scuola cattolica che si gioca il suo essere e non essere, precisamente, nella sua identità, in quello di alternativo che può offrire alle famiglie che affidano l’educazione dei loro figli alle nostre istituzioni cercando –questo è sicuro – qualità educativa, però cercando anche (a volte senza saperlo esplicitare) uno stile educativo ed una proposta che aiuti a crescere persone mature, creative e con capacità di trasformare la realtà. La nostra proposta ha la sua ispirazione ed il suo fondamento nel Vangelo liberatore di Gesù Cristo, buona notizia per la vita e per la speranza delle persone. Il nostro quadro di valori si struttura attorno alla rivelazione di Dio e la antropologia che ne deriva. La scuola cattolica deve oggi riconquistare spazi di libertà per esprimere senza mezzi termini la propria proposta nelle nostre società plurali, libere e democratiche.

 

La scuola: un impegno della congregazione

  • Eredi di una lunga tradizione

L’educazione in tempi difficili:

  • Tempi di cambi profondi nella società del secolo XIX in cui Don Bosco porta avanti la sua opera; nasceva una nuova società basata sulla rivoluzione industriale, si passava da una società contadina ad una società urbana, da una società monarchica a quella repubblicana, si stava costruendo l’unità di Italia con tutti i problemi che ciò comportava.
  • Una società in cambiamento, con un forte sviluppo economico che stava generando una nuova classe sociale, la borghesia, a spese di una mano d’opera economica, facilmente reperibile, affamata …
  • Bambini senza scolarizzazione, analfabeti, molti di essi abbandonati od orfani, giovani esclusi dalla realtà sociale, la cui unica preoccupazione era, naturalmente, sopravvivere. Molti di essi, gente da galera.
  • Non doveva essere facile l’educazione. Non lo fu nei primi tempi di Valdocco e nemmeno lo fu quando, consolidata l’opera, il profilo dei destinatari della casa salesiana si “normalizzò”.
  • Ma Don Bosco capì che l’educazione era la principale leva per il cambio possibile in una società in evoluzione. Non speculò, non fece semplicemente assistenza sociale, ma diede impulso a un nuovo modo di intendere la proposta educativa autenticamente rivoluzionaria per il suo tempo. In cosa consisteva la sua originalità? Queste le sue parole:

“Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventù: Preventivo e Repressivo. Il sistema Repressivo consiste nel far conoscere la legge ai sudditi, e poi sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove sia necessario, il meritato castigo. Su questo sistema le parole e l’aspetto del Superiore debbono sempre essere severe, e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve evitare ogni famigliarità coi dipendenti.

Il Direttore per accrescere valore alla sua autorità dovrà trovarsi di rado tra i suoi soggetti e per lo più solo quando si tratta di punire o di minacciare. Questo sistema è facile, meno faticoso e giova specialmente nella milizia e in generale tra le persone adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò che è conforme alle leggi e alle altre prescrizioni.

Diverso e, direi, opposto è il sistema Preventivo. Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare di modo che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l’occhio vigile del Direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evento, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze. Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento e cerca di tenere lontano gli stessi leggeri castighi”. (Don Bosco, Il Sistema Preventivo, 1877).

  • Una realtà viva

“La presenza salesiana nel campo dell’educazione formale e in particolare nella scuola è una delle più consistenti, significative e diffuse. Nel 2007 la Congregazione era responsabile di 1.208 Istituti scolastici di diversi livelli, con un po’ più di un milione di allievi, soprattutto nella fascia dei preadolescenti, anche se in quest’ultimo sessennio sono notevolmente cresciuti gli allievi delle scuole superiori, e in particolare di quelle di livello universitario. I Salesiani che lavorano nel campo scolastico sono 2286 a tempo pieno e 1364 a tempo parziale, con la collaborazione di una schiera assai grande di laici, quasi 60.000.

La scuola salesiana è una presenza cristiana significativa nel mondo dell’educazione e della cultura; aiuta i giovani a prepararsi dignitosamente per la vita e contribuisce a formare la mentalità ed a trasformare la società secondo i valori umani e cristiani; per questo è uno strumento fondamentale per l’evangelizzazione. In parecchie nazioni dell’Asia o dell’Africa la scuola è sovente l’unica forma di presenza di Chiesa consentita e in essa la comunità cristiana offre una testimonianza di servizio disinteressato ai settori più poveri della società, un ambiente umano permeato dai valori evangelici, come testimonianza silenziosa di Gesù Cristo e anche, per le famiglie cristiane del posto,  come una preziosa opportunità di educare cristianamente i propri figli.

In questi anni la Congregazione ha fatto un notevole sforzo per rinnovare la sua presenza in questo campo” (ACG 407).

  • Una scommessa rinnovata

Presenti nel mondo della scuola, noi salesiani abbiamo raccolto la sfida che ci ha lanciato Benedetto XVI nel Capitolo Generale 26: “Salesiani, affrontate l’emergenza educativa che viviamo in Europa”. Di fronte a questa “emergenza educativa”, Don Bosco ci ispira: educare è accompagnare per sviluppare tutte le potenzialità che come persone possediamo, inseriti nella nostra storia, illuminati dalla storia di Dio, aperti alla trascendenza, coinvolti nella realtà. E questo è ciò che pretendiamo fare in quella piattaforma privilegiata che è la scuola. In Europa i Salesiani curano 252 centri scolastici e 153 centri di formazione professionale nei quali si educano 182.000 allievi in 23 nazioni. La sfida, non c’è dubbio, è enorme. Ispirati dalla proposta liberatrice di Gesù di Nazareth, vogliamo continuare a sviluppare una proposta educativa-evangelizzatrice ben differenziata in una realtà sociale, libera e democratica, come è quella europea. Attraverso di essa, pretendiamo accompagnare persone nel loro processo di maturazione e di sviluppo integrale per incorporare nella società uomini e donne preparati, creativi e capaci di trasformazione. Come voleva Don Bosco, “buoni cristiani ed onesti cittadini”.

La scuola cristiana: una risposta Pastorale

La ragion d’essere di una scuola salesiana è la specificità della sua offerta educativa, chiaramente espressa nel suo proprio progetto educativo ed abilmente fatta conoscere alle famiglie interessate ad offrire ai propri figli una educazione di qualità. A volte abbiamo dato per scontato che l’intorno sociale nel quale le scuole salesiane realizzano il loro lavoro non abbia bisogno di ricevere informazioni su quello che facciamo e sulla finalità che giustifica ciò che facciamo. Ecco quindi una triste realtà: i dirigenti di molte scuole hanno ritenuto che il lavoro di elaborare, applicare, valutare ogni anno i loro progetti educativi non avesse alcuna importanza. Credevano che fosse una pura formalità” (Francesc Riu). Non è una formalità!

  • Identità ed alternativa
  • Una concezione organica della proposta educativo-pastorale

“In particolare, è importante assumere la visione unitaria e organica di una pastorale, centrata sulla persona del giovane e non tanto sulle opere o servizi, superando un settorialismo ancora presente nella pratica di tutti i giorni. Si deve anche irrobustire la dimensione comunitaria dell’azione pastorale che si manifesta soprattutto nell’impegno di costruire l’opera salesiana come una comunità educativo-pastorale, nella quale le persone occupano il centro, prevalgono i rapporti interpersonali, gli elementi di comunione e di collaborazione sulle preoccupazioni gestionali e organizzative. Un altro aspetto sul quale hanno insistito gli ultimi Capitoli è la mentalità progettuale, cioè, considerare l’azione pastorale come un cammino che si va sviluppando gradualmente secondo obiettivi precisi e verificabili, e non tanto come la somma di molteplici interventi e azioni poco collegate tra loro” (ACG 407).

  • La Scuola è – in se stessa – una risposta pastorale

“Si sottolinea l’urgenza attuale dell’impegno evangelizzatore nelle nostre scuole. Ci inseriamo nel panorama dei CFP e delle scuole cattoliche con il patrimonio pedagogico ereditato da San Giovanni Bosco e accresciuto dalla tradizione successiva (cfr. CG21, n.130).

Questa impresa si presenta particolarmente urgente e complessa proprio per i profondi cambiamenti di natura sociale, educativa e culturale in atto nelle nostre società. Occorre che ogni istituzione educativa offra una proposta educativa pastorale, rimanendo aperta ai valori condivisi nei contesti, che promuova l’apertura e l’approfondimento dell’esperienza religiosa e trascendente, e ripensa il “messaggio evangelico”, accettando il confronto vitale con il mondo dei linguaggi e con gli interrogativi della cultura. Perciò:

  • imposta l’intera attività alla luce della concezione cristiana della realtà, di cui Cristo è il centro (cfr. La scuola cattolica, 33);
  • orienta i contenuti culturali e la metodologia educativa secondo una visione di umanità, di mondo, di storia ispirati al Vangelo (cfr. La scuola cattolica, 34);
  • promuove la condivisione dei valori educativo pastorali espressi soprattutto nel PEPS (cfr. La scuola cattolica, 66);  
  • favorisce l’identità cattolica attraverso la testimonianza degli educatori e la costituzione di una comunità di credenti animatrice del processo di evangelizzazione (cfr. La scuola cattolica, 53)” (Quadro di Riferimento della Pastorale Giovanile Salesiana, pag.194).
  • Le conseguenze che derivano dall’ “educare onesti cittadini e buoni cristiani”
  • Educhiamo ed evangelizziamo la cultura

Il modello teologico dell’Incarnazione del Verbo: come il Verbo assume la cultura e da dentro di essa “attraversa” gli elementi di peccato e di morte che si annidano nella medesima cultura, facendo sorgere una “vita nuova” nella risurrezione… allo stesso modo, l’azione evangelizzatrice penetra la cultura, si identifica con essa e fa “morire” gli elementi di oscurità e di peccato per far sorgere una cultura nuova: persone nuove, cittadini attivi, coinvolti, orizzonte culturale di vita per tutti…

  • Andare a fondo nella relazione educazione ed evangelizzazione

È per noi una necessità. Forse troviamo qui il punto nodale che più ci preoccupa: come fare una educazione evangelizzatrice? Qual è la relazione intrinseca tra educazione ed evangelizzazione?

“L’evangelizzazione viene misurata sul terreno umano che incontra. Assume e rigenera la vita quotidiana dei giovani e la loro esigenza di senso e pienezza a quanto accade nel loro mondo. L’evangelizzazione richiede il supporto culturale dell’educazione, poiché orienta alla maturazione in umanità, illumina, propone, interpella la libertà. L’educazione è fondamentale per la costruzione della persona e interessa tutti coloro ai quali sta a cuore il bene dell’uomo. L’evangelizzazione, da parte sua, tutta orientata verso l’uomo vivente, trova efficacia negli approcci pedagogici. Il messaggio cristiano si colloca così in ottica educativa, si offre nella logica di un progetto che favorisca una crescita vera ed integrale. L’evangelizzazione sembra attraversata dalle istanze dell’educazione, ove può risuonare il Vangelo di Gesù Cristo, come condizione perché esso sia accolto nella sua verità”
(
Quadro cit., pag. 61-62).

Come realizzare questo nella scuola? Come vivere senza dissociazioni il nostro essere educatori-evangelizzatori?

  • Evangelizzare la cultura

Il criterio dell’Incarnazione. Il Verbo di Dio, nell’incarnazione, assume con tutte le conseguenze la natura umana. Solo assumendo la storia, dal di dentro di essa, Gesù Cristo con la sua morte e risurrezione vince definitivamente il peccato e fa sorgere una realtà nuova. L’uomo e l’intera creazione sono liberati dal male, dal peccato, dall’oscurità e dalla morte trasformando definitivamente la storia e facendo di esse una storia di salvezza.

L’avvenimento di Cristo, Figlio di Dio, Salvatore, ci offre un criterio teologico per la nostra prassi pastorale. Già lo aveva annunciato in forma magistrale uno dei migliori teologi del secondo secolo, Ireneo di Lione (130 – 200) quando affermava, nella sua refutazione della Gnosi, che il Verbo incarnato redime l’uomo assumendo realmente la natura umana. Il principio teologico che ne deriva può essere enunciato affermando che quello che non si assume, non può essere redento.

Questo criterio teologico-pastorale ci porta a considerare che una corretta prassi evangelizzatrice dovrà essere inculturata, cioè dovrà assumere la cultura per poter annunciare Gesù Cristo dal di dentro di essa, con l’universo di comprensione, con le categorie e con il linguaggio comprensibili per il destinatario dell’annuncio. In questo senso, la Chiesa delle origini si converte nel modello missionario per noi. L’annuncio del Vangelo ha sempre cercato di inserirsi nella cultura dei destinatari del messaggio e di rendere comprensibile il messaggio della Rivelazione a giudei, greci o romani. Così ha cercato di fare la Chiesa in ogni tempo. Per questo, il Consiglio Vaticano II, riferendosi alla missione evangelizzatrice della Chiesa nel mondo contemporaneo, afferma: “L’adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere la legge di ogni evangelizzazione. Così, infatti, viene sollecitata in ogni popolo la capacità di esprimere secondo il modo proprio il messaggio di Cristo, e al tempo stesso viene promosso uno scambio vitale tra la Chiesa e le diverse culture dei popoli”.

Ebbene, l’assunzione della cultura non deve essere acritica, ritenendo come buoni tutti gli elementi che la configurano e determinano. Inculturare il messaggio non vuol dire un adeguamento culturale. Effettivamente, in ogni cultura ci sono anche elementi di morte, di oscurità e di peccato. Alla luce del principio teologico dell’Incarnazione del Verbo, è necessario affrontare tutto ciò che va contro l’uomo, la sua libertà, la sua capacità di amare, di essere immagine di Dio. Per questo il Vangelo è stato sempre contro-culturale. La proposta di Gesù, dal di dentro della realtà umana, va controcorrente a molti valori (o anti-valori) imperanti, fa crollare visioni equivoche o ambigue della persona e del mondo, mette in discussione maniere di vivere che non salvaguardano i diritti e la dignità delle persone, al di sopra di strutture o leggi ingiuste, per quanto possano apparire come accettate ed assunte sociologicamente.

Credo che il principio dell’incarnazione abbia un enorme valore per la nostra pastorale giovanile, se questa vuole davvero stimolare il dialogo della fede e della cultura. Ci mette di fronte le sfide di conoscere il mondo giovanile, di penetrare il suo universo, di collocarci interiormente come adulti che condividono ed assumono tutto ciò che di buono la stessa cultura giovanile contiene senza giudizi e condanne. Ma anche ci chiede audacia per proporre alternative critiche di fronte a modi di vivere che non liberano il cuore, che mettono un freno allo sviluppo delle potenzialità delle persone, che esibiscono criteri egoistici o che promuovono una cultura della banalità esistenziale scartando le grandi questioni che ogni essere umano deve affrontare per vivere con senso.

Ho l’impressione che la nostra pastorale giovanile è stata, in certe occasioni, troppo accomodante e poco alternativa. Facciamo un grande sforzo per vincere la causa dei giovani, amiamo quello che essi amano, inculturiamo il messaggio con i linguaggi adeguati (anche il nuovo spazio digitale), ma ci costa fatica proporre quanto di contro-culturale possiede il Vangelo e le sue conseguenze nella forma di vivere di chi davvero voglia seguire Gesù. L’invito e l’impegno sono contundenti: “Il Regno di Dio è qui, convertitevi e credete nel vangelo” (Mc 1,15). O, che è la stessa cosa, trasformare la vita, capovolgere le idee ed i criteri con cui ho condotto la mia vita fino ad ora per entrare nella logica evangelica, tante volte a contropelo di ciò che sembrerebbe normale. La conversione implica una autentica decostruzione culturale per poter far emergere una personalità credente, matura ed equilibrata, anche con la capacità di trasformare la realtà. La mia esperienza di lavoro pastorale in questi anni mi dice che non stiamo ottenendo facilmente che i giovani che partecipano alla nostra proposta giungano ad assumere vitalmente ciò che di radicale ed alternativo possiede il Vangelo. Continua a predominare una certa impalcatura mentale che in non poche occasioni è dissociata dalle opzioni più vitali.

D’altra parte, questo “assumere” la cultura e morire ai suoi elementi di morte, porta con sé una conseguenza importante: far sorgere la novità di Cristo che trasforma la vita delle persone e rinnova il mondo secondo il cuore di Dio. La Buona Notizia di Dio è innovativa, tocca il cuore delle persone, coinvolge in un nuovo modo di vivere l’esistenza e, in essa, le relazioni con gli altri. Il criterio dell’incarnazione illumina la prassi pastorale con i giovani un modo che questa apra dei canali per una trasformazione reale e solidaria della realtà, facendo leva non solo sulla persona ma anche sugli elementi strutturali, sociali e politici. A questo riguardo, la lotta contro le strutture ingiuste, il compromesso sociopolitico o il volontariato solidale saranno alcune delle “strategie-chiave” nell’accompagnamento dei giovani verso la tappa adulta di una fede in costante dialogo con la realtà culturale, testimoniale e credibile.

  • L’educatore – evangelizzatore

Non c’è dubbio che “nelle intenzioni operative di Don Bosco c’è, senza discussioni, il primato dello “spirituale”. Ogni figlio di Dio doveva (e deve) essere accompagnato vero l’incontro con il Signore”. Come lui stesso scrive nel prologo del Il Giovane Provveduto, solo un anno dopo che l’oratorio trovasse una sede stabile a Valdocco (1846): “Miei cari giovani, io vi amo tutti di cuore, e basta che siate giovani perché io vi ami assai (…) Alzate gli occhi, o figliuoli miei, e guardate in alto…”. Non era solo un “manuale di preghiere”, ma una autentica proposta educativa che i primi destinatari dell’Oratorio avevano iniziato a vivere ed a sperimentare. Per Don Bosco si trattava di proporre ai giovani un nuovo stile di vita che li aiutasse a vivere nella virtù ed a servire il Signore con allegria. L’esperienza religiosa che proponeva loro era semplice e “di tutti i giorni”. Alla portata di tutti, era in relazione con il “sistema” e con il modo di vita che i ragazzi trovavano a Valdocco: l’importante non era il punto di partenza, ma il punto di arrivo, cioè fin dove Don Bosco poteva accompagnarli, qualunque fosse il bagaglio con cui ciascuno contava per iniziare il cammino.

In questo senso, è importante ricordare le tre biografie che Don Bosco scrisse tra il 1859 ed il 1864, nella tappa di maturità dell’Oratorio di Valdocco. Secondo il parere di uno studioso come Aldo Giraudo, “sono tra i documenti pedagogici e spirituali più importanti di Don Bosco ed una efficace illustrazione narrativa delle convinzioni e della pratica formativa del Santo (…) Questi scritti ci offrono gli elementi essenziali per comprendere il cuore del messaggio educativo di Don Bosco: la religiosità come centro unificatore e vitale del cammino formativo”.

Detto in altre parole, la “religione” nel sistema preventivo è uno degli elementi ineludibili ed imprescindibili. Significa “fare spazio alla Grazia che salva, coltivare il desiderio di Dio, favorire l’incontro con il Cristo Signore in quanto offre un senso pieno alla vita ed una risposta alla sete di felicità, inserirsi progressivamente nella missione della Chiesa”.

Naturalmente i tempi in cui viviamo sono molto differenti da quelli che si vivevano agli inizi a Valdocco, però alla luce dell’esperienza carismatica del sistemo preventivo possiamo dire che l’educatore con stile salesiano che educa con il cuore di Don Bosco è un credente, un testimone della fede che comunica la allegria del Vangelo liberatore di Gesù Cristo. Per questo affermiamo oggi che condividere carisma e missione porta salesiani e laici ad approfondire ogni volta di più il sistema preventivo di Don Bosco di fronte a tutte le sfide che la cultura attuale e le nuove povertà ci propongono, “per esplicitare le funzioni in ordine al superamento del malessere e della emarginazione giovanili; educazione etica, promozione della dignità della persona, compromesso socio-politico, esercizio della cittadinanza attiva, difesa dei diritti dei minori, lotta contro l’ingiustizia e costruzione della pace. Riconoscendo che nei giovani poveri si trovano apertura e disponibilità al Vangelo, annunciamo loro con coraggio Gesù Cristo e proponiamo loro cammini di fede”.

L’opzione della fede è una proposta in libertà. Naturalmente non tutti i bambini, gli adolescenti ed i giovani dei nostri progetti (o di qualunque delle nostre presenze) vivranno l’esperienza religiosa allo stesso modo. Alcuni non la vivranno nemmeno. Ma è importante la nostra identità. Essere quello che siamo. Essere quello che siamo chiamati ad essere. Ciò che è veramente decisivo oggi non è tanto il risultato della nostra azione quanto l’identità della proposta. Sapere da dove veniamo, chi siamo e verso dove vogliamo camminare. Se le nostre presenze o progetti fossero solo servizi sociali qualificati non avrebbero ragion d’essere ed avremmo adulterato il progetto di Don Bosco. Al contrario, nelle nostre case i giovani sono accolti senza discriminazioni e si offre loro un servizio educativo-pastorale curato e di qualità, li si accompagna con lo stile di Don Bosco, si offre loro una proposta integrale che li aiuti a sviluppare tutte le dimensioni della persona, Tra esse, l’apertura all’esperienza religiosa ed il cammino di fede per chi sia disponibile.

L’educatore con spirito salesiano è un testimone del Dio vivente. Un credente convinto, anche in mezzo alle difficoltà inerenti allo sviluppo del proprio progetto di vita. Disposto a fare un cammino ed a continuare a scoprire e maturare la fede in una comunità di riferimento. Nel rispetto del sentiero che ciascuno percorre esistenzialmente, è una persona aperta alla formazione permanente e disponibile a lasciarsi accompagnare da altri testimoni che camminano insieme a lui e che condividono spirito e missione.

  • Qualità educativa e pastorale
  • Qualificare la proposta, le équipe ed i mezzi   

“In questo campo della formazione pastorale si deve curare molto di più la sistematicità delle proposte, la loro ricaduta nella vita quotidiana delle opere, il coordinamento e la condivisione delle iniziative e dei programmi, un’impostazione secondo il modello della Pastorale Giovanile Salesiana che favorisca una visione più unitaria e integrale della pastorale; si deve curare, inoltre, il lavoro in équipe e in rete, e lo sviluppo di metodologie adeguate per affrontare positivamente la complessità della pastorale e superare il settorialismo”.
(AGC 407).

La scuola salesiana: sistema preventivo in atto

Una rinnovata sensibilità per dare più qualità educativa ed evangelizzatrice alla proposta educativo-pastorale che offriamo nelle nostre opere, attraverso un ripensamento del Sistema Preventivo per adeguarlo alle nuove sfide che presenta il mondo dell’educazione, alle nuove esigenze del lavoro con i giovani a rischio, all’urgenza di rinnovamento dell’evangelizzazione e dell’educazione alla fede (ACG 407).

  • Prima di tutto, le persone

La centralità della persona, la fiducia e la prossimità

  • Nel centro dell’azione educativa c’è il ragazzo. Non ci sono schemi preconcetti né uguali per tutti. Alcune intuizioni educative e la convinzione che in ogni ragazzo ci sono possibilità che bisogna risvegliare: c’è sempre un punto di accesso al bene. L’arte dell’educatore consiste nel saper trovare questo accesso, nel cogliere la misura del passo del ragazzo dal punto e dalla situazione in cui lui si trova: Michele Magone, Francesco Besucco e Domenico Savio. Oggi lo chiameremmo “Adattazione curriculare”. Non c’è nulla di più antieducativo del discriminatorio “caffè per tutti”.
  • L’educazione basata sulla “relazione” educativa: oggi la chiameremmo personalizzazione. Una relazione “dialogica” che si basa sull’affetto. Una relazione educativa che mantiene i “ruoli”. Non è una relazione di colleghi, ma una relazione asimmetrica: di adulto e di giovane. Ma una relazione che si adatta al passo, flessibile, vicina, affettuosa… ma che sempre è un punto di riferimento e che indica un “più lontano”.
  • Ragione, religione ed amorevolezza oltre gli stereotipi
  • “La familiarità genera l’amore, e l’amore, la confidenza…” (Lettera da Roma 1884). Il punto di partenza è la “familiarità”, l’ambiente positivo, la vicinanza, il dare il primo passo, lo spianare il cammino … “Non basta amare, è necessario che si rendano conto che sono amati…” (idem). Quando qualcuno si sente amato, si sblocca, è disposto all’apertura … si può intervenire educativamente.
  • Fiducia nell’educatore e fiducia in se stesso e nelle proprie possibilità: conto su di te …
  • Tutti gli studi attuali sulla “resilienza” confermano che la capacità di cambiamento di un giovane con difficoltà è legata all’incontro con un adulto che ha saputo offrigli uno sguardo di fiducia senza tenere conto del suo passato.
  • Come instaurare questa fiducia? Don Bosco, ben lontano da ricorrere e tecniche educative, solo risponderà: “con l’affetto”. Don Bosco riabilita la componente “affettiva” nella relazione educativa: senza affetto non c’è fiducia, senza fiducia non c’è educazione.
  • La “religione” nella proposta vitale di Don Bosco: come uomo del suo tempo, era convinto che la “religione” migliorasse le persone. Per questo la sua proposta era molto chiara: l’apertura a Dio, la “pratica religiosa”, il comportamento del “buon cristiano” erano assolutamente imprescindibili nel suo modo di concepire l’educazione.

Tradurre oggi il sistema preventivo:

  • Può dare qualche contributo il sistema preventivo di Don Bosco a questa società in cui viviamo ed ai problemi educativi che emergono?
  • Le situazioni socio-economiche e culturali delle nostre nazioni sono molto differenti a quelle di Torino nel secolo XIX. Eppure hanno una caratteristica comune: tutte e due sono società in crisi. Anche la nostra società è una società in cambiamento. Viviamo in un periodo di crisi, segnato da importanti cambi sul piano economico, tecnologico e culturale. Viviamo in una società che molti chiamano post-industriale, post-moderna, post-cristiana … e ciascuno di questi “post” indica un malessere, una stanchezza, la necessità di un cambiamento …
  • Come in ogni epoca di crisi sociale, la questione della trasmissione di “riferimenti” viene suscitata in modo cruciale, ed i problemi della gioventù si manifestano in modo clamoroso, specialmente quelli legati ai fenomeni migratori.

Vicinanza e dialogo en un mondo di solitudini:

  • Difficoltà nella famiglia: separazioni, divorzi, famiglie destrutturate …
  • Ragazzi soli, senza chi si occupi di loro, apparentemente hanno di tutto …
  • Fare il primo passo, immergersi nel loro mondo, comprendere, decifrare …
  • Non imporsi con la forza, ma cercando il “ragionevole” delle cose, cercando di dialogare, cercando di “negoziare”, patteggiare …

Cerca di farti amare più che di farti temere:

  • È la frase di Don Bosco a Don Rua quando lo fece Direttore a Mirabello. Don Rua, un uomo retto, amante dell’ordine e della disciplina… ma imparò dal cuore di Don Bosco.
  • L’autorità dell’educatore non sta nel suo “potere” né nel suo “sapere”. Sta nella sua credibilità e nella capacità di dimostrare affetto…
  • Quando un eduacatore conquista il cuore di un ragazzo, diventa capace di “intervenire” educativamente anche in forma decisa.
  • L’“amorevolezza” è una forma di vivere, un modo di concepire la vita che tocca le relazioni, il modo di situarsi di fronte alle persone. Si esprime nella bontà, nell’accoglienza, nella capacità di empatia, nella capacità di farsi amare… rispettando i ruoli.

Onesti cittadini e buoni cristiani:

  • Don Bosco “si fidò” dei ragazzi e fu capace di responsabilizzarli.
  • Puntò in alto: fece loro una proposta di spiritualità credibile e attuale che li aiutava a crescere e a dare pienezza alla loro vita.

A modo di conclusione

Come risponderebbe Don Bosco alla sfida che la realtà socioeducativa propone alle scuole salesiane dell’Europa?

  1. La costante preoccupazione per la formazione di “onesti cittadini e buoni cristiani” muoverebbe Don Bosco ad adottare le decisioni pertinenti per approfittare di questa nuova opportunità di migliorare la qualità educativa di tutte le sue scuole. Tutto questo senza rinunciare a nessuno dei suoi principi ed attingendo alle nuove possibilità di dotare i loro allievi delle competenze necessarie per la loro inserzione nella società.
  2. Con questi criteri, la risposta di Don Bosco alla nuova sfida educativa non sarebbe altra che programmare ed impulsare la necessaria riqualificazione dei quadri direttivi e del corpo docente delle diverse tappe educative. Programmando questo processo, Don Bosco non penserebbe tanto alle eventuali esigenze derivate dalla legge come piuttosto alla necessità di offrire ai giovani l’educazione che garantisca loro il doveroso esercizio della cittadinanza e, allo stesso tempo, renda agevole il loro incontro con il messaggio del Vangelo di Gesù.
  3. Questo vuol dire che Don Bosco non solo doterebbe le sue scuole delle risorse necessarie perché si compiano rigorosamente le norme stabilite dalle Autorità educative ed assicurino il necessario prestigio sociale, ma farebbe tutto ciò che fosse alla sua portata per fare in modo che i suoi progetti educativi garantiscano la piena realizzazione della sua missione educativa ed evangelizzatrice.
  4. La configurazione attuale delle Ispettorie ed i diversi modelli di direzione e di gestione che si sono generalizzati in molte scuole salesiane obbligano le delegazioni ispettoriali delle scuole ad assumere l’iniziativa nell’impulso del necessario rinnovamento di ciascuna di esse, soprattutto nell’ambito della riqualificazione delle équipe direttive e del corpo docente.
  5. Le scuole salesiane potranno realizzare questo compito nell’ambito dell’autonomia che la legge riconosce loro, ma l’esercizio di questa autonomia richiederà che le loro équipe direttive ricevano l’aiuto adeguato, dal momento che si esigerà loro una qualificazione specifica per il compito che ora viene affidato alle loro mani. Le nostre scuole dovranno avere alla loro portata gli strumenti necessari per fronteggiare questa sfida ed anche si dovrà pensare ad un opportuno disegno di proposte di formazione per tutto il corpo docente.