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Un caffè con Stefania De Vita: la mostra temporanea Lock Art e le nuove Sale della Famiglia Salesiana

In questi primi giorni di settembre, si è tenuta l’intervista con la Direttrice del Museo Casa Don Bosco Stefania De Vita per il programma televisivo “Un caffè con…”. L’intervista ha riguardato la mostra temporanea “Lock art”, appena inaugurata, e le nuove Sale della Famiglia Salesiana.

Grazie ai nuovi spazi dedicati alle figure più significative della missione educativa salesiana, Museo Casa Don Bosco si completa, anche se – come affermato dalla Direttrice Stefania De Vita – “ciò avviene in un contesto in continua evoluzione, in quanto non conclude la sua fase espositiva”.

Da testimoni di santità (come Maria Domenica Mazzarello) a figure significative che hanno fatto della propria vita un “portabandiera del carisma salesiano”, nel Museo si respira come “dal cortile di Valdocco si è riusciti a fare un giro intorno al mondo incontrando i cuori e le menti di persone che ancora oggi ci accompagnano ciascuno a suo modo” – afferma la Direttrice.

A dicembre e nei mesi a seguire, presso il Museo Casa Don Bosco, saranno presenti diverse mostre particolarmente significative: una programmazione in continua crescita che desidera stupire il visitatore e rendere sempre più omaggio alla Famiglia Salesiana.

“Un caffè con Don Alejandro Guevara” – Intervista al Direttore della Comunità Salesiana Maria Ausiliatrice

In questi primi giorni di settembre, all’ombra dell’Ausiliatrice, si è tenuta l’intervista per il programma televisivo “Un caffè con…” assieme a Don Alejandro Guevara, nuovo Direttore della Comunità Salesiana Maria Ausiliatrice. Proveniente dalla Spagna e presente a Valdocco da più di un anno, con questo nuovo incarico don Alejandro cura non soltanto le mansioni direttive della propria Comunità, ma anche l’accoglienza dei pellegrini e dei giovani in Basilica al fine di far vivere e trasmettere loro il carisma salesiano e l’esperienza di Don Bosco.

Vivere a Valdocco, in modo particolare per i tutti Salesiani, penso sia un grande dono di Dio che riceviamo.

Una bella responsabilità che abbiamo come Salesiani qui a Valdocco è quella di trasmettere il carisma salesiano ai giovani. Per raggiungere questo scopo abbiamo la maestra: Maria Ausiliatrice.

Parlando delle sue origini, l’affetto che lega la Spagna alla figura di Don Bosco risale al lontano 16 febbraio 1881 con l’invio dei missionari salesiani partititi da Valdocco per la città di Utrera.

Nell’intervista, don Alejandro affronta differenti temi legati al suo nuovo incarico, come la diffusione della devozione a Maria Ausiliatrice, le sfide attuali per Valdocco e per la Basilica nonostante la pandemia, il “Valdocco di Don Bosco” ovvero quale Valdocco vorrebbe oggi Don Bosco per i giovani e per il mondo.

Di seguito il video dell’intervista con don Alejandro Guevara.

 

Valdocco – “Gastronomo”: la quarta edizione del percorso di istruzione tecnica superiore

A Valdocco è tempo di presentare la quarta edizione del percorso di istruzione tecnica superiore Gastronomo della Fondazione Agroalimentare per il Piemonte. Di seguito le principali informazioni pubblicate sul sito del CFP VALDOCCO.

GASTRONOMO – Un percorso di alta formazione che consente a giovani diplomati di crearsi una conoscenza ed una competenza professionale nell’affascinante mondo delle produzioni alimentari. Dalla rilevazione dei fabbisogni infatti risulta che il nostro sistema produttivo agroalimentare necessita di figure professionali altamente qualificate che possano aiutare le aziende nella trasformazione richiesta dal mercato e dalle nuove esigenze economiche.

Il percorso formativo del Gastronomo è stato compiutamente realizzato presso il Cnos-Fap Valdocco nel biennio 17-19 e la prossima settimana si svolgeranno gli esami di stato del biennio 19-21. I dati occupazionali relativi al primo biennio sono confortanti infatti – nonostante l’emergenza Covid-19 – l’80% degli allievi ha trovato una occupazione coerente con gli studi effettuati.

Tra le novità della prossima edizione troviamo:

  • Il food delivery, a cui la ristorazione italiana si è approcciata poco alla volta, che continua a crescere e che va analizzato a fronte del potere d’acquisto delle famiglie italiane. A questo proposito l’emergenza legata al COVID-19 ha evidenziato uno sviluppo importante della consegna (delivery) passando da una crescita del 5-7% l’anno sino ad un 20-25%. E ci sarà anche un importante incremento della consegna a domicilio (cucine aperte o dark kitchen). Questo incremento è dovuto al fatto che le restrizioni imposte dalla pandemia hanno portato all’avvicinamento della consegna dei pasti a persone che prima non ci avevano mai pensato, ampliando di fatto il mercato a disposizione.
  • L’e-commerce – anch’esso esploso durante la pandemia passando da comodità a necessità – come sistema alternativo di vendita per aziende medio piccole del territorio nazionale caratterizzate da notevole capacità e flessibilià. In costante crescita fin dalla sua nascita, l’e-commerce possiede dei trend particolarmente significativi: ad esempio nel primo trimestre 2020 si registra una crescita dei ricavi del 20%, del 16% del traffico digitale e del 4% della spesa per acquirente (l’importo medio per ogni visita). Nel mese di marzo, in particolare, la spesa per beni essenziali attraverso i canali digitali è cresciuta del 200%.
  • La digitalizzazione della filiera agroalimentare ed in particolare la tracciabilità alimentare, che spazia dal blockchain (43% del totale sul mercato italiano, +111% in un anno) al QR code (41%) oltre al Mobile app, al data danalytics, al Iot e al Cloud.
  • Il trasporto e la logistica dei prodotti deperibili e di conseguenza una crescente attenzione al packaging al fine di non intaccare la catena produttiva e di approvvigionamento (supply chain).
  • La sicurezza e la salubrità alimentare inserite in un contesto di rispetto dell’ambiente e della sostenibilità.

Per ulteriori dettagli su percorso che è in fase di presentazione potete consultare il sito della Fondazione a questo link.

Museo Casa Don Bosco: “Lock art” – Inaugurazione della Mostra: 8 settembre 2021

Mercoledì 8 settembre 2021 alle ore 17.00, presso Museo Casa Don Bosco, verrà inaugurata la mostra temporanea “Lock art – Viaggio attraverso il mondo passando tra salotto e cucina, realizzata in collaborazione con ArtFullFrame: la visione speciale di 15 fotografi di tutto il mondo che raccontano il tempo della pandemia

L’inaugurazione della mostra vedrà la presenza del Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Ángel Fernández Artime, e il Direttore Artistico e Capo progetto Lock Art Chiara Candellone Sticca.

– La partecipazione in presenza all’evento è su invito –

Di seguito il programma e le informazioni utili.

PROGRAMMA

Inaugurazione – Mercoledì 8 settembre 2021 – Ore 17.00
presso Museo Casa Don Bosco

Modera e illustra il progetto espositivo la dottoressa Stefania De Vita, Direttrice del Museo Casa Don Bosco. A seguire:

  • Il benvenuto istituzionale e la presentazione dei nuovi spazi del Museo Casa Don Bosco dedicati alla famiglia salesiana a cura di Don Ángel Fernàndez Artime, Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana;
  • Il saluto di Don Leonardo Mancini, Ispettore Salesiani Piemonte Valle D’Aosta e Lituania;
  • L’illustrazione del progetto storico e scientifico dei materiali raccolti a cura di Don Cristian Besso, Responsabile progetto museologico Museo Casa don Bosco;
  • L’introduzione alla mostra a cura di Chiara Candellone Sticca, Direttore Artistico e Capo progetto Lock Art;
  • La testimonianza artistica del Fotografo torinese Claudio Gottardo.

Al termine dell’evento, i partecipanti potranno effettuare il tour della mostra e la visita dei nuovi ambienti del Museo dedicati alle figure più significative della missione educativa salesiana.

PER PARTECIPARE ALL’EVENTO

La partecipazione in presenza all’evento è su invito.

I giornalisti e gli operatori della comunicazione possono partecipare all’appuntamento richiedendo l’accredito inviando l’email a media@buonastampa.net oppure telefonando al numero 329.845.55.64.

L’evento sarà seguibile online sulla Pagina Facebook del Museo @museocasadonbosco a partire dalle ore 17.00 e in diretta TV dal Gruppo RETE 7 su PIEMONTE+ (canale 110 del digitale terrestre).

3 e 4 settembre – Giornate di inizio anno pastorale a Valdocco

Il 3 e 4 settembre confratelli e consigli della CEP sono invitati a Valdocco per le giornate di inizio anno pastorale. Il programma della due giorni, la cui partecipazione è prevista per case, prevede:

3 settembre 2021

Borgomanero, Bra, Chatillon, Cumiana, Fossano, Ivrea, Lombriasco, San Benigno Canavese, To-Agnelli, To- Andrea Beltrami, To-Monterosa, To-Rebaudengo, To-Filippo Rinaldi, To-San Francesco di Sales, To-Centro Ispettoriale, To-Valsalice, Vigliano Biellese.

15.30 Accoglienza, saluti e preghiera iniziale
16.00 Intervento di don Stefano Martoglio (Vicario del Rettor Maggiore) “Riflessione post capitolare in vista del capitolo ispettoriale”. Possibilità di confronto e domande.
17.15 Pausa
17.30 Intervento dell’ispettore, del Regolatore del Capitolo Ispettoriale X e di alcuni incaricati di settore
18.00 Lavori di gruppo per case
19.00 Vespro
19.30 Cena

Aggiungi a calendario.

4 settembre 2021

Alessandria, Asti, Avigliana, Casale, Chieri, Colle don Bosco, Castelnuovo Noviziato, Cuneo, Lanzo, Novara, Rivoli Cascine Vica, To-Crocetta, To-San Giovanni Evangelista, To-San Paolo, To-Maria Ausiliatrice, Venaria, Vercelli, Vilnius e Telsiai.

Orario di massima
9.30 Accoglienza, saluti e preghiera di Lodi.
10.00 Intervento di don Stefano Martoglio (Vicario del Rettor Maggiore) “Riflessione post capitolare in vista del capitolo ispettoriale”. Possibilità di confronto e domande.
11.15 pausa
11.30 Intervento dell’ispettore, del Regolatore del Capitolo Ispettoriale X e di alcuni incaricati di settore
12.00 Lavori di gruppo per case
13.00 Pranzo

Aggiungi a calendario.

Per accedere al teatro sarà necessario essere in possesso del green pass Covid 19 o della esenzione vaccinale rilasciata dal medico.
Comunicare al segretario ispettoriale (segretario@salesianipiemonte.it) dei partecipanti alla cena o al pranzo

ADMA 2021 – 2025: un sogno di speranza salesiana e mariana anche per te

In preparazione al nuovo anno pastorale 2021-2022, don Alejandro Guevara Rodríguez, Animatore spirituale dell’ADMA Valdocco, porge un messaggio di speranza salesiana e mariana a tutti i membri dell’Associazione. Di seguito la lettera di don Alejandro, con la possibilità di scaricare i documenti nelle varie lingue dedicati alla “bussola di navigazione ADMA” dei prossimi quattro anni.

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Cari amici. Iniziamo un nuovo anno pastorale e vogliamo condividere con voi un orizzonte di Speranza salesiana e mariana. Tutti noi apparteniamo alla Famiglia Salesiana e ci sono degli elementi che ci uniscono nella stessa spiritualità. Senza dubbio Don Bosco é il padre della nostra famiglia, però proprio lui ci ha lasciato il dono più bello che un figlio può dare a noi: la Mamma, la Mamma della nostra famiglia che é MARIA AUSILIATRICE. Lei, come buona mamma conserva uniti a tutti i suoi figli, ci ama, ci protegge, ci aiuta… a ciascuno di noi, nella nostra situazione e condizioni. Noi amiamo Maria e questo nostro amore deve essere ravvivato e incrementato ogni anno. Siamo chiamati a fare bruciare nei nostri cuori l’amore verso Maria, perché in questo modo saremo quello che Don Bosco ha pensato per noi: mariani. Essere mariani appartiene alla nostra identità; non è secondario, è identitario. Senza Maria non siamo salesiani.

Durante questi mesi passati tutti gli animatori, animatrici spirituali, tanti presidenti laici dei gruppi locali di ADMA abbiamo iniziato un cammino di conoscenza e di costruzione di un sogno mariano. Abbiamo ascoltato gli eventi più importanti vissuti: CG 28 dei salesiani, gli orientamenti post capitolari, abbiamo riletto la carta d’identità carismatica della FS, la lettera del RM (ACG 343) sull’ADMA e anche abbiamo accolto i suggerimenti e le proposte di tutti, per costruire insieme quello che vuole essere la nostra “bussola di navigazione” per i prossimi quattro anni.

Questo lavoro vuole essere soltanto il primo passo di un cammino per coinvolgere pian piano a tutti gli animatori, animatrici spirituali, presidenti laici di ADMA, consigli locali e arrivare a tutti soci e devoti di Maria Ausiliatrice. Siamo chiamati ad amare a Maria insieme e per questo scopo vi invitiamo a conoscere, però soprattutto partecipare nel nostro sogno mariano, che é per te. Tu sei destinatario di questo sogno e vogliamo invitarti a partecipare.

Ti presento il nostro sogno per te, con il desiderio di diffonderlo a farlo conoscere a tutti i membri della nostra Famiglia Salesiana, peró anche andando oltre i conosciuti. Vogliamo chiederti il tuo aiuto perché tanti possano vivere e godere questo sogno mariano. Maria vuole essere Madre di TUTTI. Nessuno é escluso dell’amore e della protezione della nostra Madre Ausiliatrice.

Alejandro Guevara Rodríguez, sdb. Animatore spirituale ADMA Valdocco.

ADMA 2021-2025 – Orientamenti:

Don Mauro Zanini nuovo direttore di Valdocco San Francesco di Sales

Nella giornata di mercoledì 25 agosto, presso la Chiesa di San Francesco di Sales a Valdocco, l’Ispettore don Leonardo Mancini ha insediato don Mauro Zanini come nuovo Direttore della Comunità Valdocco San Francesco di Sales. Oltre alla partecipazione dei confratelli di casa, vi è stata anche la presenza di una rappresentanza della Casa del Michele Rua in cui don Mauro ha prestato servizio come Direttore negli ultimi anni. Tra questi anche don Stefano Mondin, che proprio nella stessa mattinata aveva vissuto la cerimonia liturgica di insediamento.

L’Ispettore, in entrambi i casi, ha desiderato commentare l’articolo 55 delle Costituzioni salesiane prendendo spunto da I <<RICORDI CONFIDENZIALI AI DIRETTORI>> DI DON BOSCO:

Il direttore nella comunità
Il direttore rappresenta Cristo che unisce i suoi nel servizio del Padre. È al centro della comunità, fratello tra fratelli, che riconoscono la sua responsabilità e autorità.
Suo primo compito è animare la comunità perché viva nella fedeltà alle Costituzioni e cresca nell’unità. Coordina gli sforzi di tutti tenendo conto dei diritti, doveri e capacità di ciascuno.
Ha responsabilità diretta anche verso ogni confratello: lo aiuta a realizzare la sua personale vocazione e lo sostiene nel lavoro che gli è affidato.
Estende la sua sollecitudine ai giovani e ai collaboratori, perché crescano nella corresponsabilità della missione comune.
Nelle parole, nei contatti frequenti, nelle decisioni opportune è padre, maestro e guida spirituale.

Di seguito qualche scatto della cerimonia, a cura del confratello Antonio Saglia.

Museo Casa Don Bosco: “Lock art” – Mostra temporanea dal 9 settembre

Dal 9 settembre al 21 novembre 2021, Museo Casa Don Bosco è lieto di ospitare la mostra temporanea “Lock art – Viaggio attraverso il mondo passando tra salotto e cucina, realizzata in collaborazione con ArtFullFrame: la visione speciale di 15 fotografi di tutto il mondo che raccontano il tempo della pandemia. Curatrice della mostra, in qualità di direttore artistico e capoprogetto, è Chiara Candellone Sticca.

L’inaugurazione dell’evento si terrà mercoledì 8 settembre 2021 alle ore 17.00 con la presenza del Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, X successore di don Bosco, a fare gli onori di casa.

Il Museo Casa Don Bosco, attraverso le fotografie esposte in mostra, intende farsi portavoce di quella quotidianità familiare che ci ha aiutati a superare momenti complessi, facendoci riscoprire la bellezza delle relazioni e della straordinarietà nell’ordinarietà così come espresso dalla Direttrice del Museo Casa Don Bosco, Stefania De Vita:

«I musei sono bussole, ti guidano in un viaggio bellissimo, dentro e fuori di te. I visitatori di LockArt incontreranno cultura e mondi diversi guardando attraverso l’obiettivo dei giovani fotografi. Percorso comune è il lockdown, condizione che ha creato distanze enormi rendendo, allo stesso tempo, il mondo piccolissimo. Abbiamo sentito tutti molto forte la mancanza degli affetti, della famiglia e delle nostre radici: quale luogo migliore quindi se non Museo Casa Don Bosco per un ritorno a casa.»

Tutte le informazioni sulla mostra sono visionabili sul sito del Museo Casa Don Bosco alla pagina dedicata.

Cinquant’anni di servizio pastorale: don Giampaolo Del Santo, padre Luigi Aimetta e don Piergiovanni Bono

Sono giunti a cinquant’anni di servizio pastorale: don Giampaolo Del Santo (salesiano), padre Luigi Aimetta (missionario dello Sma, rientrato recentemente in Italia) e don Piergiovanni Bono, sacerdote diocesano. Hanno vissuto il loro percorso in tante Chiese sparse per il mondo. Di seguito la storia raccontata nell’articolo pubblicato su “La Fedeltà“.
Il loro servizio sacerdotale dura da 50 anni. Un lungo percorso pastorale speso in città diverse d’Italia e del mondo, per approdare infine tutti e tre nella nostra diocesi, dove stanno offrendo il loro ministero sacerdotale a favore di parrocchie o istituti religiosi, per confessioni, assistenza spirituale e celebrazioni liturgiche. Sono don Giampaolo Del Santo (salesiano), padre Luigi Aimetta (missionario dello Sma, rientrato recentemente in Italia), e don Piergiovanni Bono, sacerdote diocesano. Nei mesi scorsi hanno festeggiato il loro “giubileo sacerdotale“. Conosciamo meglio il loro percorso e la loro visione presbiterale.

Don Giampaolo Del Santo è nato a Pavia da papà carabiniere, originario delle Langhe, e mamma casalinga del Veneto. Ha due fratelli sposati, di cui uno molto più giovane di lui, nato subito dopo aver lasciato casa ed intrapreso gli studi che lo hanno portato al sacerdozio nella famiglia religiosa fondata da don Bosco. Realtà in cui ha assunto per anni diversi incarichi importanti; come insegnante e direttore di case e centri salesiani per la formazione all’impiego (anche a Fossano, per ben 29 anni, dove poi è ritornato nel 2015). Ora si dedica pienamente alla cura spirituale, laddove lo chiamano e hanno bisogno di lui, con la piena disponibilità del suo ministero sacerdotale, con l’affabilità che lo ha sempre contraddistinto e per la quale si è sempre fatto ben volere dai fossanesi che lo hanno incontrato.

  1. Facevo la seconda media statale nel 1956, con un sacco di problemi di salute, e sono quindi stato bocciato per le tantissime ore di assenza. Intanto frequentavo l’oratorio festivo salesiano di Valdocco. Il direttore mi chiamò e mi propose di frequentare la terza media all’oratorio. Avevo pensato anche di farmi salesiano, ma c’era ancora tempo e poi io ero molto attaccato a mia mamma. Così ho iniziato la terza media, andando già a Valdocco alle 5,30 del mattino per servire messa. Poi scuola dalle 8 fino alle 12. E al pomeriggio di nuovo, nel suo ufficio. Così per un anno. Poi ho proseguito a Chieri; una scelta che ho fatto io perché mi piaceva l’Oratorio, dove ho avuto insegnanti molto validi. Dopo la quinta ginnasio ho infine deciso di farmi salesiano. Diciamo che la mia vocazione è maturata a poco a poco. Quindi c’è stato il noviziato a Pinerolo per un anno, poi a Foglizzo per il liceo, e l’ultimo anno dedicato alla pedagogia e psicologia, perché noi salesiani dobbiamo fare tre anni di tirocinio con i ragazzi (io ho poi dato anche l’esame alle Magistrali statali). Il tirocinio l’ho svolto a Saluzzo in una casa poverissima: un’esperienza davvero molto bella, circondati da gente che ci voleva bene. Ad Avigliana, insieme ad altri cinque salesiani, ho fatto il maestro alle scuole elementari per 60 ragazzi orfani. Poi sono stato a Salerno e quindi a Castellammare di Stabia a studiare teologia. Sono andato giù malvolentieri e poi sono invece stato contento di aver conosciuto posti molto belli, anche per la gente, davvero tanto generosa. Sono stato ordinato prete a Pont Canavese il 4 aprile del 1971, che in quell’anno era la Domenica delle Palme. E ho celebrato la prima messa all’asilo con i bambini piccoli, un vero spasso! La seconda messa al carcere Le Nuove di Torino, la terza all’ospedale: tre luoghi significativi. Sono stato a Peveragno sette anni come consigliere, e a Lombriasco. Nel 1979 sono giunto a Fossano: inizialmente come insegnante, poi direttore del Centro (di formazione professionale), e dal 1998 al 2008 direttore generale di tutto l’Istituto. Sono andato poi a Vercelli per svolgere il medesimo incarico, e successivamente a Bra come direttore della Casa, ma, per problemi di salute, ho infine lasciato ogni incarico e sono ritornato a Fossano nel 2015.
  2. Innanzitutto, premetto che per me se uno cambia strada e in quella trova la sua felicità, ben venga! Di questi 50 anni posso solo dire grazie al Signore. Ci sono stati momenti belli e momenti tristi, ma mai ho pensato minimamente di cambiare. Poi il rapporto con la gente e i ragazzi aiuta, perché ti accorgi che, con tutti i tuoi limiti, hanno bisogno di te. Ci sono quelli che dopo cinquant’anni ricordano ancora quello che si è fatto insieme. Il Signore è stato molto buono con me ed anch’io non posso che esserlo con lui verso gli altri. Non sempre c’è la perfezione, però bisogna essere ottimisti. Tutto si può sempre aggiustare quando c’è la buona volontà.
  3. Il ricordo più bello a Fossano? È legato all’incarico che mi diede monsignor Natalino Pescarolo, di avviare la pastorale del lavoro in diocesi (intorno al ’94-’95). Ho imparato tanto, con un contributo grandissimo da parte di tutti. Alla sera ci dedicavamo alla riflessione politica con quelli che si dichiaravano cristiani, di qualsiasi schieramento. E poi mi è piaciuto molto il gruppo degli insegnanti che ho avuto qui. Non dimentichiamo che nell’83 abbiamo avuto la disgrazia dell’omicidio di un nostro coadiutore salesiano; si pensò anche di chiudere l’Istituto a Fossano e invece tutte le cose che lui aveva nel cuore per questo Istituto si sono sviluppate nel giro di due anni, grazie anche all’impegno lodevole degli insegnanti e alla generosità dei benefattori.
  4. Secondo me non si mettono i ragazzi al primo posto. Sono loro che devono agire. Il catechismo non è solo una questione di lezioni e via. Ad un certo punto sono loro a dover essere intraprendenti. Quando si entusiasmano fanno le cose meglio di noi. Invece pensiamo sempre che siano loro, a cui abbiamo fatto una bella predica con tante raccomandazioni, a dover seguire noi. Manca davvero l’esempio, da parte delle famiglie (che non ci sono e che non pregano più) e dei preti. È vero, questi fanno tantissimo, hanno anche quattro parrocchie da seguire, ma poi cosa diventano? Dei manager. Forse manca la figura del sacerdote che andava a trovarli a casa, incontrava la famiglia, stava con loro.
  5. Esorterei a lavorare insieme. Non si può lavorar da soli. Che siano confratelli o che siano laici, ma insieme, mettendosi al pari degli altri, ognuno con il suo ministero; quello del laico come quello sacerdotale, né più né meno. La Chiesa non è dei preti, perciò bisogna collaborare con tutti. E così scopri che tutti, forse, hanno bisogno di te, come tu ne hai degli altri.

Padre Luigi Aimetta, genolese, cresciuto in una famiglia di sette fratelli e quattro sorelle, è sacerdote della Società missionaria africana (Sma), la cui chiamata è chiaramente espressa nella dicitura del nome. Una vocazione che padre Luigi, dopo i primi studi al seminario di Fossano, e la formazione teologica che lo ha portato all’ordinazione sacerdotale, ha fatto sua, spendendo anni di missione in Costa d’Avorio, in Italia, come economo e come animatore, e quindi a Guadalupa. Dal 2018, anno in cui è ritornato definitivamente in patria, è a disposizione per le necessità della diocesi nell’ambito del suo ministero sacerdotale, che finora ha prestato soprattutto nelle parrocchie del centro storico di Fossano.

  1. Ero andato in seminario a Fossano (frequentato fino al primo anno di teologia) per poter giocare a pallone; la mia passione è sempre stata quella. Dopo 50 anni, posso dire che il buon Dio ha permesso anche quello per aiutarmi a capire che la missione è un lavoro di squadra, non qualcosa di individuale. Quindi il calcio mi ha permesso di affinare il gioco di squadra, dove le partite non sono mai una uguale all’altra. Dalla voglia di collaborare insieme è nata la vocazione, in cui anche mio papà ha avuto un ruolo importante, desiderando per me che io andassi avanti negli studi seminariali solo se l’avessi voluto veramente, e non dietro la spinta di qualcuno. Per me quelle parole sono state fondamentali. Il momento forte è stato quando ho scelto la missione. Andando a Rivoli per la propedeutica, mi si è aperto un mondo che non conoscevo, ho compreso una prospettiva nuova che mi ha subito affascinato. Conoscevo la Società missionaria africana (dal fondatore irlandese che era passato in seminario e da mio fratello che vi era entrato prima di me) dalla quale ho scoperto uno spazio universale. Per confrontarmi con questo spazio ho fatto del noviziato, e poi teologia a Lione e due anni in Africa, in Costa d’Avorio. E lì mi sono trovato a casa mia. Ho capito che quello era il mio posto. Ho dovuto quindi terminare gli studi a Genova (dove, nel frattempo, la Sma aveva aperto una casa) e poi sono stato ordinato sacerdote a Genola il 27 giugno del 1971. Per partire, quindi, subito dopo, come missionario.
  2. Siamo tutti, anche noi sacerdoti, dei poveri peccatori. Ma questo ci mostra che la misericordia di Dio è ancor più grande e straordinaria. Nulla è impossibile a Dio. Capita, fa parte della vita, di avere dei momenti di rigetto. Però alla fine ti affidi a Dio e Lui ti aiuta a vivere il tutto come un dono.
  3. Ricordo due episodi particolari (“le mie gemme”), uno accaduto all’inizio, appena arrivato in missione. Una sera giungono i vecchi del quartiere e mi dicono che il capotribù sta morendo all’ospedale. Battezzato, anche se poi, nella vita aveva acquisito sette mogli, voleva fare il matrimonio. Vado all’ospedale e tra le diverse persone c’erano le mogli che aspettavano il “verdetto” di quell’uomo, che intanto non poteva parlare, ma avrebbe dovuto “sceglierne” una con un cenno del capo. Ho invitato a pregare perché il suo cuore si orientasse verso Dio, esortando poi a lasciar fare a Lui. Tre mesi dopo quell’uomo, che nel frattempo si era ripreso, mi viene a trovare. E mi spiega che la scelta di una donna rispetto alle altre, avrebbe creato delle lotte tra di loro (che pure stimava tutte) e tra i figli stessi. Una situazione che lui non voleva. Perciò mi disse che prima avrebbe messo a posto le cose e poi sarebbe ritornato. Nel frattempo, diede ad ogni donna un pezzo di terra con la casa, perché ognuna di loro potesse mantenersi con i figli. E si sposò infine con quella con cui non ebbe figli (cosa straordinaria per un africano!). Qualche mese dopo quell’uomo morì. Nella predica io dissi alla gente: “Dio ha visto il cuore retto di questa persona, che non voleva discussioni, e lo ha premiato“. È stato l’inizio della mia missione: capire che Dio agisce al di là di quello che io so fare o non so fare, imparando così ad affidare molto di più il proprio cammino a Dio. Alla fine della mia missione mi trovavo invece in una parrocchia dove si parlavano 60 lingue diverse. “Cosa capiranno?” mi chiedevo. Anche perché non tutti sapevano il francese. “Siamo contente lo stesso“, rispose un gruppo di donne alla mia domanda, “perché abbiamo capito che quando parli lo fai perché ci vuoi bene”. Da allora ho capito che si possono celebrare tante messe, però, come prete, rischi anche di fare le cose senza voler bene.
  4. La cosa per me più importante è proporre ai giovani di oggi un progetto di vita che sia “alto” e che superi i limiti di quello che si è vissuto fino adesso. Che prospettiva ha il giovane nell’ambiente attuale della Chiesa? Siamo in una fase di forte cambiamento globale e la Chiesa stenta a proporsi con vesti nuove. Non si riesce ad immaginare una proposta di vita che non sia una brutta fotocopia del passato. Un tempo diventare prete voleva dire raggiungere un certo livello sociale, oggi tutto questo, qui da noi, è finito. Mentre questo modello è attuale in Africa. Con tutte le incognite che potrà avere in futuro.
  5. Che abbiano sempre la gioia di dire: “Ho sbagliato, ma ho amato“. Se essere prete corrisponde ad un’esigenza forte di amore verso le persone che incontri, allora diventa anche entusiasmante poter immaginare di vivere questo ministero.

Don Piergiovanni Bono, fossanese, cresciuto in una famiglia di quattro fratelli e due sorelle, è stato sacerdote “fidei donum”, in Argentina e in Cile, dedicando il suo ministero, in patria come in missione, soprattutto nelle parrocchie, come vicecurato prima, e parroco poi. Attualmente è cappellano nelle Case di riposo Craveri-Oggero e Sant’Anna e cappellano volontario della Casa di reclusione Santa Caterina a Fossano.

  1. C’erano i curati (e anche le catechiste) che esortavano per farci entrare in seminario. E dopo aver preso un “treno”, vai avanti. Dopo alcune esperienze come vicecurato, sono stato 16 anni in Argentina, per poi rientrare in Italia, in diocesi, con una parentesi di due anni, e quindi ripartire per il Cile per altri 10 anni.
  2. Impegnandosi, non c’è il tempo di pensare ad altre cose. Poi c’è chi ti aiuta e magari no, ma si va avanti.
  3. Ricordo, della missione, il lavoro che si è fatto con i disabili, fisici e psichici, bambini e adulti, a Comodoro in Argentina, nelle parrocchie di tutta la città. Cercavamo di farli uscire dalle proprie case, per poterli fare incontrare tra di loro, offrendo un momento di respiro sia ai genitori che a loro stessi. Si è incominciato piano piano per poi proseguire nel tempo. C’erano le scuole speciali a cui noi li portavamo, perché mancava il servizio dei mezzi di trasporto, e allora al mattino si faceva il giro. Inoltre, ogni mese si teneva un incontro, oltre quello annuale, per tutti. Un’esperienza che è durata qualche anno, oltre all’impegno di parroco e catechista (con tutta la catechesi familiare da svolgere) in una parrocchia di 20mila abitanti. Come prete ero da solo, ma coadiuvato dai laici, che si sono sempre dimostrati accoglienti e di cui conservo un bel ricordo. In Cile avevo invece una parrocchia diffusa su 150 km, per cui avevo abbastanza da girare; otto paesetti da andare a visitare lungo il lago, per cui la gente era più difficile da riunire.
  4. Intanto manca “la materia prima“; noi eravamo sei in famiglia, in altre ancora di più. Adesso ce n’è uno, al massimo due, per nucleo familiare. Con più figli, forse, sarebbe più facile che sorgesse qualche vocazione. Pur non escludendo che la mentalità di oggi sia più fredda, più laica o laicista che dir si voglia. E poi forse, come clero, non siamo quello stimolo che dovremmo essere. Se vedono noi, quale entusiasmo possono avere? Non siamo una comunità, e abbiamo un mucchio di forze che non sono utilizzate.
  5. Che nonostante le nostre miserie il buon Dio può lavorare, e quindi invitando a non guardare i limiti, sapendo che Lui usa la zappa, e tutti gli strumenti, per seminare. E dando l’esempio.

LE DOMANDE

  • Qual è stata la sua formazione e quale occasione iniziale l’ha spinta verso la vocazione sacerdotale?
  • Come è stato possibile vivere la fedeltà sacerdotale in un tempo come questo, in cui tanti, prima o poi, sembra che vogliano cambiare strada nella vita?
  • Può condividere un ricordo o un impegno che ha vissuto più volentieri?
  • Alle nuove generazioni che cosa manca oggi per intraprendere una scelta sacerdotale?
  • Dovesse essere proprio lei formatore di novizi, come li incoraggerebbe alla propria scelta vocazionale?

Comincia il percorso di formazione per gli aspiranti all’ADMA Primaria di Valdocco

Domenica 13 giugno è iniziato a Valdocco il percorso di formazione per coloro che intendono conoscere l’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA). Di seguito l’articolo pubblicato dall’Agenzia d’Informazione Salesiana ANS.

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Seguendo il carisma proprio del gruppo, prima di ogni altra attività sono state previste l’Eucarestia, celebrata nella Basilica di Maria Ausiliatrice, e la recita del Rosario; solo dopo ha avuto avvio il momento di presentazione del percorso, di conoscenza e condivisione.

Don Guido Errico, Rettore della basilica, ha invitato tutti i presenti a riflettere sul fatto di essere riuniti proprio sotto la basilica, dove sono poste le fondamenta da cui è iniziata la costruzione di pietra del Santuario, e dove anche gli aspiranti all’ADMA possono porre le basi del loro cammino.

Renato Valera, Presidente dell’ADMA Primaria, ha poi evidenziato che in tutto il mondo tanti gruppi camminano insieme per conoscere Maria e per trasformare attraverso di Lei la loro vita, a imitazione di Gesù.

Don Alejandro Guevara, Animatore Spirituale Mondiale dell’ADMA, ha invece proposto di guardare al giorno d’inizio del cammino come a quello del concepimento di una nuova vita. Gli aspiranti, in quest’ottica, sono chiamati a nascere come figli di Maria, ad incorporarsi come membri nella Sua associazione. Per questo don Guevara ha manifestato il desiderio che questo cammino li porti ad innamorarsi sempre più di Maria.

Ancora, Tullio Lucca, già Presidente dell’ADMA Primaria, ha aggiunto poi che alla base di questo cammino di fede e di spiritualità c’è un rapporto d’amore con Maria, che guida gli aspiranti tutti insieme verso Gesù, facendogli fare esperienza di popolo e di famiglia. E ha anche ricordato l’intuizione di Don Bosco quando fondò la basilica: non basta una basilica di pietre, ne occorre una di persone che devono porre alla base della loro esperienza un legame forte con Gesù Eucarestia e con Maria. “È il Totus tuus di Luigi Maria Grignion de Montfort, motto di Papa Giovanni Paolo II: Tutto con Maria, tutto per Maria, tutto attraverso Maria che ci porta a Gesù perché è piena trasparenza di Gesù”.

Infine, parando dell’apostolato, ha manifestato l’importanza di portare Gesù e Maria agli altri attraverso un amore concreto al fratello, seguendo il motto di Don Bosco Da mihi animas coetera tolle, e testimoniando con la propria vita l’amore ricevuto da Maria.

L’incontro si è concluso con l’ultima annotazione di don Guevara, che ha sottolineato come, sebbene sia Maria a guidare il percorso formativo, gli aspiranti membri dell’ADMA sono accompagnati anche da tutte le altre persone che fanno parte dell’associazione.