Elledici: il nuovo catalogo catechismi e sussidi 2018-2019

Elledici Editrice ha pubblicato il nuovo catalogo per il nuovo anno pastorale: novità editoriali, sussidi, catechismi e molto altro ancora dove “tradizione e novità dialogano per rendere l’incontro di catechismo sempre più un tempo vissuto con stile conviviale e attivo da adulti e bambini, da genitori e figli. Insieme, per un cammino che porti a ricostruire il tessuto della comunità cristiana come un’esperienza felice, con una fede, come direbbe Papa Francesco, non all’acqua di rose ma vissuta con la bocca e con il cuore, con la parola e con l’amore“, come sottolinea Don Valerio Bocci,
Direttore Generale Editrice Elledici.

Ecco l’anteprima dell’Indice:

 

Pellegrinaggio straordinario dei giovani alla Sindone

Il 25 luglio, giorno di san Giacomo di Compostella, il Custode mons. Nosiglia insieme con don Luca Ramello (Pastorale giovanile) e don Roberto Gottardo (Commissione Sindone) è stato presentato il programma de “L’Amore lascia segno – GIOVANI IN CAMMINO VERSO LA SINDONE“. Il pellegrinaggio, dal 3 al 12 agosto 2018, vedrà oltre duemila giovani che, dalle montagne ai santuari della pianura delle 17 diocesi di Piemonte e Valle d’Aosta, si preparano a camminare verso Torino e verso la Sindone. Un cammino spirituale, servizio, incontro con il territorio e le culture delle due regioni alpine che porterà questi giovani alla visita della Sindone la sera del 10 agosto nella Cattedrale di Torino.

La venerazione straordinaria della Sindone è la conclusione di un pellegrinaggio multiplo che dal Monginevro e dal Cervino, da Crea, Mondovì, le Alpi novaresi, Oropa radunerà oltre duemila giovani alla Venaria Reale, e di lì alla Basilica di Maria Ausiliatrice e poi al Duomo. I giovani saranno «accompagnati» da cammini di conoscenza del territorio e della Sindone stessa. Al termine della visita partiranno per Roma dove, insieme con tutti i giovani d’Italia, incontreranno papa Francesco.

 

Per Maggiori Info

 

 

Sussidio per la preghiera quotidiana per “Cercatori di felicità”

Anche per l’anno 2018-2019 l’Ufficio per la Pastorale Giovanile della Diocesi di Novara propone il sussidio per la preghiera quotidiana.

Il sussidio, dal titolo “Cercatori di felicità“, accompagnerà nella preghiera quotidiana da settembre a giugno e sarà composto da quattro volumi. Pensato per i giovani, dai 16 anni, il sussidio è diventato uno strumento per la preghiera quotidiana che i sacerdoti propongono:

– ai ragazzi in oratorio
– agli studenti a scuola, durante l’ora di religione
– ai giovani seguiti per la direzione spirituale
– agli animatori come strumento per la preghiera quotidiana
– ai catechisti e agli operatori pastorali a inizio anno
– come strumento per la preghiera tra animatori, durante i gruppi giovanili, prima delle riunioni delle equipe di volontari in parrocchia.
– agli adulti in parrocchia che cercano strumenti semplici per la preghiera quotidiana
– come “segno” all’inizio di un cammino o un piccolo dono.

Come è fatto il SUSSIDIO

Ogni giorno viene proposta la Lectio del brano di Vangelo della liturgia attraverso le preghiere del buon cristiano, una preghiera di invocazione introduttiva, la lettura del Vangelo del giorno, un commento e una preghiera.

Come ordinare il SUSSIDIO

Qui di seguito, il modulo per gli ordini, che può essere compilato e spedito, entro il 29 luglio, a

giovani@diocesinovara.it


 

 

Il popolo nicaraguense non perde la speranza

Il Nicaragua sta vivendo momenti di altissima tensione. Le proteste, che da metà aprile scuotono il più grande paese del Centro America contro il presidente Daniel Ortega e sua moglie Rosaria Murillo, che ricopre la carica di vice-presidente, nelle ultime ore hanno subito una violenta repressione da parte delle forze governative.

«Il popolo nicaraguense non perde la speranza, però la situazione è molto tesa e bisogna che il mondo conosca questa triste realtà che sta vivendo in questo momento il nostro popolo».

(Padre José Bosco Alfaro Salazar,
direttore del collegio salesiano Don Bosco,
parla da uno degli epicentri della protesta popolare
di questi mesi in Nicaragua, la città di Masaya,
culla del folclore nicaraguense.)

Ecco il punto della situazione nicaraguense mediante una breve rassegna stampa, buona lettura!

19 Luglio 2018

Nicaragua, i paramilitari riconquistano Masaya. Don Gutiérrez: “Repressione violenta, ma la Chiesa sta con il popolo”

A raccontare come stanno andando le cose è, al telefono, un sacerdote salesiano, padre César Augusto Gutiérrez. Vive nel collegio San Giovanni Bosco e a lui è affidata la cura pastorale della chiesa più centrale di Masaya, quella di San Sebastiano: “La città è completamente militarizzata, le barricate non ci sono più, ma la polizia speciale va di casa in casa, in cerca soprattutto dei giovani che capeggiavano la resistenza. Pare che le vittime del 17 luglio siano quattro, tra cui un poliziotto. I feriti sono molti e così le persone che sono state portate via e incarcerate. Tanti sono fuggiti”

Quello successivo all’attacco dei paramilitari è forse il giorno più triste della storia di Masaya, città per natura gioiosa, una delle più belle del Nicaragua, culla del folclore e dell’artigianato locale dentro un paesaggio da favola, tra il lago e il vulcano; forse la più caratteristica meta turistica del Paese in tempi di pace. Ma anche una città fiera, epicentro 39 anni fa della rivolta contro il dittatore Anastasio Somoza. E avamposto della resistenza non violenta al regime di Daniel Ortega negli ultimi tre mesi, soprattutto nel quartiere di Monimbó. Un giorno triste, e la violenza non si ferma. Le strade sono vuote, regnano un silenzio surreale e il terrore imposto dalle forze speciali, che hanno smontato le barricate alzate in queste settimane dalla popolazione a Monimbó. Ma continuano la caccia all’uomo, di casa in casa, l’obiettivo è stanare i leader della resistenza.

È ancora caccia all’uomo. A raccontarci come stanno andando le cose è, al telefono, un sacerdote salesiano, padre César Augusto Gutiérrez. Vive nel collegio San Giovanni Bosco e a lui è affidata la cura pastorale della chiesa più centrale di Masaya, quella di San Sebastiano: “La città è completamente militarizzata, le barricate non ci sono più, ma la polizia speciale va di casa in casa, in cerca soprattutto dei giovani che capeggiavano la resistenza. Pare che le vittime del 17 luglio siano quattro, tra cui un poliziotto. I feriti sono molti e così le persone che sono state portate via e incarcerate. Tanti sono fuggiti”.

Con voce ancora emozionata, padre Augusto ricorda quanto è accaduto solo poche ore fa: “È stata una giornata di repressione molto violenta, portata avanti con armi pesanti”.

Impossibile resistere, anche per la fiera popolazione di Masaya: “Sono persone pacifiche, non abituate a combattere, hanno lanciato pietre, qualche granata artigianale”. Un mese fa l’attacco delle forze speciali era stato fermato dai vescovi: dal cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua; dal suo ausiliare, mons. Silvio José Báez, nativo proprio di Masaya; dal nunzio apostolico, mons. Waldemar Stanislaw Sommertag. Appena avuta notizia dell’attacco si erano precipitati a Masaya, che dista circa 35 chilometri dalla capitale. Si erano fatti largo in processione, con il Santissimo, ed erano riusciti a bloccare le forze speciali. L’immagine aveva fatto il giro del mondo. Stavolta le forze governative hanno fatto le cose in grande: si sono presentati in mille, armati fino ai denti, alle sei del mattino. L’ordine era chiaro: Monimbó andava riconquistata prima del 19 luglio, giorno di festa nazionale, 39º anniversario della deposizione di Somoza. “Ma ora – fa notare padre Gutiérrez – stiamo vivendo una dittatura ancora peggiore”.

Bloccato l’assalto a una chiesa. Il sacerdote salesiano ricorda un’altra costante degli attacchi di questi giorni, che hanno sempre più spesso come obiettivo le chiese: “È accaduto anche il 17 luglio, hanno sparato contro alcune chiese, volevano entrare nella chiesa di San Juan Bautista, ma non ci sono riusciti per la reazione popolare”. E adesso? “La situazione è davvero critica – prosegue padre Gutiérrez – il Governo e la Polizia sono contro il popolo, che continua a reclamare giustizia e democrazia, in modo non violento. E la Chiesa sta con il popolo, noi siamo pastori. I nostri vescovi hanno mostrato coraggio. E se il Governo pensa che, attaccando la Chiesa, ci farà perdere la speranza e la voglia di lottare, si sbaglia. Ci hanno tolto le barricate, ma non il cuore della gente. Sappiamo che Dio è giusto e che arriveranno giorni di pace”.

Giovani, riserva morale. Una speranza, soprattutto, arriva dai giovani: “Hanno mostrato una grande volontà. Come dice mons. Báez, sono la riserva morale della nostra patria e sono stati decisivi per il risveglio del nostro popolo”. Un ultimo appello il sacerdote lo riserva alla comunità internazionale: “Servono maggiori pressioni per far cessare questa violenza. E chiedo a tutti gli italiani di pregare per noi, per il nostro popolo”.

 18 Luglio 2018

Articolo a cura di Lucia Capuzzi

America Latina. Nicaragua, regime in festa per nascondere la rivolta

Scontri a Masaya, assaltata l’ennesima chiesa. Intanto il presidente Ortega ordina ai suoi di salvare le celebrazioni per commemorare la rivoluzione

Monimbó s’è svegliato di soprassalto, destato dal suono delle campane. I rintocchi hanno allertato gli abitanti del quartiere indigeno di Masaya dell’irruzione dei paramilitari, le “turbas”. Sono questi ultimi il braccio armato dell’“Operación limpieza” (Operazione pulizia) lanciata dal governo nelle ultime settimane per fermare la protesta, giunta oggi al terzo mese consecutivo. A Monimbó, roccaforte della resistenza, hanno agito con particolare zelo.

Le “turbas” hanno sparato sulla gente che cercava di difendere le barricate, la parrocchia di Santa Maria Maddalena s’è ritrovata sotto il fuoco per ore. Almeno un agente è morto, decine di persone sono state arrestate. A mezz’ora d’auto di distanza, nella Plaza de la Fé di Managua, invece, fervevano i preparativi della festa, vigilati dai Kalashnikov della polizia. Il presidente Daniel Ortega, chiuso nella casabunker della Colonia del Carmen, lo ha detto con irrevocabile chiarezza ai suoi fedelissimi: niente deve rovinare, domani, la celebrazione dell’anniversario della rivoluzione che, 39 anni fa, mise fine alla sanguinaria dinastia del clan Somoza.

Il 19 luglio 1979, la colonna sud dell’esercito ribelle, il Fronte sandinista di liberazione nazionale, entrò trionfante a Managua. Daniel Ortega arrivò il giorno successivo, insieme al resto della giunta di governo. Retorica a parte, però, è difficile scorgere il comandante di allora nell’attuale presidente-dinosauro. Al potere da 11 anni e deciso a restarvi, dopo aver cambiato la Costituzione, creato gruppi paramilitari per reprimere il dissenso, assegnato ai familiari i principali incarichi istituzionali.

A cominciare dalla moglie, Rosario Murillo, vice e “eminenza grigia” dell’intero apparato. Non sorprende, dunque, che, agli occhi della gente, sia diventato via via più simile al deposto Anastasio Somoza che all’eroe nazionale César Augusto Sandino, alla cui lotta per la libertà dalla dominazione straniera e la giustizia si richiama il movimento sandinista. Eppure il governo di Ortega è parso, per oltre un decennio, inamovibile.

Grazie al sostegno del settore imprenditoriale, allettato da un mix insolito fatto di politiche neoliberali, opportunità di investimenti e silenzio imposto ai sindacati. «Un’alleanza corporativa» l’ha ribattezzata Carlos Fernando Chamorro, militante sandinista, figlio del più noto oppositore a Somoza, e ora direttore del giornale indipendente El Confidencial . A innescare un’inedita reazione a catena, il 18 aprile, è stata una riforma della previdenza, poi ritirata. L’intervento brutale delle “turbas” contro un corteo di pensionati, a León, ha suscitato l’indignazione generale, portando in piazza migliaia di persone. Ben presto, la richiesta dei dimostranti è diventata il ritiro del duo Ortega-Murillo.

Oltre trecentosettanta morti – di cui oltre 300 dal lato dei manifestanti –, 2.100 feriti, 261 desaparecidos dopo, secondo i dati dell’Asociación pro derechos humanos, la “Primavera nicaraguense” continua. «A lungo il Paese ha vissuto una crisi latente. Di triplice livello. Politico, innanzitutto: alle elezioni del 2016, che hanno visto l’ennesima riconferma di Ortega, l’astensione è stata intorno al 70 per cento. Un segno non colto di sfiducia – spiega Óscar René Vargas, sociologo ed economista –. Dalla fine di quell’anno, l’economia ha iniziato a rallentare a causa del venir meno degli aiuti vene- zuelani: 500 milioni di dollari l’anno».

Tale “gruzzolo” a propria disposizione discrezionale, era impiegato dal governo per blandire gli imprenditori e garantire sussidi in cambio di consenso. «Briciole che non hanno risolto i problemi strutturali del Paese, dove il 42 per cento della gente è povera e il 79 per cento lavora in nero», prosegue Vargas. La somma di questi tre fattori ha creato il magma della rivolta. Proprio come i vulcani che puntellano il suo paesaggio, il Nicaragua l’ha tenuto intrappolato nelle viscere. Con la repressione di aprile, la lava è arrivata in superficie.

Distruggendo l’equilibrio del sistema Ortega. In primis, il sodalizio con gli imprenditori, passati, con un tempismo sospetto, all’opposizione, insieme agli studenti e ai contadini. A provare a fare da ponte tra i due fronti, per trovare una via d’uscita non bellica, è la Chiesa nicaraguense. La Conferenza episcopale ha accettato la richiesta di fare da testimone e garante di un difficile dialogo nazionale. E non ha rinunciato, a dispetto delle aggressioni di cui sacerdoti e vescovi sono stati vittime. Perfino il cardinale Leopoldo Brenes e il nunzio Waldemar Stanislaw Sommertag sono stati malmenati, mentre gli assalti alle chiese sono quotidiani: ieri è stata incendiata la sede della Caritas di Sébaco, vicino a Matagalpa. Ortega è ostinato: rifiuta di anticipare le elezioni e aumenta la violenza per stroncare la rivolta, nonostante le condanne internazionali.

Anche il Segretario generale Onu Antonio Guterres e 13 Paesi latinoamericani hanno criticato la brutalità della repressione. Una violenza che la Chiesa, tra le poche istituzioni indipendenti, cerca di arginare. Sostenuti dalla vicinanza e dagli appelli di papa Francesco, i pastori nicaraguensi si frappongono fisicamente tra le turbas e la gente, e offrono asilo a chi scappa dalle violenze. Anche ieri, la denuncia via Twitter di monsignor Silvio Báez, vescovo ausiliare di Managua, ha contribuito a evitare un massacro a Monimbó. Come pure l’appello del nunzio, in nome del Papa.

Quella di domani per il governo più che una celebrazione, dunque, sarà una dimostrazione di forza. Almeno in apparenza. Ora come 39 anni fa, però, i manifestanti non sono disposti a farsi «rimettere in riga». «Che si arrenda tua madre!», gridano ad ogni corteo. Frase simbolica: la pronunciò, il 15 gennaio 1970, il poeta sandinista Leonel Rugama mentre la Guardia nazionale di Somoza gli intimava la resa. Quel giorno Rugama fu ucciso. Nove anni dopo la rivoluzione vinse.

 19 Luglio 2018

Articolo a cura di Daniela Quintero Díaz

In Nicaragua anche la chiesa è sotto attacco

In Nicaragua la repressione non fa distinzioni, chiunque si ribelli al governo di Daniel Ortega è sotto attacco. E non si salva neanche la chiesa cattolica. Nel conflitto che è cominciato quattro mesi fa e ha già fatto 300 vittime, la Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen) ha assunto un ruolo centrale, promuovendo e mediando i negoziati tra il governo e i suoi oppositori. Purtroppo, però, finora non è stato fatto nessun passo avanti e continua a subire attacchi e minacce.

Il ruolo degli ecclesiastici come intercessori del popolo del Nicaragua li ha portati a ricevere minacce di morte. Il 9 luglio un gruppo di vescovi della Cen era andato nella città di Diriamba per portare aiuto agli oppositori del regime che si erano rifugiati nella basilica di San Sebastián, dopo l’attacco delle forze di polizia e dei paramilitari. Nel tentativo di liberare le persone che erano nella chiesa, i vescovi sono stati aggrediti verbalmente e fisicamente dai seguaci di Ortega.

Domenica scorsa, i paramilitari hanno attaccato a colpi di arma da fuoco la macchina sulla quale viaggiava il vescovo Abelardo Mata che si dirigeva verso la città di Masaya assediata dalle forze governative. Anche il giorno precedente, una missione ecclesiastica era stata aggredita mentre cercava di aiutare alcune decine di studenti trincerati in una parrocchia di Managua. Il cardinale Leopoldo Brenes ha denunciato inoltre che uomini armati hanno attaccato alloggi parrocchiali in varie città del paese. Le gerarchie cattoliche ormai dicono chiaramente che questo è dovuto alla “mancanza di volontà politica del governo di dialogare con i suoi oppositori”.

Nel 2011, Ortega aveva dichiarato che la sua rivoluzione era “cristiana, socialista e solidale”

Secondo il quotidiano La Prensa, quello che sta succedendo in questi giorni ai sacerdoti ricorda le persecuzioni che subirono per aver criticato la rivoluzione sandinista guidata da Ortega dal 1979 al 1990. Qualche anno dopo, nel 1993, Giovanni Paolo II decise di fare visita al paese, visita che si concluse con il pontefice che chiedeva silenzio e la folla che cantava l’inno del Fronte sandinista di liberazione nazionale (Fsln). Questo peggiorò i rapporti tra il clero e la dinastia Ortega, che però qualche tempo dopo si rappacificarono.

La “conversione di Ortega” avvenne nel 2004, quando decise di avvicinarsi all’influente cardinale di Managua, Miguel Obando y Bravo, che lo aveva sempre aspramente criticato e al quale era stata attribuita la sconfitta di Ortega del 1996, per aver raccontato nella sua predica, nel giorno delle elezioni, la famosa leggenda della vipera. Obando y Bravo, che è morto lo scorso giugno, era stato nominato da Giovanni Paolo II nel 1985 e aveva finito per diventare il cardinale più vicino al regime di Ortega, tanto da celebrare la messa per il presidente e la sua compagna Rosario Murillo.

Obando aveva anche presieduto la Commissione per la pace e la riconciliazione del governo, incarico che Ortega gli aveva affidato dopo essere tornato al governo nel 2007 come riconoscimento per il suo impegno di mediazione nei numerosi conflitti della storia recente del Nicaragua. Nell’arco di tutta la sua vita di religioso, Obando aveva partecipato attivamente come mediatore in conflitti politici e armati, sia durante il regime dell’ex dittatore Anastasio Somoza sia durante la guerriglia con il Fronte sandinista negli anni settanta.

Nel 2011, Ortega ha dichiarato che la sua rivoluzione era “cristiana, socialista e solidale”, ma, secondo gli analisti, quello non è stato altro che “un espediente elettorale per ottenere i voti dei religiosi del paese”. Sempre a detta del quotidiano La Prensa, “il cambiamento di posizione del cardinale era dovuto ai benefici che otteneva da questo rapporto, come la criminalizzazione dell’aborto”.

La chiesa è la chiave del dialogo
La curia nicaraguense è divisa tra i sostenitori di Ortega e quelli che lo criticano. Di questo secondo gruppo fanno parte i sacerdoti e i cardinali che oggi sono bersaglio della furia del governo. Uno dei più attaccati è il vescovo ausiliare di Managua Silvio Báez, che l’anno scorso Ortega ha accusato di essere uno “spaccone” per non aver votato alle elezioni del 2017, diversamente dal cardinale Leopoldo Brenes, che aveva “dato la sua benedizione al processo elettorale”.

Oggi i due religiosi sono invece dalla stessa parte e criticano entrambi l’atteggiamento del governo. Anche il Vaticano si è pronunciato attraverso il suo segretario di stato, monsignor Pietro Parolin, che ha dichiarato ai mezzi d’informazione: “Speriamo che il dialogo, che al momento sta marcando il passo, possa essere ripreso e dare frutti. Anche se, in ogni dialogo, è necessario che ci sia da entrambe le parti la volontà di raggiungere un accordo”.

Dopo che il 22 aprile il presidente Ortega ha invitato la chiesa cattolica a fungere da mediatrice nel conflitto, la Cen ha confermato la sua partecipazione ai negoziati con una lettera al presidente nella quale avanzava delle richieste, tra cui quelle di permettere alla Commissione interamericana dei diritti umani di chiarire le circostanze della morte di tanti nicaraguensi, di abolire le organizzazioni paramilitari e le forze speciali che intimidiscono e aggrediscono i cittadini, e di mettere fine a ogni tipo di repressione nei confronti di gruppi di civili che protestano pacificamente.

In un’intervista all’emittente tedesca Deutsche Welle, lo storico nicaraguense Antonio Monte ha dichiarato: “In Nicaragua, paese a maggioranza cattolica, i pronunciamenti della chiesa cattolica hanno un grande valore simbolico e possono mobilitare molte persone e istituzioni. Per qualunque forza politica è più facile raggiungere un accordo per ristabilire l’ordine e la pace se ha il riconoscimento della chiesa”.

Per questo motivo, vedendo l’escalation del conflitto, che ha già fatto almeno 300 vittime, lo scorso 30 giugno il cardinale Brenes e il vescovo Rolando Álvarez sono andati a Roma per incontrare papa Francesco. In un’udienza privata con il pontefice, i due ecclesiastici hanno affrontato il tema della crisi che sta vivendo il Nicaragua e dell’intervento della chiesa cattolica nel conflitto tra il governo e i suoi oppositori.

Il Venerabile Augusto Hlond: vera guida e pastore del suo popolo

Il 19 maggio 2018, il Santo Padre Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Augusto Giuseppe Hlond, della Società Salesiana di San Giovanni Bosco, arcivescovo di Gniezno e Varsavia, primate di Polonia, cardinale di Santa Romana Chiesa, fondatore della Società di Cristo per gli Emigranti; nato il 5 luglio 1881 a Brzęczkowice (Polonia) e morto a Varsavia (Polonia) il 22 ottobre 1948.

Per l’occasione il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, ha inviato una lettera ai Salesiani e ai membri della Famiglia Salesiana nella quale, dopo aver ripercorso le tappe della vita del venerabile, sia come Salesiano, che come arcivescovo e primate della Chiesa polacca, ne evidenzia alcuni tratti, sia sotto il profilo virtuoso, che come persona chiamata ad assumere grandi e gravi responsabilità, in uno dei periodi più drammatici della storia del ‘900.

Il cardinale Hlond fu un uomo virtuoso, un luminoso esempio di religioso salesiano e un pastore generoso, austero, capace di visioni profetiche. Obbediente alla Chiesa e fermo nell’esercizio dell’autorità, dimostrò umiltà eroica e inequivocabile costanza nei momenti di maggiore prova. Coltivò la povertà e praticò la giustizia verso i poveri e i bisognosi. Le due colonne della sua vita spirituale, alla scuola di San Giovanni Bosco, furono l’Eucaristia e Maria Ausiliatrice. Nella storia della Chiesa di Polonia, il cardinale Augusto Hlond è stato una delle figure più eminenti per la testimonianza religiosa della sua vita, per la grandezza, la varietà e l’originalità del suo ministero pastorale, per le sofferenze che affrontò con intrepido animo cristiano per il Regno di Dio. L’ardore apostolico distinse l’opera pastorale e la fisionomia spirituale del Venerabile Augusto Hlond, che assumendo come motto episcopale Da mihi animas coetera tolle, da vero figlio di san Giovanni Bosco lo confermò con la sua vita di consacrato e di vescovo, dando testimonianza di instancabile carità pastorale”.

In quest’anno in cui la Strenna invita a coltivare l’arte di ascoltare e accompagnare, la testimonianza del venerabile Augusto Hlond rifulge come vera guida e pastore del suo popolo, impegnato a difendere la libertà della Chiesa e la dignità dell’uomo, in un’epoca segnato da grandi prove e persecuzioni, come quella vissuta dalla Polonia sotto l’occupazione nazista prima e il regime comunista poi.

 

 

(Articolo tratto da ANS – Agenzia Info Salesiana)

Martoglio, l’orgoglio Fiat e la sua terra

Qui di seguito, si segnala l’articolo che la redazione torinese de “Il Corriere della Sera” ha dedicato in ricordo della figura di Pier Luigi Martoglio, padre del Consigliere Generale della Regione Mediterranea dei Salesiani, del quale sono state recentemente celebrate le esequie.

Martoglio, l’orgoglio Fiat e la sua terra

A 81 anni Pier Luigi Martoglio lascia ai figli e ai suoi cari il ricordo di un uomo giusto e sereno. Nato a Cumiana, di famiglia numerosa, come si usava allora, con tre sorelle ancora in vita. Un percorso di studi dai salesiani, all’Agnelli, poi la scuola FIAT, entra subito dopo nell’azienda torinese, dove ha scalato tutte le tappe di un sudato, onesto lavoro fino a diventare capo officina nella FIAT di Rivalta.

È sempre rimasto legato alla sua terra, alla sua comunità, alla parrocchia. Già negli anni ’70 è stato prima consigliere comunale e assessore al Comune di Cumiana per due legislature. Caratterizzato da una visione molto positiva della vita civile e del lavoro, ha conservato un tratto di umanità e giustizia nell’amministrazione anche della cosa pubblica, raro di questi tempi.

 

 

 

Proclamazione diplomati della Fondazione Agroalimentare per il Piemonte.

Proclamati i diplomati della Fondazione Agroalimentare per il Piemonte presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Durante la cerimonia hanno preso parola Fabrizio Manca, Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte, Silvio Barbero, vice Presidente dell’Università di Pollenzo e Fabrizio Berta, Presidente della Fondazione.
La Fondazione Agroalimentare per il Piemonte ha invaso pacificamente l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo per la proclamazione dei suoi 65 studenti diplomatisi quali Tecnici Superiori nella prima settimana di luglio. Ricordiamo che l’Università di Pollenzo è uno dei dieci soci fondatori della Fondazione Agroalimentare.
Alla cerimonia ha fatto un suo intervento il dott. Fabrizio Manca Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte. “ Occorre lavorare sull’orientamento- ha segnalato il dott. Manca – perché è indispensabile che il sistema ITS venga maggiormente conosciuto. E’ un impegno che dobbiamo prenderci quello di lavorare con le Fondazioni come Ufficio Scolastico Regionale, per portare i neo diplomati ad una frequenza naturale negli ITS. Lavoreremo con il Presidente Berta e con il suo staff per dare forza ai loro progetti con il mondo della scuola. Promuovere la cultura agroalimentare nelle scuole è un dovere.”
Silvio Barbero, vice Presidente dell’Università di Pollenzo e Presidente del Comitato tecnico Scientifico della Fondazione, ha ricordato ai Diplomati di perseguire nel loro futuro lavoro gli scopi di salvaguardia dell’ambiente che hanno imparato nei loro due anni con la Fondazione Agroalimentare. Fabrizio Berta, Presidente della Fondazione, salutando gli studenti ha ricordato le tante azioni intraprese nei tre anni di vita della Fondazione Agroalimentare.
Si è poi passati alla proclamazione dei diplomati 2018 del Corso Mastro Birraio di Torino ufficiato dal prof. Giuseppe Zeppa con la consegna degli attestati. Sono seguiti i diplomati 2018 del Corso Riso Cereali di Vercelli col prof. Massimo Blandino e i diplomati Ortofrutta Bra col prof. Paolo Corvo.
La cerimonia è proseguita con la consegna degli attestati di stima alle aziende che hanno collaborato nei tre anni di attività della Fondazione con i corsi Gatronomo e Mastro Birraio Torino, Riso cereali Vercelli, Ortofrutta Bra e Cuneo: Giornale della Birra-Massimo Prandi, Cascina Motta-Massimo Prandi, Birrificio la Piazza-Riccardo Miscioscia, M**bun-Graziano Scaglia, Lavazza-Giulia Sirio, La Granda-Sergio Capaldo, PQA-Valentina Bendusi, L’orto del Pian Bosco-Irene Giaccardi, L’OstalVeglia – Sabrina, Risi&Co-Perinotti Michele, Sata-Paolo Rendina, Ideariso-Tabacchi Maurizio, Azienda Agricola-Massimo Biloni Azienda Agricola-Franco Tesio, Agristudio-Umberto Momo, Agritechno-Massimo Longo, Azienda Agricola Cascina Fiume-Enrico Tachis, AgroT18-Ramonda Edoardo, Azienda Agricola Cascina Cantau-Laura Deluigi, Agrimana-Raffaele Mana, Olio Abbo-Giovanni Abbo, Casa Matilda-Fabio Palladino, Gianluca Poggio.
A conclusione della manifestazione in Aula Magna la segnalazione per dieci studenti dei corsi diplomati nel 2017 che hanno dato lustro con le loro attività alla Fondazione Agrolaimentare: Valeria Acchiardi, Lori Mattia Landi, Marco Stevanella, Davide Costanzo, Daniel Drusian, Edoardo Rosso, Serena Rizzato, Matteo Pasian, Cristian Bersezio, Francesco Molinaro.
(Articolo a cura di Franco Burdese.)

Confermato il Rettore dell’Università Pontificia Salesiana (UPS) per un secondo triennio.

Si segnala la comunicazione ufficiale circa la nomina di Rettore dell’Università Pontificia Salesiana (UPS) del prof. Mauro Mantovani, sdb,  per un secondo triennio (2018-2021).

(Roma, 13 luglio 2018) – La Congregazione per l’Educazione Cattolica, con Rescritto del 3 luglio 2018, in risposta alla richiesta del Gran Cancelliere dell’UPS d. Ángel Fernández Artime, ha nominato il prof. Mauro Mantovani, sdb, Rettore dell’Università Pontificia Salesiana per un secondo triennio (2018-2021).
Don Mauro Mantovani, docente ordinario nella Facoltà di Filosofia, è nato a Moncalieri (Torino) il 3 gennaio 1966, è salesiano dal 1986 e sacerdote dal 1994. Ha conseguito il Dottorato in filosofia presso la Pontificia Università di Salamanca (Spagna) e il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino “Angelicum”.
Dopo essere stato Decano della Facoltà di Filosofia (2006-2012) e della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale (2012-2015), e Vicerettore dell’UPS (2009-2015), ha cominciato il suo primo triennio di Rettorato il 15 luglio 2015.
Dal 24 ottobre 2016 è Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Pontificie Romane (CRUPR).
La comunità accademica esprime al Rettore l’augurio di un proficuo lavoro a servizio dell’intera Università.

Mathi: la Cartiera all’avanguardia di Don Bosco, continua a crescere

Continua il percorso di sviluppo della Cartiera di Mathi, che dal 1877 passò nelle mani di don Bosco, diventando una realtà all’avanguardia nella pubblicazione di libri e giornali cattolici. Ecco il servizio editoriale realizzato dalla Redazione de La Voce E il Tempo, in edicola Domenica 15 Luglio 2018:

 

AHLSTROM-MUNKSJÖ – IL GRUPPO FINLANDESE AUMENTA LA PRODUZIONE: L’IMPIANTO PER 40 ANNI FU GESTITO DAI SALESIANI

La cartiera che fu di don Bosco ha vinto la crisi

Articolo a cura Marco LONGO

Buone notizie sul fronte occupazionale a Mathi canavese: il gruppo finlandese Ahlstrom-Munksjö, leader globale nella produzione di soluzioni a base di fibre sostenibili e innovative, ha avviato un finanziamento di oltre 20 milioni di euro per aumentare la produttività della cartiera mathiese. Due gli obiettivi del gruppo finlandese: il primo prevede di ricostruire la linea produttiva numero 3 (produzione di materiali filtranti) ed il secondo, ancora in fase progettuale, riguarda l’installazione di una nuova turbina di cogenerazione, rendendo così autonomo lo stabilimento per quel che riguarda la produzione energetica.

La cartiera di Mathi è presente nel territorio fin dal 1841, quando il cavaliere Michele Varetto acquistò il fabbricato – al tempo per usi agricoli – per convertirlo nell’attività che ancora oggi lo contraddistingue. In seguito la produzione viene potenziata fino al raggiungimento di 50 dipendenti. Il 26 aprile 1877 la vedova Varetto cedette la proprietà della cartiera a don Bosco (per rispondere alle esigenze delle opere di formazione professionale salesiana); all’atto era presente don Giulio Barberis, divenuto in seguito primo maestro dei novizi salesiani. Don Bosco in quegli anni, oltre alla sua opera educativa a favore dei giovani più poveri, era impegnato nella pubblicazione di libri e giornali cattolici per contrastare la diffusa propaganda della borghesia massonica anticlericale. La cartiera di Mathi sotto la gestione di don Bosco diventò una impresa all’avanguardia tanto che il sacerdote acquistò in Svizzera una modernissima macchina per la produzione continua della carta. Per una quarantina d’anni l’impianto fu gestito dai figli di don Bosco e nel 1907 la cartiera viene ceduta alla Società anonima agricola industriale torinese e nel 1919 alla Società cartiera Giacomo Bosso di Torino. Nel 1967, infine, passa nelle mani della società finlandese che la gestisce tuttora.

Oggi la cartiera di Mathi è lo stabilimento più grande del gruppo Ahlstrom-Munksjö, conta circa 600 dipendenti e produce carte base per autoadesivi e materiali per la filtrazione. «Vediamo molto favorevolmente la decisione del gruppo finlandese di attuare questo investimento qui a Mathi», commenta il sindaco Maurizio Fariello, sindaco, «specialmente alla luce delle più di trenta assunzioni previste al termine di questi lavori». Un favore dato anche dalla serietà con cui la ditta si rapporta al
territorio, infatti, prosegue Fariello, «le procedure di sicurezza per prevenire ed affrontare possibili incidenti sono un’eccellenza visto l’utilizzo di agenti chimici molto pericolosi necessari alla creazione di carta dalla porosità adeguata per i filtri. Altro fattore positivo per quel che riguarda l’impatto ambientale è che la cartiera sfrutta il canale che scorre al suo fianco per le produzione della carta, prendendone l’acqua dal suo letto e, al termine del suo utilizzo, la reinserisce nel torrente da cui proviene: ebbene, dai risultati delle analisi chimiche compare che l’acqua re-introdotta è più pura di quella prelevata». L’unica criticità per l’ambiente sono gli autoarticolati (i tir), essenziali per il trasporto degli enormi rotoli di carta ma, dal momento che ne attraversano la zona 50-60 al giorno, l’impatto su viabilità e ambiente è pesante.

Con il progetto dell’installazione della nuova turbina di cogenerazione, inoltre, aumenterà anche la competitività sul mercato del gruppo finlandese: «già oggi la cartiera produce circa il 90% dell’energia che consuma, consentendo un enorme risparmio a livello energetico; con la nuova turbina si otterrebbe un ulteriore abbattimento dei costi di produzione».

«Insomma, è motivo di orgoglio sapere che il nostro stabilimento ha ricevuto questo tipo di attenzione
da parte della compagnia finlandese», conclude il sindaco, «l’unico auspicio è che per le assunzioni si presti una particolare attenzione al territorio e si privilegi la zona limitrofa, in particolar modo Mathi, come tradizionalmente si è fatto in passato».

 

UPS: don Fabio Pasqualetti, nuovo decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione

Ecco la notizia della nuova nomina di Don Fabio Pasqualetti presso l’Università Pontificia Salesiana:

9 Luglio 2018

Università salesiana: don Fabio Pasqualetti è il nuovo decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione

Don Fabio Pasqualetti è il nuovo decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione (Fsc) dell’Università Pontificia Salesiana per il triennio 2018-2021. La nomina è avvenuta nei giorni scorsi da parte del gran cancelliere dell’Ups e rettor maggiore dei Salesiani, don Ángel Fernández Artime. Don Pasqualetti, sacerdote salesiano, è docente straordinario di Teorie e ricerca nella comunicazione presso la Fsc e insegna Comunicazione e sviluppo, Opinione pubblica e Introduzione alle Scienze della Comunicazione. Dopo aver conseguito il titolo di perito chimico presso l’Istituto industriale di Cremona, si è laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Parma e nel 1994 ha conseguito il Master in Telecommunication presso la University of Michigan. Con una tesi dal titolo “Pietro Barcellona. Narratore critico della modernità e custode dell’umano”, don Pasqualetti ha ottenuto, lo scorso dicembre, il titolo di dottore in Scienze sociali presso l’Università Pontificia Gregoriana di Roma. Conferenziere con una esperienza più che ventennale di docenza e ricerca, è autore di diversi contributi accademici. Succede alla presidenza della Facoltà a don Peter Andrew Gonsalves, docente straordinario di Comunicazione ed educazione.

(Articolo tratto da SIR – Servizio Informazione Religiosa)

10 luglio 2018

Don Pasqualetti nuovo decano di Scienze della Comunicazione

Succede a don Peter Andrew Gonsalves, docente straordinario di Comunicazione ed educazione. Sacerdote salesiano, è docente straordinario di Teorie e ricerca nella comunicazione alla Fsc

Il gran cancelliere dell’Università pontificia salesiana e rettor maggiore dei Salesiani don Ángel Fernández Artime ha nominato don Fabio Pasqualetti nuovo decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione (Fsc) dell’Università Pontificia Salesiana per il triennio 2018-2021. Sacerdote salesiano, don Pasqualetti è docente straordinario di Teorie e ricerca nella comunicazione alla Fsc e insegna Comunicazione e sviluppo, Opinione pubblica e Introduzione alle Scienze della Comunicazione. Succede alla presidenza della Facoltà a don Peter Andrew Gonsalves, docente straordinario di Comunicazione ed educazione.

Dopo aver conseguito il titolo di perito chimico presso l’Istituto industriale di Cremona, si è laureato in Pedagogia all’Università degli Studi di Parma e nel 1994 ha conseguito il Master in Telecommunication presso la University of Michigan. Con una tesi dal titolo “Pietro Barcellona. Narratore critico della modernità e custode dell’umano”, don Pasqualetti ha ottenuto, lo scorso dicembre, il titolo di dottore in Scienze sociali presso l’Università Pontificia Gregoriana di Roma. Conferenziere con una esperienza più che ventennale di docenza e ricerca, è autore di diversi contributi accademici.

(Articolo tratto da RomaSette.it –
Informazione Online della Diocesi di Roma)