Salesiani Casale: la festa di don Bosco

Si riporta la notizia proveniente da “La Vita Casalese” riguardo alle celebrazioni solenni che si sono svolte presso la chiesa del Sacro Cuore di Gesù, organizzate dalla comunità salesiana di Casale Monferrato.

Un cuore grande

Celebrazioni solenni al Valentino con il vescovo Gianni Sacchi

È proprio bello vedervi qui presenti, bambini, giovani e famiglie, per celebrare san Giovanni Bosco e condividere il momento più importante della settimana”. Ha esordito così il Vescovo Gianni, che domenica scorsa ha voluto a sua volta condividere la solennità di San Giovanni Bosco con la comunità salesiana del Sacro Cuore di Gesù al Valentino. Chiesa gremita, nel rispetto delle norme vigenti, in tutti gli orari delle celebrazioni, a testimonianza di quanto sia viva e sentita la devozione per il “Santo dei giovani”, la cui presenza carismatica attraverso l’opera dei salesiani è attiva a Casale da più di un secolo. Don Marco, direttore dell’Opera, ha ringraziato il Vescovo per la sua presenza, sottolineando l’importanza di festeggiare il Santo fondatore che con la sua fede forte e salda ha realizzato la sua missione a favore dei giovani più poveri e bisognosi del suo tempo: “Lo scorso anno – ha ricordato don Marco –
proprio la festa di don Bosco è stata l’ultima occasione che abbiamo avuto come comunità per stare insieme in spirito di famiglia, prima dell’avvento della pandemia. Speriamo che la solennità di oggi sia di buon auspicio per poter tornare poco alla volta alla normalità che tutti desideriamo, e per poter riprendere con serenità l’oratorio quotidiano e le altre attività”.

In preparazione alla festa di don Bosco il triduo dei giorni antecedenti, curato dal parroco don Jacek, si è ispirato ai tre capisaldi del sistema preventivo salesiano: ragione, religione e amorevolezza. Un “metodo educativo” che ha regalato abbondanti frutti di santità negli ambienti salesiani e che tuttora rappresenta il punto di riferimento delle comunità educative che si ispirano al carisma di don Bosco. Nel corso della celebrazione delle 10, il gruppo dei Salesiani Cooperatori ha rinnovato la promessa di continuare a camminare sulle orme del Santo fondatore, dedicando tempo ed energie a favore della “porzione più delicata della società”, e al termine il Vescovo ha benedetto il pane di don Bosco, in memoria del “miracolo delle pagnottelle” che il Santo compì nel suo oratorio facendo bastare a più di 400 ragazzi il pane per la merenda attingendo da una cesta con una ventina di pagnotte. Conclusa la celebrazione, l’ampio cortile della parrocchia ha potuto ospitare la premiazione del concorso dedicato ai sogni, che hanno ispirato diversi gruppi di bambini e ragazzi nella realizzazione di alcuni video originali e interessanti. Tutti i gruppi hanno ricevuto un riconoscimento, per il migliore montaggio, la colonna sonora, l’originalità della rilettura del testo, la simpatia… “Provocati dai sogni di don Bosco e dalla sua passione educativa – ha concluso don Marco – mossi dalla speranza che è in noi, desideriamo continuare a sognare il meglio per i nostri giovani, soprattutto i più poveri e spenti di speranza”.

Riapertura del Museo Casa Don Bosco

In funzione delle nuove norme attualmente in vigore, il Museo Casa Don Bosco riaprirà da martedì 9 febbraio nei seguenti giorni e con i seguenti orari temporanei:

  • lunedì: solo visite guidate,
  • martedì e giovedì: 9.30 – 12.30,
  • mercoledì e venerdì: 15 – 17.30

Visite guidate

Sarà possibile prenotare la propria visita guidata nei giorni dal lunedì al venerdì nelle seguenti modalità:

Nella mattinata del martedì ore 10.30 e nel pomeriggio del venerdì ore 16.00, partiranno delle visite guidate indipendentemente dalle prenotazioni.

Avvenire: articolo dedicato alla Mostra di Don Paolo Albera

Si riporta la notizia proveniente da Avvenirequotidiano cattolico a diffusione nazionale – a cura di Antonio Carriero, riguardo alla mostra dedicata a don Paolo Albera esposta presso il Museo Casa Don Bosco a Valdocco, piano interrato.

Don Albera secondo successore di don Bosco

di Antonio Carrieri 

In occasione del primo centenario della morte di don Paolo Albera 1921-2021), secondo successore di don Bosco, “Museo Casa Don Bosco” di Valdocco (Torino) ha organizzato la mostra “Il mondo negli occhi”, composta di 29 postazioni espositive, 17 tra lettere e documenti e 26 foto.

«Non appena si alza il velo della storia e si inizia a diventare più familiari con i tratti della vita e della eredità carismatico-spirituale del “petit don Bosco”, come lo chiamavano in Francia, Paolo Albera conquista per la sua modernità», racconta don Silvio Roggia, che insieme a don Aldo Giraudo e Paolo Vaschetto ha curato i testi e le ricerche per la mostra. Don Albera è stato tra i primi salesiani a vedere don Bosco all’opera. Divenuto rettor maggiore dei salesiani, viaggiando in nave, in carrozza, a cavallo e in automobile, ha potuto rendersi conto dell’espansione dello spirito di don Bosco ai quattro angoli del mondo, dall’America alla Terra Santa al Nord Europa.

«È stato sorprendentemente internazionale per i suoi tempi – prosegue don Roggia –. Apre una presenza salesiana in Francia; affronta un lungo viaggio di tre anni per visitare tutte realtà missionarie salesiane in America, dalla Terra del Fuoco a New York e, successivamente, la Palestina e molti Paesi europei. Parla e scrive correntemente in francese e dai sessant’anni in poi anche in inglese. Durante la prima guerra mondiale, che arruola circa la metà dei salesiani sui vari fronti, intrattiene una corrispondenza intensissima con loro, moltiplicando le forze con quelli rimasti per prendersi cura dei tanti orfani, qualunque sia la loro nazionalità».

Don Albera è stato un testimone oculare del passaggio tra il XIX e il XX secolo, un momento delicato per la sua Congregazione, la Chiesa e il mondo intero, che culminerà con la Grande Guerra, uno degli spartiacque più drammatici della storia contemporanea. Attualmente, e per tutto l’anno centenario, la mostra è su www.donalbera.museocasadonbosco.it e, in presenza, non appena si potrà circolare liberamente.

Liceo San Lorenzo Novara: “Don Bosco ritorna”

Un’esperienza diversa ma altrettanto significativa quella vissuta dai ragazzi del liceo dell’Istituto Salesiano San Lorenzo di Novara per la festa di Don Bosco. Di seguito l’articolo pubblicato oggi sul sito dell’Opera a cura dei giovani del liceo salesiano.

Questa settimana noi ragazzi del liceo ci siamo riuniti, chi giovedì e chi venerdì, per festeggiare il nostro Don Bosco. Dopo qualche ora di lezione in mattinata, siamo stati accolti in cortile con pane e salame, facendo sembrare tutto un po’ più normale anziché in balia di una pandemia.

Al nostro ritorno in classe, per le ultime ore di lezione, sono invece stati preparati delle sfide a distanza fra le classi, che – nonostante tutto – si sono rivelate una valida alternativa rispetto ai tornei degli anni passati. Per concludere la mattinata ci siamo tutti ritrovati in chiesa, per celebrare la Messa e ricordare il nostro Santo.

Ho un ricordo completamente diverso del 31 gennaio 2020: i calcetti nei corridoi, la briscola, la tombola, i balli di gruppo, il karaoke, la gara delle torte e tantissime altri. Se penso a quante cose sono cambiate quasi mi vengono i brividi. Credo, tuttavia, di aver finalmente compreso il significato di questa festa, perché finché continueremo a sostenerci e renderci allegri l’un l’altro allora niente sarà realmente cambiato, e questo vale sin dagli anni in cui Giovanni Bosco sosteneva e rendeva allegri i suoi ragazzi.

Parafrasando ciò che è stato detto durante l’omelia, ognuno ha una scintilla dentro di sé che può far nascere un fuoco che ci spinge a fare del bene, perché ogni volta che noi ci supportiamo, Don Bosco ritorna davvero.

(Dai ragazzi del liceo)

Salesiani Venaria Reale: «mossi dalla speranza» nella festa di don Bosco

Numerose le iniziative  “in presenza e a distanza” realizzate dalla Comunità Salesiana di Venaria Reale per la preparazione e la celebrazione della festa di San Giovanni Bosco. Di seguito le attività svolte a fine gennaio, riportare nell’articolo pubblicato ieri sul sito dell’Opera.

Venerdì 29 Gennaio
Il triduo di Don Bosco è iniziato venerdì 29 con una nutrita delegazione di giovani dell’oratorio, recatisi nel pomeriggio a Valdocco per celebrare la Santa Messa nella basilica di Maria Ausiliatrice e affidare tutta la comunità davanti all’urna del Santo dei Becchi.

Sabato 30 Gennaio
La giornata di sabato si è aperta con la festa delle medie in cortile con i propri animatori ed è proseguita la sera, come da tradizione annuale, con la proiezione dello spettacolo realizzato dagli animatori: complice il Covid e non potendo mettere in scena lo spettacolo difronte a tutta la famiglia salesiana, ogni gruppo MGS, con i propri animatori, ha realizzato un video sul tema della Strenna 2021 proposta dal Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, dal titolo «Mossi dalla speranza: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”». Come ogni anno, il messaggio propone gli orientamenti che il Padre della Famiglia Salesiana intende offrire a tutti i seguaci di Don Bosco.

Domenica 31 Gennaio
Ed è stata proprio la Strenna annuale a caratterizzare la giornata di Domenica 31 Gennaio. Nel giorno in cui si celebra la ricorrenza di San Giovanni Bosco, padre, maestro ed amico dei giovani, dopo le celebrazioni liturgiche della mattina e il momento di gioco in cortile proposto dai chierici e dagli animatori del catechismo, i giovani universitari e gli adulti si sono ritrovati nel pomeriggio con l’ispettore dei salesiani, don Leonardo Mancini, che incontrando per la prima volta ufficialmente tutta la comunità, ha presentato il tema della strenna, ricordando come la virtù teologale della Speranza sia «la spinta al di più e la spinta al meglio» non solo per sé stessi, ma per gli altri, nella consapevolezza che il mondo che ci circonda non è tutto qui, ma possiamo sperare in un qualcosa di meglio, in un qualcosa di più grande.

Come l’Esodo viene vissuto nella speranza che c’è una terra promessa da raggiungere, oggi dobbiamo vivere con la speranza che c’è una terra promessa nel cielo che ci attende, consapevolezza fondamentale per alimentare la Fede, soprattutto nel difficile tempo di deserto che siamo chiamati ad attraversare. Speranza implica lavorare su sé stessi per camminare e crescere: è dimensione della lotta quotidiana e fondamento dell’educazione che insegna ad andare avanti e a non lasciare che il demonio ci vinca, poichè abbiamo la speranza di un qualcosa da conquistare che va oltre alla vita terrena. Infatti, è la speranza a risvegliare il desiderio di arrivare alla meta, come dirà don Bosco ai suoi giovani dando loro appuntamento in paradiso.
La speranza, riprendendo le parole dell’ispettore, è «come un’ancora sicura e salda per la nostra vita, ma se l’ancora delle navi si butta sul fondo del mare per ancorarsi a terra, l’ancora della Fede si butta in cielo per ancorarci al Signore».
Il giovane Carlo Acutis, come ci ha raccontato sua mamma nell’intervista-video realizzata da due giovani lavoratori, sapeva bene che, anche nei tempi più bui, se ci affidando a Cristo e ci mettiamo alla scuola di Gesù non abbiamo nulla da temere, poichè la speranza è sapere che ognuno di noi ha una storia di santità e Dio per noi ha preparato il meglio.
In questa consapevolezza di Carlo si vede lo stretto legame tra la speranza e l’allegria: don Bosco ripeteva sempre ai suoi ragazzi di essere allegri perché aveva la speranza che il Signore è vicino e ci chiama tutti in Paradiso ad essere felici abitatori del cielo.
All’interno dell’intervento di don Leonardo, i giovani dell’oratorio hanno potuto ascoltare, nella seconda intervista-video della giornata, le parole di Giulia e Andrea, due giovani sposi che hanno deciso di unirsi in matrimonio durante la pandemia, che hanno testimoniato come il loro “si!” sia simbolo di speranza della vita che non si ferma ma che porta nuovo frutto. Dio, nonostante tutte le difficoltà del momento, mai abbandona i suoi figli ma rimane sempre unito a loro, in modo particolare quando la fatica si fa sentire: «Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? (Is 43,19)».
La giornata si è conclusa alle 17.15 in chiesa con la preghiera dei vespri solenni presieduti dall’ispettore.

Salesiani Vercelli – I festeggiamenti per Don Bosco

Ai Salesiani di Vercelli grande festa per San Giovanni Bosco.

Ecco un che video sintetizza il cammino verso la festa di don Bosco compiuto dai ragazzi e dai giovani di Vercelli.

 

 

Di seguito l’articolo riportato sul sito di VercelliOggi.it del 31/01/2021 e l’articolo di InfoVercelli24 del 01/02/2021 in merito ai festeggiamenti presso il Centro di Formazione Professionale dell’Opera.

IL SANTO CHE CERCAVA UN CORTILE

Due giorni tutti per San Giovanni Bosco al Belvedere – Ospiti d’onore l’Arcivescovo Marco Arnolfo e Don Bruno Ferrero, Direttore del Bollettino Salesiano – Il filmato di un’ora, con le omelie ed i canti – LA GALLERY
due canti che sono il simbolo del carisma salesiano. Il primo è moderno: “Siete tutti ladri, ragazzi miei, non ho più il mio cuore, ce l’avete voi” che è la cifra di una vocazione e di una missione. Conclude il documentario il celeberrimo “Don Bosco Ritorna”.

Il video di quasi un’ora che documenta i due giorni di fede, spiritualità e – soprattutto – allegria veramente salesiana vissuti a Vercelli il 30 e 31 gennaio, si inizia e conclude con due canti che sono il simbolo del carisma salesiano.

Il primo è moderno: “Siete tutti ladri, ragazzi miei, non ho più il mio cuore, ce l’avete voi” che è la cifra di una vocazione e di una missione.

Conclude il documentario il celeberrimo “Don Bosco Ritorna”.

Due celebrazioni, in questi due giorni che – diciamolo subito – sono state animate da cantorie (quella “Senior” e quella dei giovani, veramente brave e preparate).

La musica ed il canto, del resto, hanno tanto posto nel magistero della Congregazione, come in quello illustrato dalle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice.

Parlare dei salesiani e del loro Santo fondatore, San Giovanni Bosco, non è difficile, soprattutto per gente piemontese.

Lo fanno in modo veramente magistrale, nelle due omelie che riuniamo nella prima parte del video, Mons. Marco Arnolfo, Arcivescovo di Vercelli e Don Bruno Ferrero, Direttore del Bollettino Salesiano.

Integrali, nel video, entrambi gli interventi.

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L’Arcivescovo ha presieduto la celebrazione eucaristica di sabato 30 gennaio alla Parrocchia del Sacro Cuore, al Belvedere.

Il Presule non ha mancato di ricordare quell’episodio che ebbe per protagonista il Santo. Aiutò un suo ragazzo di 16 anni a trovare lavoro in un’officina della Torino paleo industriale.

Ma non lo lasciò con quel padrone, appunto, “ottocentesco”, senza prima avere ottenuto per lui condizioni umane di lavoro.

Il lavoro, prima occasione di riscatto, integrazione, realizzazione ed integrazione della persona umana.

Se, a sua volta, umano.

La lettura del Vangelo di San Marco (1,21-28) del resto, era proprio lì, a ricordarci cosa significhi davvero essere autenticamente “autorevole”.

Dal latino “augere”, accrescere; per traslazione: aiutare a crescere.

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Poi, l’ospite d’onore di questa mattina, domenica, memoria liturgica di San Giovanni Bosco, Don Bruno Ferrero, scrittore di fama internazionale e Direttore del Bollettino Salesiano, il mensile diffuso in 134 Paesi nel Mondo, l’Organo ufficiale della Congregazione.

Mirabile omelia, che mette a contatto i fedeli appartenenti alle tre Parrocchie rette da Don Augusto Scavarda e dalla Comunità salesiana di Vercelli (Belvedere, Isola, Caresanablot), la Comunità Vercelli Nord, o – per curiale precisione, zona pastorale 18 – con quattro verità fondamentali.

La prima.

Il punto preciso dove sia nato Giovanni Bosco non è storicamente noto.

Ma è un fatto storicamente acquisito che, nella Torino del contrasto drammaticamente stridente tra ricchezza e povertà, abbia cercato un posto dove riunire, ospitare, educare, dare un futuro ai ragazzi più poveri e soli.

Una strada stretta e difficile, perché la frattura sociale era ampia, non attenuata da una borghesia già rinunciataria che, ancor prima di identificarsi in un segmento sociale, si accontentava di ridursi a stato d’animo.

Nella completa assenza di qualsiasi altro luogo di attenuazione delle differenze, dei contrasti, delle diseguaglianze e, infine, del dolore che tutto ciò portava, Don Bosco cercò “un cortile”, un luogo fisico dove radunare i derelitti, il simbolo di un’accoglienza, si direbbe oggi, “in sicurezza”, al riparo dai predatori, che avevano mille volti.

Accoglienza che poi si sarebbe fatta non solo sussistenza, ma, come abbiamo visto, istruzione, educazione, formazione professionale, avviamento al lavoro.

Lavoro che, come avrebbe molti anni più tardi insegnato Giovanni Paolo II nella sua prima Enciclica “sociale”, la Laborem Exercens, non può abbandonare l’orizzonte di senso della promozione umana: “Il primo fondamento del valore del lavoro è l’uomo stesso, il suo soggetto”.

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La seconda verità.

Qual è il “nocciolo” dell’esperienza educativa di Don Bosco?

L’amore.

Il canto “Siete tutti ladri…” ce lo ricorda, ma con parole davvero ispirate – che possiamo sentire integralmente nel video – Don Bruno ci “sminuzza” il concetto in modo accessibile.

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Con il terzo richiamo, si affronta una delle maggiori difficoltà della modernità.

L’amore non è “buonismo”, è fatto di cura, attenzioni, preoccupazione per il bene dell’altro.

Con realismo profondamente radicato nel quotidiano Don Bruno evoca la domanda, cruda, rivolta da una bimbetta di sette anni alla mamma, così occupata dal mondo: “Se ti do tanto fastidio, perché mi hai fatta?”.

Tutta l’esperienza, la vocazione, la storia salesiana, è lì a dire, invece, che i bambini, i ragazzi, i giovani, sono doni di Dio affidati a noi.

Sono la cosa più importante che possa “occuparci”.

Ce ne dobbiamo ricordare quando – con allusività semantica forse involontaria – diciamo di essere “presi”, “occupati”.

Sono occupato.

Ma qual è la potenza nemica che ci occupa, il ladro che ci prende?

Ha un nome antico.

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Infine, quello forse fondamentale, tra questi quattro “link” suggeriti da Don Ferrero.

Il coraggio.

Il coraggio di andare avanti.

Di sé e delle proprie opere, Don Bosco diceva che fossero nate “sotto le bastonate”, progredite allo stesso modo e continuassero così, sempre sotto le bastonate.

Non ebbe mai nulla di facile, niente potè iniziare avendo già un “business plan” rassicurante, i conti in ordine.

Diceva che le cose, se fossero state riconosciute utili da Dio, sarebbero andate avanti con i doni della Provvidenza.

E se non fossero state ritenute utili, sarebbe stato ancor meno utile che fossero rimaste.

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Così, toltosi il peso, l’ansia, la paura del futuro, gli fu evidentemente possibile affrontare ogni cosa senza perdere l’allegria, anzi riuscendo ad infondere ottimismo – per tanti diseredati, forse la prima occasione di conoscere un po’ di spensieratezza – tanto che San Domenico Savio potè insegnare che “qui da noi, la santità consiste nello stare molto allegri”.

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Ma… c’è un “ma”.

Sempre, quando contempliamo la stupefacente realtà salesiana, questo pensiero ritorna a farsi vivo.

Sono 134 i Paesi del Mondo in cui ci sono preti salesiani, suore Figlie di Maria Ausiliatrice.

Più di 14 mila preti e 11 mila suore.

Un numero enorme di istituti di formazione professionale e sterminato di allievi.

Ebbene, quando guardiamo a tutto questo, non dobbiamo mai dimenticare che nulla di tutto questo ci sarebbe, senza cose che possono apparirci in tutta la loro minorità.

Ce ne rendiamo conto meglio se ci rechiamo al Colle Don Bosco, dove più netto è il contrasto tra la casetta da dove partirono, il Santo e la mamma, alla volta di Torino e la maestosa basilica edificata molti anni più tardi.

Ebbene, quelle cose minime, da cui nacque tutto, furono un bambino di nove anni ed un avverbio.

Un bambino ed un avverbio breve che sta tutto in due lettere.

Un bambino e un sì.

E’ onnipotente, ma senza il sì di un bambino, Dio non avrebbe potuto fare nulla di tutto quello che si è visto in questi 150 anni e più.

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Due piccole cose senza le quali Dio non avrebbe potuto fare nulla di tutto quello che vediamo.

Senza le quali decine di migliaia di ragazzi sarebbero rimasti abbandonati in un mondo ingrato.

Se in quel piccolo cuore non fosse zampillato un sì, non si sarebbe liberato l’oceano di amore e di azione che irrorato il mondo, che l’ha – almeno un po’ – reso migliore.

E’ vero, la chiamata a realizzare la volontà di Dio si può manifestare in tanti modi: la risposta, però, è una sola.

Cnos Fap: dopo la grande festa

Le immagini, le toccanti parole di Don Pietro Urbinis e soprattutto Don Bosco

Dopo la trasmissione di venerdì un mio collega di cui non faccio il nome ma cito solo le iniziali, PP, mi ha inviato una bellissima mail che concludeva con questa frase: “Pensa in quante famiglie è entrato ed entrerà il nome di Don Bosco e della Sua Opera di Vercelli. Grazie!”

Aggiungo che tra sabato e domenica con alcuni amici abbiamo contribuito a portare anche la musica del nostro Don Bosco in tanti posti vicini e lontani.

E’ stata proprio una bella festa perché con Don Bosco la vita è sempre festa, è canto,è fremito di gioia…

Ecco dunque le immagini della giornata e, sotto, la bellissima e commovente omelia che don Pietro Urbinis ha tenuto il 31 gennaio 2021 presso l’istituto delle suore FMA di Vercelli.

Flavio Ardissone

Se c’è un inno nella storia della musica che più di ogni altro si può dire adatto a Don Bosco è l’inno alla gioia di Beethoven, perché Don Bosco è realmente il re della gioia. Ancora semplice fanciullo e pastorello ai Becchi creava pomeriggi ricchi di serenità e di gioia per grandi e piccini con i suoi giochi di prestigio, sempre accompagnati da una preghiera e il richiamo all’omelia udita durante la S. Messa.

Quando nell’autunno del 1831 a 16 anni lasciò la sua casa paterna ai Becchi per scendere a Chieri e frequentare le scuole superiori per poi entrare in Seminario, fondò tra i suoi amici, la Società dell’allegria.” Il nome fu indovinato – scrisse nelle sue memorie -, perché ognuno aveva l’impegno di organizzare giochi, tenere conversazioni, leggere libri che contribuissero all’allegria di tutti. Era vietato tutto ciò che produceva malinconia, specialmente la disobbedienza alla legge del Signore”. Il programma della società era condensato in due soli articoli: Nessun discorso, nessuna azione che non siano degni di un cristiano e esattezza nei doveri scolastici e religiosi. Divenuto sacerdote, D. Bosco fu sempre un diffusore di allegria, di gioia e di ottimismo.  Famose sono alcune sue espressioni: “Stai allegro, fa’ tutto il bene che puoi e lascia cantare gli uccelli del cielo”. “Cuor contento il ciel l’aiuta”;

“Stai allegro, il demonio ha paura della gente allegra “. “Serviamo il Signore in allegria”. Come Direttore spirituale di tanti giovani, il primo consiglio che dava loro era quello di essere allegri. Ce lo ricorda Domenico Savio:” Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri”. Per questo i ragazzi stavano bene accanto a Don Bosco. “Mi voleva bene “ricordavano tutti i ragazzi.

 D. Bosco non solo esortava a stare allegri, ma era lui stesso a creare  occasioni continue di gioia e di allegria per i suoi ragazzi: stupende passeggiate autunnali per le colline del Monferrato con la banda in testa, ricreazioni vivacissime in cortile, di cui lui era il principale animatore ( giocò con i suoi ragazzi finche l’età, la salute e i numerosi impegni non glielo impedirono), il teatro, la musica ( <Un Oratorio senza musica è come un corpo senz’anima>- diceva e -<Non porre impedimenti alla musica>), le feste: tutto era organizzato per creare gioia e allegria e tenere lontano il male e il peccato. Per questa sua disposizione sapientemente coltivata, i ragazzi, appena lo vedevano, gli si affollavano intorno. Lui aveva sempre una battuta pronta per tutti. Ad un ragazzo che aveva il muso lungo D. Bosco sorridendo gli chiedeva: “Al tuo paese la luna piena è grande come a Torino?” E immancabilmente il sorriso tornava sulle labbra del ragazzo Ad un altro che gli aveva posto una domanda ingenua gli rispondeva in piemontese.” T’se propi ‘n fa fiuché (sei proprio uno che fa nevicare!”).. Anzi correva nell’oratorio la voce che quanto più D. Bosco appariva allegro, tanto più grandi erano le preoccupazioni e i fastidi che lo assillavano. L’ottimismo e l’umorismo sono senz’altro segni particolari della sua personalità:

” Coraggio! Un pezzo di Paradiso aggiusta tutto” – era solito dire a chi vedeva triste, imbronciato o giù di corda. E ai suoi ragazzi:” Correte, giocate saltate, purché non facciate peccati”. Scriveva ai suoi giovani da Roma:” Uno solo è il mio desiderio: vedervi felici nel tempo e nell’eternità:” Al termine della sua vita terrena, queste parole condensano il cuore del suo messaggio ai giovani di ogni epoca e di tutto il mondo. nel tempo e nell’eternità”. Essere felici, come meta sognata da ogni giovane, oggi, domani, nel tempo. Ma non solo. Nell’eternità è quel di più che solo Gesù e la sua proposta di felicità, la santità appunto, sa offrire. E’ la risposta alla sete profonda di “per sempre “che brucia in ogni giovane. E non solo in ogni giovane.

Le radici dell’allegria di Don Bosco, infatti, e il desiderio di essere sempre e dovunque portatore di gioia affondavano saldamente in una Persona, una persona con la P maiuscola, della quale parlano quattro libretti, che unici al mondo portano tutti lo stesso titolo: “La lieta notizia”. E Gesù è questa lieta notizia, questa Persona con la P maiuscola, che è vicino a ciascuno di noi, cammina con noi, soffre e gioisce con noi, fatica con noi ogni giorno in casa, a scuola, sul lavoro, vuol vivere la sua vita con noi, condividendone tutti gli aspetti lieti o tristi, donandoci ad ogni occasione il suo aiuto, il suo incoraggiamento, la sua forza, il suo sorriso. Per questo vale sempre l’esortazione di S. Paolo: “Siate lieti, ve lo ripeto, siate lieti: il Signore è vicino”.

Gesù è la ragione e il fondamento della nostra gioia: egli che è venuto a liberarci dalla schiavitù del peccato e della morte, e ad aprirci le vie della salvezza eterna.

Gesù è la nostra gioia: da Lui l’attingiamo per diffonderla attorno a noi e formare un cerchio di gioia.

L’esempio di Don Bosco sempre sereno, ottimista, ricco di speranza e il suo insegnamento ci sono certamente di stimolo e di incoraggiamento in questo brutto momento di pandemia che stiamo attraversando. Anche lui è passato attraverso giorni e periodi di difficoltà, di dolore, di sofferenza, di perdita e di distacco da persone care. Eppure non ha mai perso la speranza, perché era fermamente convinto nella presenza, nella vicinanza e nell’aiuto consolatore del Signore e della Madonna, che, nonostante tutto, non ci abbandonano mai. Era convinto che con le rose ci sono le spine, ma che con le spine ci sono sempre le rose e che, per dirla col Manzoni, Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne una più certa e più grande. Affidiamoci allora alla sua intercessione per rinnovare in noi la fiducia e la speranza nel Signore, vincitore del peccato, del male e della morte. Non lasciamoci mai rubare la speranza, come ci augura Papa Francesco; anzi cerchiamo di essere anche noi portatori di gioia, serenità, ottimismo e speranza per chiunque incontriamo. Come dice il nostro Rettor maggiore nella strenna di quest’anno:” Siamo luci che invitano alla speranza con la testimonianza del nostro vivere, trasmettiamo la felicità nel modo semplice, ma autentico di vivere la nostra fede”

Don Pietro Urbinis

Salesiani Rebaudengo: inaugurati i nuovi ambienti e il sito dell’Opera

Nei giorni della visita dell’Ispettore don Leonardo Mancini alla casa del Rebaudengo, avvenuta alle porte della festa di don Bosco, sono stati benedetti gli ambienti completamente ristrutturati di accoglienza, reception e portineria della casa, così pure inaugurati gli spazi rinnovati nella sistemazione e nella gestione della nuova sala bar e mensa.

Grazie al lavoro dell’Ufficio di Comunicazione della Pastorale Giovanile della nostra ispettoria è stato lanciato anche il nuovo sito dell’Opera Rebaudengo,  immaginato come il cortile salesiano dentro il quale incontrarsi tra amici e imparare a vivere grazie alle possibilità educative offerte dai sette ambienti pastorali che compongono l’Opera.

Rinnovare degli spazi interni ed esterni ad una casa salesiana, così come il suo portale informatico, non è mai solo un’operazione estetica è prima di tutto fornire alle persone che abitano una casa di don Bosco un chiaro messaggio di accoglienza, di spazi da vivere con spirito di famiglia: “casa, scuola, parrocchia, cortile” come voleva don Bosco e come abbiamo riportato sul muro d’ingresso della portineria.

Credo che questo triplice lancio in questi mesi di fatiche e ristrettezze sia un messaggio di speranza per tutti: don Bosco c’è e le sue case continuano a formare buoni cristiani, onesti cittadini e futuri abitatori del cielo.

Don Luca Barone – Direttore dell’Opera Salesiana di Torino – Rebaudengo

Salesiani Vilnius (Lituania): la festa per Don Bosco

Dalla casa salesiana di Vilnius, un breve filmato dei festeggiamenti che si sono tenuti in onore di San Giovanni Bosco.

La S. Messa di ieri, 31 gennaio 2021, in onore di Don Bosco, è stata celebrata e trasmessa dalla TV nazionale dalla parrocchia salesiana della capitale, dando in questo modo la possibilità ai fedeli di prendere parte alla festa del “santo dei giovani” anche in periodo di lockdown.

Ecco come si è conclusa la giornata:

Basilica Maria Ausiliatrice: la festa di San Giovanni Bosco

Domenica 31 gennaio 2021, grande festa per tutti gli amici di Don Bosco, per la Famiglia Salesiana e per la Congregazione stessa. San Giovanni Bosco parla nel cuore di tutti, portando un esempio di testimonianza di fede e di impegno sociale ancora oggi.

Presso la Basilica di Maria Ausiliatrice di Torino – Valdocco si sono svolte, per tutto l’arco della giornata, le celebrazioni in onore del “santo dei giovani”, in particolare alle 9.30 con la presenza dell’Arcivescovo di Torino, S.E. Mons. Cesare Nosiglia, e alle 18.30 con la presenza del Vicario del Rettor Maggiore dei Salesiani don Stefano Martoglio, con la consueta Messa dedicata al Movimento Giovanile Salesiano.

La parola di Gesù ed il suo stile di vita non sono un invito a dire una serie di no, ma indicano la vera via del sì, che può realizzare in pienezza anche i sogni impossibili ritenuti umanamente irraggiungibili.

Mons. Cesare Nosiglia – Dall’omelia per la festa di Don Bosco

Ognuno di noi, qui, ha un rapporto speciale con Don Bosco, e normalmente così lo chiamiamo; ma il rapporto speciale è ritrovarsi dentro la propria storia di salvezza, dentro il proprio dna, dentro la propria genealogia, questo grandissimo Santo, questo grande credente.

Don Stefano Martoglio – Dall’omelia per la festa di Don Bosco

Scuola Don Bosco Cumiana: “Concorso Don Bosco”

Allegria, studio, pietà: questo è il grande programma, il quale praticato tu potrai vivere felice, e fare molto bene all’anima tua.
(Massime di Don Bosco VII,494)

I ragazzi della Scuola Don Bosco di Cumiana, come da tradizione, hanno partecipato a giochi all’aperto, momenti di allegria e di vivacità nel cortile dell’opera, in occasione del mese di gennaio che è stato dedicato a ripercorrere alcuni momenti della vita di Don Bosco, riflettendo sulla sua testimonianza di “Padre, Maestro e Amico della gioventù”. Di seguito qualche scatto fotografico: