“Don Bosco, l’autobiografia nelle lettere” – La Stampa
Si avvia alla conclusione l’edizione dell’epistolario di Don Bosco curato da don Francesco Motto. Si riporta l’articolo pubblicato nella sezione Vatican Insider de La Stampa del 13 marzo scorso.
Don Bosco, l’autobiografia nelle lettere
Con il nono volume, si avvia alla conclusione l’edizione critica dell’epistolario del Santo curato dallo storico don Francesco Motto
Ancora cinquecento lettere – duecento inedite – che vanno ad aggiungersi alle migliaia già pubblicate, interamente autografe o solo firmate. Scritte in italiano, ma pure in francese. Missive sparse in tanti archivi, recuperate, trascritte per la prima volta o verificate nelle trascrizioni correnti, messe in ordine cronologico, annotate in modo sobrio ma offrendo le informazioni necessarie a comprenderle nei passaggi poco chiari. Parliamo dell’edizione critica dell’epistolario di don Bosco che, con questo nuovo volume, il nono – relativo al triennio 1884-1886 e con don Bosco ormai settantenne – si avvia alla conclusione. Restituendoci un profilo nitido del santo sacerdote, fondatore, educatore, consigliere, direttore spirituale, imprenditore, viaggiatore, nella cornice del suo tempo. Con il prossimo volume – il decimo, corredato di un robusto apparato di indici, e pronto a quanto pare nel giro di un anno e mezzo all’incirca – andrà dunque a conclusione la fatica editoriale di don Francesco Motto, già direttore dell’Istituto Storico Salesiano, attuale presidente dell’Associazione Cultori Storia Salesiana, che nel 1988 al congresso internazionale a Roma per il centenario della morte di don Bosco, aveva comunicato l’avvio dell’edizione critica di questo epistolario.
Anche il nuovo volume, con la premessa e le note del curatore – oltre agli utili indici e alle appendici – reca nuove tessere al mosaico sin qui composto dagli studiosi impegnati alla biografia documentata del grande santo piemontese. Come? «Confermando, smentendo, correggendo acquisizioni precedenti, colmando lacune. E svelando corrispondenti ignoti alla storia salesiana. Italiani, francesi, spagnoli, portoghesi, belgi, polacchi, inglesi, tedeschi, austriaci, ungheresi, ma pure cileni, argentini, uruguaiani, brasiliani…: laici ed ecclesiastici, uomini e donne, ricchi e poveri, aristocratici e popolani, con cui don Bosco entra in stretto contatto per mille ragioni», sintetizza don Motto. Che, fra le novità offerte dal nuovo tomo, sottolinea il leit motiv relativo alla salute di don Bosco, ormai semicieco e un po’ malandato sia pure con sprazzi di inattesa ripresa qua e là: «Sono vecchio, semicieco, perciò legga con pazienza questo povero scritto», si legge nel post scriptum di una lettera spedita da don Bosco il 22 luglio 1886 da Pinerolo nella quale ad un sodalizio di operai cattolici chiede preghiere per la sua persona e i suoi orfanelli che – fa notare – «in questo momento oltrepassano il numero di duecentodiecimila». «Nelle lettere degli anni precedenti don Bosco si interessava per lo più della salute dei corrispondenti e dei loro familiari, ma a settant’anni, sofferente, sempre più “ombra di se stesso” è ormai costretto a riferirsi continuamente della propria, anche perché deve continuamente scusarsi della grafia quasi illeggibile, dei ritardi nel rispondere, della rinuncia ad alcuni appuntamenti previsti, della stessa brevità delle risposte. Non manca il caso, commovente anziché no, in cui non riesce a finire la lettera iniziata e chiede di farlo ad un altro», spiega don Motto. E aggiunge: «Eppure con grande fatica fisica e psichica non cessa di scrivere personalmente a particolari autorità civili e religiose, ad alcuni confratelli, a determinati benefattori, a illustri personaggi mai conosciuti di persona. Eppure decide, anche contro il parere dei medici e dei confratelli più autorevoli, di sobbarcarsi a faticosissimi viaggi in Francia nel 1884-1885 e soprattutto a quello in Spagna a Barcellona nel 1886».
È il decisionismo che lo porta a non rinunciare alla guida della Congregazione, tutt’al più aiutato dai collaboratori più fidati: dal braccio destro don Michele Rua, vicario con pieni poteri dal 1885, a don Giovanni Bonetti direttore del «Bollettino Salesiano», a don Giovanni Battista Lemoyne: quest’ultimo in particolare diventato segretario di concetto di don Bosco e segretario del Capitolo superiore. È il decisionismo che lo vede portare a conclusione vertenze disparate, continuare a tenere conferenze, viaggiare, scrivere a vescovi, sindaci, imprenditori, deputati, persino capi di Stato, oltre a benefattori di vari Paesi. Esempi? Dal ministro degli interni Agostino Depretis al Duca Tommaso Gallarati Scotti, dal Prefetto di Propaganda Fide cardinal Giovanni Simeoni all’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe cui chiede aiuti economici, fino a Leone XIII al quale presenta richieste per l’apertura di noviziati, domanda dispense dai requisiti per l’età dei suoi ordinandi, propone onorificenze per i benefattori. Balzano agli occhi in tempi di epidemia e contagi, le tante lettere a preti e suore, conti e marchesi, dove – come in precedenza aveva già fatto – torna a consigliare quale antidoto spirituale al colera, la preghiera e le medagliette di Maria Ausiliatrice.