Famiglia Cristiana – Missioni Don Bosco: con noi i ragazzi spiccano il volo

Riportiamo di seguito l’intervista a Giampietro Pettenon Presidente di Missioni Don Bosco effettuata da Famiglia Cristiana, dove si spiega l’importanza di educare i giovani nei paesi più poveri.

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di Giusi Galimberti

«Le opere che mi stanno più a cuore sono quelle scolastiche perché, visitando la parte del mondo più povera, mi sono reso conto che la cultura e la formazione professionale sono gli strumenti con i quali noi salesiani possiamo insegnare ai giovani a “pescare”. Non gli diamo solo un pesce per sfamarsi oggi», spiega con una metafora Giampietro Pettenon, presidente di Missioni Don Bosco, Onlus che compie quest’anno 30 anni di attività e che sarà presente nella trasmissione di Rete 4 I viaggi del cuore e anche in questo spazio ormai consueto del nostro giornale. «Credo che il nostro sia uno strumento nelle mani di Dio, per far sì che la solidarietà nei confronti di chi ha veramente bisogno possa incontrare la generosità di chi un aiuto può e vuole darlo», continua. «Raccogliamo fondi in Italia da destinare a progetti di avvio e primo sostegno alle opere. Quando noi salesiani avviamo un progetto puntiamo a fare in modo che questo diventi economicamente autosufficiente. Ma per muovere i primi passi del
servizio educativo e pastorale c’è bisogno di sostegno». Dove siete presenti? «Siamo in 134 Paesi. Alcune sono presenze storiche, fondate dal nostro padre don Bosco, altre recentissime». Da dove partite per fondare una Missione? «I nostri destinatari sono i giovani. Spesso siamo entrati in zone pericolose, cominciando a giocare a pallone per strada. Sono i ragazzi i nostri “ambasciatori” presso gli adulti. La prima cosa che costruiamo è l’oratorio con un cortile per giocare e una cappella. Poi viene la scuola, magari una chiesa per il quartiere o il villaggio. Non siamo colonizzatori: partiamo con poco e rispondiamo via via ai bisogni di ogni realtà. Quando avviamo un’opera non lo facciamo per consegnarla e andarcene. La nostra scelta è di condividere tutta la vita con la gente del posto: gioie e dolori, fatiche, guerre e processi di pace. Come fratelli». L’aspetto più importante per voi è l’educazione.

«”L’educazione è cosa di cuore”, ripeteva don Bosco. Richiede tempi lunghi e prossimità, cioè lo stare sempre a fianco dei ragazzi. Ciò che educa è l’esempio, non le prediche. Per questo avviamo sempre, dove siamo presenti, scuole e centri di formazione. Vogliamo insegnare ai giovani un lavoro, così che diventino adulti responsabili e si formino una famiglia che potranno sostenere. La ricompensa più bella è vederli spiccare il volo e andarsene a testa alta verso il mondo». Come vi sostenete? «Don Bosco ci ha trasmesso un senso profondo del lavoro fatto bene: il nostro è quello educativo. Ma immaginate lo sforzo anche economico di una comunità di consacrati che ogni giorno lavora e mette tutto in comune. Nei confronti dei benefattori cerchiamo di essere più trasparenti possibile. Alcuni donatori sono stati in visita alle Missioni e hanno poi raccontato l’arricchimento personale di questa esperienza, che hanno scelto di fare per vedere con i propri occhi l’avanzamento di progetti che seguono e conoscere da vicino alcune realtà».