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Don Bosco Borgomanero – la presenza di Don Pascual Chavez per festeggiare Don Bosco

Lunedì 31 gennaio gli studenti delle medie e delle superiori dell’istituto salesiano di Borgomanero, hanno potuto festeggiare la festa di San Giovanni Bosco con un ospite di eccellenza: don Pascual Chavez.

Di seguito il Comunicato Stampa del Collegio Don Bosco di Borgomanero.

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Comunicato Stampa

Don Pascual Chavez, ex guida mondiale dei Salesiani, a Borgomanero per festeggiare Don Bosco

Le scuole Medie e i licei salesiani di Borgomanero hanno festeggiato, come ogni anno, il loro santo

Festeggiare Don Bosco significa, per la famiglia salesiana, ritornare alle origini del proprio carisma, all’intuizione di quella santità che “consiste nello stare molto allegri “, a una spiritualità che canta la vitalità della giovinezza, a qualsiasi età anagrafica. In tempo di pandemia, mentre l’intera società e la scuola particolarmente si trovano alle prese con la coda dell’emergenza, travolti dal vortice delle quarantene e dei tamponi, festeggiare Giovanni Bosco acquisisce un significato ancora più intenso: celebrare la speranza in una Vita che sa sempre risorgere, riscoprire la possibilità di rinascere nell’incontro con l’altro.

Una lezione di educazione umana e di educazione civica di fondamentale importanza, proprio per quei giovani che sono stati segnati dalla tristezza di due anni di paura e di isolamento.

Per questo il Don Bosco di Borgomanero ha deciso, nonostante le difficoltà logistiche imposte dalla rigorosa osservanza delle norme di sicurezza, di festeggiare Don Bosco.

Lunedì 31 gennaio si è animato dei giochi, dei canti e degli incontri degli studenti di Medie e Superiori, in gruppi distinti e separati per garantire la sicurezza. Ad arricchire la giornata ha provveduto un ospite di eccellenza: don Pascual Chavez, sacerdote messicano, già rettor maggiore dei salesiani nel mondo tra il 2002 e il 2014, nonché cittadino onorario di Borgomanero (onorificenza ricevuta in una sua visita precedente).

Gli studenti sono stati coinvolti in momenti di festa, come i giochi sportivi o sfide divertenti di natura teatrale, e momenti di riflessione: in particolare l’incontro con Chavez.

Don Pascual ha esortato i giovani ad alzare la testa dalla solitudine e dalla sfiducia in cui tempi presenti rischiano di schiacciarli e a porsi con coraggio le domande decisive della vita: “Voglio essere felice? Come posso essere felice?”. E a ragionare su quali incontri e quali sogni grandi possono cambiare davvero la vita. All’incontro con don Chavez è poi seguito un confronto classe per classe. I ragazzi dei Licei sono stati anche, fra le altre cose, coinvolti nel contest per decidere il disegno della nuova felpa del Don Bosco. Un’altra maniera per fare festa insieme.

Nel pomeriggio le classi del Liceo Economico Sociale che si sono fermate per le lezioni obbligatorie si sono confrontate, insieme al preside Giovanni Campagnoli, sui temi della buona cittadinanza: un altro modo per attualizzare il sogno di Giovanni bosco, vedere crescere “buoni cristiani e onesti cittadini”, felici nel tempo e nell’eternità.

Bra: ex allievi regalano motori al CFP

Per la festa di Don Bosco i fratelli Adnan e Amel Halilovic, ex allievi del Cnos Fap di Bra decidono di regalare delle dotazioni per permettere di incrementare le parti meccaniche sulle quali gli allievi si esercitano quotidianamente, durante le ore di laboratorio.

Di seguito l’articolo del CFP di Bra.

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Per la festa di don BOSCO, EX ALLIEVI REGALANO MOTORI AL CFP

Un modo «concreto» per ricordarsi del percorso formativo svolto nel corso di meccanica auto al Cfp dei salesiani di Bra. Lo hanno trovato i fratelli Adnan e Amel Halilovic (il secondo dei quali ancora in istituto, come allievo dell’Ipsia-Guala) che gestiscono un’autofficina a Sanfrè, regalando al referente del corso che entrambi hanno frequentato con grande profitto, un motore Audi, un cambio Audi e uno Fiat e un motore Kawasaki, per permettere di incrementare le già consistenti dotazioni di parti meccaniche sulle quali i nostri attuali allievi si esercitano quotidianamente, durante le loro ore di laboratorio.

Il referente di settore Gianfranco Morra: «Non è la prima volta che questo exallievo (Adnan) ci contatta per regalarci dei motori o altri pezzi di automobili che ripara nella sua officina. Un modo concreto, il suo, per testimoniare l’affetto al Cfp nel quale si è formato e nel quale anche il fratello ha voluto iscriversi. Noi gli siamo grati e la collaborazione con loro – come con tantissime altre aziende del territorio – si completa con l’invio di allievi che devono svolgere il loro stage curricolare».

Salesiani Novara – “Don Bosco ritorna!” tutto il San Lorenzo in festa

In onore della festa di Don Bosco, lunedì 31 gennaio all’istituto salesiano San Lorenzo di Novara si è conclusa una mattinata di giochi per i ragazzi e si è tenuta anche la Santa Messa presieduta dal salesiano responsabile della Pastorale Giovanile, don Alberto Goia.

Di seguito l’artocolo di Salesiani Novara.

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Lunedì 31 gennaio abbiamo festeggiato don Bosco a scuola, con una mattinata di giochi in compagnia.

Le attività sono iniziate alle 8.00 con un’agguerrita sfida online tra classi: un quiz su un episodio della vita di don Bosco. Dopo un momento di condivisione sul racconto, è cominciata la Messa, presieduta da don Alberto Gioia, salesiano responsabile della Pastorale Giovanile e (come gli piace ricordare) fiero di “essere alto quanto don Bosco”.

 

 

Don Alberto ci ha esortati a seguire l’esempio del nostro padre, maestro ed amico don Bosco, nel rimboccarci le maniche, portando gioia agli altri e a cercare con occhi attenti il bene che ci circonda.

Impegni non sempre facili da rispettare, ma molto concreti, che aiutano a vivere con la stessa luce che don Bosco aveva nel cuore.

Dopo la celebrazione, animata dal coro, sono cominciati i tornei, che hanno occupato il resto della mattinata.

Sfide a calcetto, ping-pong, tombola, just dance e acrobazie sui gonfiabili, interrotte solo per mangiare il tradizionale panino al salame, proprio come i ragazzi dell’oratorio di Valdocco!

Ancora una volta, w don Bosco!

La festa si è conclusa infine con l’annuncio dei vincitori dei tornei e un ringraziamento a colui che ha “stravinto”. Infatti, è grazie a lui se ancora oggi festeggiamo questa giornata: don Bosco.

Curiosità chieresi – Un cassetto che racconta

Il quotidiano online 100Torri riporta nel suo articolo una breve storia di un cassettino all’interno della chiesa di San Guglielmo di Chieri, e racconta della prima persona che Don Bosco ha conosciuto quando si trasferì a Chieri nel 1831, ovvero Don Placido Valimberti.

Di seguito l’articolo di 100Torri a cura di Roberto Toffanello.

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Non proprio un cassetto, ma un cassettino che con altri tre si trova all’interno di uno sportello della sacrestia della chiesa di San Guglielmo in Piazza Mazzini; qui venivano conservati l’amitto e il purificatoio dei sacerdoti (piccoli panni di lino per la celebrazione della Messa).

Ogni cassettino è ricoperto nella parte frontale da un foglio di carta che riporta il nome del sacerdote. Uno dei quattro cassettini riporta un nome che venne eliminato facendovi sopra alcuni tratti con l’inchiostro e il pennino: Sig. D. Valimberti.

Quel nome, che si riesce ancora a scorgere, è il nome della prima persona che Giovanni Bosco (il futuro don Bosco) conobbe quando il 4 novembre 1831 si trasferì a Chieri per iscriversi alle scuole pubbliche. Giovanni Bosco inizialmente abitò presso una casa che si affacciava su Piazza Mazzini (allora Mercadillo) poco distante dalla chiesa di San Guglielmo. Per chi arrivava dalla campagna non doveva esser facile prendere confidenza con una cittadina come era Chieri; a Giovanni Bosco bastò attraversare quella piazza, entrare in quella chiesa e così conoscere chi la officiava. Lo stesso don Bosco anni dopo scrisse: La prima persona che conobbi fu il sacerdote don Placido Valimberti di cara e onorata memoria. Egli mi diede molti e buoni avvisi sul modo di tenermi lontano dai pericoli: mi invitava a servirgli la Messa, e ciò gli porgeva occasione di darmi sempre qualche buon suggerimento. Egli stesso mi condusse dal prefetto delle scuole, P. Sibilla, domenicano, e mi pose in conoscenza cogli altri miei professori.

Dopo qualche mese fu poi suo professore, don Bosco lo definì cara persona e ne ebbe sempre un chiaro ricordo.

Don Placido Valimberti morì il 27 febbraio 1848, a 45 anni d’età, nella casa accanto alla chiesa di San Guglielmo. A quell’anno deve risalire la “cancellazione” del suo nome sul cassettino della sacrestia e la scrittura sottostante “Sera”.

Anche un cassettino può esser spunto per raccontare la nostra storia.

Roberto Toffanello

Programmi e prospettive al termine dell’VIII Assemblea Generale delle IUS

Si è conclusa l’VIII Assemblea Generale dellle istutuzioni salesiane (IUS) con l’approvazione di tre documenti fondamentali, l’approvazione dei cordinatori continentali, la programmazione delle date delle prossime conferenze continentali, la presentazione dell’equipe di coordinamento e l’Eucarestia conclusiva presieduta dal Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime.

Di seguito l’articolo di ANS Agenzia Info Salesiana.

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L’VIII Assemblea Generale delle Istituzioni Salesiane di Educazione Superiore (IUS) si è conclusa con l’approvazione di tre documenti fondamentali, l’elezione dei coordinatori continentali per i prossimi mandati, la programmazione delle date delle prossime conferenze continentali, la presentazione dell’equipe di coordinamento e, infine, l’Eucaristia conclusiva presieduta dal Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime.

I membri dell’Assemblea hanno approvato, per votazione, i documenti “Politiche 2022-2026”, “Programma comune 6”, e “Linee guida per una pastorale nelle IUS” che sono stati discussi e riflessi durante la settimana.

I documenti contengono linee di azione, approcci, politiche e orientamenti, basati sulla realtà delle istituzioni e sugli obiettivi emessi dal Rettor Maggiore al termine del Capitolo Generale 28° e in sincronia con il Dicastero di Pastorale Giovanile Salesiana.

Dopo l’approvazione dei documenti, sono stati annunciati anche i nuovi coordinatori continentali. Come nuovo coordinatore dell’Europa è stato eletto il Professore Alessio Rocchi, dell’Istituto Universitario Salesiano Torino Rebaudengo (IUSTO); il Coordinatore dell’America sarà il sig.re Mario Olmos, SDB, Rettore dell’Università Don Bosco di El Salvador; il coordinatore interino dell’Africa (fino a settembre) sarà don Dieudonne Otekpo dell’“Institut Supérieur Don Bosco” (ISDB), del Togo; don Thaddeus Singarayan continua come Coordinatore dell’Asia Sud, e il nuovo Coordinatore dell’Asia Est-Oceania sarà don Joel Camaya, del “Don Bosco College” di Canlubang, di Filipine.

Le date per i prossimi incontri continentali sono state stabilite come segue: l’incontro continentale Europa avrà luogo a Praga, Repubblica Ceca, presso l’istituto “Jabok”, nella terza settimana di maggio del 2023. La riunione continentale dell’America sarà a Vitória, Brasile, presso l’Università “Unisales” dal 19 al 22 settembre 2022, seguita dal corso sulle direttive IUS a Campo Grande, Brasile, presso l’università UCDB, dal 24 al 30 dello stesso mese. La riunione continentale dell’Asia Est e dell’Oceania avrà luogo a Manila, nelle Filippine, il 3 o 4 giugno 2023, in una data ancora da confermare. La riunione continentale dell’Asia meridionale avrà luogo la terza settimana di novembre 2022, seguita anche dal corso sulle direttive IUS. La riunione continentale dell’Africa avrà luogo a Maputo, Mozambico, presso l’Istituto Superiore “Dom Bosco” (ISDB) dal 24 al 26 ottobre 2022.

Infine, tutti i partecipanti hanno preso parte all’Eucaristia conclusiva che è stata celebrata da Don Ángel Fernández Artime, Rettore Maggiore.

La VIII Assemblea può dirsi che è stata un messaggio di speranza e di incoraggiamento a continuare la missione salesiana nell’educazione superiore, in mezzo alle difficoltà, i richiami odierni e le sfide proprie della cultura attuale.

Rettor Maggiore: messaggio ai giovani nella festa di Don Bosco

In occasione della commemorazione dei 400 anni dalla morte di San Francesco di Sales e nel giorno della festa di san Giovanni Bosco, il Rettor maggiore, Don Ángel Fernández Artime ha scritto una lettera ai giovani ricordando loro che quanto siano protagonisti di questa storia, come lo sono stati i ragazzi di Valdocco con Don Bosco.

Di seguito la lettera del Rettor maggiore, Don Ángel Fernández Artime.

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MESSAGGIO AI GIOVANI NELLA FESTA DI DON BOSCO,

NEL IV CENTENARIO DELLA MORTE DI SAN FRANCESCO DI SALES, nostro Patrono

Torino-Valdocco, 31 gennaio 2022

Miei carissimi giovani,

giunga a ciascuno di voi il mio saluto con vero affetto e con tutto il cuore da Valdocco, dove stiamo celebrando la festa del nostro amato Don Bosco, “Padre e maestro della gioventù” – come ha dichiarato San Giovanni Paolo II.

Vi scrivo questa lettera, mentre da pochi istanti sono tornato dalla preghiera che ho fatto per voi nella Basilica davanti al Signore, davanti alla nostra Madre Ausiliatrice, davanti a Don Bosco, a Madre Mazzarello e a San Domenico Savio, il santo adolescente dei primi anni dell’oratorio qui a Valdocco.

L’Eucaristia di ieri è stata trasmessa dalla televisione proprio dalla Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino, e il Santo Padre, Papa Francesco, durante la preghiera dell’Angelus ha dichiarato di aver seguito la Santa Messa in televisione, aggiungendo di salutare tutti i Salesiani in occasione della festa di Don Bosco. Nell’esprimere tutto questo ha ricordato che il nostro Padre «non si è chiuso in sagrestia, non si è chiuso nelle sue cose. È uscito sulla strada a cercare i giovani, con quella creatività che è stata la sua caratteristica». Indubbiamente, così farebbe Don Bosco anche oggi, invitando tutti noi ad essere al vostro fianco, accanto a voi, per percorrere insieme il cammino della vita.

Quanto il Santo Padre ama la Famiglia Salesiana, la famiglia di Don Bosco! E quanta responsabilità questo comporta, perché dobbiamo sempre dare il meglio di noi stessi al servizio del Vangelo nel nome del Signore Gesù.

E voi, carissimi giovani, siete i protagonisti di questa storia, come lo erano i ragazzi di Valdocco con Don Bosco.

In questo anno in cui commemoriamo nella Chiesa il IV centenario della morte di un grande santo, quel “gigante della santità” che fu San Francesco di Sales, la Famiglia Salesiana di Don Bosco, e voi, i giovani che ne fate parte, tutti noi con voi siamo chiamati a vivere la nostra fede cristiana e tutto il dinamismo giovanile che portate nel cuore, con questa carità e dolcezza “salesiana” che San Francesco di Sales ci ha lasciato in eredità e che Don Bosco fece sua. Nel 1854, egli stesso scrisse a riguardo dell’Oratorio di Valdocco: «Questo Oratorio è posto sotto la protezione di San Francesco di Sales per indicare che il fondamento su cui poggia questa Congregazione deve essere la carità e la dolcezza, che sono le virtù caratteristiche di questo santo». Don Bosco per realizzare la sua opera si ispirò a San Francesco di Sales, il Santo che comprese – come pochi altri – che Dio e il suo amore misericordioso erano al centro della sua vita e della sua storia. Francesco di Sales è il Santo della tenerezza, del cuore modellato sul cuore di Dio Padre che, con la sua dolcezza, attira tutti a sé.

E facendomi eco di questa sensibilità e spiritualità, che abbiamo ricevuto da San Francesco di Sales attraverso Don Bosco, e con la forza della Parola con cui sia il Papa Emerito Benedetto XVI sia Papa Francesco si sono rivolti a voi, desidero invitare voi, cari giovani di tutte le presenze salesiane nel mondo, a vivere con grandi ideali, con grandi mete che vi conducano sulla via della felicità e verso Dio.

  • Mi è parso molto bello quando in uno dei suoi messaggi rivolti a voi giovani, Papa Benedetto XVI vi ha detto: «Cari giovani, non accontentatevi di meno della Verità e dell’Amore, non accontentatevi di meno di Cristo». Che bello e che proposta che vale la pena accettare con coraggio, perché è molto probabile che l’ambiente sociale e culturale in molti luoghi nei quali vivete non vi aiuterà in questo. Ma il privilegio di non accontentarsi di niente di meno che Cristo nelle vostre vite è che potete fidarvi di Dio, abbandonarvi a Lui, il Dio vivente e che invita tutti a vivere come è vissuto Gesù. Sono convinto che essere un giovane cristiano oggi sia davvero una sfida coraggiosa.

E nell’affermare questo, non dimentico molti di voi, cari giovani delle presenze salesiane del mondo, che professano un’altra religione. Vi auguro con vero affetto di vivere la vostra fede in profondità, di essere veri credenti nella fede che professate, di viverla autenticamente. L’unico Dio che esiste e al quale tutti ci rivolgiamo, sarà sempre al vostro fianco e saprà incontrare ognuno di voi. Le case di Don Bosco e di tutta la Famiglia Salesiana nel mondo hanno, e continueranno sempre ad avere, porte aperte per ogni giovane che le avvicina.

  • Allo stesso tempo, insieme ai miei confratelli Salesiani, alle mie consorelle Figlie di Maria Ausiliatrice, e a tanti altri che compongono questa nostra preziosa Famiglia, faccio risuonare le proposte che vi hanno rivolto Papa Francesco e Papa Benedetto, perché capisco che, proprio come ha fatto Don Bosco con i suoi ragazzi, insieme desideriamo chiedervi di essere coraggiosi, di non avere mai paura, di lasciarvi sorprendere da Gesù, il Signore, di aprire le porte del vostro cuore a Lui, lasciando che Lui vi parli. Gesù vi sorprenderà sempre e vi condurrà sul sentiero dell’autentica felicità: quella che cercate, che desiderate e di cui avete bisogno.
  • Miei cari giovani, oso dirvi in questa festa di Don Bosco che oggi, come sempre o più che mai, il Signore ha bisogno di voi e vi chiama ad essere discepoli missionari nel Regno. Don Bosco ha bisogno di voi, come aveva bisogno dei suoi ragazzi di Valdocco, per fare del bene a tanti altri. E tanti vostri compagni e amici hanno bisogno di voi e del vostro sostegno. Di voi giovani che, con responsabilità e generosità, prendete in mano la vostra vita.

Il nostro mondo ha bisogno di giovani che sentano di avere una missione sognata da Dio e che si innamorino di essa. Giovani che sentono che Dio ha un sogno e un bellissimo progetto per ognuno di loro. Giovani con speranza e forza. Giovani, come dice Papa Francesco, che non si lasciano rubare la speranza: «Un giovane non può essere scoraggiato, la sua caratteristica è sognare grandi cose, cercare orizzonti ampi, osare di più, aver voglia di conquistare il mondo, saper accettare proposte impegnative e voler dare il meglio di sé per costruire qualcosa di migliore. Per questo insisto coi giovani che non si lascino rubare la speranza» (Christus Vivit, 15).

Carissimi giovani,

concludo questo messaggio augurandovi una buona festa di Don Bosco e invitandovi a vivere tutto l’anno in grande armonia con Don Bosco e San Francesco di Sales. Loro continueranno a condurvi a incontrare l’unico che conta: Gesù Cristo il Signore.

Ricordo che nell’incontro della Consulta Mondiale del Movimento Giovanile Salesiano (SDB-LEADS) tenutosi nel dicembre scorso, dopo aver approvato le linee guida della Consulta Mondiale del Movimento Giovanile Salesiano (SDB-LEADS), i giovani rappresentanti di tutto il mondo sono stati unanimi nel proporre di celebrare il 400° anniversario della morte di San Francesco di Sales. I membri della Consulta della Regione Africa-Madagascar coordineranno questo evento, al quale parteciperanno tutti i gruppi del Movimento Giovanile Salesiano (MGS) delle ispettorie salesiane del mondo, in segno di omaggio, gratitudine, amore e devozione a questo grande Santo, ispiratore del nostro amato Don Bosco.

Vi incoraggio a continuare a curare i momenti di preghiera, le iniziative a favore dei più svantaggiati e a far conoscere e condividere tutto quello che state facendo.

Miei cari giovani, buona festa di Don Bosco e buon anno “salesiano” sotto l’ispirazione di San Francesco di Sales.

La mia benedizione per tutti.

Con vero affetto e l’assicurazione del ricordo nella mia preghiera, vi saluto,

Ángel Fernández Artime, SDB

Rettor Maggiore

Intervista a Don Stefano Martoglio – Liceo Salesiano Valsalice

In occasione della Festa di don Bosco 2022 i Rappresentanti di Istituto del Liceo Salesiano Valsalice hanno intervistato don Stefano Martoglio, Vicario del Rettor Maggiore dei Salesiani.

Don Stefano Martoglio è nato il 30 Novembre 1965 a Torino. Entrato nel 1984 al Noviziato “Monteoliveto” di Pinerolo, ha emesso i primi voti nella Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino l’8 Settembre 1985 e i voti perpetui il 27 Settembre 1992 a Castelnuovo Don Bosco.

È stato ordinato sacerdote a Torino l’11 Giugno 1994. Ha servito la comunità salesiana come Consigliere dell’opera di Pinerolo e dell’opera San Domenico Savio di Valdocco, prima di diventare, nel 2004, il Direttore della Casa Madre della Congregazione, sempre a Valdocco.

Nel 2008 è stato nominato Superiore della Circoscrizione Speciale Piemonte e Valle d’Aosta. Ha partecipato al Capitolo Generale 25 e ha fatto parte della Commissione precapitolare del Capitolo Generale 27. Il Capitolo Generale 27 lo elesse come primo Consigliere regionale per la regione Mediterranea. Il Capitolo Generale 28° della Congregazione Salesiana lo ha eletto come Vicario del Rettor Maggiore, per il sessennio 2020-2026.

Di seguito il video dell’intervista:

perché i salesiani, c’è stato per caso una persona o un evento nella sua vita che l’ha portata a scegliere questo ordine?

“questi anni passati in una casa salesiana mi hanno fatto fare un’esperienza bellissima, per cui mi è cresciuta dentro una domanda: ma se quì mmi son trovato così bene equesta gente con cui sono stato è evidente che è contenta di quello che è, e di quello che vive, perché io no?”

– Nella sua vita da Vicario e anche prima, pensa di aver mai incontrato una persona della bontà e della lungimiranza di don Bosco?

“Sì più di una e dissi: ma guarda questa persona splendida, don Bosco doveva essere proprio così”

– È possibile che nasca un nuovo don Bosco oggi dalle persone con una caratura morale come quella del santo? –

” è sicuro che sorgeranno e sorgono persone forti, determinate, intuitive, capaci di presente e di futuro come don Bosco allora così come oggi.”

Io con voi mi trovo bene, è proprio la mia vita stare con voi“. “Io per voi vivo, per voi studio, per voi lavoro sono disposto a dare la vita” (Don Bosco).

Giovanni Bosco e Francesco di Sales, una santità vicina – Città Nuova

In occasione dei 400 anni dalla morte di San Francesco di Sales, la sezione dedicata alle notizie sul sito di Città Nuova dedica un articolo al Patrono dei giornalisti e degli scrittori cattolici.

Di seguito l’articolo a cura di Valter Marchetti.

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Alla riscoperta di due cristiani di immensa umanità che ci aiutano a riscoprire ogni giorno il valore della mitezza operosa e della allegrezza.

Il 24 gennaio la Chiesa ha festeggiato  San Francesco di Sales, canonizzato nel 1665 e proclamato Dottore (della Carità) della Chiesa nel 1877 nonché, nel 1923, Patrono dei giornalisti e degli scrittori cattolici.

Francesco, nato nel 1567 in Savoia nel castello di Sales presso Thorens, studiò teologia e filosofia a Parigi mentre si laureò a Padova in diritto civile ed ecclesiastico. Ordinato sacerdote si mise a disposizione del suo vescovo per ricondurre i Calvinisti dello Chablais alla fede cattolica. Venne fatto vescovo di Ginevra, con residenza ad Annecy e svolse un ruolo fondamentale nell’attuazione delle riforme del Concilio di Trento.

La persona di Francesco di Sales era caratterizzata da uno spirito nobile, arguto e profondo, da immensa umanità, con una propensione non comune alla guida spirituale, soprattutto sotto il profilo dell’ascetica e della vita spirituale nell’amore di Dio, come ben testimoniano le sue opere come  Filotea Teotimo.

La passione per la stampa. Francesco di Sales non fu solo un grande studioso ma anche un uomo molto pragmatico e di azione tanto da creare a Thonon un Accademia che raccolse le menti più elette per lo studio e la ricerca scientifica e, soprattutto, per avviare i giovani ad una formazione professionale. Instancabile lavoratore e sacerdote zelante, Francesco parve non aver molti riscontri con le sue predicazioni e così si ingegnò con la pubblicazione di fogli volanti  chiamati “ manifesti” che egli stesso fece scivolare sotto gli usci delle case, una vera e propria opera di comunicazione sociale.

Recuperare quante più anime possibili. Eletto vescovo di Nicopoli e poi di Ginevra, Francesco cerca di introdurre nella sua diocesi le riforme promulgate dal Concilio di Trento, senza rinunciare al confronto con i protestanti, perché era desideroso di recuperare quante più anime possibili e riportarle alla Chiesa. L’obiettivo più urgente per Francesco di Sales fu quello di rivolgersi ai laici, lavorando ad una predicazione che fosse davvero alla portata delle persone più semplici, nel quotidiano della loro vita perché, come amava ripetere, tutti «dobbiamo fiorire lì dove Dio ci ha piantato».

Con Santa Giovanna di Chantal, conosciuta a Digione e con la quale iniziò una corrispondenza epistolare ed una profonda amicizia,  fondò e diresse l’Ordine della Visitazione. Francesco muore  a Lione il 28 dicembre 1622.

Il decalogo di San Francesco di Sales. Si tratta di un testo scritto su un poster presso il castello di Allinges dove Francesco si fermava spesso per sostare e pregare nel corso della sua opera di evangelizzazione nello Chablais. Il santo dei giornalisti  propose  dieci brevi indicazioni per un buon cammino spirituale e di crescita umana.

1Cercare di piacere a Dio deve costituire  «il centro della mia anima e il polo immobile intorno al quale ruotano tutti i miei desideri e tutti i miei movimenti».

2. «Nulla per forza tutto per amore», e lo spirito di libertà deve escludere la costrizione, lo scrupolo e l’agitazione dell’uomo.

3Nulla chiedere, nulla rifiutare: «restare nelle braccia della Provvidenza, senza fermarsi su nessun altro desiderio, se non quello di volere ciò che Dio vuole da noi».

4Pensare solo all’oggi di Dio… «quando arriverà il giorno di domani, si chiamerà anch’esso oggi, e allora ci penseremo».

5. Ricominciare ogni giorno: «Ogni giorno dobbiamo cominciare il nostro progresso spirituale, e pensando bene a questo, non ci meraviglieremo di trovare in noi delle miserie. Non c’è nulla che sia già tutto fatto: bisogna ricominciare e ricominciare di buon cuore».

6. Andare dall’interno verso l’esterno«Il cuore, essendo la sorgente delle azioni, esse sono tali quale è il cuore. Chi ha Gesù nel cuorelo ha subito dopo in tutte le azioni esteriori».

7. Andare tranquillamente: «con una dolce diligenza…La fretta, l’agitazione non servono a nulla, il desiderio di una vita spirituale è buono, ma deve essere senza agitazione…Dobbiamo essere quello che siamo ed esserlo bene, per fare onore all’Operaio, di cui siamo l’opera».

8. Mettere a profitto tutte le occasioni: «sopportare con dolcezza le piccole ingiustizie, le piccole incomodità, le perdite di poca importanza che capitano ogni giorno. Queste piccole occasioni vissute con amore vi guadagneranno il cuore di Dio e lo faranno tutto vostro».

9. State allegri: «andate avanti con gioia e con il cuore aperto più che potete; e se non andate sempre con gioia, andate sempre con coraggio e fiducia».

10. Vivere in spirito di libertà: «io non mi faccio nessun scrupolo di lasciare il mio regolamento di vita quando lo richiede il servizio delle mie pecorelle…Dio mi fa la grazia di amare la santa libertà di spirito così come odiare la dissoluzione e il libertinaggio».

Il 31 gennaio la Chiesa ricorda la figura di San Giovanni Bosco, padre, maestro ed amico della gioventù che nacque  nella frazione collinare I Becchi a Castelnuovo d’Asti il 16 agosto 1815.

Sacerdote e pedagogo proprio Don Bosco, quando fondò la famiglia salesiana, si ispirò a San Francesco di Sales ed in particolare all’amorevole bontà di questo uomo. L’8 dicembre 1844, venne inaugurato un oratorio ( sull’esempio di San Filippo Neri che fondò l’oratorio per la prima volta nel XVI secolo, a Roma)  nella periferia di Torino, dedicandolo proprio a San Francesco di Sales. Nell’oratorio Don Bosco radunava i giovani che incontrava nelle strade e nei cantieri della città, organizzando momenti di formazione religiosa, di istruzione umana ma anche di giochi, di festa e di canto e di divertimento perché secondo Don Bosco «la santità consiste nello stare allegri”.

Don Bosco si ispirò ai valori di Francesco di Sales ma, soprattutto, alla sua carità e alla sua dolcezza così motivando questa scelta: «perché la parte di quel nostro ministero esigendo grande calma e mansuetudine, ci eravamo messi sotto la protezione di questo santo, affinché ci ottenesse da Dio la grazia di poterlo imitare nella sua straordinaria mansuetudine e nel guadagno delle anime “.

E per i salesiani, ancora oggi e sull’esempio di Don Bosco, San Francesco di Sales rappresenta il simbolo della bontà e della carità, valori che si racchiudono in questa sua espressione: «la carità è la misura della nostra preghiera, perché il nostro amore per Dio si manifesta nell’amore per il prossimo “.

Don Bosco, incantato  dalla dolcezza e dall’amorevolezza di Francesco, ad ogni giovane non mancherà di dire: «studia di farti amare”. Fate tutto per amore, niente per forza, perché chi ama è riamato.

Francesco di Sales così come Don Giovanni Bosco, il primo nato in un nobile castello in Savoia ed il secondo in una modesta cascina della collina astigiana, da sempre ed oggi più che mai, rappresentano due grandi maestri di profonda e quotidiana spiritualità, di pace e di mansuetudine, esempi di carità cristiana e di amore per il prossimo, soprattutto dei giovani che sono alla ricerca di un senso pieno e profondo nella (e per la) loro vita. Perché l’esistenza umana non riguarda sempre e soltanto la questione delle diversità, dell’uguaglianza, della contrapposizione tra ricchi e poveri o tra nobili e persone di origini più umili: ciò che davvero conta, nella co-esistenza umana,  è amarsi e lasciarsi amare, ogni giorno, ricominciando come se fosse la prima volta, perché tutto si fa per amore e niente per forza. Docilità e mansuetudine, liberi e forti (solo) nello spirito.

Avvenire – Don Chavez: La “lezione” di Don Bosco, trarre occasioni da avversità

Da Avvenire, intervista a don Pascual Chavez Villanueva.

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Pochi giorni fa il messicano don Pascual Chavez Villanueva, 74 anni, rettor maggiore emerito della Congregazione dei salesiani (che ha guidato dal 2002 al 2014) ha tenuto all’Istituto Maria Ausiliatrice di Lecco una conferenza su “Educare all’ottimismo”. Lo abbiamo intervistato, in vista della festa di san Giovanni Bosco che si celebra il prossimo lunedì, a partire da questa intuizione.

Perché è importante oggi educare all’ottimismo e alla speranza?
La pandemia ci ha preso alla sprovvista. Eravamo convinti di essere nel tempo dell’ Homo Deus di cui parla lo storico israeliano Yuval Noah Harari, l’uomo che si crede immortale. E invece abbiamo toccato con mano la fragilità. Non avremmo mai pensato che una molecola avrebbe messo in ginocchio l’intera umanità. A questa crisi sanitaria ne sta seguendo una economica, con effetti devastanti, e un forte disagio sociale. In questo contesto dilagano rassegnazione, pessimismo e disperazione.

Cosa farebbe oggi don Bosco, in tempi di pandemia?
Le giovani generazioni non hanno conosciuto la guerra o la fame; erano abituate a misurarsi solo con virus informatici, per i quali esistono molti antivirus. Di qui lo choc. Io seguo in Rete molti youbuters e influencer: durante il lockdown erano letteralmente ammutoliti. Perché? Non erano preparati per affrontare gli eventi negativi, trasformandoli in piattaforme per un rilancio, che è proprio quanto ha fatto don Bosco. Le condizioni avverse per don Bosco (e quante ne ha sperimentate nella sua vita!) si sono rivelate occasioni per dare il meglio di sé, reagendo con resilienza. Una grande lezione per l’oggi.

Che differenza c’è tra un ottimismo generico e la speranza cristianamente intesa?
Il primo è espressione di un sentimento umano, lo sforzo, talvolta velleitario, di chi cerca vie d’uscita nel buio. La speranza del cristiano, invece, si fonda sul fatto che c’è stato Uno, una sola persona nella lunga storia dell’umanità, che ha vinto la morte. Non l’ha fatto con la tecnologia, non è ricorso alla clonazione, ma con l’unica energia capace di vincere la morte: l’amore. Il fatto che Dio Padre abbia resuscitato Gesù ci dà la speranza che nessun male è definitivo. E questo mette il cristiano nelle condizioni di uscire da sé, dalla sua autoreferenzialità, per vivere a servizio degli altri.

I giovani però si trovano a vivere in un mondo segnato da consumismo ed egoismo…
Educare alla speranza ci permette di affrontare le sfide della pandemia ma, soprattutto, il problema più grave in assoluto: l’immanentismo. Avendo chiuso l’uomo nell’aldiqua, non ci dobbiamo stupire se i ragazzi si accontentano di vivacchiare, sprecando la loro esistenza e se fanno tanta resistenza a prendere impegni definitivi, optando per scelte continuamente reversibili. Si vive l’oggi, senza una prospettiva di lungo termine. Per me questa è la sfida più impegnativa: c’è bisogno di educare all’Assoluto. Altrimenti, si riduce la vita a un mero ciclo biologico senza che abbia un senso.

Molti giovani, dopo aver ricevuto un’educazione cattolica, lasciano la Chiesa e prendono altri sentieri. Perché avviene questo e come si risponde a tale fenomeno?
I ragazzi stanno abbandonando la Chiesa perché non ne capiscono più il linguaggio e i riti. C’è bisogno un grande cambiamento nell’itinerario alla fede. Abbiamo seguito fin qui un percorso di tipo “cronologico”, proponendo via via la catechesi per fasce d’età, ma oggi questo schema non funziona più. Si deve passare ad un approccio “kairologico”, che mette al centro il “kairòs”, ossia situazioni ed esperienze che toccano i ragazzi nel profondo e sollevano interrogativi. È questo il motivo per il quale hanno molto successo i vari “Cammini”. Del resto, il modello-principe per educare alla fede è più che mai quello di Emmaus.

In che senso?
Gesù vede i discepoli disincantati, delusi. E cosa fa? Cammina con loro. Non rimprovera e non dà lezioni, ma ascolta. Il guaio, come educatori, è che spesso diamo ai giovani risposte a domande che non hanno, mentre fatichiamo ad ascoltarli davvero. Da dove si comincia? Un tempo si partiva dalla testa per arrivare al cuore, ora dobbiamo fare il contrario, stimolando l’immaginazione. Vale anche per l’educazione alla fede. L’ultima cosa che adolescenti e giovani oggi vogliono è che si tarpi le ali ai loro desideri e ai loro sogni. Don Bosco era maestro in questo e dobbiamo ispirarci a lui.

Le fotografie di Don Bosco ci parlano della sua percezione della comunicazione – Don Gildasio Mendes

Come le fotografie di Don Bosco e dei primi salesiani parlano della sua percezione della comunicazione. Di seguito la riflessione di Don Gildasio Mendes, Consigliere Generale per la Comunicazione Sociale, riportata da ANS.

 

DON BOSCO REALTÀ DIGITALE E VIRTUALE – PARTE QUARTA
Don Gildasio Mendes, SDB

La fotografia è una caratteristica comunicativa di Don Bosco. È stato uno dei primi santi a poter essere fotografato. I motivi e gli scenari delle fotografie di Don Bosco sono molto ben studiati, messi in atto strategicamente con obiettivi comunicativi. Don Bosco aveva capito il potere delle immagini e l’efficacia di un momento immortalato per suscitare le memorie delle persone.

Forse Don Bosco è il più fotografato dei santi della Chiesa del suo tempo. Una raccolta completa di foto (e dipinti) di Don Bosco è stata messa insieme da Giuseppe Soldà. In questo lavoro di preciso rigore metodologico, egli offre una presentazione delle foto di Don Bosco: di lui solo; foto legate a luoghi in cui Don Bosco è stato; incontri di Don Bosco con persone, gruppi di salesiani.  foto organizzate per tappe cronologiche della sua vita.

Osservando la varietà e la qualità unica di queste foto di Don Bosco, in diverse situazioni e con persone di diverse età, notiamo alcuni aspetti della sua nozione di comunicazione visiva.

Prima di tutto, notiamo l’intenzione di Don Bosco di organizzare e registrare individui, situazioni, tempi che potessero essere riferimenti futuri per i Salesiani. Ogni foto è un’esposizione di esperienze e lezioni di vita, volte a diventare un libro vivente di ricordi per le generazioni future. La fotografia è memoria e allo stesso tempo messaggio!

Una fotografia è un’espressione di intenzioni e motivazioni, e sia Don Bosco, sia quei primi salesiani, vedevano in queste prime fotografie, un linguaggio e un messaggio. Infatti, non erano “istantanee”, come potremmo fare noi oggi, ma erano deliberatamente in posa.

La dimensione che Don Bosco dà alle foto dimostra il senso di appartenenza dei salesiani, alcune attività organizzate (per esempio la banda), il desiderio di immortalare la fedeltà dei salesiani (consegna delle Costituzioni). Poi ci sono le foto di Don Bosco che ascolta le confessioni, che prega davanti a una statua della Madonna. Le foto rivelano Don Bosco, i suoi sentimenti, le sue intenzioni latenti.

Don Bosco sapeva certamente molto bene come inquadrare le sue fotografie:

La fotografia è sempre creata attraverso le dimensioni spaziali che sono delimitate dall’inquadratura dell’immagine. Soprattutto, la dimensione che vogliamo dare alla fotografia influenza la composizione delle scene.

Fotografare ed essere fotografati, quindi, implica un’attitudine psicologica. La fotografia è un modo di esprimere sentimenti di amicizia, legami affettivi profondi, un senso di futuro e di appartenenza.

Don Bosco ha voluto essere fotografato in diversi momenti della sua vita e in diverse situazioni.  È chiaro che non pensava solo a lui stesso, ma ai suoi Salesiani, ai suoi ragazzi, ai suoi progetti, alla Congregazione Salesiana che aveva fondato. Così facendo, esprimeva anche le sue percezioni e il suo interesse a comunicare valori e ricordi in un modo decisamente moderno per il suo tempo.

La scrittura era il modo più comune di comunicare al tempo di Don Bosco, e lui difatti scriveva moltissimo. Ma la sua inclinazione per la fotografia lasciava trasparire il desiderio di qualcosa di moderno, qualcosa che potesse avere un maggiore impatto visivo sugli spettatori per il bene del messaggio.

È interessante anche come, fin dall’infanzia, Don Bosco sia stato molto coinvolto nella musica, nei suoni, nei ritmi. Avendo imparato a suonare almeno uno strumento (il violino), conosceva il potere che il suono ha di toccare il cuore e la percezione delle persone.

In quanto scrittore, Don Bosco usava il potere delle parole per istruire ed educare il suo popolo: attraverso le Letture Cattoliche, le Vite di alcuni dei suoi alunni, molte lettere e molti libri di testo e altri scritti, e anche insegnando ai suoi ragazzi come produrre libri, era un maestro della comunicazione tramite la parola scritta.

Passando alla fotografia, possiamo immaginare un Don Bosco che cercava di aggiornare costantemente il suo modo di comunicare. Sicuramente, voleva usare la fotografia per educare i suoi Salesiani ad avere una migliore percezione di quello che Dio aveva fatto per lui, per loro e per i giovani. Il suo unico scopo era quello di aprire sempre di più gli occhi delle persone sulla realtà dei giovani che avevano bisogno di amore e di educazione.

L’esperienza della fotografia può essere vista come aprire gli occhi per ignorare meno la vita in cui viviamo, perché la fotografia ci aiuta a concentrarci su ciò che accade intorno a noi costringendoci e insegnandoci a vedere con più attenzione.

La comunicazione si basa molto su parole, suoni e immagini.  Questo trio era e continua ad essere la base della comunicazione, compresa quella digitale e virtuale.  Questo spiega perché ci piace vedere film, ascoltare musica e leggere. È corretto dire che la digitalizzazione ha portato un’enorme rivoluzione nella comunicazione e continuerà a farlo. Noi esseri umani siamo molto portati per i messaggi visivi e sonori perché hanno a che fare con due sensi forti: sentire e vedere. Il suono e le immagini hanno il potere di toccarci profondamente e di rimanere con noi, a volte per sempre.

Grazie all’intuizione di Don Bosco in questo campo, all’abitudine di essere fotografato da solo, ma anche con gruppi di salesiani, la Congregazione Salesiana ha ereditato significativi ricordi visivi di questo grande comunicatore e molti dei suoi momenti con i suoi salesiani.

Esplorando queste immagini in profondità, percepiamo qualcosa della sua personalità, della sua spiritualità, dei suoi sentimenti, dei suoi valori e della sua santità. Un’immagine vale davvero più di mille parole! Per questo, i grandi comunicatori come Don Bosco sapevano usarle al momento e al posto giusto.