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Racconti di Missione: Sierra Leone

Dopo il rientro dalle missioni estive, i diversi gruppi partiti raccontano la loro esperienza. Di seguito il resoconto del gruppo partito per Bo, in Sierra Leone (Africa).

La nostra esperienza in Sierra Leone

La Sierra Leone è un Paese dell’Africa occidentale che si affaccia sull’oceano Atlantico, situato tra la Guinea e la Liberia. Conta circa 8 milioni di abitanti ed è tra gli Stati più poveri al mondo, nonostante disponga di ricche risorse minerarie che lo rendono uno dei principali produttori di diamanti a livello globale.

La nostra esperienza si è svolta qui per quattro settimane, da fine luglio a fine agosto. Nei primi giorni abbiamo visitato la capitale, Freetown, che conta circa 1,2 milioni di abitanti; successivamente ci siamo spostati a Bo, la seconda città del Paese (circa 300 mila abitanti), dove siamo rimasti per oltre tre settimane.

Il nostro arrivo ha coinciso con la stagione delle piogge, che in estate raggiunge il suo apice: la pioggia ci ha accompagnato quasi quotidianamente. Già dall’aereo, la prima impressione è stata quella di una distesa sconfinata di vegetazione verde brillante, interrotta solo da strade sterrate color rosso intenso, città e villaggi. Anche nel tragitto da Freetown a Bo, circa quattro ore di macchina, il paesaggio ha restituito le stesse sensazioni. Le principali arterie che collegano il Paese da nord a sud sono asfaltate, così come le vie centrali delle città più grandi, ma a Bo e nei villaggi circostanti ci si sposta quasi esclusivamente su strade sterrate.

Quello che colpisce subito, a livello sociale, è la giovanissima età della popolazione: l’età media è di circa 18 anni, e ovunque ci si imbatte in una moltitudine di bambini. È un’immagine che trasmette speranza e futuro, ma che convive con condizioni di vita estremamente difficili. Molte famiglie abitano in case di lamiera prive di gas, elettricità e, spesso, di acqua potabile. Gran parte della vita quotidiana si svolge per le strade, sempre animate e affollate: qui molti lavorano vendendo ciò che hanno, e non è raro incontrare bambini con ceste colme di caramelle, peperoncini o piccoli oggetti che offrono ai passanti. La moneta locale è il Leone (circa 25 leoni per 1 euro); per avere un’idea, lo stipendio medio di un insegnante di scuola pubblica si aggira attorno ai 2000 leoni, pari a circa 80 euro al mese.

Nonostante la povertà e le difficoltà quotidiane – tra i più alti tassi di mortalità infantile e una delle aspettative di vita più basse al mondo – ciò che ci ha maggiormente sorpreso è stata la semplicità, la gentilezza e la calorosa accoglienza delle persone. I bambini, in particolare, ci hanno insegnato quanto si possa gioire delle piccole cose e ridere di cuore anche senza nulla.

I salesiani sono arrivati in Sierra Leone nei primi anni Duemila, al termine della guerra civile, per affrontare l’emergenza educativa. Oggi sono presenti con quattro comunità: due a Freetown, una a Lungi e una a Bo. Abbiamo avuto la fortuna di visitarle tutte, scoprendo la varietà delle loro opere: scuole, centri estivi, assistenza carceraria, parrocchie e case di accoglienza per giovani vittime di violenza domestica o ragazze costrette alla prostituzione. Tra i momenti più toccanti, l’affetto e la gratitudine della popolazione verso Don Bosco e l’opera salesiana, percepibili in ogni incontro.

Durante il nostro soggiorno, l’attività principale è stata il Summer Camp organizzato dalla comunità salesiana di Bo. A differenza di ciò a cui siamo abituati, la partecipazione era davvero impressionante: circa 400 bambini e ragazzi, accompagnati da 80 animatori. Le giornate iniziavano alle otto con lezioni scolastiche fino a mezzogiorno, seguite da laboratori pratici – musica, danza, arte, cucina – e dal pranzo, preparato in loco e chiamato in lingua locale chop chop. Nel pomeriggio, le quattro grandi squadre si sfidavano in giochi, tornei e cacce al tesoro. All’inizio ci siamo trovati spiazzati dalle modalità di gioco, che non coinvolgevano sempre tutti i ragazzi contemporaneamente. Ben presto, però, abbiamo capito che per loro non era affatto un problema: anche solo tifare, cantare e sostenere i compagni era fonte di divertimento.

Nell’ultima settimana abbiamo preso parte anche alle attività di Culture, in cui ciascuna squadra preparava danze e scenette ispirate alle lingue e tradizioni locali. È stata l’occasione per apprendere alcune parole delle lingue tipiche e immergerci ulteriormente nella cultura del Paese.

Oltre al centro estivo, abbiamo vissuto altre esperienze che ci hanno permesso di comprendere meglio la realtà locale e il lavoro dei salesiani. Abbiamo partecipato al loro servizio nelle carceri di Bo, distribuendo pasti e condividendo tempo con i detenuti. Più che il riso offerto, ciò che conta è l’attenzione: attraverso istruzione, gioco, catechismo e ascolto, viene restituita dignità a persone che spesso si sentono dimenticate.

Abbiamo incontrato anche un’altra congregazione, i Christian Brothers, con i quali abbiamo condiviso alcune attività, tra cui una serata di fraternità fatta di gioco, preghiera e condivisione di esperienze. Inoltre, abbiamo visitato l’università di Bo, dialogando con il rettore per capire meglio le sfide legate all’istruzione: tra queste, la necessità per molti giovani di interrompere gli studi per lavorare e guadagnare il denaro necessario a proseguirli, oltre alla forte disoccupazione che limita le prospettive dei più meritevoli.

Un altro momento significativo è stata la visita all’ospedale pubblico di Bo: ci sono stati illustrati i principali problemi del sistema sanitario, tra cui la difficoltà per molti pazienti, soprattutto bambini, di raggiungere tempestivamente la struttura. Nonostante i mezzi scarsi, abbiamo incontrato medici e operatori impegnati con dedizione e competenza.

Tra le tappe più belle ricordiamo la visita a Kenema, terza città del Paese, e al villaggio di Gerihun, vicino a Bo, dove siamo stati accolti con grande entusiasmo, soprattutto dai bambini.

Vivere a contatto con una realtà così diversa dalla nostra è stato impegnativo ma anche sorprendentemente naturale, grazie alla coesione del nostro gruppo e alla continua ospitalità ricevuta. Le uniche difficoltà iniziali hanno riguardato il cibo, spesso molto piccante. Per il resto, essere circondati da sorrisi e saluti ci ha reso il mese in Sierra Leone un’esperienza semplice e piena di gioia.

Inoltre, le sfide quotidiane e le situazioni di disagio e di povertà che i Sierra Leonesi vivono sono state colmate dalla fiducia nel futuro, la speranza  e la concretezza nel rendere migliore ciò che si vive, qualità evidenti in ogni Sierra Leonese. Tutte le persone che abbiamo incontrato, bambini e adulti, sognano: tutti hanno dei grandi desideri, come quello di diventare medici, di diventare avvocati o di trasferirsi all’estero e di avere una chance nello sport. Per noi, è stato sorprendente ascoltare le loro parole ricche di speranza e vedere in tutti un atteggiamento di forte resilienza, di continua fiducia nell’avvenire e di costante impegno. Di questa forte volontà di agire con lo scopo di avere cura e rendere migliore, ne abbiamo avuto testimonianza nei diversi progetti che ci sono stati mostrati.

Infatti, vista la continua crescita del movimento salesiano nelle comunità della Sierra Leone, presto sarà fondata una nuova casa salesiana a Kenema, la terza città più grande della Sierra Leone che si trova circa un’ora distante da Bo. La futura presenza dei salesiani garantirà l’attenzione per i bambini e i giovani della città, che fino ad oggi non hanno la possibilità di partecipare al Summer camp o ad iniziative a loro dedicate, in quanto Kenema ne è completamente sprovvista.

Inoltre, questo nuovo progetto salesiano apre le porte ai futuri missionari, che avranno l’occasione di portare don Bosco in una nuova realtà e di animare il primo Summer Camp di Kenema. 

Un’altra iniziativa che abbiamo davvero a cuore riguarda il villaggio Gerihyn, a pochi minuti da Bo. Tutto è partito dall’idea spontanea del nostro accompagnatore di portare gioco e gioia ai bambini di un piccolo villaggio, nel quale non erano previste alcune attività estive per i giovani. Così, ci siamo lanciati in questa esperienza con i Christian Brothers, e con loro e i giovani del posto abbiamo avuto una mattinata di giochi organizzati e di divertimento, che molto probabilmente si trasformerà in un’attività svolta abitualmente dai Christian Brothers durante l’anno! Ci auguriamo davvero che possa andare avanti questa piccola iniziativa con l’obiettivo di coinvolgere in spirito salesiano tutti i giovani, quelli dei villaggi, quelli delle grandi città, i più poveri e più ricchi. 

Un altro progetto che va avanti da anni e che abbiamo visto con i nostri occhi è l’attività salesiana nelle carceri. La casa salesiana di Bo coinvolge alcuni giovani a prestare cure e servizi di prima necessità ai detenuti della prigione di Bo, come cibo, cura dell’igiene personale e apprendimento di un mestiere. Purtroppo questo progetto ha una scadenza fissata alla fine di quest’anno, ma è già stata inviata una nuova scrittura del progetto e tutti si augurano che possa essere rinnovato. Inoltre nel nuovo progetto è stata proposta l’estensione dell’attività salesiana anche nei carceri femminili.

Terminata questa esperienza, pensiamo che la Missione sia un’occasione preziosa per uscire dalla propria zona di comfort e scoprire quanto sia arricchente incontrare l’altro nella sua diversità. Non è soltanto un viaggio, ma un cammino interiore che ti spinge a guardare il mondo con occhi nuovi.

Nella missione impari a vivere con semplicità, ad apprezzare ciò che spesso dai per scontato e a comprendere il valore delle piccole cose. Servire chi è più fragile mi ha aiutato a sviluppare empatia, gratitudine e capacità di ascolto.

Questa esperienza ti mette davanti a sfide concrete che formano il carattere: impari a collaborare, a fidarti degli altri, a donare tempo ed energie senza aspettarti nulla in cambio. È anche un momento forte di crescita spirituale: ti confronti con la fede vissuta in modi diversi e scopri che la speranza nasce dalla condivisione.

Al ritorno, non sei più lo stesso: porti con te volti, storie e insegnamenti che continuano a parlarti. Per questo una missione non è solo un’esperienza temporanea, ma un seme che cambia il cuore e ispira a vivere ogni giorno con maggiore apertura e responsabilità.

Vaticano – Il Concerto di Natale in Vaticano 2023 a sostegno del centro “Don Bosco Fambul” di Freetown

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Città del Vaticano) – Registrato sabato 16 dicembre 2023 all’Auditorium della Conciliazione, il Concerto di Natale in Vaticano è andato in onda lunedì 25 dicembre su Canale 5 in prima serata. Gli artisti, presentati da Federica Panicucci, hanno lanciato l’appello a sostenere un progetto della Procura Missionaria salesianaMissioni Don Bosco” di Torino che offre alle ragazze che vivono in strada a Freetown, in Sierra Leone, un percorso educativo di recupero e di reinserimento sociale.

La manifestazione canora ha visto esibirsi sul palco dell’Auditorium della Conciliazione grandi artisti nazionali e internazionali, da Al Bano e Orietta Berti a Joss Stone, Christopher Stone, passando per Riccardo Cocciante, Alex Britti, Alexia e tante altre voci melodiose e virtuosi suonatori, senza dimenticare la presenza sempre suggestiva e trascinante dei due cori: il “Virginia State Gospel Choir” e il Piccolo CoroLe dolci note”.

Durante la manifestazione è stato continuamente richiamato il fine benefico dell’iniziativa, che sarà possibile continuare a sostenere fino al 3 gennaio, donando con sms o chiamata da rete fissa al numero solidale 45594.

La sede beneficiaria del progetto di solidarietà legato al Concerto di Natale quest’anno è la Sierra Leone, uno dei Paesi africani più poveri al mondo, dove il 38% dei bambini soffre di malnutrizione cronica. Una condizione disperata che minaccia ogni giorno la loro salute e la loro stessa sopravvivenza. Miseria, vulnerabilità e mancanza di fonti di reddito per le famiglie sono solo alcuni dei fattori scatenanti di questa piaga che colpisce i più piccoli e i più fragili, ai quali si aggiungono le gravi conseguenze di 11 anni di una sanguinosa guerra interna, di disastri naturali, come inondazioni, smottamenti o incendi, e della tragica epidemia di Ebola, che hanno avuto un impatto terribile sulla popolazione di questa terra.

Nel Paese i Salesiani di Don Bosco operano in tre comunità: Bo, dove si dedicano a progetti agricoli e pastorali; Lungi, dove gestiscono diverse scuole; e Freetown, dove sono divisi in due presenze e si occupano della parrocchia, della scuola, del centro giovanile e del “Don Bosco Fambul”.

Il loro impegno è volto allo sviluppo sociale e umano dei giovani, professionalizzandoli attraverso il lavoro per fronteggiare le situazioni di maggiore vulnerabilità. L’obiettivo è educare i giovani e dare loro un’autonomia, indirizzandoli verso un percorso di vita e di crescita come cittadini produttivi.

Nel 2016 il centro “Don Bosco Fambul” ha attivato il programma “Girls Shelter” (Rifugio per Ragazze) attraverso la costruzione e l’avvio di un rifugio temporaneo per le ragazze di età compresa tra i 9 e i 17 anni vittime di sfruttamento sessuale. Il progetto offre un ambiente sicuro e accogliente volto a proteggere, riabilitare e reintegrare le ragazze nella società, utilizzando un approccio olistico per rispondere alle loro esigenze fisiche, psicologiche, spirituali, morali e sociali.

L’obiettivo è proteggere, riabilitare e reintegrare le ragazze fuori da contesti di prostituzione. Dalla sua fondazione nel 2016, “Girls Shelter” ha riunito con successo oltre 550 ragazze alle loro famiglie e ha fornito loro opportunità educative (formali e informali) e sostegno. I risultati sono stati eccellenti poiché pochissime ragazze sono tornate in strada.

Ad indirizzare le ragazze al “Don Bosco Girls Shelter” sono un’apposita linea telefonica – la Don Bosco Child Line 323, il dipartimento gemello “Don Bosco Mobil” e i principali partner istituzionali: il Ministero del Welfare Sociale, il Ministero degli Affari di Genere e dell’Infanzia, l’Unità di Supporto alle Famiglie della Polizia della Sierra Leone. Inoltre, gli assistenti sociali del programma visitano i luoghi dove la prostituzione è più diffusa, avvicinano le ragazze, conquistano la loro fiducia e, presentando loro un’opportunità di vita differente, le invitano a raggiungere il rifugio.

Grazie alla solidarietà promossa dal “Concerto di Natale in Vaticano 2023” i salesiani intendo accrescere il numero delle ragazze assistite: se nel 2020 sono state 36 e nel 2021 invece 115, per l’anno prossimo l’obiettivo è aiutare 180 giovani, potenziando le seguenti attività: individuazione e accoglienza delle ragazze abusate; riabilitazione attraverso un percorso di guarigione fisica, emotiva e psicologica e un accompagnamento che integra vitto, alloggio e formazione al lavoro; e infine, rintracciamento e ricongiungimento famigliare, per il pieno reinserimento sociale delle giovani. Inoltre, verranno sviluppati anche gli ambiti del sostegno legale in favore delle minori e dei loro diritti violati, e il lavoro in rete, per rendere il supporto alle giovani il più efficace possibile.