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700 anni dalla morte di Dante Alighieri: la «Commedia» e l’arte figurativa – La Voce e il Tempo

A 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, il suo capolavoro della Divina Commedia viene ormai utilizzato come spunto privilegiato di pittori e artisti per la realizzazione di celebri dipinti e affreschi. Don Natale Maffioli scrive un articolo su Dante e l’arte pubblicato su “La Voce e il Tempo” domenica 16 maggio. Di seguito la notizia.

Su una parete della navata sinistra (guardando l’altare) della cattedrale di Firenze, Santa Maria del Fiore, è stato realizzato un affresco che risulta essere emblematico per la città stessa e per uno dei suoi fi gli più illustri, si tratta del ritratto di Dante Alighieri e di una sintesi pittorica dell’opera sua, la «Divina Commedia». Il lavoro è del 1456 ed è opera di Domenico di Michelino (1417-1491) su un disegno di Alesso Baldovinetti (1425-1499), entrambi pittori affermati nella Firenze del XV secolo. Dante è ritto al centro della pittura, con l’abbigliamento consacrato da una tradizione secolare: un robone rosso, tipico dei giudici e dei notai, il copricapo dello stesso colore, coronato con un serto di alloro, segno dell’incoronazione a poeta (onore proposto per lui dal bolognese Giovanni del Virgilio, ma Dante non sopravvisse tanto da riceverlo). Con la sinistra squaderna un libro fermato alla pagina dell’incipit del suo capolavoro letterario, la «Commedia».

L’ambientazione non è casuale, sulla sinistra dell’affresco difatti si dispiega il contenuto delle cantiche: il luogo della pena, il luogo dell’espiazione e il luogo della gloria, quest’ultimo è collocato su nel cielo, quasi invisibile, indeterminato ma è quanto il poeta ha descritto. A destra è rappresentata, in modo mirabile, la città di Firenze, la città degli uomini, il luogo della gloria degli uomini, ed è rappresentata nei minimi dettagli: si intravvede una porta tra le mura della città (probabilmente si tratta di porta San Gallo), l’abside ella cattedrale con la cupola del Brunelleschi, il campanile di Giotto, la torre del Palazzo Vecchio, quella del Bargello e il campanile della Badia. Il poeta indica con la destra le realtà ultraterrene, ma il suo sguardo è rivolto alla città da lui tanto amata.

Il pittore, di certo su indicazione dei committenti, ha dato ampio spazio alla descrizione di Firenze, e non a caso. In contrapposizione all’Inferno è delineato il ‘Paradiso’ terreno; le due porte si fronteggiano, quasi a significare che se da una parte si va all’eterno dolore, «lasciate ogni speranza voi ch’entrate», dall’altra, per una riconoscibile porta cittadina quasi a manifestare che Firenze è già un luogo, anche se laico, dove risiede l’umana perfezione e la felicità. L’esaltazione è quindi rivolta alla ‘gloria terrestre’ secondo una tendenza tipicamente rinascimentale. Alla base della pittura una scritta:

«Qui caelum cecinit, tribunale mediumque imumque, Lustra vitque animo cuncta poeta suo, Doctusa dest Dantes, sua quem Florentia saepesensit consilii sacpietate patrem. Nilpotuit tanto morssavanocere poeta Quem vivum virtus, carmen, imago facit» (Che cantava del cielo e delle due regioni, a metà strada e nell’abisso, dove le anime sono giudicate, sorvegliando tutto nello spirito, lui è qui, Dante, il nostro maestro poeta. Firenze ritrovata spesso in lui un padre, saggio e forte. Nella sua devozione la morte non poteva causare danni aun tale bardo. Per lui la vera vita ha guadagnato il suo valore, i suoi versi e questa la sua effige).

L’arte tra le arti

Un’opera d’arte, vuoi letteraria che figurativa, non nasce dal niente, come un fungo dopo un temporale, ma ha dei precedenti e dei postumi, e anche se questi non sono immediatamente districabili, sono pur sempre rintracciabili. Questo accade anche per un’opera determinante per la storia della letteratura e per l’arte come la «Divina Commedia», e per il suo autore, la prima porta con sé non solo la memoria degli studi del suo autore ma pure di quanto ha visto, delle le sue visioni e in ultima analisi, di quanto ha sperimentato di persona. Allora è necessario, in un lavoro che voglia celebrare il settimo centenario della dipartita del poeta, esplorare, ancora una volta, quanto lo ha anticipato e quanto il poeta ha  conosciuto sia della letteratura che delle arti figurative dell’epoca sua. Celebrare la «Commedia» significa ricordare il testo di Bonvesin de la Riva (Milano 1250- 1313), il Libro delle tre Scritture.
L’opera del poeta milanese costituisce un antecedente (anche se di valore marginale) dell’opera dantesca, sono infatti numerosi gli elementi comuni: la ripartizione dei tre regni ultraterreni, e la distribuzione delle pene e delle glorie, non è presente nel lavoro di Bonvesin la descrizione del Purgatorio. La lingua italiana, nel milanese è spuria mentre in Dante è altissima.
Certamente la «Commedia» ha offerto spunti ideologici anche ai pittori, a coloro che l’hanno intesa come un ‘prontuario’ per le loro opere per la cosiddetta ‘Biblia Pauperum’, per coloro che hanno tratto spunto, oppure hanno descritto, se non puntualmente ma per gli stessi motivi di Dante, le pene e le gioie delle realtà dei ‘Novissimi’. Faccio riferimento, ad esempio, al «Giudizio Finale», un truce affresco di Taddeo di Bartolo (1263-1422), un pittore senese, che l’ha dipinto nel 1393 sulla controfacciata della Collegiata di San Gimignano. Oppure agli affreschi di Andrea Orcagna per Santa Croce a Firenze della metà del Trecento. Ma anche al «Giudizio Finale» della padovana Cappella degli Scrovegni, realizzati da Giotto tra il 1303 e il 1306, certamente contemporaneo e, a quanto si dice, amico del poeta, si tenga però presente che numerose sono le incongruenze per collegare i due artisti, visto che la cantica dell’Inferno fu pubblicata nel 1325. Ben più aderente al testo dantesco, anche se tarda, è l’opera di Sandro Botticelli (1445-1510). I cento disegni (realizzati tra il 1480 e il 1495), distribuiti tra Berlino (il nucleo più consistente) e la Biblioteca Apostolica Vaticana, rappresentano, in modo sorprendente, su pergamena colorata a tempera, la grande voragine dell’Inferno. Il pittore si è servito di espedienti i più diversi per realizzare il capolavoro: ha tracciato i contorni con lo stilo d’argento che poi ha ripassato a penna utilizzando l’ocra, l’oro o il nero. Non sono molti i disegni ultimati, l’unico completo è la descrizione del grande imbuto infernale, è una suggestiva raffigurazione dell’insieme dove spiccano le figure miniaturizzate dei dannati e dei due viaggiatori in una persistente narrazione con la presenza di gli elementi naturalistici come il fiume che circonda la città di Dite o la grande scarpata. Si tratta infine, di un viaggio tra il letterario, il didattico, il morale e il filosofico.

La ritrattistica dantesca

A questo punto viene spontaneo attardarci nel valutare i ritratti di Dante, dai realistici agli idealizzati, dai più antichi ai recenti, tutti realizzati da artisti anche di grande levatura; abbiamo già visto il tardo ritratto dipinto da Domenico di Michelino nel duomo di Firenze, ma andiamo per ordine: tra i primi figura quello nel ciclo del palazzo dell’arte dei Giudici e dei Notai di autore ahimè ignoto e decisamente ammalorato. Il ciclo pittorico di cui fa parte ritrae i più antichi poeti fiorentini, e tra questi figurano Dante e Boccaccio (anche se il Boccaccio non era fiorentino di nascita ma di Certando), il volto del nostro poeta è leggermente diverso da come siamo avvezzi a ricordarlo, aveva sì un naso prominente ma non troppo aquilino, la rappresentazione è verosimile perché è di pochi anni precedente quello della cappella del palazzo Podestà meglio conosciuto come palazzo del Bargello. Questo raccolto ambiente sacro (dove i condannati a morte trascorrevano la loro ultima notte) era stato affrescato, tra il 1330 e il 1337, da pittori della bottega di Giotto, e raffiguravale storie di Maria Maddalena e il Giudizio Finale il ciclo è frammentario, ma tra i lacerti del Giudizio, nel novero dei Beati, si trova anche il ritratto di Dante, l’attribuzione è plausibile perché la data della fine dei lavori di affresco coincide con quella di morte del poeta.

Altri artisti si sono cimentati, per motivi diversi, con la figura del poeta. È di un’epoca tra 1448 e il 1451 il ritratto di Dante realizzato da Andrea del Castagno; fu dipinto su una loggia della Villa Carducci Pandolfini, nell’attuale quartiere fiorentino di Legnaia in compagnia di altri personaggi significativi della storia fiorentina, oltre al nostro, poeti come Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio. Verso la metà dell’Ottocento furono strappati e collocati nel Museo del Bargello, per finire poi nel «Cenacolo di Sant’Apollonia» assieme a ben noti lavori di Andrea del Castagno. Dopo la tragica alluvione del 1966 il ritratto di Dante fu esposto agli Uffizi, dove si trova attualmente.
Dante è stato raffigurato con il viso severo, la tradizionale guarnacca di colore rosso e il copricapo guarnito con pelliccia, con la sinistra da segno di voler intervenire su un argomento che gli sta a cuore e con la mano destra regge un libro, sintesi della sua produzione letteraria. Un singolare ritratto del ‘Divino Poeta’ lo troviamo nel transetto della cattedrale di Orvieto nella cappella di San Brizio. Alla base degli affreschi, grandiosi, entro una complessa cornice di grottesche, il pittore Luca Signorelli ha realizzato un’immagine del poeta. Luca ha narrato, sulle ampie pareti della cappella, le vicende terminali della storia umana. La stesura dell’affresco era iniziata nel 1447 con l’intervento del Beato Angelico e Benozzo Gozzoli, dopo un lungo tergiversare l’affresco era stato terminato dal Signorelli nel 1502. Il ciclo caro all’epoca narra «La predica e i fatti dell’Anticristo», il «Finimondo», la «Risurrezione della carne», la «Salita al Paradiso e la chiamata all’Inferno» i «Dannati all’Inferno», e i «Beati in Paradiso». La serie comprende tematiche più ampie desunte anche dalla «Legenda aurea» di Jacopo da Varagine, ma la monumentalità delle figure che le rende quasi una rassegna di corpi poderosi rimanda al michelangiolesco «Giudizio Universale» (realizzato tra il 1536 e il 1541) dove, grazie alla passione del pittore per la «Commedia» presenta particolari degni per grandiosità del testo letterario.

I 700 anni di Dante a Valsalice su la Voce e il Tempo

Quest’anno Dante compie 700 anni e La Voce e il Tempo, nel numero di questa settimana, ha dato voce alle idee che Il Salice ha elaborato durante lo scorso Dantedì. Inoltre, grazie all’iniziativa del prof. Accossato, è nato un nuovo profilo Instagram, @lanostraeffige, che riporta delle pillole giornaliere su Dante. Di seguito l’articolo pubblicato su “Accade a Valsalice“, ripreso da “La Voce e il Tempo“.

Nell’anno dell’anniversario della morte di Dante anche Valsalice, per quanto per ora a distanza, ha programmato una serie di eventi per ricordare l’autore della Divina Commedia.

Il settimanale La Voce e il Tempo con cui Il Salice collabora nell’ambito del progetto di PCTO nel numero di questa settimana ha dato voce alle nostre idee partite simbolicamente il 25 marzo, il cosiddetto Dantedì, e che continueranno negli ultimi mesi dell’anno scolastico. Ovviamente per proseguire in autunno alla ripresa della scuola con altre idee ed happening che coinvolgeranno docenti, allievi, ex allievi e genitori.

In particolare La Voce e il Tempo ha parlato dell’iniziativa del prof. Accossato che ha creato un profilo Instagram (@lanostraeffige) per commentare ogni giorno per 3 minuti una parola, un tema o una terzina dantesca. Una sorta di Dante in pillole per tutti.

Citate anche Valsonair che ha mandato in onda interventi dei prof. di Italiano (il podcast si trova ancora sul sito) e le prossime iniziative (un Ipertesto dantesco presto on line a cura della 1 classico A e 3 scientifico Scienze Applicate e una maratona dantesca con la lettura di tutti i canti della Divina a cura di allievi, ex allievi e docenti).

Don Bosco San Salvario: gli educatori continuano ad accompagnare i giovani fragili verso l’autonomia

San Salvario, la zona rossa non ferma l’oratorio sulla strada. Ad oggi il Centro sta accompagnando una trentina di giovani in condizione di precarietà inseriti nel progetto nazionale «M’interesso di te», promosso dai Salesiani per il Sociale. Di seguito l’articolo pubblicato da La Voce e il Tempo a cura di Chiara Baccaglion in merito all’esperienza vissuta e che vive la realtà salesiana di Torino – San Salvario.

SALESIANI – GLI EDUCATORI CONTINUANO AD ACCOMPAGNARE I GIOVANI FRAGILI VERSO L’AUTONOMIA

A San Salvario gli oratori sulla strada anche in ‘zona rossa’ continuano ad essere un presidio educativo essenziale, soprattutto per i giovani stranieri soli e di recente immigrazione: tra centri d’accoglienza, sportelli lavoro e doposcuola i cortili salesiani del quartiere, in collaborazione con la cooperativa sociale Et, portano avanti, nonostante pandemia, la missione di don Bosco.

«Per dare risposte ai bisogni educativi dei giovani sulla strada in un momento come questo, in cui la precarietà aumenta e i servizi diminuiscono, ci stiamo impegnando a superare quella ‘logica’ secondo la quale ‘c’è il Covid, quindi non si fa niente’» sottolinea il coordinatore dei progetti di educativa di strada dell’oratorio San Luigi, Matteo Aigotti.

Per questo motivo gli operatori del centro Di.Te, situato nell’oratorio Santi Pietro e Paolo (via Giacosa 8), hanno rafforzato le azioni per l’inserimento lavorativo dei giovani che gli educatori incontrano sulla strada, dal momento che le regole per prevenire il contagio impediscono di mettere di nuovo a loro disposizione le docce, un pasto o un posto in cui riposare. Ad oggi il Centro sta accompagnando una trentina di giovani in condizione di precarietà inseriti nel progetto nazionale «M’interesso di te», promosso dai Salesiani per il Sociale. Grazie al progetto i giovani vengono orientati verso i servizi educativi, sanitari e sociali del territorio e, laddove possibile, sono guidati all’inserimento lavorativo con tirocini e borse lavoro.

«L’anno scorso molti tirocini erano saltati con la chiusura delle aziende, quest’anno invece sono perlopiù proseguiti e hanno preso il via anche dei tirocini nel settore agricolo», prosegue l’educatore.

I colloqui dello sportello lavoro continuano nel cortile dell’oratorio con i giovani che non hanno la possibilità di svolgerli a distanza. Un servizio che veniva offerto anche nell’area di Spazio Anch’io, il presidio educativo salesiano nel parco del Valentino ora chiuso per via della vicinanza al Covid Hospital a Torino Esposizioni. Rimane invece aperto l’oratorio San Luigi (via Ormea 4) per la comunità di 15 minori stranieri non accompagnati provenienti da Albania, Egitto, Gambia, Marocco, Kurdistan, Senegal e Somalia. Tutti i ragazzi stanno frequentando percorsi di formazione professionale o quelli per sostenere l’esame di terza media.

«I giovani che seguono le lezioni a distanza sono otto, con tutte le difficoltà che questo comporta. Alle barriere linguistiche ora si aggiungono le interferenze o la connessione che fa i capricci», spiega l’incaricato dell’oratorio, don Mario Fissore.

Prosegue nel Cam (Centro aggregativo per minori) dell’oratorio anche il doposcuola rivolto a ragazzi con necessità educative peculiari.

Chiara BACCAGLION

Agnese: «Quello che perdiamo con la didattica a distanza» – La Voce e il Tempo

Scuola e didattica a distanza. Di seguito la testimonianza di Agnese, una studentessa maturanda del liceo salesiano Valsalice riportata su la Voce e il Tempo.

Agnese: «Quello che perdiamo con la didattica a distanza»
Scuola e pandemia – Abbiamo chiesto ad una maturanda del liceo salesiano Valsalice di Torino di scrivere come si vive l’ultimo anno delle superiori «a distanza»

(Di Redazione – 12 Marzo 2021)

Se mi chiedessero: «Agnese, preferisci la sveglia alle 6 e la corsa per non perdere il pullman oppure accendere la web-camera del tuo computer e sederti al tavolo della tua camera, ancora in sonno veglia?», probabilmente risponderei d’istinto: la seconda opzione. Ma la verità è che, per quanto sia bello passare dall’essere ancora in pigiama all’essere «già» in pigiama, la didattica a distanza è solo un’eco lontano della vera scuola.

A parer mio, la nuova modalità non ha nulla a che vedere con la scuola tradizionale. Mi spiego: la scuola è la chiacchierata con la compagna mentre aspetti l’apertura delle classi; è lo sguardo che si incrocia per le scale; è la battuta che provoca la risata; è il volto turbato prima dell’interrogazione; è il «face to face» col professore; è l’attesa della campanella; è il mettersi ogni secondo in discussione. Insomma, la scuola è relazione, apprendimento, gioia, tristezza, crescita personale… è vita!

Al contrario, la lezione da remoto diviene un mero meccanismo di ascolto – prendo appunti – capisco – ripeto. E tu sei quel quadretto a piè di schermata, solo, stereotipato e un po’ fragile, con le tue angosce e le tue felicità che non puoi condividere; con tanti desideri, tanti aneliti, tante parole, tanti perché e tanti come, che pian piano rinchiudi in te stesso e divengono calore di fiamma lontana.

Non si può dunque paragonare il vivere della scuola col vivacchiare della didattica a distanza, la lezione in presenza con quella da remoto, l’immensità con la limitatezza. Dico questo e ne sono convinta, perché arrivati in quinta liceo sembra un lontano ricordo la scuola ordinaria, tra i banchi, senza mascherine, con i professori e i volti «nudi» dei compagni.

Ma «di necessità, virtù» dicevo all’inizio, e, da maturanda ringrazio sia di esser riuscita a fare la maggior parte dei miei anni di liceo nella normalità, sia per lo sforzo cercato per creare una modalità che non disperdesse nel nulla gli anni passati.

Nessuna luce in fondo al tunnel? Beh, sì: la maturità. Infatti, se pur l’incertezza sia stata la linea guida di questi ultimi mesi, sembra che, in questa situazione, proprio la maturità sia l’unica piacevole certezza. Innanzitutto, perché la prova finale promuove la messa in gioco del candidato, che dà voce di sé con una relazione iniziale personale. Quindi i professori valutano le capacità acquisite e perfezionate negli anni, e non solo negli ultimi cinquanta minuti. Inoltre, l’assenza di scritti è sicuramente un ulteriore aspetto positivo, in quanto limita l’incognita e riconosce il cammino senza racchiudere l’individuo in base all’andamento della prova stessa.

Infine, la bellezza di avere, probabilmente, gli stessi professori (con cui il rapporto è divenuto un vero legame), in un momento così importante della propria vita e che per sempre sarà ricordato, è un vero e proprio onore.

Dunque, a questo punto posso dire che preferirei mille volte sentire il suono della sveglia quasi all’alba e vedere dal pullman appena preso per un fiato, la città che lentamente si sveglia mentre vado a scuola.

Agnese DONNA
III Liceo Classico, Valsalice

«Ola» per sostenere il post-adozione internazionale – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo dedica un articolo al progetto «Ola» (Oltre l’adozione), ovvero un coordinamento di Enti autorizzati dalla Commissione governativa per le adozioni internazionali a cui ha aderito anche l’Associazione Amici don Bosco onlus. Di seguito l’articolo a cura di Marina Lomunno.

«Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio»: questo celebre proverbio africano è ancor più vero se il bambino arriva da lontano, «se è nato da un’altra pancia», perché chi sceglie di adottare un figlio ha bisogno di una comunità che sostenga i genitori soprattutto nei momenti cruciali della crescita che spesso coincidono con l’adolescenza. È ciò che si propone «Ola» (Oltre l’adozione)» un coordinamento di Enti autorizzati dal Cai (la Commissione governativa per le adozioni internazionali) a cui ha aderito recentemente anche l’Associazione Amici don Bosco onlus con sede centrale a Valdocco, in piazza Maria Ausiliatrice 32. Con l’associazione torinese di ispirazione salesiana salgono a 11 gli Enti che fanno parte di «Ola», uno dei 4 coordinamenti italiani che raggruppano gli organismi che informano, formano, affiancano i futuri genitori adottivi nel percorso dell’adozione internazionale e curano lo svolgimento all’estero delle procedure necessarie assistendoli davanti all’autorità straniera e appoggiandoli nel percorso post-adozione.

«Come Amici di don Bosco abbiamo deciso di aderire al coordinamento ‘Ola’» spiega l’antropologa Elisabetta Gatto «perché riteniamo sia importante fare rete tra enti autorizzati all’accompagnamento delle famiglie che decidono di intraprendere l’avventura dell’adozione internazionale. Il progetto proposto da ‘Ola’ è dedicato al post adozione: con gli altri enti siamo in rete, uniamo forze ed esperienze sul campo per rispondere a un bisogno da molto tempo espresso dalle famiglie adottive, cioè l’accompagnamento per i loro figli adottivi adolescenti. Se il momento dell’arrivo in famiglia del bambino che viene da un altro contesto culturale è delicato ancor più lo è in adolescenza dove emergono fragilità e il ragazzo o la ragazza iniziano a costruire con fatica la propria identità mettendo insieme i pezzi del proprio vissuto di figlio adottivo. È allora che sia le famiglie che i ragazzi hanno bisogno di sostegno e la nostra associazione, da sempre attenta ai temi della formazione alla genitorialità sociale, ovvero sulla capacità di allargare l’accoglienza oltre confini familiari e alla promozione della cultura dell’adozione, con ‘Ola’ ha trovato un alleato prezioso per dare una risposta mirata ai bisogni dell’adolescenza e a quelli specifici dei ragazzi adottivi».

«Siamo nati nel 2004» spiega Pietro Ardizzi» genitore adottivo, portavoce di «Ola» «e oggi operiamo in 30 sedi italiane presso gli Enti che aderiscono al nostro coordinamento e che condividono l’impegno e la cura a seguire le coppie non solo nel momento dell’adozione ma nella crescita del figlio che viene accolto. La nostra proposta è di tenere incontri – individuali e di coppia, con bambini e ragazzi adottati, con gruppi di genitori adottivi e gruppi con bambini e adolescenti adottati – condotti da professionisti con lunga esperienza sul campo (psicologi, insegnanti, medici, avvocati, educatori, antropologi…). Per l’iscrizione ai corsi (in questo momento purtroppo in modalità on line) per i genitori chiediamo una quota di iscrizione simbolica per sostenere le spese, mentre sono totalmente gratuiti gli incontri individuali con i nostri professionisti nel caso vengano richiesti dai minori e dai ragazzi,): modalità e calendari si possono trovare presso le sedi degli enti che fanno parte del coordinamento. L’adozione è un bene comune: sosteniam’Ola’».

Per saperne di più scrivere a servizi@oltreladozione.org o www.amicididonbosco.org (tel. 011. 3990102; info@amicididonbosco.org)

«Tante ferite da curare quando riapriranno le scuole» – La Voce e il Tempo

Si segnala l’intervista al prof. Alessandro Antonioli dell’Istituto Salesiano Edoardo Agnelli di Torino nell’articolo pubblicato da La Voce e il Tempo di questa domenica: “Tante ferite da curare quando riapriranno le scuole”, a cura di Alberto RICCADONNA.

Professore, come è nata questa iniziativa?

Durante il primo lockdown ho pensato di mettere a disposizione di tutti una mia grande passione, quella di raccontare i poemi epici. E così è nata la serie «A casa con Ulisse», con un target omogeneo che includeva anche gli adulti. A fine ottobre ne ho invece iniziata una sull’Eneide specifica per i ragazzi delle superiori: i video sono più brevi e accompagnati da semplici grafiche che ripercorrono i concetti fondamentali. Ho pensato che potevano essere utili ad altri docenti per le lezioni a distanza oppure agli alunni per lo studio di queste opere meravigliose.

Nelle scuole del Piemonte è tornata la didattica a distanza, con gli studenti costretti a casa davanti al computer. Perché, secondo lei, i ragazzi si lamentano di questa modalità?

Intanto perché azzera la socialità di cui fanno esperienza a scuola, impedendo loro di condividere tanti momenti scolastici: intervalli, lezioni, interrogazioni, gite, ritiri o altre attività. La didattica a distanza va a incidere su una componente fondamentale della scuola, la relazione. Quella professore-alunno, ma anche e soprattutto quella fra compagni di classe: lo schermo atrofizza le interazioni e lo scambio. Anche la soglia dell’attenzione è più bassa e questo rende più faticoso l’apprendimento per i ragazzi. Tra l’altro, non tutti possono permettersi un computer e una connessione stabile: qualcuno deve badare ai fratelli, qualcun altro deve dividere la camera o il device con un parente, qualcun altro ancora ha i genitori in smart working a casa. Il contesto familiare incide non poco.

È la didattica a distanza il vero problema della scuola?

Nell’ultimo periodo, la didattica a distanza sembra diventata la radice di tutti i mali: se qualcosa nella scuola non funziona, è colpa della Dad. Come se fosse diventata il tappeto sotto cui nascondere la polvere e lo sporco che si sono accumulati negli anni, frutto di tagli scellerati sulla scuola. La Dad non è il male assoluto, è accettabile ma soltanto come soluzione temporanea. Il problema più grave è la mancanza di un progetto forte sulla scuola del futuro: in questo momento non ha funzionato nulla, dai banchi a rotelle fino al Piano per il rientro in sicurezza della regione Piemonte. Chiudere le scuole è una sconfitta, delle istituzioni in primis, che in questi ultimi mesi si sono mosse poco, male e sempre in ritardo.

Cosa comporta, per un insegnante, la preparazione delle lezioni a distanza? L’Istituto Agnelli come si sta organizzando?

In generale cerchiamo di spiegare di meno, di svolgere più esercizi insieme e di essere più interattivi. Lavoriamo molto per ricercare o spesso per creare noi stessi i contenuti multimediali da sottoporre ai ragazzi. Proponiamo occasioni di ritrovo, di riflessione e di condivisione anche da casa. Come scuola, dopo esserci formati, stiamo sperimentando una didattica nuova, ricca di laboratori a distanza che permettano ai ragazzi di lavorare insieme. Oppure organizziamo degli incontri a distanza con autori: l’anno scorso con Benedetta Tobagi e Pietro Bartolo, il mese prossimo con Fabio Geda. Collaboriamo fra docenti per proporre percorsi multidisciplinari, mentre i colleghi dell’istituto tecnico stanno lavorando su intelligenza artificiale, realtà virtuale e sui robot dell’industria del futuro. Tanti progetti che speriamo appassionino e coinvolgano i ragazzi in un momento di fatica e disagio.

Ecco, si parla molto dei danni prodotti sugli studenti dalla chiusura delle scuole. Quali sono?

In questi mesi nei ragazzi sono emersi disturbi psicologici, è aumentato il fenomeno di dispersione scolastica, gli alunni hanno sofferto per la mancata socialità. Sono punti delicati e importantissimi, su cui si dovrebbe articolare un solido progetto per il rientro a scuola. Qualche settimana fa David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi, è stato ascoltato in Senato in merito agli effetti della didattica a distanza e della situazione dei giovani: noia, solitudine, tristezza, insofferenza, disinteresse… Lazzari è stato molto chiaro: non basta spegnere il pc e abbandonare la scrivania per rimediare ai malesseri dei ragazzi e per rimotivarli allo studio. Purtroppo, e lo dico con molta amarezza, non mi sembra che al Ministero o in Regione stiano lavorando su questi punti. Si vive alla giornata e questa incertezza pesa moltissimo sui ragazzi.

Come immagina il mondo della scuola quando l’emergenza sarà finalmente superata? Tutto tornerà come prima oppure qualcosa è cambiato per sempre?

La pandemia ha dato un forte input all’utilizzo di piattaforme e altri strumenti digitale: docenti e alunni hanno maturato competenze specifiche che torneranno utili anche in presenza. Nulla però sarà come prima. Avremo nuove sfide davanti a noi: al di là del recupero degli argomenti, che tanto preoccupano i politici, ci saranno ferite e disagi di cui dovremo prenderci cura. Ci sono già adesso, anche se non si vedono o non si vogliono vedere.

Il coraggio degli Oratori aperti anche nella pandemia – La Voce e il Tempo

Il fondamentale servizio degli oratori nel lockdown: un grande sforzo per garantire l’attività educativa e il sostegno allo studio nel rispetto delle misure di sicurezza. Di seguito l’articolo pubblicato oggi su La Voce e il Tempo a cura di Stefano Di Lullo.

NEI COMUNI E NELLE PERIFERIE TORINESI – NEL TEMPO DEL COVID I CENTRI ORATORIANI RESTANO L’UNICO LUOGO DI INCONTRO INFORMALE CHE OFFRE UN CAMMINO EDUCATIVO PER GLI ADOLESCENTI E I GIOVANI

Il coraggio degli Oratori aperti anche nella pandemia

Chiusi in casa, relazioni annientate, tensioni familiari, incertezza sul futuro. Senza più attività sportive, aggregative, e perché no, anche culturali. Ansie e frustrazioni. Sono i danni che il Covid sta provocando negli adolescenti e nei giovani al di là di tutte le note difficoltà legate alla scuola.

Un’àncora di salvezza a questa situazione è certamente rappresentata dalla collaudata esperienza, particolarmente fruttuosa nell’area torinese, degli oratori, presidi sul territorio che hanno rappresentato gli unici luoghi informali di incontro possibile al di là delle panchine o dei locali nelle settimane in zona gialla.

Come mostrano i servizi che pubblichiamo tutte le settimane nella pagina «Oratori» de La Voce e il Tempo (in questo numero a pag. 29) i centri oratoriani stanno ripartendo con attività in presenza nel rispetto delle norme anticontagio per restituire ai ragazzi le relazioni perdute e sostenerli nel delicato percorso di crescita. Una moltitudine le iniziative, da Grugliasco a Settimo Torinese, da Rivoli a Ciriè, da Volpiano a Chieri e nelle periferie di Torino, portate avanti dagli oratori diocesani, molti affiliati alla Noi Torino, da quelli salesiani e di altre congregazioni religiose come i missionari della Consolata o i giuseppini del Murialdo.

Oltre ai progetti degli oratori in strada che intercettano i ragazzi più fragili sono ripartite le attività di doposcuola, quelle del sabato pomeriggio ed anche il «cortile» a piccoli gruppi come prevedono i protocolli. Gli oratori di Grugliasco nelle scorse settimane hanno rivolto un forte appello alla Città perché affianchi gli educatori nel sostenere gli adolescenti nelle attività di sostegno allo studio per guarire le ferite lasciate dai lockdown. Alcune parrocchie come Stimmate di San Francesco, Santo Volto e Cottolengo a Torino hanno unito le forze per aprire a turno l’oratorio del sabato a disposizione delle famiglie dei quartieri Parco Dora e Madonna di Campagna. Nei comuni fuori Torino l’oratorio è rimasto l’unica «piazza» di riferimento in cui i genitori possono confrontarsi sulla crescita dei propri figli. Imponenti poi i progetti degli oratori salesiani a sostegno dei ragazzi fragili e a contrasto della dispersione scolastica.

Molti oratori hanno accolto gli studenti che facevano fatica a collegarsi con la didattica a distanza.

«Abbiamo offerto agli studenti strumentazioni e supporto», spiega don Stefano Mondin, delegato della Pastorale giovanile dei Salesiani di Piemonte e Valle d’Aosta, «sono stati attivati anche aiuti per le famiglie colpite dalla crisi economica generata dalla pandemia. In generale abbiamo aiutato gli adolescenti a mantenere l’ordinario della vita. Ora stiamo strutturando con i Comuni e le fondazioni bancarie un piano per i garantire l’avvio dei Centri estivi».

Nella periferia di Borgo Vittoria l’oratorio San Martino della parrocchia Nostra Signora della Salute, affidata ai giuseppini del Murialdo, è sempre rimasto accanto alle famiglie.

«Alcuni nuclei familiari vivono in 5 o più persone in pochi metri quadrati», afferma il viceparroco don Samuele Cortinovis, «è molto difficile gestire la didattica a distanza e in generale una quotidianità, ed ecco che allora diventa fondamentale avere un punto di riferimento come l’oratorio».

«Stiamo vivendo una sorta di ‘terra di mezzo’ delle attività pastorali, degli oratori in particolare», sottolinea don Luca Ramello, direttore della Pastorale giovanile diocesana, «l’alternanza dell’andamento della pandemia e delle misure di prevenzione rendono complessa ogni progettazione e realizzazione delle proposte educative. Eppure, proprio come risposta a questo tempo, i nostri oratori stanno rivelando un sorprendente ‘coraggio creativo’, per usare una espressione di Papa Francesco, riferita a San Giuseppe. Sono coraggiosi perché sanno unire tutela della salute e instancabile passione educativa, per non lasciare sole le giovani generazioni. Ma sono anche creativi perché sono consapevoli che è cambiato il mondo e sono in prima linea nel rinnovamento del nostro stile pastorale, con sperimentazione e audacia».

«L’oratorio aperto», conclude don Stefano Votta, presidente dell’associazione Oratori Noi Torino, «permette di superare i conflitti che i ragazzi hanno in casa con se stessi e con la propria vita spirituale: in oratorio possono ricostruire le relazioni in un ambiente educativo dove si allontana il rischio di gesti di delinquenza come può avvenire sulle strade. Proprio in questo momento c’è bisogno degli oratori».

Il ricordo di Suor Maria Torrenti e Suor Silvana Garbin – La Voce e il Tempo

Il ricordo di suor Maria Torrenti (“Ausilia”) e Suor Silvana Garbin, FMA di grande fede che hanno lasciato una testimonianza profonda nel cuore di molti. Di seguito l’articolo pubblicato su La Voce e il Tempo a cura di suor Emma Bergandi (Ispettrice), don Gianni Moriondo e Davide Aimonetto.

Suor Maria ‘Ausilia’ Torrenti

Il 31 gennaio all’ospedale di Rivoli, è morta suor Maria Torrenti. Era nata a Pietraperzia (Enna), il 10 dicembre 1937, professa a Pessione (To), il 5 agosto 1966, apparteneva all’Ispettoria Piemontese Maria Ausiliatrice.

«Nella mia famiglia, in ogni circostanza si respirava la presenza di Gesù». «L’ho incontrato per la prima volta nel grembo della mia mamma». Così scriveva suor Maria in una letterina personale indirizzata all’Ispettrice, e raccontava quanto aveva saputo in confidenza dalla mamma alcuni anni dopo la prima professione, che cioè ella aveva chiesto al Signore per lei, prima ancora della sua nascita, la particolare grazia della vocazione religiosa: se fosse stata una bambina chiedeva di renderla «una suora tre volte buona perché potesse dedicarsi a tante persone per crescere in santità». Dalla sua Sicilia, nel 1958, con le tre sorelle e i genitori in cerca di lavoro, Maria era arrivata a Torino ed era venuta ad abitare nei pressi della basilica di Maria Ausiliatrice, potendo frequentare l’oratorio di Torino Maria Ausiliatrice 27.

Nel 1963 fu accolta per l’aspirantato a Giaveno, dove il 31 gennaio 1964 iniziò il postulato e il 5 agosto seguente entrò in noviziato a Pessione. Fin dal primo tempo di formazione, trovandosi fra giovani consorelle di nome Maria, le fu aggiunto l’appellativo di ‘Ausilia’, e ne fu felice perché dell’Ausiliatrice voleva essere immagine.

Dopo la prima professione, celebrata il 5 agosto 1966, continuò la formazione con lo juniorato nella casa S. Teresa di Chieri. L’anno seguente fu inserita nella comunità di Giaveno come assistente delle aspiranti e sarta (1967-1970). Dal 1970 al 1972 a Torino Monterosa le fu richiesto di collaborare ai lavori comunitari, poi ritornò a Giaveno per dedicarsi allo studio e completare la preparazione per il conseguimento del diploma di abilitazione all’insegnamento nelle Scuole del Grado Preparatorio. Seguì quindi un lungo periodo in cui si dedicò alla Scuola Materna (1974-2006), nelle case di Perosa Argentina, Torino Mirafiori, Torino Lingotto, Riva presso Chieri, Torino Maria Ausiliatrice 27. Dovunque si è fatta apprezzare e benvolere, per la sua indole semplice, buona, generosa, fraterna ed accogliente.

Dalla casa Maria Ausiliatrice 27, oltre al lavoro nella scuola materna, dal 1995 fino al 2014 ha collaborato nell’oratorio di Valdocco.

Qui, fra i molti ragazzi e ragazze di allora era un vero punto di riferimento, come alcuni di loro scrivono: «Ricordo allegramente quando venivi a recuperare tutti per l’ora della preghiera, facevi tutto con amore». «Sei stata il sostegno di tanti e una maestra che tutti i genitori avrebbero voluto per i propri figli; davi forza e coraggio a tutti». «Sei stata una donna forte, degna di rispetto e di memoria: in ogni luogo in cui sei passata hai lasciato una scia di amorevolezza». «Una persona cara che ha donato un po’ di affetto e il suo sorriso a chi ha incontrato. Quanti sorrisi ha seminato in Valdocco!»

Il 15 agosto 1914 suor Maria, terminando ufficialmente il mandato in oratorio, scriveva: «Ringrazio Dio per avermi chiamata a vivere questa stupenda esperienza di animazione proprio alla radice del carisma salesiano.

Ringrazio il direttore dell’Oratorio don Gianni Moriondo per tutti questi anni di cammino insieme. È stata un’avventura meravigliosa!».

E ringraziava chiamando per nome ogni gruppo dell’oratorio. Certamente rilevava anche le fatiche della collaborazione nel vivere quotidiano: «Abbiamo affrontato salite ripide e ardue, e discese a picco ma sempre con una soluzione positiva, per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Per quanto abbiamo seminato insieme, mi sento di dire che i frutti verranno. Forse non li vedremo su questa terra, ma in Paradiso sì, dove ci ritroveremo almeno per farci quattro risate per tutte le volte che abbiamo cercato di tenere fermo il nostro punto di vista considerandolo il migliore…». Negli anni dal 2014 al 2020, infine, suor Maria ha continuato a prestare il suo aiuto nella Scuola Maria Ausiliatrice di Torino 27, come supporto in segreteria per la stampa di fotocopie e nell’infermeria degli allievi.

Intanto la salute cominciava a farsi più precaria, ma ancora si rendeva utile seguendo fraternamente una sorella fragile ed infine, nel settembre scorso, ha accettato di essere inserita nella comunità di Giaveno, in cura e riposo.

A Giaveno ha vissuto i pochi mesi da settembre 2020 a gennaio 2021, cercando di accogliere con sereno abbandono la volontà di Dio.

Colpita dal Covid e ricoverata all’ospedale per pochi giorni, ha terminato il suo cammino nelle prime ore del 31 gennaio, per andare a festeggiare don Bosco nella casa del Paradiso.

suor Emma BERGANDI

«È stata un’avventura meravigliosa» così definivi 20 anni di collaborazione insieme nel 1° oratorio di don Bosco, il carissimo oratorio Valdocco. Quante iniziative, quanti volti amici, quante feste abbiamo condiviso. Ti ripeto ancora una volta un complimento un po’ esagerato ma che apprezzavi e ti faceva sorridere.

Al termine di una stupenda Festa di don Bosco alla sera uscendo dall’oratorio alcune persone commentavano:

«Ma come fate ad organizzare cosi tante cose, dalla liturgia al pranzo, dai giochi al teatro, dallo sport alla mu- sica…». Imitando don Bosco e volgendo lo sguardo verso la statua di Maria Ausiliatrice che campeggia in cima alla Basilica, rispondevo: «È Lei che ha fatto tutto!».

Esclamavano i genitori: «Ah, lo sappiamo che è suor Maria Ausilia che fa tutto!»

Lascio parlare direttamente Suor Maria Ausilia prendendo qualche riga delle numerosissime lettere ricevute. Scriveva volentieri.

«8 dicembre 2004 – Festa dell’Immacolata. Carissimo don Gianni, ciao! In questo giorno dedicato a Maria e compleanno del 1° oratorio don Bosco prendo spunto per farmi presente con questo scritto e dirti grazie! Grazie per tanti motivi che tu ben conosci: gioie e sofferenze vissute e condivise. E per augurarti che tu possa far crescere sempre più la ‘vita’ a Valdocco. Sì, la vita in questa zolla di terra sacra dove ha camminato, faticato, sudato e messo radici profonde un santo, il santo dei giovani e dell’allegria: don Bosco, nostro padre e maestro di vita. Tu continua a sognare. Sì, a sognare un bel oratorio multietnico, sogna ancora perché questo sogno coltivato da tempo nel cuore prenda corpo e diventi realtà al più presto se è nel progetto di Dio». Iniziare una giornata intensa di festa leggendo queste righe invece di udire le lamentele perché non hai messo il tavolo al posto giusto moltiplicava energie ed entusiasmo.

Molto più belle e significative le testimonianze dei giovani, degli animatori al loro ‘capo’, di tanti genitori. Soprattutto di tante mamme che affidavano a lei con gioia e tranquillità i loro figli nella scuola materna dell’infanzia. «Sei stata una persona importante, una presenza che mi ha fatto crescere e diventare adulto! Hai sempre creduto in me; quando io e la mia fidanzata ti abbiamo detto che saremmo andati a vivere insieme ci hai guardato ‘male’ ma eri contenta per noi, sicura che avremmo fatto il passo che volevi che facessimo. Non sarai lì a maggio a godertelo, ma ci guarderai da lassù e come sempre farai il tifo per noi». Un giovane salesiano dalla Slovenia scrive:

«Grande suora con un cuore grande come quello di don Bosco che l’ha accolta nel suo oratorio celeste. Incontrandola nell’inizio del mio cammino da salesiano mi ha aiutato a comprendere come nell’oratorio ci vogliono sia la figura paterna che quella materna. E suor Maria Ausilia è stata una grande figura materna del primo oratorio di don Bosco per tanti anni».

Così quando ho messo la notizia della sua morte su Facebook sono stato inondato da una valanga di like e messaggi: uno più bello dell’altro: «Sorridente, semplice, discreta, accogliente, quanto bene ai miei figli; una grande mamma per i più piccoli; una vera suora; una vita donata ai bambini, ai ragazzi, ai giovani, alle mamme e ai papà e anche ai nonni; cuore grande; incarnazione del motto ‘educazione è cosa di cuore’»

don Gianni MORIONDO

Suor Silvana Garbin

Avrebbe compiuto, fra poco più di un mese, ottantuno anni, suor Silvana Garbin, essendo nata il 5 marzo del 1940, ma è tornata alla Casa del Padre, lunedì 1 febbraio. Suor Silvana apparteneva alla congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Tra la fine degli anni settanta e gli ottanta del secolo scorso, questa religiosa fu una dei pilastri della comunità mappanese delle Fma che seguivano l’oratorio ed il vecchio asilo parrocchiale San Michele. Ancora domenica, il parroco di Mappano don Pierantonio Garbiglia aveva invitato i fedeli, durante la Messa, a pregare per le condizioni di salute della religiosa salesiana. Figura molto conosciuta ed amata dalla comunità mappanese, suor Silvana rappresentò un prezioso punto di riferimento per centinaia di famiglie mappanesi, sia nell’ambito della catechesi che per quanto riguardava la gestione del vecchio asilo, oggi abbattuto, per fare posto ad un nuovo complesso oratoriano, iniziativa promossa dall’associazione «Il Sogno di Samuele». Cuoca provetta, era riconosciuta per la sua allegria e bontà d’animo, che l’accompagnavano in ogni istante della vita quotidiana. In quegli anni l’asilo parrocchiale San Michele era seguito da una comunità di Figlie di Maria Ausiliatrice, che vivevano stabilmente nella struttura, e si occupavano degli aspetti educativi e gestionali. Suor Silvana dal carattere generoso e dal sorriso sempre spontaneo sapeva farsi voler bene da tutti, e la sua allegria proverbiale era contagiosa. Poi il commiato dalla comunità nel 1992. Dopo l’esperienza mappanese, seguiranno altri incarichi per la religiosa, che con Mappano, nonostante il passare degli anni, ha mantenutosempre un legame solido ed affettuoso.

L’ultimo di questi presso l’istituto Fma di Giaveno, dove sperava ancora di far ritorno. Dopo la morte, un anno fa, di don Antonio Busso, il secondo parroco di Mappano, che tanto collaborò con la religiosa, con la morte di suor Silvana si chiude definitivamente un’epoca cruciale per la comunità parrocchiale mappanese, fatta di esperienze significative nell’ambito della catechesi e dell’evangelizzazione. Giovedì 4 febbraio presso la Basilica di Maria Ausiliatrice si svolgono i funerali della religiosa salesiana, mentre la comunità parrocchiale la ricorda con una Messa in suffragio, il giorno successivo, venerdì 5 febbraio, alle 18.30, presso la chiesa parrocchiale di San Giuseppe Benedetto Cottolengo.

Davide AIMONETTO

“M’interesso di Te” all’oratorio di San Salvario – La Voce e il Tempo

La terza fase del progetto “M’interesso di Te” all’oratorio salesiano di Torino – San Salvario. Di seguito l’articolo pubblicato da La Voce e il Tempo a cura di Stefano Di Lullo in merito all’esperienza vissuta e che vive la realtà del San Luigi.

«M’INTERESSO DI TE» – È PARTITA LA TERZA FASE DEL PROGETTO NAZIONALE DEI SALESIANI CHE «AGGANCIA» E ACCOMPAGNA I RAGAZZI SOLI PRIVI DI PUNTI DI RIFERIMENTO ANCHE A CAUSA DELLE LIMITAZIONI DETTATE DALLA PANDEMIA

San Salvario, l’oratorio sulla strada «salva»
30 giovani migranti

A San Salvario l’oratorio sulla strada negli ultimi mesi ha «agganciato» e, quindi accompagnato, 30 ragazzi migranti neo maggiorenni «invisibili» che a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia vagano per le vie della città, intorno alla stazione di Porta Nuova, spesso senza risposte dai servizi competenti. Si tratta del terzo anno del progetto nazionale «M’interesso di te», promosso dai Salesiani per il Sociale a Torino, Roma, Napoli e Catania.

Nel capoluogo piemontese il piano, finanziato da Intesa San Paolo e portato avanti dall’oratorio salesiano San Luigi di San Salvario in collaborazione con la cooperativa sociale Et, ripartito lo scorso novembre, permette di implementare le azioni di educativa di strada a vantaggio delle fasce giovanili particolarmente fragili.

«La chiave», sottolinea Giulia Balsamo, educatrice dell’oratorio San Luigi che segue il progetto, «è prima di tutto quella dell’accoglienza, che diventa fiducia, conoscenza reciproca e affidamento». L’accompagnamento offerto dagli animatori di «M’interesso di te» punta ad orientare i giovani verso i servizi educativi, sanitari e sociali presenti sul territorio, e, laddove possibile, a guidarli verso un inserimento lavorativo e un’autonomia abitativa. Alcuni ragazzi sono stati accolti a «San Salvario House», il Social Housing attivo dall’estate 2019 nella parrocchia Ss. Pietro e Paolo in via Saluzzo.

Le difficoltà dell’emergenza sanitaria non hanno fermato gli educatori che, con nuove modalità, hanno intensificato la presenza sulle strade per «intercettare» i giovani privi di punti di riferimento ed evitare che cadano nei circuiti della criminalità e dello sfruttamento. «L’ostacolo maggiore per questi ragazzi», prosegue l’educatrice, «è certamente quello della lingua: per esempio per loro è complicato comprendere le norme dei Dpcm, i concetti di ‘zona rossa’, ‘arancione’ e ‘gialla’. C’è quindi bisogno di mediazione anche sotto questo profilo. Cerchiamo quindi in primo luogo di indirizzare i giovani verso i corsi di italiano nei Cpia (Centri provinciali di istruzione degli adulti), siccome attualmente sono sospesi quelli portati avanti dal San Luigi, e poi accompagnarli per un pezzo della loro vita, affinché pian piano possano cominciare a viaggiare da soli».

Tra le storie positive delle precedenti annualità di «M’interesso di te» c’è quella di un ragazzo bengalese, come racconta l’educatrice, «che dopo lunghi anni di attesa, sconforto, delusione, coraggio, ma soprattutto di molte difficoltà dettate dall’irregolarità della sua situazione, è riuscito, intraprendendo un percorso di accompagnamento con l’oratorio salesiano, a superare l’esame di terza media e ad ottenere il permesso di soggiorno, che gli ha consentito oggi di ottenere un contratto di lavoro in un locale in piazza Vittorio e poi a raggiungere un’autonoma sistemazione abitativa».

«Il progetto», evidenzia don Mario Fissore, incaricato dell’oratorio San Luigi, «prosegue un percorso triennale di un lavoro di accoglienza, di monitoraggio, di riflessione sulla strada fondamentale tanto più in una fase di pandemia dove l’emergenza e il disagio crescono. Per cui è importante un’attenzione mirata dell’oratorio su un fronte che rischia di essere trascurato in quanto le preoccupazioni delle istituzioni e della società in questo momento guardano altrove». «In particolare, prosegue don Fissore, «l’equipe educativa cerca di aiutare i ragazzi a pazientare per i tempi lunghi della burocrazia, monitorando le diverse espressioni del disagio, per cui si avvertono anche ‘fenomeni di ritorno’, come l’aumento dell’uso di droghe e sostanze stupefacenti».

L’attività di educativa di strada è stata implementata con la pandemia anche se da alcuni mesi la postazione «Spazio Anch’io» al Parco del Valentino (via Medaglie d’Oro) è chiusa per motivi di sicurezza legati alla presenza del Covid Hospital a Torino Esposizioni che la scorsa settimana ha sospeso al momento l’attività. «Abbiamo chiesto alla Regione risposte sulle tempistiche per la riapertura della postazione al Valentino», afferma don Fissore, «in quanto ‘Spazio Anch’io’ rappresenta un modello consolidato di prevenzione del disagio giovanile, un luogo di incontro fra generazioni, ma anche di alleanze virtuose con istituzioni e associazioni. Auspichiamo dunque che le attività possano riprendere se non lì in un altro luogo idoneo».

Anche il presidente della Circoscrizione 8, Davide Ricca, ha chiesto alla Regione di effettuare un sopralluogo per capire se le zone del parco sopra il Covid Hospital sono in sicurezza rispetto alla presenza della struttura sanitaria.

«In merito alla postazione dei Salesiani», prosegue Ricca, «è urgente avere delle tempistiche certe per far ripartire una presenza educativa strategica per il quartiere e la città». «Sulla proposta di destinare l’area per le vaccinazioni», prosegue il presidente della Circoscrizione 8, «bisogna capire se questo comporterà o meno la chiusura di un importante fetta di uno dei parchi principali della città dove quindi dovranno continuare, anche nei prossimi mesi, ad essere sospese attività già ferme da tempo».

Stefano DI LULLO

Bra, con gli studenti – La Voce e il Tempo

Un programma ricco di iniziative per la festa di Don Bosco ai Salesiani Bra tra momenti liturgici e momenti conviviali di aggregazione, pensati per i ragazzi della Scuola Media e del CFP. Di seguito l’articolo con il programma delle attività pubblicato su La Voce e il Tempo a cura di Lino FERRERO.

Bra, con gli studenti

«Quest’anno sarà una festa di don Bosco molto particolare vista la pandemia», diceva da settimane il direttore della casa salesiana di Bra, don Alessandro Borsello.

Sicuramente diversa dagli scorsi anni, dove oltre ai momenti liturgici erano organizzati momenti conviviali di aggregazione, conferenze e giochi per grandi e piccoli. Ma il programma di «Don Bosco 2021» è molto ricco. Tutto parte dalla Strenna «Mossi dalla speranza: ‘Ecco, io faccio nuove tutte le cose’ (Ap 21,5)» che è il titolo che il Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, ha scelto per il messaggio della Strenna per il 2021.

I festeggiamenti per don Bosco a Bra dove l’opera dei Salesiani è presente ormai da 62 anni cominciano giovedì 28 gennaio. Alle 8 la Messa dei ragazzi della Scuola Media, alle 10 la Messa dei ragazzi del Cfp – 2°anno e alle 18.30 un incontro per i gruppi giovani dell’oratorio.

Venerdì 29 gennaio alle 8 la Messa per i ragazzi del Cfp – 3°anno e alle 20.45 «Mossi dalla speranza», diretta Youtube. Una serata di rifl essioni e preghiere nella chiesa dei Salesiani rifl ettendo sulla strenna del Rettor Maggiore.

Sabato 30 gennaio, alle 10.30 «La speranza di futuro per il lavoro dei giovani»: dialogo con gli imprenditori del territorio sul mondo della formazione professionale nella metalmeccanica. Domenica 31 gennaio, festa liturgica di don Bosco, alle 10 Messa della comunità in diretta Youtube, presiede il salesiano don Alessandro Basso, seguirà pane e salame e giochi per ragazzi nello stile salesiano.

Infine lunedì 1° febbraio alle 8 Messa per i ragazzi del Cfp – 1°anno. Le dirette saranno sul canale Youtube delle parrocchie braidesi.

Lino FERRERO