“Mettersi a servizio delle famiglie: tempo di speranza”, incontro del settore Famiglie dei Salesiani Cooperatori con P. Vianelli
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Pubblichiamo il comunicato stampa di Agorà della Parità sui fondi stanziati dal Decreto Sostegni.
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I 300 milioni di euro stanziati per la scuola dal Decreto Sostegni approvato nel Consiglio dei Ministri sono sicuramente un passo importante per aiutare gli studenti che stanno attraversando questo periodo così difficile e anche per gettare le basi per la scuola del futuro, ma dobbiamo purtroppo sottolineare come vengano nuovamente discriminati gli studenti e le famiglie delle scuole paritarie, che non sono state inserite tra le beneficiarie dei fondi. Tutti gli studenti d’Italia, e le loro famiglie, fanno parte del sistema nazionale d’istruzione e si trovano ad affrontare gli stessi problemi di fronte alla pandemia: ci aspettiamo dunque che il Parlamento corregga il testo e lo emendi prima che diventi legge.
Così, in una nota, le associazioni di Gestori e Genitori delle scuole paritarie, riunite nell’Agorà della Parità (AGeSC – CdO Opere Educative – CNOS scuola – CIOFS scuola – FAES – FIDAE – FISM – Fondazione Gesuiti Educazione), hanno commentato il Decreto Sostegni approvato dal Cdm.
Giancarlo Frare – Presidente nazionale AGeSC
Massimiliano Tonarini – Presidente nazionale CdO Opere Educative
Pietro Mellano – Presidente nazionale CNOS Scuola
Marilisa Miotti – Presidente nazionale CIOFS scuola
Giovanni Sanfilippo – Delegato nazionale per le Relazioni Istituzionali FAES
Virginia Kaladich – Presidente nazionale FIDAE
Luigi Morgano – Segretario Nazionale FISM
Vitangelo Denora – Delegato Fondazione GESUITI EDUCAZIONE
Nel giorno della Solennità di San Giuseppe, e in quest’anno speciale che Papa Francesco ha dedicato al Patrono della Chiesa universale, la Famiglia Salesiana può guardare a Don Bosco per apprendere da lui come mettersi alla sequela del padre putativo di Gesù. Di seguito l’articolo pubblicato dall’Agenzia d’Informazione Salesiana ANS.
Da molti scritti di Don Bosco si evince quanto il Santo Piemontese amasse san Giuseppe: lo aveva nominato tra i patroni dell’Oratorio, aveva messo gli artigiani sotto la sua protezione e lo aveva proclamato… protettore degli esami per gli studenti.
Non solo: di San Giuseppe Don Bosco sottolinea la qualità di essere il protettore dei morenti. Nel testo del Giovane Provveduto, scrive:
“San Giuseppe, avendo avuta l’invidiabile sorte di morire assistito da Gesù e Maria, viene dato per Protettore dei moribondi. Manifestiamo durante la nostra vita devozione a S. Giuseppe, per averlo in aiuto nel momento della morte” (Il giovane provveduto, OE XXXV, 3).
La sera del 17 febbraio, riportano le Memorie Biografiche, Don Bosco così disse ai suoi giovani:
“Domani incomincia il mese di S. Giuseppe e desidero che voi tutti vi mettiate sotto la sua protezione: se voi lo pregherete di cuore esso vi otterrà qualunque grazia, sia spirituale, sia temporale, della quale possiate aver bisogno. Alzandovi al mattino, dite: Gesù, Giuseppe, Maria, vi dono il mio cuore e l’anima mia. Alla sera andandovi a coricare: Gesù, Giuseppe, Maria, assistetemi nell’ultima agonia”. (Memorie Biografiche VII, 636).
Nel 1867 Don Bosco pubblicò una Vita di S. Giuseppe in cui aveva raccolto materiale proveniente sia dai Vangeli che dagli scritti già in circolazione sul Santo. Il volume si compone di 22 capitoli, cui fa seguito una breve raccolta di preghiere indirizzate al Padre putativo di Gesù. Nel testo Don Bosco scrive, tra l’altro:
“Non dobbiamo noi credere, che fra i beati che sono l’oggetto del nostro culto religioso, s. Giuseppe sia, dopo Maria, il più potente di tutti presso Dio, e colui che merita a più giusto titolo la nostra confidenza ed i nostri omaggi?”.
Don Bosco ricorreva a san Giuseppe per tutti i suoi bisogni ed esortava gli altri ad invocarlo. Più volte l’anno parlava dell’efficacia della sua intercessione e faceva celebrare la festa del patrocinio nella terza domenica dopo Pasqua.
Gioì molto quando, l’8 dicembre 1870, Pio IX lo proclamò Patrono della Chiesa Universale; e nel 1871 dichiarò che in tutte le sue case salesiane si dovesse osservare un giorno di riposo il 19 marzo, mentre il Piemonte aveva definitivamente cancellato quella data dal numero dei giorni festivi.
Nelle chiese che edificò, Don Bosco volle sempre fosse edificato un altare a san Giuseppe. Così, infatti, i pellegrini che, sulle orme di Don Bosco, visitano la Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino e quella del Sacro Cuore a Roma, ancora oggi possono ammirare due splendide tele che lo raffigurano, sempre insieme a Maria e a Gesù.
Per la tela torinese, realizzata da Tommaso Lorenzone, fu lo stesso Don Bosco a dare precise indicazioni al pittore circa la rappresentazione. San Giuseppe appare raffigurato al centro, in piedi, sopra una nuvola, portando sul braccio sinistro il bambino Gesù, il quale tiene in mano un cestino pieno di rose. Il Salvatore le porge una ad una al padre che le fa piovere come grazie sulla casa di Valdocco. Nel movimento di intensi sguardi d’amore tra i tre protagonisti, ovviamente, è coinvolta anche Maria, e attorno a loro già si manifesta la gioia del Paradiso, con gli angeli, a fare da cornice.
E nella Basilica del Sacro Cuore a Roma – che inizialmente doveva essere dedicata a San Giuseppe e che fu l’ultima grande impresa architettonica di Don Bosco – l’altare dedicato a San Giuseppe è ornato da una bella tela di Giuseppe Rollini, che raffigura lo Sposo di Maria in un modo realmente maestoso. In questo caso egli esplica chiaramente la sua missione di Patrono e protettore della Chiesa Cattolica custodendo dall’alto con la mano la Basilica di San Pietro, che un angelo genuflesso gli presenta.
Entrambe le opere, sia quella della Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino, sia quella della Basilica del Sacro Cuore a Roma, sono completate in alto da dei cherubini che tendono una fascia, sulla quale viene esplicitato il messaggio per gli osservatori: “Ite ad Joseph”, “Andate verso San Giuseppe!”.
Don Domenico Ricca, presidente dell’Associazione Amici di don Bosco, porge suoi auguri a tutti i papà in occasione della festa del 19 marzo, San Giuseppe. Di seguito il messaggio di auguri pubblicato sul sito dell’associazione.
L’AUGURIO DI DON DOMENICO RICCA AI PAPÀ SULLE ORME DI DON BOSCO
San Giuseppe, festa del papà, da non relegare a puro evento commerciale. Per noi, Amici di Don Bosco, si intreccia con altre parole, nomi, situazioni di vita, tanti legami, memorie.
Se faccio un po’ d’ordine, non dimentico che il 31 gennaio 1988 Giovanni Paolo II dichiarò don Bosco «padre e maestro della gioventù».
Don Bosco padre. Per chi ne fosse digiuno alcuni tratti della sua biografia familiare: Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 in una modesta cascina dove ora sorge la Basilica di Don Bosco, nella frazione collinare I Becchi di Castelnuovo d’Asti, oggi Castelnuovo Don Bosco), figlio dei contadini Francesco Bosco e Margherita Occhiena. Il padre, nel 1811, era rimasto vedovo della prima moglie Margherita Cagliero, dalla quale aveva avuto due figli: Antonio e Teresa Maria, morta nel 1810 due giorni dopo la nascita; da Margherita Occhiena, prima di Giovanni, aveva avuto Giuseppe. Quando Giovanni aveva soltanto due anni, il padre contrasse una grave polmonite che lo condusse alla morte l’11 maggio 1817, a soli 33 anni. Francesco Bosco lasciò così la moglie Margherita vedova con tre figli da accudire, Antonio, Giuseppe e Giovanni. Furono anni molto difficili per mamma Margherita; molta gente morì a causa della fame e delle epidemie.
Questa storia di difficoltà e di stenti segnò profondamente la vita di Giovannino, che crebbe con una voglia di famiglia come di un sogno proibito, e con una squisita sensibilità verso quei ragazzi “senza famiglia” che la Provvidenza gli avrebbe messo sulla sua strada, e che ancora più lui si sarebbe andato a cercare: i “ragazzi poveri, pericolanti e discoli”, come usa chiamarli Papa Francesco “quelli che abitano le periferie esistenziali del mondo”. Una voglia di famiglia da trapiantare a Valdocco, chiedendo così un immenso sacrificio a Mamma Margherita. È noto che quando nel 1846 don Bosco si ammala gravemente sale ai Becchi per una lunga convalescenza: madre e figlio si ritrovano così nell’intimità. Al termine, Don Bosco, guarito, chiede a Mamma Margherita di seguirlo a Valdocco e la mamma risponde così: “Se credi che questa sia la volontà del Signore, sono pronta a venire”. E così il 3 novembre 1846, madre e figlio lasciarono la dolce collina, a piedi, fino a Torino.
Don Bosco capì che la famiglia a Valdocco andava ricostituita a tutti i costi per quei ragazzi “senza famiglia”. Era lui il padre, i suoi chierici i fratelli maggiori e poi le tante mamme presenti a Valdocco come aiutanti, quelle che davano il sapore concreto e visivo dell’essere “casa”, non istituto.
Ma il mosaico si ricompone, perché Don Bosco fu profondamente devoto di San Giuseppe: a lui affidò i suoi studenti; in suo onore fece erigere una “Compagnia degli artigiani” per aggregare i giovani lavoratori che frequentavano gli ambienti salesiani; a lui faceva riferimento per ottenere e far ottenere la grazia di una buona morte. Mettersi sotto la sua protezione, nel pensiero salesiano, non è semplicemente pronunciare una qualche formula di consacrazione a un santo. È molto di più: è rispondere positivamente alla vocazione insita in ogni salesiano a essere padre dei ragazzi che incontra.
Lascio alla fantasia dei papà adottivi l’elaborazione di opportuni collegamenti e in chiusura concludo con un pezzo di un’intervista al dott. Starita, Vicepresidente della Commissione Adozioni Internazionali, pubblicata su “Vita” il 15/03/2021:
«Chi vive a contatto con i giovani, spesso in sofferenza, ha il dovere di essere ottimista e guardare positivamente al futuro. L’impostazione che voglio dare alla mia vicepresidenza è molto partecipata: da magistrato so che la “dolorosa solitudine” della decisione mi appartiene, ma so anche che per decidere bene occorre saper ascoltare. Penso che l’adozione internazionale sia uno strumento ancora valido e questo nasce da una considerazione di fondo: se riteniamo – secondo i principi della Convenzione dell’Aja – che per un minore vivere in una famiglia stabile sia un diritto primario, allora tutte le soluzioni di accoglienza che non siano stabili non soddisfano in pieno questo diritto. Il principale obiettivo, quindi, consiste nel lavorare alacremente perché questo diritto sia sempre più garantito, innanzitutto nei paesi di origine, in attuazione della sussidiarietà, ma là dove ciò non avviene allora l’adozione resta uno straordinario strumento di tutela. Nostro compito, quindi, come sistema, è lavorare non perché si facciano tante adozioni, ma perché si facciano buone adozioni”.
Cari genitori, alziamo lo sguardo e andiamo oltre, cerchiamo di essere padri con la premura di San Giuseppe e con l’attualità di San Giovanni Bosco ”Padre, maestro ed amico”.
Auguri!
don Meco
La celebrazione eucaristica è questione che riguarda il Corpo e i corpi, che si incontrano (Questo è il mio corpo: prendetene…); anche i nostri affetti si condensano intorno all’esperienza del matrimonio “consumato” che genera vita. Come entrare nei percorsi educativi che preparano alla donazione fisica di sé? Cosa c’entra l’Eucaristia con questi percorsi? Quali difficoltà dobbiamo affrontare per tenere insieme le due cose?
Queste domande troveranno risposta nell’intervista a don Andrea Bozzolo, docente di teologia del matrimonio e della famiglia nell’Istituto Giovanni Paolo II di Roma e a Torino Crocetta. L’intervista, il cui obiettivo è approfondire il CG28, è parte di un ciclo di incontri organizzati dal Centro Studi “Tabernacoli Viventi” in collaborazione con la CISI formazione.
Per partecipare all’incontro previsto per sabato 20 marzo dalle ore 9 alle ore 10.15, ci si può collegare alla pagina Facebook di Don Bosco Italia.
Dal sito dell’agenzia salesiana ANS, la notizia della creazione di tre nuove ispettorie in Africa.
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(ANS – Roma) – In un continente in continua crescita e fermento sociale anche la presenza salesiana si moltiplica e modifica.
In data 19 gennaio 2021, il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, con il parere favorevole del Consiglio Generale, a norma degli articoli 132, paragrafo 1.1 e 156 delle Costituzioni, ha eretto l’Ispettoria “Beato Artemide Zatti” di Africa Nigeria e Niger (ANN) con sede a Lagos-Iju (Nigeria). Di questa Ispettoria fanno parte 9 Case già esistenti, e la prospettiva di un’apertura missionaria nel Niger vicino.
Nella stessa data è stata eretta la nuova Ispettoria “Nostra Signora della Pace” di Africa Occidentale Nord (AON), con sede a Cotonou-Zogbo, in Benin. Di questa Ispettoria fanno parte 18 case, presenti, oltre che in Benin, in Burkina Faso, Gambia, Guinea, Mali e Senegal. Queste ultime tre nazioni formeranno una Delegazione con sede a Dakar (Senegal). La nuova Ispettoria AON potrà sviluppare la sua missione anche in Guinea Bissau.
Ancora, il 19 gennaio è stata eretta l’Ispettoria Africa Occidentale Sud (AOS), intitolata a “San Giuseppe”, con sede ad Ashaiman (Ghana). Ne faranno parte le opere del Togo, del Ghana, della Costa d’Avorio, della Liberia e di Serra Leone, per un totale di 20 case.
La Voce e il Tempo dedica un articolo al progetto «Ola» (Oltre l’adozione), ovvero un coordinamento di Enti autorizzati dalla Commissione governativa per le adozioni internazionali a cui ha aderito anche l’Associazione Amici don Bosco onlus. Di seguito l’articolo a cura di Marina Lomunno.
«Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio»: questo celebre proverbio africano è ancor più vero se il bambino arriva da lontano, «se è nato da un’altra pancia», perché chi sceglie di adottare un figlio ha bisogno di una comunità che sostenga i genitori soprattutto nei momenti cruciali della crescita che spesso coincidono con l’adolescenza. È ciò che si propone «Ola» (Oltre l’adozione)» un coordinamento di Enti autorizzati dal Cai (la Commissione governativa per le adozioni internazionali) a cui ha aderito recentemente anche l’Associazione Amici don Bosco onlus con sede centrale a Valdocco, in piazza Maria Ausiliatrice 32. Con l’associazione torinese di ispirazione salesiana salgono a 11 gli Enti che fanno parte di «Ola», uno dei 4 coordinamenti italiani che raggruppano gli organismi che informano, formano, affiancano i futuri genitori adottivi nel percorso dell’adozione internazionale e curano lo svolgimento all’estero delle procedure necessarie assistendoli davanti all’autorità straniera e appoggiandoli nel percorso post-adozione.
«Come Amici di don Bosco abbiamo deciso di aderire al coordinamento ‘Ola’» spiega l’antropologa Elisabetta Gatto «perché riteniamo sia importante fare rete tra enti autorizzati all’accompagnamento delle famiglie che decidono di intraprendere l’avventura dell’adozione internazionale. Il progetto proposto da ‘Ola’ è dedicato al post adozione: con gli altri enti siamo in rete, uniamo forze ed esperienze sul campo per rispondere a un bisogno da molto tempo espresso dalle famiglie adottive, cioè l’accompagnamento per i loro figli adottivi adolescenti. Se il momento dell’arrivo in famiglia del bambino che viene da un altro contesto culturale è delicato ancor più lo è in adolescenza dove emergono fragilità e il ragazzo o la ragazza iniziano a costruire con fatica la propria identità mettendo insieme i pezzi del proprio vissuto di figlio adottivo. È allora che sia le famiglie che i ragazzi hanno bisogno di sostegno e la nostra associazione, da sempre attenta ai temi della formazione alla genitorialità sociale, ovvero sulla capacità di allargare l’accoglienza oltre confini familiari e alla promozione della cultura dell’adozione, con ‘Ola’ ha trovato un alleato prezioso per dare una risposta mirata ai bisogni dell’adolescenza e a quelli specifici dei ragazzi adottivi».
«Siamo nati nel 2004» spiega Pietro Ardizzi» genitore adottivo, portavoce di «Ola» «e oggi operiamo in 30 sedi italiane presso gli Enti che aderiscono al nostro coordinamento e che condividono l’impegno e la cura a seguire le coppie non solo nel momento dell’adozione ma nella crescita del figlio che viene accolto. La nostra proposta è di tenere incontri – individuali e di coppia, con bambini e ragazzi adottati, con gruppi di genitori adottivi e gruppi con bambini e adolescenti adottati – condotti da professionisti con lunga esperienza sul campo (psicologi, insegnanti, medici, avvocati, educatori, antropologi…). Per l’iscrizione ai corsi (in questo momento purtroppo in modalità on line) per i genitori chiediamo una quota di iscrizione simbolica per sostenere le spese, mentre sono totalmente gratuiti gli incontri individuali con i nostri professionisti nel caso vengano richiesti dai minori e dai ragazzi,): modalità e calendari si possono trovare presso le sedi degli enti che fanno parte del coordinamento. L’adozione è un bene comune: sosteniam’Ola’».
Per saperne di più scrivere a servizi@oltreladozione.org o www.amicididonbosco.org (tel. 011. 3990102; info@amicididonbosco.org)
Cento anni fa, il 12 marzo 1921, nasceva a Torino Gianni Agnelli, secondogenito di Edoardo Agnelli e Virginia Bourbon del Monte. La storia dell’opera salesiana torinese dell’Agnelli – L’ ISTITUTO INTERNAZIONALE EDOARDO AGNELLI – rimane strettamente legata alla famiglia dell’Avvocato, prendendo infatti il nome del padre Edoardo, tragicamente scomparso in un incidente aereo, quando Gianni aveva 14 anni. Il nonno (il Senatore Giovanni Agnelli) ebbe infatti in animo di creare una istituzione popolare che intitolata ad Edoardo ne perpetuasse la memoria.
A lavori ultimati si pensò all’inaugurazione. Il 19 aprile 1941, nel pomeriggio, il Card. Maurilio Fossati, allora arcivescovo di Torino, presente il Sen. Agnelli e i nipoti, benediceva la nuova Chiesa. Durante la cerimonia i chierici del Pontificio Ateneo Salesiano di via Caboto, sedendo all’organo “Hammond” (il primo costruito dalla Microtecnica) il M. Pagella e dirigendo il coro don Grosso, i salesiani eseguirono mottetti sacri polifonici. Il giorno seguente don Ricaldone celebrava la Santa Messa nella nuova Chiesa in suffragio di Edoardo Agnelli, presente il Senatore e i familiari. Il Card. Vincenzo La Puma dopo la Messa passava a benedire i locali.
Successivamente venne donato dalla famiglia Agnelli, per opera dello scultore Rubino, l’imponente scultura in marmo, raffigurante don Bosco e la sua vita.
Un articolo de La Stampa del 16 maggio 1993 riporta i festeggiamenti dei 50 anni dell’Istituto salesiano dell’Agnelli, “Festa per i 50 anni. Anche il Senatore tra i giovani“:
L’Istituto industriale “Edoardo Agnelli”, uno dei fiori all’occhiello delle numerose attività dei Salesiani, sforna da mezzo secolo tecnici apprezzati e accoglie oggi 750 allievi. Ieri c’è stata festa per il Cinquantenario e vi ha partecipato anche il sen. Giovanni Agnelli accolto con calore da studenti, genitori e insegnanti. una mattinata diversa per il presidente della Fiat, più volte fatto segno dell’esuberante simpatia dei giovani con i quali si è intrattenuto, posando fra loro per il fotografo, rilasciando autografi, stringendo mani.
Leggi anche l’articolo “LA COMUNITÀ SALESIANA RINGRAZIA LA FAMIGLIA AGNELLI”
L’annuale incontro dei giovani in servizio civile degli enti del TESC (Tavolo Ecclesiale sul Servizio Civile: Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Ufficio nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese, Ufficio nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro, Servizio nazionale per la Pastorale Giovanile, Azione Cattolica Italiana, ACLI, AGESCI, Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Confcooperative-Federsolidarietà, Cenasca-Cisl, Centro Sportivo Italiano, Volontari nel mondo-FOCSIV, G.A.V.C.I., Salesiani per il Sociale APS, CDO Opere Sociali, Anspi, Unitalsi) si terrà venerdì 12 marzo, nella data che fa memoria di San Massimiliano di Tebessa, giovane martire per obiezione di coscienza che nel 295 d.C. scelse la pace rifiutando, come cristiano, di prestare il servizio militare nell’esercito romano e per questo fu ucciso.
In questa data il TESC propone ogni anno ai giovani di tutta Italia che svolgono il servizio civile una giornata di incontro, di riflessione e di festa. Come San Massimiliano, che con il suo gesto ha comunicato al mondo un messaggio di pace, così quanti scelgono il servizio civile oggi raccontano la loro scelta di pace, servizio e responsabilità ad altri giovani.
Questa XV edizione, che si svolge per la prima volta online (quella in presenza dello scorso anno non fu realizzata a causa dell’inizio della pandemia da COVID-19), prende spunto dal tema del messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace 2021 “La cultura della cura come percorso di pace” e ricorderà anche i 20 anni dall’istituzione del servizio civile su base volontaria ed aperto anche alle donne con la legge delega n. 64 del 6 marzo 2001.
Titolo dell’incontro: “La cultura della cura come percorso di pace”
Programma:
Saluto di benvenuto a nome del TESC (don Francesco Soddu, Caritas Italiana)
Video: Lettura degli Atti di san Massimiliano (Enrico M. Falconi)
Saluti
Flavio Siniscalchi, Capo Dipartimento Politiche giovanili e Servizio Civile Universale
Rappresentanza nazionale Volontari*
Il servizio civile e la cura delle persone: per costruire la pace
Conduce: Antonella Ventre
Riflessione sul messaggio del Papa (don Renato Sacco, Pax Christi)
Testimonianze (video/in collegamento) di volontari impegnati in attività anti-Covid
2001-2021: 20 anni di servizio civile volontario
Intervento (Emilio Del Bono*)
Intervento video (don Michele Falabretti, Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile)
Intervento Primo Di Blasio (Focsiv)
Intervento di Claudia Barsanti (Misericordie)
Testimonianze di ex-volontari servizio civile:
Testimonianze di ex-volontari (un volontario all’estero, un immigrato volontario)*
Clip video:
Dal sito dell’agenzia ANS.
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(ANS – Roma) – Dopo aver curato il numero monografico della rivista “Salesianum” (n.4/2020) sul Direttorio per la Catechesi, presentato alla Chiesa universale nel giugno 2020, l’Istituto di Catechetica della Facoltà di Scienze dell’Educazione (FSE) dell’Università Pontificia Salesiana (UPS) di Roma ha coinvolto circa 80 esperti di tutti i continenti attraverso tre webinar (seminari on line) di riflessione e di confronto su questo importante documento edito dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
La provenienza dei partecipanti è stata varia e rappresentativa: oltre che dall’Italia, sono state annotate presenze di connessione dall’Argentina, Brasile, Canada, Cile, Congo, Costarica, Croazia, Francia, Germania, Giappone, India, Lituania, Macao, Malta, Messico, Mozambico, Paraguay, Perù, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Stati Uniti, Slovenia, Ucraina, Vietnam.
Il primo webinar, del 27 gennaio, animato da don Ubaldo Montisci, Direttore dell’Istituto di Catechetica, ha previsto due relazioni, una del teologo pastoralista italiano don Gianni Colzani, su “Evangelizzazione e Chiese missionarie nel ‘Direttorio per la Catechesi’ (2020)” e l’altra del catecheta spagnolo don Miguel López Varela sul “Rapporto tra il Direttorio per la Catechesi e il pensiero pastorale di Papa Francesco”. Alle due relazioni hanno fatto seguito gli interventi dei partecipanti.
Il secondo webinar, guidato da don Giuseppe Ruta, ha avuto luogo il 25 febbraio con le relazioni del catecheta maltese don Carl Mario Sultana, sul tema “Il rapporto tra il primo annuncio e la catechesi di tipo kerigmatico”, e della teologa della liturgia suor Elena Massimi, FMA, sull’“Ispirazione catecumenale e mistagogica del nuovo Direttorio”. Altrettanto stimolanti e ricchi sono stati gli interventi e i contributi fatti pervenire prima dei due webinar e previamente messi a disposizione a tutti partecipanti.
Ci si è dati appuntamento, infine, per un terzo webinar che si terrà il 25 marzo, coordinato dal giovane catecheta indiano don Christy Lourdunathan, con l’obiettivo di sondare l’accoglienza del nuovo Direttorio nel mondo. Si spera che con questo terzo passo si possa offrire una panoramica complessiva sulla catechesi nelle varie parti del mondo, nei vari contesti continentali e nazionali. Ai cinque esperti che si stanno contattando, uno per ogni continente, si affiancherà la riflessione sul tema da parte di tutti i partecipanti che potranno offrire il proprio contributo mediante una traccia comune di lavoro.
A servizio della Chiesa e secondo lo spirito delle Costituzioni salesiane (art. 34), l’Istituto di Catechetica di Roma continua a dare il suo contributo di riflessione e di promozione per una nuova catechesi e una rinnovata evangelizzazione dei popoli, delle comunità e degli uomini e delle donne di questo tempo, con una naturale e congeniale preferenza per le nuove generazioni.