Don Paolo Pastorino, racconta, attraverso uno scritto inedito, la storia del
Belvedere a Vercelli, soffermandosi sulla nascita del
borgo e su come si sia trasformato nel corso del tempo. Di seguito si riporta l’articolo pubblicato su “
La Stampa“.
Il quartiere è conosciuto per la Cooperfisa e il suo cine-teatro all’oratorio
«Il Belvedere è un popoloso Sobborgo che si protende, come un immenso braccio, in due lunghi filari di case e di casette e di palazzi, a destra e a sinistra dello stradone di Gattinara, dalla parte occidentale dell’antichissima Città di Vercelli».
Così, osservano Flavio Ardissone, docente e responsabile marketing del Cnos Fap Don Bosco e l’allievo Giuseppe Borzunati che ne hanno riscoperto lo scritto inedito, il sacerdote salesiano don Paolo Pastorino, nel 1918 illustrava la nascita del rione.
«All’epoca a unire il Belvedere alla città c’era il viale Umberto I che divideva in due il quartiere e piazza Vittorio Emanuele che si allargava verso via Gattinara, arteria principale del Borgo, nel largo di Porta Torino».
Attraversato dalla ferrovia il Belvedere cominciava a crescere e popolarsi. Fino a cinquant’anni prima il «borgo» non esisteva. Solo pochi casolari in mezzo alla campagna e campi seminati a cereali e ortaggi.
«In vicinanza della città – scriveva don Pastorino – spiccava però un caseggiato che sembrava svettare sui pochi altri per la sua ampiezza, il suo bel giardino e per un piccolo poggio che gli sorgeva accanto, recintato da un parapetto di cannucce intrecciate e ornato di passiflora. Da questo piccolo poggio si scoprivano i campanili, torri, cupole e tetti della città; i raggi del sole vicino al tramonto illuminavano quegli edifici che parevano trasfigurati».
Da quella casa (oggi nel complesso dei salesiani) è nata la denominazione Belvedere che ha da sempre accompagnato il rione. Con gli anni anche il Belvedere è cambiato. Cantieri, fabbriche, stabilimenti hanno trovato spazio in questo scorcio della città: la raffineria di riso Lombardi, il Calzaturificio Pisani, il Cotonificio Maggia, la fabbrica dei concimi chimici, il Lanificio Vercellese hanno reso il rione uno più industriali della città.
Oggi ospita una delle più antiche aziende artigianali conosciute a livello mondiale: la Cooperfisa.
Con la costruzione del cavalcaferrovia nel 1933 da parte dell’amministrazione di Adriano Tournon, il vecchio stradone ha iniziato a essere percorso dal tramvay, quindi da automobili sempre più rombanti che hanno trasformato quel tratto di città in uno dei più frequentati snodi quotidiani. Il Belvedere si è esteso intorno alla via per Olcenengo e al rione San Pancrazio. Ma il rione è rimasto quello tranquillo e laborioso di sempre.
«Uno dei punti fermi è la chiesa del Sacro Cuore affidata ai salesiani – sottolinea Ardissone -. Una comunità che spesso ha dovuto vivere momenti difficili, come durante il secondo conflitto mondiale. La gente fece un voto alla Madonna del Belvedere e, nonostante un duro bombardamento aereo nella strada verso Olcenengo, nessuno rimase ferito».
Da sempre Belvedere è stato sinonimo in città di cine-teatro. La sua sala, all’interno dell’oratorio e oggi chiusa, è stata sempre pronta ad accogliere le nuove tecnologie.