Oratorio San Paolo: inaugurazione “Accoglienza residenziale” – La Voce e Il Tempo

La Voce e il Tempo di domenica 6 febbraio, riporta un articolo sull’apertura dell’appartamento dedicato all’accoglienza temporanea presso la comunità dell’Opera Salesiana San Paolo. Di seguito l’articolo dedicato, a cura di Marina Lomunno.

 

La comunità dell’Opera salesiana San Paolo, che prende il nome da una delle borgate più antiche e popolari della città, sempre più in prima linea per affrontare le emergenze del territorio. Come avrebbe fatto oggi il santo dei giovani. Per questo con lo slogan «Questa è la mia casa», la casa di don Bosco, è stato inaugurato, sabato 1 febbraio, un appartamento per l’«Accoglienza residenziale temporanea» che potrà ospitare fino a 7 giovani maggiorenni. La nuova struttura, in cui trovano spazio anche i rinnovati locali della Caritas, si aggiunge alla comunità alloggio aperta nell’ottobre 2016 in cui sono stati accolti 12 Msna, minori stranieri non accompagnati (11 egiziani e un albanese) affidati ai salesiani dall’Ufficio minori stranieri del Comune. I nuovi servizi sono stati avviati ufficialmente non a caso all’indomani della festa liturgica di don Bosco, celebrata venerdì 31 nella Basilica di Maria Ausiliatrice con la Messa per i giovani con il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime e, in serata con la concelebrazione presieduta dall’Arcivescovo Cesare Nosiglia.

«Circa tre anni fa eravamo qui per inaugurare la nuova comunità per minori stranieri»

ha detto il direttore del San Paolo, don Alberto Lagostina, al taglio del nastro a cui hanno partecipato, tra gli altri don Enrico Stasi, ispettore salesiano del Piemonte e della Valle d’Aosta, don Stefano Mondin, responsabile della Pastorale giovanile dell’Ispettoria e Sonia Schellino, vicesindaco di Torino e assessore ai Servizi sociali. Il Comune di Torino contribuisce al progetto di sostegno all’autonomia dei minori e dei giovani affidati ai salesiani con il «Piano di inclusione sociale» che mette in rete tutti gli attori del territorio.

«Già allora avevamo il desiderio di fare qualcosa di più, per quanti di loro hanno ancora bisogno di un periodo di sostegno prima di affrontare la vita in completa autonomia. È nata così questa Accoglienza, un appartamento riservato a sette neomaggiorenni, italiani e stranieri, alcuni cresciuti nell’attigua comunità per minori o già inseriti nei nostri oratori: studenti, universitari o lavoratori che necessitano nel loro cammino verso l’indipendenza di una residenza temporanea e che vogliano condividere un tempo della loro vita con giovani di altre nazioni e con la comunità dei salesiani e della parrocchia».

Don Lagostina ha sottolineato come la nuova Casa, resa possibile grazie al contributo di un benefattore, rientra nel cammino di accoglienza della parrocchia e dell’oratorio che contribuiscono con tanti volontari alla gestione pratica ed educativa delle due Comunità per i giovani più fragili e del Centro di ascolto della Caritas «salvagente» per le crescenti le necessità delle famiglie del quartiere.

«In un tempo dove si enfatizza la diversità, dove nascono nuove forme di razzismo, dove si colpiscono fasce deboli come gli immigrati, facendoli diventare causa di tutti i mali, riteniamo importante porre piccoli segni che però parlano. Così è questa nuova residenza per giovani che si affacciano alla vita adulta dove si intende porre il segno della condivisione tra diverse nazionalità, italiana compresa».

È l’impegno dei salesiani in città, che continuano ad essere in prima linea negli oratori delle periferie multietniche nella «lotta contro la povertà educativa per far rialzare i ragazzi che hanno avuto di meno». Le difficoltà e i pregiudizi si combattono aprendo le comunità, andando a cercare i ragazzi per le strade come facevano i santi sociali.

«Far sentire a casa chi ha bisogno di sostegno: questa è la sfida del San Paolo: dobbiamo riscoprire la vita comunitaria. Qui funziona perché la comunità parrocchiale, l’oratorio, la comunità degli educatori e la Casa di accoglienza sono integrate, sono un’unica famiglia dove ciascuno si prende carico uno degli altri»

sottolinea don Stefano Mondin. Fabrizio Spina, educatore, consacrato salesiano è uno dei responsabili del nuovo appartamento, «un laboratorio» come lo definisce «in cui ho la fortuna di sperimentare insieme a questi ragazzi, italiani e stranieri, che hanno fatto un pezzo di strada nelle nostre opere, un percorso verso l’età adulta in stile salesiano: una famiglia di giovani che hanno bisogno ancora di una stampella per fare il salto verso l’autonomia. C’è chi lavora, chi ha ripreso gli studi, chi sta cercando la sua strada. Ci aiutiamo, la comunità parrocchiale ci aiuta, non siamo soli. Sono ragazzi che meritano fiducia, la condivisione di valori comuni è uno stimolo forte alla crescita». Durante l’inaugurazione, don Stasi ha ricordato che oggi don Bosco avrebbe fatto lo stesso richiamando le parole dell’omelia dell’Arcivescovo in Basilica, davanti all’urna del santo dei giovani:

«Don Bosco non ha mai considerato un ragazzo irrimediabilmente perduto, tanto da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: ‘Talità Kum’, alzati e cammina come ha detto Gesù alla figlia di Giairo. Nessun ragazzo e ragazza è dunque considerato ‘morto’, perduto per sempre, da parte di Gesù. Nessuno è considerato così difficile da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: ‘Alzati dalla tua situazione e prendi in mano la tua vita con gioia e coraggio’».

Don Bosco Châtillon: le esperienze degli stage aziendali all’estero dei ragazzi al TGR

“Consentire agli studenti di fare una esperienza di vita e di lavoro all’estero per acquisire nuove competenze professionali e linguistiche” è l’obiettivo del progetto organizzato dall’Istituto Salesiano Don Bosco di Châtillon che anche quest’anno ha permesso a 17 studenti delle classi quarte e quinte di svolgere uno stage aziendale in alcune città della Spagna e della Francia.

Il 31 gennaio scorso, nel giorno della ricorrenza di San Giovanni Bosco, l’edizione del “Buongiorno Regione” del TGR della Valle d’Aosta ha dedicato un servizio alle esperienze di stage all’estero vissute dai ragazzi dell’Istituto. Ospite in studio per commentare il progetto, il direttore dell’opera don Vincenzo Caccia.

(Servizio TGR sull’Istituto Don Bosco di Châtillon dal minuto 14.13 al minuto 20.20)

Gli stage della durata da 1 a 3 mesi sono stati finanziati dalla Sovrintendenza agli studi della Regione Valle d’Aosta e dalla Fondazione CRT.

Uno degli obiettivi principali di questa esperienza è il poter imparare a vivere in autonomia.

La nostra soddisfazione è stata quella di vedere che ad alcuni ragazzi è stata proposta un’assunzione direttamente da queste ditte all’estero. Ci fa piacere e vuol dire che stiamo andando nella direzione giusta.

(Don Vincenzo Caccia in studio al TGR – Direttore dell’Istituto Don Bosco di Châtillon)

Avvenire – Una casa di accoglienza per giovani nel segno di don Bosco

Si riporta la notizia proveniente da Avvenirequotidiano di ispirazione cattolica – di sabato 1 febbraio, riguardo all’inaugurazione della comunità di San Paolo, un appartamento per l’«accoglienza residenziale temporanea» che potrà ospitare fino a 7 giovani maggiorenni, e della messa tenutasi in Basilica Maria Ausiliatrice a Valdocco presieduta dall’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, in occasione della festa di don Bosco del 31 gennaio 2020 (clicca qui per saperne di più). Articolo a cura di Marina Lomunno.

«Questa è la mia casa» fa il bis. La comunità dell’Opera salesiana San Paolo, che prende il nome da una delle borgate più antiche e popolari della città, inaugura nel pomeriggio un appartamento per l’«accoglienza residenziale temporanea» che potrà ospitare fino a 7 giovani maggiorenni. La nuova struttura, in cui trovano spazio anche i rinnovati locali della Caritas, si aggiunge alla comunità alloggio aperta nell’ottobre 2016 in cui sono stati accolti 12 minori stranieri non accompagnati (11 egiziani e un albanese) affidati ai salesiani dall’Ufficio minori stranieri del Comune. I nuovi servizi vengono avviati non a caso all’indomani della festa liturgica di don Bosco, celebrata ieri nella Basilica di Maria Ausiliatrice con la Messa per i giovani con il rettor maggiore don Ángel Fernández Artime e in serata con quella presieduta dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia.

«Circa tre anni fa eravamo qui per inaugurare la nuova comunità per minori stranieri» anticipa il direttore del San Paolo, don Alberto Lagostina parlando dell’inaugurazione di oggi.

«Già allora avevamo il desiderio di fare qualcosa di più, per quanti di loro hanno ancora bisogno di un periodo di sostegno prima di affrontare la vita in completa autonomia. È nata così questa Accoglienza».

Don Lagostina sottolinea come la nuova Casa, resa possibile grazie al contributo di un benefattore, rientra nel cammino di accoglienza della parrocchia e dell’oratorio che contribuiscono con tanti volontari alla gestione pratica ed educativa delle due Comunità per i giovani più fragili e del Centro di ascolto della Caritas “salvagente” per le crescenti le necessità delle famiglie del quartiere.

«In un tempo dove si enfatizza la diversità, dove nascono nuove forme di razzismo, dove si colpiscono fasce deboli come gli immigrati, facendoli diventare causa di tutti i mali, riteniamo importante porre piccoli segni che però parlano. Così è questa nuova residenza per giovani che si affacciano alla vita adulta dove si intende porre il segno della condivisione tra diverse nazionalità, italiana compresa». È l’impegno dei salesiani in città, che continuano ad essere in prima linea negli oratori delle periferie multietniche nella «lotta contro la povertà educativa per far rialzare i ragazzi che hanno avuto di meno».

Come avrebbe fatto oggi don Bosco, ha evidenziato l’arcivescovo Nosiglia in Basilica davanti all’urna del santo dei giovani: «Don Bosco non ha mai considerato un ragazzo irrimediabilmente perduto, tanto da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: Talità Kum, alzati e cammina come ha detto Gesù alla figlia di Giairo. Nessun ragazzo e ragazza è dunque considerato “morto”, perduto per sempre, da parte di Gesù. Nessuno è considerato così difficile da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: “Alzati dalla tua situazione e prendi in mano la tua vita con gioia e coraggio”».

 

 

Don Jabloyan, «l’Oratorio di Aleppo unica speranza nella guerra» – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo di questa domenica, 2 febbraio, riporta un articolo dedicato alla testimonianza di don Pier Jabloyan, direttore della Casa Salesiana in Siria, durante la giornata di formazione congiunta tra salesiani ed educatori a Valdocco. Di seguito l’articolo dedicato, a cura di Stefano Di Lullo.

Don Jabloyan, «l’Oratorio di Aleppo unica speranza nella guerra»

VALDOCCO – LA TESTIMONIANZA DEL DIRETTORE DELLA CASA SALESIANA IN SIRIA ALLA GIORNATA DI FORMAZIONE CONGIUNTA PER SALESIANI ED EDUCATORI

La scorsa settimana presso la Casa madre dei Salesiani di Valdocco a Torino si è tenuto il secondo incontro dedicato al percorso di formazione congiunta tra Salesiani ed educatori di oratorio. La prima parte dell’incontro ha riguardato la relazione sul tema «I giovani alla luce dello sguardo di don Bosco» a cura di don Mario Fissore, incaricato dell’oratorio San Luigi a San Salvario che ha affrontato il tema partendo da ciò che Don Bosco racconta della sua giovinezza e adolescenza.

«La comprensione di fede dei propri anni giovanili, l’esperienza pastorale nella Torino dell’Ottocento, l’approfondimento di operette di spiritualità giovanile – ha detto don Fissore -hanno infatti portato in don Bosco a radicare la certezza che i giovani godessero di una speciale predilezione da parte di Dio. Per don Bosco la giovinezza è un’età quanto mai preziosa in funzione dell’esistenza della singola persona e del futuro della società, anche perché è facile constatare come la strada intrapresa negli anni della gioventù, difficilmente si abbandona in età adulta».

La seconda parte del percorso di formazione ha riguardato invece la testimonianza di don Pier Jabloyan, direttore della Casa Salesiana di Aleppo che si trova nella zona ovest della città, dal 2011 dilaniata dalla guerra. Don Pier ha parlato dell’importante ruolo che ha avuto l’oratorio salesiano di Aleppo nell’accogliere i giovani della città nelle situazioni più drammatiche e devastanti del conflitto che ha lasciato tracce indelebili nel tessuto cittadino che sta cercando di risollevarsi con coraggio e tenacia.

«In alcune occasione siamo stati costretti a chiudere l’oratorio per motivi di sicurezza», ha raccontato don Pier, «appena possibile abbiamo sempre ripreso le attività con coraggio, aprendo le porte ai giovani. Non abbiamo fatto cose straordinarie, ma normali, che durante una guerra diventano certamente straordinarie. Per questo lo spirito di Don Bosco per noi che viviamo l’esperienza della guerra ha significato testimoniare una vita gioiosa».

Lo scorso novembre è partito il gemellaggio fra i giovani dell’Ispettoria dei Salesiani di Piemonte e Valle d’Aosta e quella del Medio Oriente, in particolare con le Case salesiane di Aleppo e Kafroun in Siria. Un progetto che punta a favorire legami di fraternità formati da aiuti concreti e dalla preghiera gli uni verso gli altri.

Stefano DI LULLO

Museo etnologico Missioni Don Bosco: il nuovo allestimento – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo di questa domenica, 2 febbraio, riporta un articolo dedicato al Museo etnologico Missioni Don Bosco inaugurato lo scorso autunno a Valdocco. Di seguito l’articolo dedicato, a cura di Federico Biggio.

San Giovanni Bosco nel mondo, museo a Valdocco

NUOVO ALLESTIMENTO – VISITABILE ANCHE NEI GIORNI DELLA FESTA

Nei giorni della festa di Don Bosco con celebrazioni quasi ad ogni ora a Valdocco (tra le altre venerdì 31, alle 18.30, la solenne concelebrazione con i giovani del Movimento giovanile salesiano presieduta dal Rettor Maggiore, e alle 21 la concelebrazione presieduta da mons. Cesare Nosiglia), la riflessione e la preghiera al santo ben si possono accostare alla visita al Museo etnologico Missioni Don Bosco inaugurato lo scorso autunno a Valdocco.

Dai manufatti della Patagonia e della Terra del Fuoco, appartenenti a popolazioni oggi estinte e risalenti alla prima missione salesiana nel 1875, ai diademi Bororo del Brasile, che spiccano al centro della sala accanto a statue tradizionali e ventagli giapponesi, il museo ripercorre, attraverso gli oggetti esposti, la storia culturale delle popolazioni indigene incontrate in 150 di missioni salesiane in sud America, in Asia, in Oceania e in Africa. Questi oggetti – utensili, arredi, abiti e ornamenti – costituiscono il «racconto di un incontro», come l’ha definito Elisabetta Gatto, antropologa di Missioni don Bosco e responsabile dell’allestimento.

Un racconto di storie di invenzione creativa, che ha portato diversi popoli ad adattarsi all’ambiente, trasformando le poche risorse disponibili in manufatti dall’enorme valore etnografico, per rispondere alle esigenze di vita quotidiana o per la realizzazione delle pratiche culturali e rituali. Collocati all’interno di teche e armadi ‘reliquiari’ (sono gli stessi che precedentemente erano siti nel museo delle Camerette di don Bosco), questi oggetti raccontano anche di uno spostamento geografico, che dalla loro terra di origine li ha portati oggi ad essere presenti in Italia, a Valdocco, nel cortile in cui il carisma salesiano è nato, grazie al lavoro dei missionari che, nel corso degli anni, li hanno ricevuti in dono da parte delle popolazioni indigene incontrate, supportate ed evangelizzate, nel rispetto delle culture religiose locali. Lo stesso spostamento che, ancora oggi, pellegrini provenienti da ogni parte del mondo, giungendo a Torino, a Valdocco, continuano ad alimentare anno dopo anno, da 150 anni.

Il museo inoltre è anche stato pensato seguendo un percorso cromatico che rappresenti, metaforicamente, la contrapposizione e il reciproco richiamo fra la terra ed il cielo. Gli oggetti esposti e le teche richiamano la terra cruda e diverse tonalità del marrone; le tavole descrittive, i colori dell’arcobaleno. Costituisce una ricchezza scientifica per lo studio etnografico che approda in città (la più completa collezione si trova al colle don Bosco) e si apre al pubblico, tutti i giorni, festivi compresi, dalle 8 alle 18.

Federico BIGGIO

Oratorio Michele Rua: Il ragazzo di Barriera che battè Kobe e in premio ebbe le sue «Crazy 8»

Nel lontano 1997, un educatore dell‘oratorio salesiano Michele Rua, Dario Licari sfidò ad un torneo il campione di basket Kobe Bryant recentemente scomparso in un tragico incidente, il quale gli promise che se avesse vinto gli avrebbe regalato le sue famose scarpe, le Crazy 8 dell’Adidas. Oggi quell’educatore ne conserva il ricordo insieme ad una foto scattata quel giorno.

Si riporta di seguito l’articolo pubblicato oggi sul “Corriere della Sera“.

Per i collezionisti di sneakers, le Crazy 8 sono le prime scarpe indossate da Kobe Bryant in campionato. Anno 1997, quelle Adidas raccontano lo scomparso asso dei Lakers prima del successo. Ma per Numinato «Dario» Licari, 45 anni, educatore dell’oratorio Michele Rua, le Crazy 8 sono la prova che non è inventata la leggenda del ragazzo di Barriera di Milano che battè il campione.
Per gli adolescenti di inizio Duemila, l’Adidas Streetball era l’appuntamento che segnava l’inzio dell’estate. Un torneo «griffato» capace di radunare migliaia di giovani da tutto il Piemonte. Col basket come pezzo forte e i canestri montati al Lingotto.

«Io ho partecipato a tre edizioni. Nel 1997 con i miei amici dell’oratorio c’eravamo iscritti al torneo di calcio. Siamo arrivati in finale, con la squadra: “Numi il rabbino e i suoi discepoli”. Nome ispirato ai miei capelli di allora».

A 23 anni Licari è uno sportivo, ma ancora di più un personaggio.

«Avevo le treccine, giravo per gli stand con un cappello da vichingo e un cartello con su scritto “Applausi” e “non vi sento”».

Che gli ha permesso di arrivare alle finali internazionali di Milano senza aver vinto sul campo.

«Mi assegnarono il premio simpatia, il riconoscimento “rivelazione della tappa”, ricorda, e l’invito per Milano».

Per Licari, oggi consigliere di Circoscrizione 6, quel viaggio ha un finale inaspettato.

«Dovevo fare l’animatore, c’erano 10 mila ragazzi da tutto il Mondo», racconta.

Fino alla partita che non t’aspetti.

«Prima della gara delle schiacciate, organizzarono una partitella tra star. Siccome ne mancava uno, mi sono unito. Io ho giocato con il padre di Bryant, nell’altra squadra c’erano Meneghin e il giovanissimo Kobe».

Quell’estate, il ragazzo dei Lakers non è ancora il Black Mamba della storia della pallacanestro. A maggior ragione in Italia dove il basket era uno sport per pochi e difficile da vedere in tv.

Non c’erano internet e smartphone. Ma una foto racconta quell’amichevole in cui davanti a migliaia di ragazzi, un giovane di 23 anni di Barriera ha annichilito Kobe.

«Mi sono presentato in inglese al giovane Bryant. Ma lui mi ha risposto in italiano lanciandomi una sfida. Se gli avessi fatto un canestro, mi avrebbe regalato qualcosa. Io ho puntato, da buon ragazzo di Barriera, subito alle scarpe. Lui ha accettato. Il resto? È storia».

Primo pallone, Licari deve avviare

l’azione ma, invece di passarlo, fa due-tre passi verso il centrocampo e indovina il tiro della vita.

«È scoppiato un boato incredibile, aggiunge. Poi, Kobe diede spettacolo e fece vedere le sue famose schiacciate».

Ma la sfida aveva
un altro vincitore.

«Preferivo il calcio, ma ero un amatore del basket. Quando arrivavo in oratorio, molte volte per primo, mi mettevo a palleggiare da solo. Ho sempre avuto un’abilità, per non dire altro, per le “bombe” da tre. E, quella volta, non mi sono tirato indietro».

Un canestro diventato leggenda.

«In quartiere, i truzzi di Barriera mi chiamavano quello che aveva “battuto Bryant”. Poi, negli anni, la storia è stata dimenticata e qualche volta la racconto ai bambini dell’oratorio dove lavoro ancora. Quasi non ci credono».

E le scarpe?

«Le ho conservate. Anche se hanno un numero improponibile. Ho provato a indossarle ma, anche con
due calze, mi stanno troppo larghe».

Licari mostra le Crazy 8 come una reliquia.

«Eravamo giovani e spensierati. Sono dispiaciuto per la morte di Bryant. Oggi mi ha scritto un amico d’infanzia che non abita in Italia. Abbiamo sorriso con tristezza ricordando quel giorno».

Salesiani Novara: “L’esempio di don Bosco dalla Materna al Liceo”

Il Verbano riporta un articolo dedicato all’impegno dei Salesiani a Novara nell’accompagnare i ragazzi dai banchi di scuola fino all’età adulta. Tra le realtà coinvolte, l’Istituto San Lorenzo, le scuole di via Battistini e via Gallarati delle Figlie di Maria Ausiliatrice, l’Oratorio e il CFP.

Riportiamo di seguito l’articolo pubblicato il 24 gennaio scorso a cura di Sara Sturmhoevel.

UN AIUTO PER L’EDUCAZIONE FIN DA PICCOLI

L’esempio di don Bosco dalla Materna al Liceo

A Novara: i primi salesiani arrivarono nel 1893

Stare accanto ai giovani, per guidarli dai banchi di scuola fino all’età adulta, dando loro gli strumenti per diventare cittadini consapevoli e buoni cristiani, nella convinzione che si inizia da piccoli a diventare grandi. Questo è da oltre cento anni lo scopo dei Salesiani a Novara. Un lavoro quotidiano, accanto ai giovani, che passa dalle aule scolastiche dell’Istituto San Lorenzo e delle scuole di via Battistini e via Gallarati, dall’Oratorio e dai centri per la formazione professionale, fino ad arrivare, grazie a un lavoro di costante alleanza con le famiglie, alle case dei ragazzi.

«La presenza salesiana a Novara risale al 1893, quando a Novara arrivò il primo salesiano, e da quel momento, seguendo l’esempio di don Bosco, si è sempre impegnata per la formazione e l’educazione dei più piccoli – ricorda don Giorgio De Giorgi, direttore del San Lorenzo -. Animati dal carisma di Don Bosco e attenti ai cambiamenti della società, con i nostri insegnanti ed educatori accompagniamo i ragazzi in un cammino educativo che va oltre all’orario scolastico».

I salesiani all’Istituto San Lorenzo si occupano dell’istruzione di 630 giovani, che frequentano la scuola secondaria di primo grado, il Liceo Scientifico e i corsi del Centro di formazione professionale e che sono ospitati presso il Convitto universitario.

Condividono con l’Istituto San Lorenzo l’impegno educativo nei confronti degli adolescenti le Figlie di Maria Ausiliatrice dell’Istituto Immacolata di via Gallarati.

«Siamo impegnate nel servizio educativo dei ragazzi, a partire dalla scuola elementare – spiega la direttrice suor Cecilia Berra -. L’impegno formativo continua attraverso l’attenzione per i 216 adolescenti e gli adulti disoccupati, circa 50, che seguono i corsi del CIOFS-FP».

Per 215 bambini della primaria, 155 ragazzi della secondaria e per gli studenti del CIOFS-FP, le 19 religiose, assieme agli insegnanti ed educatori, sono un punto di riferimento. Il servizio per l’educazione dei bambini incomincia, però, già alla scuola materna. Ad occuparsene sono le Figlie di Maria Ausiliatrice di via Battistini, nella parrocchia del Sacro Cuore di Novara.

«Con i più piccoli ci mettiamo in gioco ogni giorno per rendere concreta la nostra vocazione educativa – dice suor Daniela Rei, direttrice dell’Istituto di Via Battistini -. Seguiamo 470 bambini alla scuola primaria e a qulla per l’infanzia, e cerchiamo di essere d’aiuto in parrocchia».

Ed è così che la vocazione educativa della Famiglia salesiana a Novara si trasforma in un servizio alla comunità.

Sara Sturmhoevel 

Collaborazione AslTo3 e IUSTO – La Stampa

L’Azienda Sanitaria Locale di Collegno e Pinerolo (Asl To3) e l’Istituto Universitario Salesiano di Torino (IUSTO) collaboreranno alla sperimentazione di un servizio di Psicologia all’interno delle Case della Salute. Lo prevede l’accordo siglato nei giorni scorsi dal Direttore generale dell’Asl To3 Flavio Boraso e dal Direttore generale di IUSTO Alessio Rocchi.

Si riporta di seguito l’articolo pubblicato ieri da La Stampa in merito alla nuova collaborazione.

Nelle case della Salute dell’Asl To3 arrivano gli psicologi dell’Università salesiana

L’istituto cattolico metterà a disposizione psicologi e tirocinanti post-laurea, dottorandi di ricerca ed educatori

COLLEGNO. Nelle Case della salute dell’Asl To3 arriveranno gli psicologi dell’Istituto Universitario Salesiano di Torino (Iusto). L’accordo di collaborazione è stato siglato tra il Direttore generale dell’Asl To3 Flavio Boraso e dal Direttore generale di Iusto Alessio Rocchi. Il progetto, finanziato dalla Compagnia di San Paolo, riguarderà le Case della Salute di Beinasco, Collegno, Cumiana, Pianezza e Vigone, ovvero le Case della Salute strutturali dell’Asl To3 che prevedono la presenza stabile di medici di base e pediatri. Iusto metterà a disposizione psicologi e tirocinanti post-laurea, dottorandi di ricerca ed educatori.
L’obiettivo
L’obiettivo è offrire un supporto psicologico alle persone che si rivolgono alle strutture, aiutando i pazienti ad aumentare la conoscenza della propria malattia (specie nella cronicità), ad adottare comportamenti e stili di vita più appropriati e ad applicare in modo adeguato le terapie, al fine di migliorare il benessere dell’individuo e riducendo oltretutto la medicalizzazione e l’uso improprio di farmaci e di esami diagnostici.

Avvenire: “Salesiani per i giovani, oggi” – CG28

Nella giornata di ieri, 23 gennaio, si è tenuta la Conferenza Stampa di presentazione del 28° Capitolo Generale della Congregazione Salesiana (CG28) presso la Sede Centrale Salesiana a Roma, alla presenza del Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, del card. Cristóbal López Romero sdb arcivescovo di Rabat, di don Stefano Vanoli, regolatore dei lavori del 28° Capitolo Generale,  e di don Giuseppe Costa sdb, giornalista e già Direttore della Libreria Editrice Vaticana.

Nella giornata di oggi, il quotidiano Avvenire dedica un articolo sul prossimo Capitolo Generale della Congregazione Salesiana con particolare riferimento alla presenza di alcuni ragazzi che saranno parte attiva dei lavori del Capitolo sul tema “Quali salesiani per i giovani d’oggi?“.

Si riporta di seguito l’articolo pubblicato in data odierna da Avvenire, a cura di Gianni Cardinale.

Salesiani per i giovani, oggi

A Valdocco (Torino) dal 16 febbraio al 4 aprile prossimi il 28° Capitolo generale
Tra le novità più importanti la partecipazione attiva ai lavori di alcuni ragazzi

(Roma – 24/01/2020 Pag. 22) – «Quali salesiani per i giovani d’oggi?». È questo il tema del 28° capitolo generale della Congregazione salesiana in programma a Torino dal 16 febbraio al 4 aprile.

Per il rettor maggiore don Angel Fernández Artime sarà l’occasione per individuare le priorità dei figli di don Bosco nel lavoro apostolico dei prossimi sei anni. Con due cardini specifici propri per questo Capitolo: la sintonizzazione con i giovani in un mondo che cambia a ritmi sempre più vertiginosi, e la consapevolezza di lavorare insieme con i laici in questa missione.

Ieri la presentazione dell’evento presso la Sede Centrale Salesiana a Roma, nell’opera del “Sacro Cuore”, coordinato da don Giuseppe Costa, giornalista e già direttore della Libreria Editrice Vaticana. Presenti, oltre al rettor maggiore, il cardinale Cristobal López Romero, arcivescovo di Rabat, e don Stefano Vanoli, Regolatore del Capitolo, che ha offerto alcuni dettagli sull’assise, tra cui la novità della presenza di alcuni giovani e laici che parteciperanno, in due diverse settimane, ai lavori.

Il capitolo si terrà a Valdocco.

«È un ritorno a casa, alle origini, lì c’è Don Bosco. Non è la stessa cosa fare un incontro lì o altrove»,

ha spiegato don Fernández Artime, che ha ribadito l’impegno che contraddistingue i salesiani da sempre e che vuole essere mantenuto anche in futuro, quello di vivere il proprio carisma con concretezza e realismo, per ottenere sempre il massimo possibile in favore di tutti i giovani del mondo – cristiani, musulmani, induisti, agnostici… – e specialmente di quelli più poveri e privi di risorse. Soprattutto attraverso l’educazione.

«Quando la Chiesa, la Congregazione fanno qualcosa che non va, – ha precisato il rettor maggiore – quando ci sono errori, sbagli e fragilità, è giusto dirlo. Ma in oltre 100 nazioni ho visto davvero anche quanto bene viene fatto dai salesiani e dalla Chiesa». Il decimo successore di don Bosco, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha illustrato l’impegno dei salesiani in alcune regioni particolari, come il Venezuela, dove la Congregazione ha aiutato – anche economicamente – non solo alle opere salesiane ma anche le famiglie e le realtà più bisognose, come la Siria, con i salesiani che non hanno abbandonato quella popolazione martoriata dalla guerra, e l’Africa dove «sicuramente la vita di migliaia di giovani non sarebbe la stessa senza l’educazione salesiana».

Per il cardinale López Romero, che l’altra sera è stato ricevuto in udienza dal re del Marocco,

«oggi come mai è necessario che i salesiani continuino a essere presenti nelle periferie, nelle frontiere, nei luoghi di guerra, proprio come ci ha indicato don Bosco, il cui carisma è stato missionario fin dal primo momento».

L’arcivescovo di Rabat, che papa Francesco ha onorato con la porpora nell’ultimo Concistoro, ha ricordato che i salesiani hanno

«una grande capacità di adattarsi ai diversi contesti anche politici e di essere realisti, in quanto il loro unico obiettivo è quello di agire per il bene dei giovani».

«Ciò – ha spiegato – non significa però non essere critici. Vediamo le difficoltà ma cerchiamo di superarle con l’educazione e la formazione. Così come i radicalismi che sono generati esclusivamente dall’ignoranza».

Citando il celebre invito di don Bosco a formare “buoni cristiani e onesti cittadini” il cardinale ha poi osservato che esso si applica felicemente anche nei contesti a maggioranza musulmana.

«Sono convinto – ha osservato – che se don Bosco fosse oggi nei Paesi musulmani, trasformerebbe il suo famoso slogan dicendo: “Onesti cittadini e buoni credenti”».

Don Bosco infatti «avrebbe assimilato il Concilio Vaticano II e lo avrebbe messo in pratica, evitando il proselitismo (che all’epoca era normale) e impegnandosi nell’ecumenismo e nel dialogo interreligioso».

Da sapere

Ordinariamente il Capitolo generale dei salesiani si raduna ogni sei anni per fare il punto della situazione, tracciare le linee per il sessennio successivo, ed eleggere il rettor maggiore e gli altri membri del Consiglio Generale. Quest’anno i capitolari saranno 243 tra aventi diritto di voto e in vitati. Lo spagnolo don Angel Fernandez Artime, 60 anni, è stato eletto rettor maggiore nel precedente Capitolo del 2014 ed è rieleggibile per un altro mandato.

La presenza dei «figli» di Don Bosco 14.618 i salesiani nel mondo (132 vescovi, 14.056 professi e 430 novizi) 1.392 coadiutori, con 28 diaconi permanenti, in 1.802 opere erette canonicamente 3.643 scuole e istituti con 940mila allievi e 68mila docenti e formatori 830 centri di formazione professionale, 200mila allievi e 15mila docenti.

Salesiani San Salvario, Santa Giulia: la «Movida di qualità»

Le parrocchie di Ss. Pietro e Paolo a San Salvario e la parrocchia Santa Giulia a Vanchiglia, hanno preso parte all’iniziativa di stare accanto e aiutare giovani della movida notturna.

Si riporta di seguito l’articolo che verrà pubblicato questa domenica sul quotidiano della “Voce del Tempo“.

Chiese e oratori spalancati sulla movida notturna torinese. È l’impegno che la parrocchia Ss. Pietro e Paolo a San Salvario, affidata ai Salesiani, e la parrocchia Santa Giulia a Vanchiglia, curata dai sacerdoti della fraternità di San Carlo, stanno intensificando coinvolgendo gruppi giovanili e comunità parrocchiali. Obiettivo, stare accanto ai giovani della notte che, in particolare nei week-end, ma non solo, affollano i quartieri della movida torinese «dove tutto è lecito» e dove, quindi, diventa troppo facile cadere nello sballo e nella devianza. Le cronache locali e nazionali di incidenti nei luoghi della movida e di ricoveri per coma etilico, avvenuti nelle ultime settimane, mostrano come siano sempre più giovani i ragazzi che nelle piazze notturne abusano di alcol e fanno uso di sostanze stupefacenti: si parte dai 12-13 anni, sia maschi che femmine.

San Salvario: nel quartiere torinese simbolo della movida già nel 2013 la parrocchia, sotto la guida dell’allora parroco don Mauro Mergola, decise di aprire le porte della chiesa il sabato notte e favorire opportunità di incontro fra sacerdoti, educatori e ragazzi. Anche l’Arcivescovo Nosiglia più volte negli ultimi anni ha incontrato i giovani della notte sia in piazza che in chiesa per l’iniziativa della «movida spirituale». Ora tutta la comunità parrocchiale sta strutturando la ripresa dell’iniziativa interrotta negli ultimi mesi per l’avvicendamento dei sacerdoti nell’opera salesiana a San Salvario che avverrà nelle prossime settimane con nuove modalità. «Questa attenzione», sottolinea il parroco di Ss. Pietro e Paolo don Claudio Durando,

«viene richiesta indirettamente dagli stessi ragazzi che, soprattutto il venerdì e il sabato notte, si ritrovano nelle vie di San Salvario. Si incontrano sulla strada, fuori dai locali, per occupare il tempo: iniziano quindi a bere senza controllo, poi passano ad atti di vandalismo: rovesciano cassonetti, danneggiano auto, semafori… E al mattino presto fuori dalla chiesa ecco i resti del passaggio notturno: vetri dappertutto, immondizia, alcool, muri imbrattati, danni ad arredi pubblici».

Questa la proposta della parrocchia:

«un’occasione per passare bene il tempo del divertimento».

Si chiederà il coinvolgimento dei coetanei che prestano servizio negli oratori San Luigi e Ss. Pietro e Paolo, delle famiglie e della comunità. In particolare i Salesiani di San Salvario lanciano l’appello anche a giovani di altre parrocchie, oratori, associazioni ecclesiali della città per trascorrere il sabato sera con i propri coetanei «animando proposte», sottolinea don Durando,

«che diano qualità al tempo».

Sarà allestito uno spazio sul sagrato con calcio balilla, dove poter chiacchierare, suonare la chitarra e cantare insieme. E poi in chiesa ci sarà la possibilità di parlare con un sacerdote, confessarsi, fermarsi a pregare.

Vanchiglia: nell’ultimo anno è esplosa la movida in piazza Santa Giulia e nelle vie limitrofe. Tutte le sere le strade sono sovraffollate: il borgo è attanagliato dalla movida senza controlli, dallo spaccio di droga sotto gli occhi di tutti e da fenomeni di illegalità che continuano a crescere nonostante gli appelli rivolti all’amministrazione comunale da parrocchie, scuole, commercianti, residenti e associazioni del quartiere (misure concrete sono state annunciate martedì 14 gennaio dal nuovo Tavolo per la sicurezza della Città di Torino coordinato dalla Prefettura).

«Abbiamo intensificato la presenza di famiglie e giovani»,

sottolinea il parroco don Gianluca Attanasio,

«che insieme ai sacerdoti si mettono in ascolto dei ragazzi e propongono attività insieme. Lo sballo spesso è antidoto alla paura dell’incontro con l’altro, vista la sempre più crescente dipendenza dai social network, dalle app di incontri, dalla rete. Si ha paura di rimanere delusi o di non essere accettati. Dobbiamo dunque ricreare spazi di dialogo offrendo proposte di senso».

Anche su impulso dell’Arcivescovo Nosiglia, che lo scorso marzo ha compiuto la Visita pastorale nella zona, le parrocchie dell’Unità pastorale 2 stanno strutturando insieme nuove proposte aggregative in oratorio in particolare il venerdì e il sabato sera fino a notte: attività che diano significato alla vita, alla bellezza, che costruiscano e non distruggano anche nel tempo dello svago.

«Sono numerosi i ragazzi»,

conclude il parroco di Santa Giulia, che mi dicono:

«don, questo è l’unico luogo in cui possiamo parlare liberamente. Ed ecco allora il dovere di ascoltare».

La parrocchia Santa Giulia da sempre è riconosciuta come polo educativo del quartiere attraverso la proposta di molteplici iniziative rivolte sia agli adolescenti che ai numerosi universitari che abitano nella zona, in particolare gli studenti fuori sede. Sono oltre 50 gli universitari e i giovani lavoratori che partecipano al cammino loro dedicato, centinaia i ragazzi che frequentano l’oratorio.

Tutti i giovedì gli universitari si ritrovano alle 19 per la Messa a cui segue la cena e un incontro per fare il punto sulla propria vita negli anni delicati delle scelte per il proprio futuro. Allo stesso modo avviene il venerdì per i ragazzi delle superiori: dopo un momento di preghiera alle 19 e la cena, segue la serata insieme in oratorio. C’è poi l’aula studio aperta ogni giorno a tutti gli studenti. Ci sono, infine, le squadre della Polisportiva Santa Giulia, le proposte del teatro Giulia di Barolo, la storica manifestazione «Maggio in Oratorio» con un fitto calendario di iniziative culturali e aggregative aperte a tutta la città.