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Inaugurazione Housing Sociale San Salvario

Oggi, mercoledì 26 giugno 2019, si è svolta l’inaugurazione dell’Housing Sociale – “San Salvario house – Una angolo a colori in San Salvario … profumi e sapori di casa” – della Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Torino, in Via Saluzzo 25/bis (TO).

Publiée par Salesiani Piemonte, Valle d'Aosta e Lituania sur Mercredi 26 juin 2019

L’evento ha avuto inizio alle ore 12.00 con i saluti di benvenuto da parte del Direttore dell’opera salesiana San Giovanni Evangelista , don Luigi Testa:

Oggi inauguriamo una nuova realtà per cui Don Bosco è sempre più presente vicino a noi.

Successivamente, don Mauro Mergola, Parroco salesiano della realtà,  ha presentato il progetto su cui poggia l’opera dell’Housing Sociale:

Come Don Bosco, anche noi cerchiamo di metterci in ascolto dei giovani, delle loro situazioni, e insieme a loro cerchiamo di dare delle risposte, perché nessun ragazzo si senta escluso.

Dopo la presentazione del progetto, è intervenuta la dott.ssa Francesca Vallarino Gancia, Componente del Consiglio Generale della Compagnia di San Paolo, in merito al programma “Housing” della Compagnia:

La realizzazione di questa iniziativa è la manifestazione della sensibilità e dell’attenzione della Compagnia ai bisogni sociali emergenti, soprattutto nel nostro territorio, e della volontà di dar vita ad uno spazio in cui i giovani, italiani e stranieri, possano sperimentare la convivenza acquisendo una autonomia nella gestione di uno spazio di casa e nella capacità di coabitazione seppur temporanea, per un periodo di 18 mesi.

La Compagnia crede molto a questi progetti che hanno un valore comunitario.

In seguito la parola è passata a Sonia Schellino, Assessore alla Salute, Politiche Sociali ed Abitative della Città di Torino, portando anche i saluti da parte del Sindaco e della Giunta Comunale di Torino:

Sempre più persone, soprattutto giovani e persone in difficoltà, sono chiamate a transitare attraverso spazi temporanei: nelle situazioni più sfortunate, il passaggio è in dormitorio, nelle situazioni più strutturare è l’Housing Sociale, la comunità, il luogo dove impari a condividere e impari a crescere. A questi spazi dobbiamo allora dare un’attenzione particolare.

Oggi dobbiamo ringraziare per questo importante lavoro che è stato fatto per i giovani.

A seguire, sono intervenuti don Enrico Stasi, Ispettore dei salesiani di Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania e Pierluigi Dovis, Direttore Caritas Diocesana di Torino per i saluti ai partecipanti all’evento:

Questo è un progetto della Chiesa di Torino di cui i Salesiani sono parte viva, una Chiesa che entra in alleanza con tutti coloro che vogliono il bene della gente e dei giovani. Questo progetto è per i giovani.  (Don Enrico Stasi)

L’augurio che faccio all’Housing all’inizio della sua attività e che diventi e sia sempre una “parola di verità” in mezzo alle troppe parole svianti che vengono dette sugli uomini e sulle donne, sui poveri e sugli ultimi e su quelli che sono ritenuti da molti al di fuori dell’attenzione prioritaria che dobbiamo avere (Pierluigi Dovis).

Momento celebrativo dell’evento ha riguardato la consegna delle chiavi dell’Housing Sociale ai ragazzi ospitati della casa, a cura del Vescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia e di don Mauro Mergola, il quale ha presentato ciascun ragazzo coinvolto nel progetto.
È poi seguita la consegna dei portachiavi dell’Housing Sociale ai partecipanti all’evento, a cura dei ragazzi ospitati dalla casa: un oggetto simbolico dal titolo “Questa è la mia casa“.

L’inaugurazione è proseguita con la presentazione di una “icona evangelica” dedicata all’evento e riportante un brano del Vangelo di Luca (19,1-6) in 4 lingue, letto da una volontaria attiva nel progetto dell’Housing Sociale.

Subito dopo la lettura del Vangelo, ha preso la parola il Vescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, riprendendo le parole di Papa Francesco rivolte ai giovani durante la Giornata Mondiale di Panama:

“Voi giovani siete l’adesso di Dio, siete l’oggi di Dio”

Dopodiché l’intervento del Vescovo è proseguito rivolgendosi ai ragazzi coinvolti nel progetto dell’Housing Sociale:

Bisogna veramente che questa casa la consideriate, cari giovani, la vostra casa, gestendola come voi sentite nel cuore. La dovete sentire come vostra, dando tutto l’apporto necessario perché sia una casa di pace, di serenità, di accoglienza, di dialogo, di incontro, di rispetto reciproco, di aiuto gli uni con gli altri. Non consideratevi ospiti ma padroni.

La parte finale dell’evento ha visto lo svelamento della Statua della Madonna e la processione all’interno dell’Housing con l’apertura della porta della casa da parte del Vescovo, Mons. Cesare Nosiglia e la benedizione dei locali.

Infine, il rinfresco sulla terrazza dell’Housing preparato e offerto dai Volontari della Parrocchia, con la possibilità di visitare i locali della struttura.

 

San Salvario House – un angolo a colori in San Salvario … profumi e sapori di casa

Si comunica che l’evento di inaugurazione dell’Housing Sociale – “San Salvario house – Una angolo a colori in San Salvario … profumi e sapori di casa” – della Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Torino che avrà luogo mercoledì 26 giugno 2019, alle ore 12.00, in Via Saluzzo 25/bis (TO).

Interverranno il Vescovo di Torino, Mons. Cesare NosigliaDon Mauro Mergola (parroco salesiano della realtà), l’Assessore Sonia Schellino (Assessore alla Salute, Politiche Sociali ed Abitative della Città di Torino) e la dott.ssa Francesca Vallarino Gancia (componente del Consiglio Generale della Compagnia di San Paolo).

Saranno presenti a portare i loro saluti don Enrico Stasi (Ispettore dei salesiani di Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania), don Luigi Testa (direttore dell’opera salesiana San Giovanni Evangelista) e Pierluigi Dovis (direttore Caritas Diocesana di Torino).

Il programma:

  • Saluto delle autorità e presentazione del progetto;
  • Inaugurazione e benedizione dei locali;
  • Rinfresco e visita dei locali.

Il progetto:

Nato attraverso un bando della Compagnia di San Paolo – Programma Housing – al quale ha partecipato la parrocchia Santi Pietro e Paolo di Torino, ottenendo cosi un contributo per avviare i lavori. Il progetto è stato anche sostenuto da un contributo della CEIConferenza Episcopale Italiana – e di Fondazione Magnetto.

Il progetto “San Salvario House – Un angolo a colori in San Salvario … profumi e sapori di casa prevede il recupero e restauro della casa canonica della Parrocchia Santi Pietro e Paolo, situata in via Saluzzo nel quartiere di San Salvario, a pochi passi dal centro della città di Torino. La zona è  caratterizzata da un tessuto sociale e culturale molto vario, fonte di contatto e arricchimento reciproco tra culture diverse, oltre ad essere nota soprattutto per la movida notturna che in essa si svolge.

Il Social Housing nasce dalla volontà di dar vita ad uno spazio in cui giovani italiani e stranieri tra i 18 e i 39 , studenti, lavoratori e neo maggiorenni usciti da percorsi di accoglienza per minori stranieri non accompagnati, possano sperimentare la vita “di convivenza”, acquisendo maggiore autonomia nella gestione di uno spazio “di casa”, e (con l’aiuto di figure qualificate) acquisire tutte le condizioni necessarie per far si che ogni giovane ospite possa rendersi autonomo per una vita all’interno della società.

La progettazione combinata è intesa non solo in un senso “dualistico” ovvero solo tra il singolo ospite e il coordinatore educativo, ma altresì in un senso “comunitario”, ovvero attraverso una modalità di confronto in piccoli gruppi. Tale metodo di lavoro permette ai destinatari, ospiti dell’housing, da un lato di acquisire una maggiore capacità di collaborazione nell’affrontare le sfide di un ambiente domestico condiviso, dall’altro di essere protagonisti della propria maturazione personale all’interno della società.

Scopri di più sul progetto:

 

 

 

 

Scuola Media Bra – Mostra su Giotto

Pubblichiamo la notizia proveniente dall’Istituto San Domenico Savio di Bra, con il racconto del pomeriggio di gita di venerdì 31 maggio svoltosi a Torino presso il salone Faà di Bruno per osservare la mostra fotografica dedicata ai dipinti di Giotto.

Un venerdì pomeriggio un nutrito gruppo delle seconde medie dell’Istituto San Domenico Savio di Bra appassionato di arte si è recato alla stazione ferroviaria per prendere il treno per Torino. La meta era il salone Faà di Bruno, che per un mese intero ha ospitato una mostra fotografica dedicata ai dipinti di Giotto della Basilica di San Francesco d’Assisi. Siamo stati accompagnati dalla professoressa di arte Cinzia Longo.

Ci ha accolti e guidati nella visita una volontaria esperta di arte. Le gigantografie rappresentavano dei fatti importanti della vita di San Francesco d’Assisi, a partire da quando era ricco e ha lasciato tutto, fino a quando, dopo la morte, appariva nei sogni di alcune persone. La mostra è stata più efficace rispetto al vedere i dipinti originali perché, come ci ha spiegato la guida, abbiamo potuto avvicinarci e osservare i particolari.

La visita è stata certamente interessante, però per molti di noi la parte più divertente è stato il viaggio in treno, cosa per noi insolita. Infatti abbiamo chiacchierato e siamo stati in allegra compagnia.

Fissore Gabriele – II media A

Don Domenico Ricca, cappellano del carcere minorile di Torino: «Dietro le sbarre ho imparato a non giudicare»

Si riporta la notizia pubblicata sul Corriere della Sera di lunedì 27 maggio 2019 redatta da Dario Basile, in merito all’esperienza di don Domenico Ricca da 40 anni Cappellano del carcere minorile di Torino.

«Dietro le sbarre ho imparato a non giudicare»

È diventato il cappellano del carcere minorile di Torino esattamente quarant’anni fa e, da dietro le sbarre, ha visto la città cambiare. Don Domenico Ricca, per tutti Meco, ha uno sguardo severo che si scioglie in un sorriso gentile. Oggi, settantaduenne, continua a dedicare la sua vita ai ragazzi reclusi.

Che ricordo ha del suo primo ingresso nel carcere nel 1979?

«La prima impressione fu traumatica. Il direttore mi accolse dicendomi: caro reverendo io non insegnerò mai a lei come si fa il cappellano e lei non mi insegnerà come si fa il direttore. Gli interni del penitenziario erano veramente brutti, era una struttura molto simile a quella degli adulti. Mi trovai davanti ottanta detenuti, tutti maschi».

Chi erano i ragazzi incarcerati?

«Una ventina provenivano dai campi nomadi della città, gli altri erano tutti italiani. Principalmente ragazzi di periferia, provenivano da Vallette, Falchera e Mirafiori».

Perché i ragazzi finiscono in carcere?

«In quegli anni c’era ancora molta povertà, degrado, mancanza di cultura. Io, da chierico, passavo davanti al carcere Le Nuove e vedevo i parenti che facevano la fila per le visite. Erano persone povere, sofferenti. Se tu oggi vai davanti al Ferrante, in quei due giorni alla settimana in cui ci sono i colloqui, il panorama non è molto cambiato. Il carcere è la discarica. Lì vanno a finire quelli che non hanno avuto risorse o che non sono stati in grado di saperle cogliere. Perché gli mancano gli strumenti. Io prima di entrare al Ferrante, insegnavo in una scuola di periferia e molte mattine andavo a svegliare i ragazzi per portarmeli a scuola, perché nessuno badava a loro».

Qual è la responsabilità dei genitori?

«Io vado sempre cauto nel dare delle responsabilità ai genitori perché so quanto sia faticoso il mestiere di allevare i figli, ieri come oggi. Forse si può dire che il problema è l’incapacità di capire cosa stia cambiando nei loro ragazzi. Quello che i genitori non fanno mai abbastanza è indagare la vita relazionale dei loro figli, che incide tantissimo. Ma questo vale anche per i ceti medi. Gli omicidi in ambito famigliare avvengono in quegli ambienti. A volte i ragazzi non si fan seguire, a volte il rapporto si è rotto fin dall’infanzia. Il papà di un ragazzo omicida mi ha chiesto: padre dove abbiamo sbagliato? Io non gli ho risposto niente, l’ho abbracciato e abbiamo pianto insieme».

Lei è stato vicino ad Erika ed Omar, protagonisti di un fatto di cronaca che ha scosso l’opinione pubblica

«In quel periodo la gente mi chiedeva se quei due ragazzi erano normali. Perché volevano sentirsi dire che non erano normali, così i loro figli erano salvi. Ma in queste cose distinguere la normalità dall’anormalità è un assurdo, perché quei due ragazzi potevano essere i nostri figli. Quella vicenda mi ha insegnato che non bisogna mai giudicare».

Come ha visto cambiare la città da dentro il carcere?

«Quando sono arrivato, il territorio soffriva ancora molto. Erano anche anni di grandi proteste. Ricordo i picchetti davanti alla Fiat, la marcia dei quarantamila. Poi alla fine degli anni Ottanta la riforma del Codice penale ha letteralmente svuotato il carcere, siamo arrivati ad avere un solo detenuto. Nel decennio successivo, gli arrivi erano legati principalmente al dilagare della droga. Sono anni di reati molto gravi, come gli omicidi. In quel periodo si sentiva forte la collaborazione del territorio. C’erano diversi artigiani che assumevano questi ragazzi per fargli fare dei tirocini, la gente era abituata a venire a vedere i tornei in carcere, a partecipare. Poi il cambiamento più grosso arriva negli anni Duemila. Con l’immigrazione sono arrivati i ragazzi stranieri e la cittadinanza ha incominciato a distaccarsi. Come è cambiata la città così sono cambiati i ragazzi: rispetto a ieri, oggi sono molto meno violenti. Io dico sempre che i giovani del Ferrante non sono tanto diversi da quelli che sono fuori».

Chi sono oggi i ragazzi reclusi?

«In questo momento abbiamo una quarantina di ragazzi. Uno su tre è italiano. Gli altri sono stranieri, anche comunitari. Gli immigrati sono più esposti perché hanno meno risorse, meno tutele, meno garanzie di diritti».

Servirebbe lo ius soli?

«Avessimo lo ius soli potremmo lavorare più facilmente sulla prevenzione».

Non deve essere semplice fare il cappellano tra i ragazzi musulmani.

«All’inizio alle mie celebrazioni venivano solo i cattolici, adesso partecipano un po’ tutti. Anche se mi sono battuto e ho ottenuto che avessimo un imam una volta ogni quindici giorni».

Il carcere minorile andrebbe superato?

«Io sono dell’idea che per i reati come i furti, dove non ci sono violenze sulle persone, dovrebbe essere totalmente superato. E per gli altri reati bisognerebbe pensare di più alla giustizia riparativa. Ti accorgi che certi sono proprio piccoli, ma che cosa ci stanno a fare là? Invece per alcuni, paradossalmente, è un momento di pace, dove si fermano un po’. I ragazzi hanno una grandissima adattabilità e così si abituano anche al carcere. È la loro salvezza».

Un’iniziativa promossa da The Color Run e riservata alle Case salesiane del Piemonte

Si segnala la convenzione tra The Color Run e le Case salesiane dell’Ispettoria per l’evento che si svolgerà a Torino il 18 maggio 2019. La partenza è prevista da Piazza d’Armi alle ore 16.00. Il villaggio aprirà dalle ore 11.00 alle ore 21.00.

I giovani avranno a disposizione un codice da inserire al temine della registrazione sul sito ufficiale dell’evento The Color Run, che sconterà la quota di iscrizione. I codici saranno due (uno per categoria):

• COLORRUNORATORIOADULTO (per la categoria individuale +14 anni);

• COLORRUNORATORIORAGAZZO (per la categoria ragazzi 8-13 anni).

La procedura per applicare la convenzione sarà la seguente:

• Pagina di Iscrizione – clicca qui per visualizzare; compilare il form e procedere fino alla pagina riepilogativa del carrello (fase ultima prima dell’acquisto);

• Inserire, nell’apposito box “Inserisci il tuo buono”, il codice sopra indicato e cliccare su applicare per ottenere lo sconto.

 

Adma Giovani Torino – I Love you

Si pubblica la notizia proveniente dal gruppo dell’Adma don Bosco in cui viene lanciato il nuovo ciclo di incontri dal titotlo: “I Love You” – destinato ai ragazzi delle superiori, centrato sui temi dell’affettività e della sessualità.

Ma quale potrà mai essere la missione specifica dell’AdmaGiovani, nata in seno al cammino delle Famiglie ADMA?

Siamo ormai certi della risposta: L’EDUCAZIONE DEL CUORE. Mai come oggi i giovani hanno bisogno di imparare ad amare, amare se stessi come gli altri e Dio al di sopra di tutto. Con questo obiettivo è nato il ciclo di incontri I LOVE YOU, destinato ai ragazzi delle superiori (ma con ampia partecipazione anche di universitari), centrato sui temi dell’affettività e della sessualità. Non un corso come tanti altri, perché gli spunti di riflessione proposti da don Roberto Carelli sono stati concretizzati e arricchiti da numerose testimonianze di coppie sposate, fidanzati e giovani che hanno guidato i laboratori e curato i momenti di gruppo nei tre incontri organizzati (due sabato pomeriggio e una domenica intera).

Dopo un primo incontro sull’ambivalenza, la bellezza e la delicatezza della sessualità e dell’affettività dell’uomo, che non è né angelo né animale, che è fatto di terra ma tende al cielo, il secondo incontro ha approfondito i molti significati della differenza uomo-donna, maschio-femmina, in un tempo in cui la cultura tende a sottovalutarla o cancellarla. Il terzo e il quarto incontro sono stati dedicati rispettivamente alle tappe della maturazione affettiva e agli orientamenti morali sui temi specifici della sfera sessuale: una parola cristiana su tutti i principali “punti caldi” dell’amore umano.

L’ampia partecipazione di più di cento iscritti ha confermato l’urgenza di questo tipo di formazione e il bisogno di confronto su temi da cui dipende la felicità e la riuscita della vita dei nostri ragazzi, alla scuola di Dio, Maestro di Amore, e di chi, con la sua Grazia, cerca di viverlo nella quotidianità del nostro tempo.

 

La story del Santo dei giovani al Sottodiciotto Film Festival & Campus

Si riporta qui di seguito il Comunicato Stampa – di mercoledì 13 marzo 2019 – a cura di Missioni don Bosco riguardo la loro partecipazione all’imminente Sottodiciotto Film Festival & Campus il Festival cinematografico dedicato ai ragazzi e ai giovani – che si svolgerà a Torino dal 15 al 22 marzo.

“Don Bosco” e Missioni Don Bosco
al Sottodiciotto Film Festival & Campus

La story del Santo dei giovani,
dal graffito di via Maria Ausiliatrice / Via Cigna
al video-reportage proiettato al Cinema Massimo

Grazie all’impegno di Missioni Don Bosco
per la prima volta i salesiani partecipano al festival rivolto ai più giovani

Un video-reportage che testimonia la performance dello street artist di fama mondiale Mr. Wany raccontando come viene vissuta l’eredità del santo sociale dai suoi successori nostri contemporanei: è con questa chiave di accesso che Missioni Don Bosco compie il suo ingresso ufficiale al Sottodiciotto Film Festival & Campus, la manifestazione che dal 15 al 22 marzo farà convergere a Torino un vasto pubblico di giovanissimi spettatori.

La spirito salesiano si inserisce con grande naturalezza in questa manifestazione, perché ne condivide gli obiettivi e il pubblico. Don Bosco e i suoi hanno dedicato tra l’altro grande attenzione prima alle scuole di teatro poi ai cineforum organizzati negli oratori, nelle scuole e nei centri missionari, sottolineandone il valore di intrattenimento e, soprattutto, la funzione culturale e educativa. È una tradizione che oggi si estende nei 136 Paesi in cui i salesiani sono presenti e lavorano per portare sviluppo sociale e educativo.

Le iniziative legate a Missioni Don Bosco sono:

  • SABATO 16 MARZO ALLE ORE 15.30 AL CINEMA MASSIMO,
    in collaborazione con Giovani Genitori e Baladin offrirà la merenda ai bimbi che seguiranno le proiezioni delle 15,30 dei tre classici del cinema di animazione che hanno per protagonista Braccio di Ferro nel 90° della sua nascita.
  • LUNEDÌ 18 MARZO ORE 21.30 al CINEMA MASSIMO,
    sarà proiettato “Don Bosco on a painted wall”, il video reportage di Base Zero che racconta la realizzazione della “Don Bosco story” sui muri di Valdocco a Torino nell’estate 2018 da parte dello street artist Mr. Wany. Seguirà il documentario Baiser d’encre, della regista francese Françoise Romand.
  • GIOVEDÌ 21 MARZO ALLE ORE 14,
    lo stesso Mr. Wany guiderà una master class per gli studenti del corso di Regia 2 del Dams dell’Università, tenuto da Enrico Bisi presso l’Università degli Studi di Torino in via Sant’Ottavio 20.

Le ragioni della collaborazione sono state espresse nel comunicato che gli Organizzatori hanno distribuito in occasione della conferenza stampa, e che riportiamo qui di seguito:

Porgiamo gli auguri di buon lavoro, e di buona visione se potrete partecipare agli eventi segnalati. Ringraziamo per la cortese attenzione.

Distinti saluti,

Antonio R. Labanca

Missioni Don Bosco ha deciso di sostenere il Sottodiciotto Film Festival per la totale adesione alle tematiche giovanili e per la comunanza di obiettivi: quello del Festival non è solo favorire la nascita di una nuova generazione di spettatori, ma anche stimolare nei più giovani, attraverso la potenza espressiva e narrativa del cinema, l’interesse per la realtà che li circonda e la riflessione su aspetti cruciali della contemporaneità. I grandi temi dell’attualità e i valori fondanti della società quali la difesa dei diritti, soprattutto dei minori, il valore dell’educazione, la promozione della legalità e della tolleranza, il rispetto dell’altro e della differenza, la tutela delle minoranze, la parità di genere, l’opposizione a ogni forma di violenza e discriminazione, la salvaguardia dell’ambiente – rappresentano non solo il fil rouge che collega tutti i progetti di sviluppo che Missioni Don Bosco porta avanti da 28 anni in Africa, Asia Sudamerica, Oceania, ma anche il tratto distintivo delle iniziative del Festival.

È nota a molti la tradizionale integrazione dell’attività di oratori e di parrocchie salesiane con la proposta di documentari e di opere filmiche, incominciando già con i più piccoli – in passato – con la proiezione dei “filmini” dal sapore nostalgico. Questa attenzione educativa, che non teme di sottoporre in modo dialettico anche punti di vista distanti da quelli che fanno parte del bagaglio culturale salesiano, evolve con le condizioni generali e si adatta alle nuove opportunità: molte sale continuano a funzionare come punti di aggregazione nei piccoli centri o nelle periferie; la discussione dell’opera alimenta senso critico e fornisce strumenti culturali e di analisi agli spettatori… Quando l’attività missionaria mette radici in una realtà nuova per salesiani, spesso matura anche l’opportunità di aprire luoghi di fruizione – magari artigianale – dei film e dei documentari. Per questa ragione Missioni Don Bosco è interessata anche a condividere l’esperienza di Sottodiciotto: per non perdere il contatto salesiano con il mondo del cinema e la sua capacità di lettura della realtà.

Per sottolineare la vicinanza alle tematiche giovanili Missioni Don Bosco è presente nella programmazione del Festival con un reportage che testimonia l’intervento di Mr. Wany, writer di fama internazionale, su un muro di Valdocco, il luogo in cui Don Bosco ha iniziato il suo lavoro con i ragazzi di strada che affollavano le periferie di Torino a metà ‘800. Un graffito che si inventa un nuovo modo di interpretare l’iconografia religiosa, attraverso un linguaggio, quello del graffito, che sottolinea il nostro legame con l’universo giovanile.

Questa prima nostra partecipazione al Festival torinese dunque potrà gettare le basi – ci auguriamo – nella direzione di intensificare le relazioni con insegnanti, educatori, operatori socio-culturali per riconoscere e usare la funzione formativa del cinema, la sua forza di annuncio e di denuncia, la sua educazione alla bellezza.

Le ragioni di diventare partner della grande squadra che compone le tessere di questo puzzle che è il Festival Sottodiciotto ci sono tutte. Non ultima, la dimensione spesso sognante del cinema, che corrisponde bene all’atteggiamento di un uomo che fu un grande sognatore: Don Bosco. E poi nella città più adatta per parlare di cinema e di lui.

Missioni Don Bosco nasce nel 1991 in Italia per accompagnare i missionari e le missionarie di Don Bosco che in 136 Paesi, in oltre 3.500 case salesiane, portano istruzione e formazione professionale ai bambini e ai giovani in difficoltà attraverso lo stile tipico della congregazione: una presenza e uno stile improntati sulla comprensione e sulla valorizzazione delle realtà culturali, sociali e religiose con le quali vengono a contatto.

L’obiettivo è portare sviluppo nei paesi svantaggiati e offrire un sostegno alle popolazioni in difficoltà non solo con aiuti immediati e interventi emergenziali, ma soprattutto con un’azione mirata a trasmettere ai minori a rischio valori e strumenti che permettano loro di diventare soggetti attivi nello sviluppo sociale del proprio paese. Un’azione che vuole crescere nel tempo per offrire a sempre più bambini e ragazzi l’opportunità di ricevere un’educazione, di costruirsi un futuro con le proprie mani attraverso strumenti concreti, in particolar modo quelli della formazione professionale e dell’avviamento al lavoro.

Intervista a Steve Della Casa

In occasione della ventesima edizione del Sottodiciotto Film Festival & Campus, che si svolgerà a Torino dal 15 al 22 marzo, e della nascita della Collaborazione con Missioni don Bosco, abbiamo avuto il piacere di poter intervistare Steve Della Casadirettore artistico del Festival, che ha raccontato la nascita di questa collaborazione, i temi principali che saranno affrontati al Festival e l’importante presenza di Don Bosco.

Buona lettura!

Tema e significato del Sottodiciotto Film Festival?

Il tema è un gioco di parole con una frase in inglese: “Me, Myself and I”. Parliamo cioè di autorappresentazione, che ha trovato nuova forza e nuova vitalità proprio attraverso i selfie. Ma c’è una costante nella storia del cinema perché molto spesso i registi hanno fatto in maniera di raccontare anche se stessi in quello che proponevano agli spettatori. Insomma l’autorappresentazione è un qualcosa che va pari passo con la storia del cinema. Qui l’abbiamo ripercorsa in lungo e in largo insieme anche alla storia del fumetto, perché è sempre un’educazione visiva importante. 

Abbiamo cercato di prendere sia gli aspetti spettacolari sia quelli più didattici perché il Festival ha questa doppia natura di rivolgersi sia ad un pubblico di appassionati di cinema ma soprattutto ad un pubblico di studenti delle scuole medie inferiori, superiori ed universitari.
Da qui il suo nome Sottodiciotto Film Festival Campus.

Parlando della partecipazione di Missioni don Bosco al Festival, qual’è secondo te il contributo che può e deve dare?

La collaborazione con Don Bosco è fondamentale per noi. Perché in qualche modo riconosce una specie di continuità storica nell’attenzione che la città di Torino in particolare ha dato ai giovani sapendola anche poi esportare in tutto il mondo, cosa che ha appunto fatto l’opera don Bosco. 

Il rapporto con le “creature” di don Bosco tra salesiani e cinema è un rapporto articolato, ci sono sempre stati i cineforum giovanili salesiani, ne so qualcosa perché mi sono formato li! E poi c’è un attento dialogo con il cinema come per esempio nel primo film della Lux, che è la casa di produzione formata e fondata da Guarino, il mio primo film che avevo prodotto  si chiamava proprio “Don Bosco” con la regia di Goffredo Alessandrini, anno 35, unico film fatto a Torino, poi la Lux fu spostata a Roma. Abbastanza significativo che abbiano incominciato questa grande carriera, è la casa di produzione più importante d’Italia,  proprio da un film su Don Bosco.

Una collaborazione con una entità che è molto attenta a tutto quello che fanno i giovani, a come si evolve il mondo giovanile. La stessa attenzione che vorremmo avere anche noi, le due cose si sono incontrate e da qui è nata questa collaborazione.

Qual è il ruolo educativo nel cinema?

Il cinema, diceva compianto Bernardo Bertolucci, è stata l’arte del ‘900. Continua ad esserlo anche penso nel 2000 ed è l’arte che ha riassunto dentro di se tutte le altre come la scrittura, la fotografia, la pittura, l’architettura, la musica, insomma tutte queste arti sono  compresenti in questa settima arte che ha segnato appunto il ‘900.

Diciamo che la caratteristica principale che ha avuto il cinema, è che è un arte che fin dalla sua prima esibizione in quel caffè di Parigi in cui i fratelli Lumier mostrarono un pubblico selezionato dalla loro invenzione, è sempre stata quella di una visione collettiva. Li ci fu uno spavento generale perché loro riprendevano un treno che stava entrando in una stazione e la gente scappò fuori a gambe levate pensando che il treno stava entrando nel bar.

Poi la perfezione del cinema si è evoluta, ma quello che rimane è una specie di sensibilità collettiva rispetto all’immagine in movimento che come sappiamo sono dai tempi della caverna Platonica, insomma il grande sogno dell’umanità che ha cercato più volte di avvicinarsi e poi ci è riuscita con il cinema.

Il cinema quindi è uno strumento di socializzazione incredibile, da questo punto di vista non può essere surrogato da nessuna altra forma di fruizione di immagini in movimento, non da smartphone o da computer o da televisione. Semplicemente è una maniera diversa di vedere le immagini in movimento e consente una forma di socialità che, sopratutto per quelli della mia generazione, è stata fondamentale. Per me andare al cinema era incontrarmi con delle altre persone commentare prima dopo, a volte anche durante, insomma è stato un momento di crescita incredibile per me. 

Adesso con le nuove tecnologie, con il digitale, non è più assolutamente costoso pensare di fare un film. Si può fare un film anche non spendendo niente e questo dà delle possibilità che se sfruttate positivamente sono straordinarie per i ragazzi delle nuove generazioni. Possono fare quello che per quelli della mia era un sogno, possono girare un loro film, diventare sceneggiatori o attori, e tutto questo senza rompere il salvadanaio. Un passaggio abbastanza importante!

Le due cose assieme sono diciamo, come lo chiamerebbero gli economisti, “il cordino” di Sottodiciotto, cioè ci interessa sia far vedere come la visione collettiva di un film fatto da un altro possa essere un momento di arricchimento incredibile, sia quanto possa essere interessante e formativo fare dei film. L’importante è avere delle idee essere guidati in maniera non invadente ma al tempo stesso non assente e cercare di avere uno scopo, un obiettivo per quello che si fa. Queste sono le cose fondamentali.

Steve Della Casa.

 

Missioni Don Bosco al Sottodiciotto Film Festival & Campus: una partnership per i giovani e con i giovani

Si riporta il Comunicato Stampa di Missioni Don Bosco riguardo alla collaborazione che è nata quest’anno con Sottodiciotto Film Festival & Campusla manifestazione cinematografica dedicata ai più giovani, diretta da Steve Della Casa e organizzata da AIACE Torino e da Città di Torino. Alla base della scelta la totale adesione alle tematiche giovanili e la comunanza di obiettivi sposate da entrambi gli enti.

Si terrà nel capoluogo piemontese dal 15 al 22 marzo 2019 e vedrà coinvolta la Onlus anche nel programma:

  • In sala: con la proiezione di Don Bosco on a painted wall, la testimonianza video dell’intervento fatto da Mr. Wany sul muro di Valdocco che racconta la vita di don Bosco;
  • All’Università degli studi di Torino: in cui si parlerà dell’opera e del videoreportage che ne ha seguito la realizzazione all’interno di un corso del DAMS.

Steve Della Casa ha rilasciato alla redazione un intervista in cui racconta di questa edizione e della Collaborazione con Missioni don bosco:

La collaborazione con Don Bosco è fondamentale per noi. Perché in qualche modo riconosce una specie di continuità storica nell’attenzione che la città di Torino in particolare ha dato ai giovani sapendola anche poi esportare in tutto il mondo, cosa che ha appunto fatto l’opera don Bosco. 

Il rapporto con le “creature” di don Bosco tra salesiani e cinema è un rapporto articolato, ci sono sempre stati i cineforum giovanili salesiani, ne so qualcosa perché mi sono formato li! E poi c’è un attento dialogo con il cinema come per esempio nel primo film della Lux, che è la casa di produzione formata e fondata da Guarino che poi ha visto lanciare il ponte della…. , il mio primo film che avevo prodotto che chiamva proprio “Don Bosco” con la regia di Goffredo Alessandrini anno 35 poi la Lux spostata a Roma, unico film fatto a Torino. Abbastanza significativo che abbiano incominciato questa grande carriera, è la casa di produzione più importante d’Italia,  proprio da un film su Don Bosco.

Una collaborazione con una entità che è molto attenta a tutto quello che fanno i giovani, a come si evolve il mondo giovanile. La stessa attenzione che vorremmo avere anche noi, le due cose si sono incontrate e da qui è nata questa collaborazione.

Missioni Don Bosco è lieto di annunciare il patrocinio a Sottodiciotto Film Festival & Campus nell’anno del ventennale della manifestazione, organizzata da Aiace Torino e Città di Torino (Direzione Cultura Educazione e Gioventù e ITER) con il contributo di Regione Piemonte, Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT.

I grandi temi dell’attualità e i valori fondanti della società quali la difesa dei diritti, soprattutto dei minori, il valore dell’educazione, la promozione della legalità e della tolleranza, il rispetto dell’altro e della differenza, la tutela delle minoranze, la parità di genere, l’opposizione a ogni forma di violenza e discriminazione, la salvaguardia dell’ambiente – rappresentano non solo il fil rouge che collega tutti i progetti di sviluppo che Missioni Don Bosco porta avanti da 28 anni in Africa, Asia, Sud America, Oceania, ma anche il tratto distintivo delle iniziative del Festival.

Alla base della scelta, quindi, la totale adesione alle tematiche giovanili e la comunanza di obiettivi: quello del Festival non è solo favorire la nascita di una nuova generazione di spettatori, ma anche stimolare nei più giovani, attraverso la potenza espressiva e narrativa del cinema, l’interesse per la realtà che li circonda e la riflessione su aspetti cruciali della contemporaneità. Un partenariato, che suggella il legame dei salesiani con il cinema – come sottolineato da Steve Della Casa, direttore artistico del Festival, durante la conferenza stampa del 25 febbraio – nato idealmente nel 1935 con la realizzazione del film “Don Bosco”, unica pellicola torinese realizzata dalla Lux, storica casa di produzione, prima del trasferimento a Roma, e portato avanti nelle piccole sale di proiezione che spesso, in tutto il mondo, oratori e scuole salesiane hanno attrezzato e aperto ai giovani nel corso di tutto il ‘900 e oltre.

A sottolineare il legame con la contemporaneità e la vicinanza alle tematiche giovanili, Missioni Don Bosco è presente nella programmazione del Festival con un reportage, “Don Bosco on a painted wall”, che testimonia l’intervento di Mr. Wany, writer di fama internazionale, su un muro di Valdocco, il luogo in cui Don Bosco ha iniziato il suo lavoro con i ragazzi di strada che affollavano le periferie di Torino a metà ‘800. Un graffito che si inventa un nuovo modo di interpretare l’iconografia religiosa, attraverso un linguaggio, quello della street art, che evidenzia la relazione dei salesiani con l’universo giovanile, e un reportage realizzato da una casa di produzione torinese, Base Zero, con uno stile che strizza l’occhio alla cultura hip hop e ai nuovi linguaggi di cinema e videoclip.

Si parlerà dell’opera e del documentario che ne ha seguito la realizzazione anche durate una master class condotta dall’artista e dal regista e organizzata all’interno del corso di Regia Cinematografica del Dams tenuto dal prof. Enrico Bisi presso l’Università degli Studi di Torino.

 

 

Torino – La Parrocchia Santi Pietro e Paolo in festa per i battezzati

Ecco un articolo proveniente dalla casa Salesiana di Torino, San Luigi, riguardo alla festa per tutti i bambini che sono stati battezzati nell’anno appena trascorso:

Nella cornice della festa del Battesimo di Gesù di domenica 13 gennaio, la comunità parrocchiale di Santi Pietro e Paolo ha iniziato il ciclo di incontri fra genitori con bambini da 0 a 6 anni del 2019 con una festa per tutti i bambini che sono stati battezzati nell’anno appena trascorso. Un modo, questo, per inserire il battesimo del proprio figlio nel contesto più ampio di una comunità di fede, per fermarsi anche solo per un breve istante a riflettere sulla scelta compiuta, e per gioire insieme del dono ricevuto.

A questo primo appuntamento seguiranno, durante lo svolgimento dell’anno, altri tre incontri – il 17 marzo, il 5 maggio e il 17 settembre – sempre di domenica. L’impegno richiesto è circa un’oretta dopo la Santa Messa parrocchiale delle ore 10.30. Questo è il percorso proposto dalla nostra Parrocchia di “catechesi post-battesimale”, di fatto si tratta semplicemente di un confronto fra genitori, sul modo di essere madri e padri e di vivere la fede nel periodo così delicato e impegnativo della prima infanzia dei propri figli.

Di grande ispirazione ci è stata in questo cammino una frase, scritta da un teologo serissimo, lo svizzero Hans Urs von Balthasar, ma anche molto immediata: «Chi vuole capire la fede deve meditare sul primo sorriso di un neonato». Cosa significa questa frase è ciò che ci siamo chiesti all’inizio del nostro incontro di domenica scorsa. I genitori presenti (una quindicina) hanno parlato di gioia, serenità, spontaneità, ma anche di disponibilità, apertura, dono. Il primo sorriso dei nostri bambini ci mostra in pratica cosa significa essere figli di Dio, e forse è proprio per questo che nel Vangelo di Luca (18, 15-17) Gesù dice

Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso.

Questo invito ad affidarsi a Dio come un bambino si affida al suo genitore lo abbiamo ritrovato anche in un bellissimo Salmo, il 130, che dice

Io sono tranquillo e sereno / come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia.

Abbiamo concluso l’incontro pregando questo Salmo, poi abbiamo stappato una bottiglia di spumante e abbiamo brindato insieme, dandoci appuntamento al 17 marzo.