Nell’edizione del 21/03/2018 del settimanale “La Fedeltà” è apparso il seguente articolo, firmato da Luigina Ambrogio, circa l’accoglienza di due famiglie siriane nel fossanese, nel progetto è stato coinvolto anche il Cnos-Fap di Fossano.
Siriani in fuga dalla guerra: Fossano accoglie una 2a famiglia
Lanciato l’appello per il sostegno al progetto interparrocchiale che rientra nell’iniziativa della Comunità di Sant’Egidio
FOSSANO. Nei giorni scorsi nelle parrocchie della città è stato lanciato un appello per l’accoglienza di una seconda famiglia siriana in fuga dalla guerra. Il progetto si inquadra nell’iniziativa della comunità di Sant’Egidio che, grazie ai suoi corridoi umanitari, ha potuto portare in Italia tante famiglie di profughi siriani in totale legalità e sicurezza. Una prima famiglia, giunta a Fossano circa un anno fa, è ospitata nei locali della parrocchia di San Bernardo; il progetto è sostenuto dalle sei parrocchie della città in collaborazione con la Caritas.
In occasione del nuovo appello e in vista della mostra interattiva “In fuga dalla Siria” abbiamo fatto una chiacchierata con Barbara Stella (che fa parte della Commissione interparrocchiale che gestisce il progetto) per fare il punto su questa iniziativa di accoglienza.
Com’è nata l’idea di questo progetto?
Il progetto è nato in seguito all’invito di Papa Francesco affinché ogni famiglia adottasse una famiglia di profughi. Don Derio, allora vicario generale e Nino Mana, direttore della Caritas, verso la fine del 2016 concordarono con i parroci di Fossano di iniziare ad accogliere almeno una famiglia come diocesi. La parrocchia di San Bernardo mise a disposizione l’alloggio adiacente alla chiesa, vuoto da anni. A quel punto contattammo la comunità di Sant’Egidio per offrire la disponibilità ad accogliere.
Come funzionano i “corridoi umanitari” proposti dalla comunità di Sant’Egidio?
La comunità di Sant’Egidio ha concluso un accordo con lo Stato italiano in base al quale lo Stato permette loro di portare in territorio italiano un determinato numero di profughi in totale legalità e sicurezza a patto che tutto questo avvenga senza spese
a carico dello Stato. Il primo accordo si è concluso nel 2017 e ha previsto l’accoglienza di 1.000 profughi siriani in due anni; qualche giorno fa se ne è riaperto un altro. L’organizzazione del viaggio e il viaggio stesso (con aereo di linea dal Libano a Roma) sono a carico della Sant’Egidio; l’accoglienza e la sistemazione fino al raggiungimento dell’autonomia economica sono a carico delle comunità locali (parrocchie o associazioni) che decidono di collaborare a questo progetto. Senza questa disponibilità all’accoglienza i profughi non partono.
Come si è concretizzato il vostro progetto di accoglienza?
Ognuna delle sei parrocchie della città versa una quota mensile raccolta fra le famiglie disposte ad autotassarsi. La Caritas ha contribuito ai lavori che sono stati necessari per rendere confortevole l’appartamento di San Bernardo. Inoltre mette a disposizione i vari servizi che ha attivato sul territorio: la spesa una volta al mese, la scuola di italiano, l’abbigliamento… La famiglia composta da quattro adulti riceve in questa prima fase un contributo settimanale per il vitto e le esigenze personali; le utenze domestiche sono pagate dal progetto. Per primo è arrivato E. giovane barbiere, raggiunto in seguito dalla sorella M. con la mamma e la nonna.
Qual è la loro storia?
Arrivano da Aleppo dove prima della guerra, quindi fino a sei anni fa circa, conducevano una vita normale, in una grande città simile alle nostre, in cui convivevano senza problemi musulmani e diverse minoranze religiose. La famiglia che vive a Fossano è cristiana-ortodossa. E. esercitava l’attività di barbiere in un negozio di sua proprietà, M. era impiegata nell’ambito amministrativo in un’importante azienda di telecomunicazioni siriana.
Siete riusciti facilmente ad entrare in relazione?
Sì. Il primo ad arrivare è stato E.; dopo due mesi sono arrivati la sorella, la mamma e la nonna. Fin dall’inizio E. ha cercato di raccontarci la vita ad Aleppo ormai diventata impossibile: il rischio ogni volta che si usciva di casa, il disagio di vivere per anni senza acqua corrente, energia elettrica, gas, il costo della vita aumentato
anche di 15 volte.
Quale obiettivo vi date rispetto a questa famiglia?
L’obiettivo ovviamente è aiutarli ad integrarsi nella nostra società e a raggiungere l’indipendenza economica. Per l’autonomia è indispensabile un lavoro.
Ci sono prospettive?
Il primo passaggio è l’apprendimento della nostra lingua. Un problema che all’inizio abbiamo sottovalutato; chi parla l’arabo fatica molto ad apprendere l’italiano. Stanno frequentando la scuola di italiano presso i Salesiani di Fossano che a giugno, dopo un esame, rilascerà una certificazione riconosciuta nel mondo del lavoro. Hanno anche frequentato, fin da subito, il corso di italiano della Caritas. Inoltre, per potenziare l’apprendimento, M., E. e la mamma sono seguiti da due insegnanti volontarie. Ci siamo mossi per tentare di attivare un primo inserimento lavorativo per E., cercando tra i parrucchieri di Fossano qualcuno disponibile ad assumerlo attraverso una borsa lavoro pagata dalla Caritas; purtroppo la ricerca non ha dato esito. Siamo poi riusciti a organizzare la borsa lavoro con i Salesiani: adesso E. è impegnato a titolo di uditore/assistente per tre giorni alla settimana presso il corso di Tecnico dell’acconciatura del Cnos fap di Fossano. Si tratta di un passaggio molto utile sia per un primo inserimento nella realtà professionale italiana (con le relative procedure e normative e l’acquisizione della terminologia tecnica specifica); sia ai fini della futura richiesta di riconoscimento della sua qualifica professionale in Italia (una procedura molto lunga) che per metterlo in relazione con la rete di acconciatori presente sul territorio.
La sorella ha altrettante difficoltà nella ricerca di un lavoro?
M. incontra meno difficoltà nell’apprendimento dell’italiano. È laureata in Economia e commercio; da una nostra verifica presso l’Università di Torino la documentazione in suo possesso è valida e sufficiente per richiedere l’equipollenza con la nostra laurea. In attesa, si spera, di ottenere questa certificazione, M. ha inviato il suo curriculum ad alcune aziende.
Speriamo che la sua buona conoscenza della lingua inglese e dell’arabo le possano offrire maggiori possibilità di accesso ad un lavoro adeguato alle sue competenze. In seconda istanza ci si orienterà nella ricerca di un altro tipo di lavoro.
Si è creata integrazione con le comunità parrocchiali?
Abbiamo previsto momenti di condivisione e di incontro per offrire loro possibilità di relazioni e di amicizia; partecipano con noi a feste, pranzi o campi estivi parrocchiali. Siamo convinti che l’integrazione passi attraverso il vivere queste esperienze e la quotidianità, frequentare persone italiane nelle loro case: solo in questo modo possono conoscere la nostra cultura, il nostro modo di vivere e di rapportarci.
Si trovano bene a Fossano?
Sì, si sono sentiti accolti e ce lo dicono. Stanno affrontando questo nuovo inizio con grande forza d’animo: hanno dovuto abbandonare tutto e ricominciare tutto da capo, con la nostalgia e l’angoscia per i loro parenti rimasti ad Aleppo. Noi ci rendiamo conto che vengono guardati un po’ con sospetto da chi non conosce la situazione. Qualcuno ci chiede perché debbano “vivere sulle nostre spalle”. Ci teniamo a spiegare il progetto perché se ne comprendano gli obiettivi. E ora avete lanciato l’appello per una seconda famiglia.
Qualche settimana fa una responsabile della comunità di Sant’Egidio ci ha contattati per chiederci la disponibilità ad una seconda accoglienza. Si tratta di una famiglia strettamente imparentata con quella già presente a Fossano e per la quale i nostri amici sono fortemente preoccupati: è una famiglia composta da padre, madre e tre figli adolescenti; il più grande presto dovrebbe entrare nell’esercito… L’espatrio attraverso i corridoi umanitari è l’unico modo per sottrarlo a questa esperienza.
Cosa avete deciso?
Come Commissione interparrocchiale abbiamo deciso di accettare la richiesta della comunità di Sant’Egidio. Non possiamo sottrarci alla possibilità di offrirgli una speranza concreta di mettersi in salvo. Per poter avviare questa seconda accoglienza abbiamo bisogno di raccogliere altre adesioni. Ci rendiamo conto della difficoltà ad avere due progetti in sovrapposizione ma questa difficoltà ci sembra ampiamente compensata dal fatto che avremmo due famiglie che si potranno sostenere a vicenda sia nell’immediato che nel futuro.
Cosa chiedete a chi intende sostenere l’accoglienza di questa seconda famiglia?
Sono diverse le modalità di sostegno al progetto; nella parrocchia dello Spirito Santo le famiglie concorrono con 10 euro al mese, da far pervenire attraverso un bonifico sul conto corrente della parrocchia. Ci stiamo rivolgendo anche a gruppi, coppie e ad altre associazioni proponendo lo stesso impegno.